MONTAGNA, Leonardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MONTAGNA, Leonardo

Valerio Sanzotta

MONTAGNA, Leonardo. – Nacque a Verona tra il 22 nov. 1425 e il 21 nov. 1426 da Agostino e da Imperatrice Faella. Il nome gli venne dal padrino di battesimo Bernardo Giustinian, figlio del più celebre Leonardo, l’affermato politico e apprezzato autore di versi popolareggianti.

Il padre del M., nato alla fine del Trecento, compare nella vita pubblica veronese dal 1422; nel 1442 e nel 1443 fu ambasciatore a Venezia e negli stessi anni fattore generale del vescovo di Verona, del quale fu poi commissario e luogotenente. Nel 1450 partecipò alla revisione degli statuti cittadini e nell’estate 1474 fu nominato vicario di Roverchiara. Si sa che fu anche poeta: sei sonetti a lui attribuiti si leggono in Udine, Biblioteca civica V. Joppi, Fondo Principale, 10, e cinque di essi sono pubblicati con questa attribuzione da Biadego, pp. 321-324 (ma di questi cinque è autentico solo il primo, in morte della moglie). Agostino fu in rapporto con Ermolao Barbaro e con Guarino Guarini (Guarino da Verona) e in un documento veronese del 10 marzo 1463 risulta in contatto con Giovanni Antonio Panteo (Bottari, p. 60 n. 1). Morì entro la fine del 1474. Oltre al M., ebbe altri tre figli, Ludovico, Lorenzo e Sigismondo: di Ludovico, forse il primogenito, è noto che nel 1455 fu sindaco e governatore generale dell’abbazia di S. Zeno Maggiore di Verona.

Probabilmente a Verona, il M. fu allievo di Gian Pietro d’Avenza, un discepolo di Vittorino da Feltre con cui strinse rapporti di buona amicizia; e quando Gian Pietro assunse la cattedra di studia liberalia presso la scuola annessa alla Cancelleria, forse nel 1451 o 1452, il M. si trasferì con lui a Venezia. Qui divenne familiare di Lorenzo Zane, dal 1452 arcivescovo di Spalato, attraverso il quale il M. conobbe Lorenzo Valla, di cui il prelato era stato discepolo. Che successivamente anche il M. sia stato tra gli allievi di Valla – verosimilmente a Roma, dove si era trasferito forse già dal 1453 – parrebbe di capire da un epigramma indirizzato a Carlo Manerio (Cesena, Bibl. Malatestiana, S.XXIX, 8, c. 21r) in cui Valla è ricordato con Gian Pietro d’Avenza: «Te mihi fama refert apud esse epigrammata multa, / quae praeceptores composuere mei; / Iampetri et Vallae si sunt ea, crede, Maneri, / illa mihi, et nostri pignus amoris habe» (ed. Avesani, Verona, p. 149 n. 2).

Comunque sia, Valla ebbe per il giovane M. giudizi lusinghieri: lo ricorda, infatti, in un passo del IV libro dell’Antidotum II in Pogium, apparso dopo il maggio 1453, per dimostrare che una sua lettera polemica a Lauro Quirini, inserita appunto nel IV libro dell’Antidotum, aveva avuto circolazione a Venezia prima della pubblicazione dell’opera e che quindi non era stata composta per l’occasione; una copia era infatti capitata tra le mani dello «iuvenis nobilis et inter paucos elegans Leonardus Montagna Veronensis, archiepiscopi Aspalatensis contubernalis» e da quella copia, avuta dal M., Valla avrebbe trascritto nuovamente l’epistola nell’Antidotum (ibid., p. 149).

Alla morte di Valla, (1° ag. 1457), il M. dedicò all’umanista un epitafio, indirizzato a Zane e all’illustre veneziano Marco Donato (Besomi - Regoliosi, p. 376 n. 1). Per i rapporti tra Valla e il M., si ricordi anche che l’anno precedente Zane aveva rivolto a Valla l’invito a diventare storiografo ufficiale di Venezia proprio su sollecitazione del suo protetto, ma Valla aveva preferito non richiedere personalmente l’incarico e aspettare che l’iniziativa fosse presa dal Senato veneziano e in esso da personalità illustri, tra le quali, appunto, Marco Donato.

Il M. sposò, tra il 1453 e il 1454, Bartolomea, figlia quattordicenne di Michele Zampolino da Pisa e di una nobile reatina, Alessandra. Nel 1455 divenne scrittore apostolico sotto Callisto III, ma in Curia non ricoprì incarichi di grande rilievo. Abbandonata Roma nel 1457, il M. si portò prima a Rieti, poi a Verona, da dove cominciò una serie di peregrinazioni che lo avrebbero condotto in Dalmazia, poi nel Piceno, a Viterbo, Perugia, Treviso e infine di nuovo a Verona.

I primi versi del M. a noi noti, in volgare, risalgono probabilmente agli anni Cinquanta e sono fortemente influenzati dalla lirica popolareggiante che ha in Leonardo Giustinian il più insigne ispiratore; nel citato manoscritto udinese si trovano raccolti un Triumpho composto per Leonardo Montagna a instantia de Carlo Abbati, diviso in tri capitoli (Biadego, pp. 41-53); un sirventese dal titolo Hora cridar aimé posso ben io (ibid., pp. 39-41); il capitolo ternario Non ti lagnar di me, signora mia (ibid., pp. 54-57); il sonetto caudato, di imitazione petrarchesca, Ov’è la sacra effigie di collei (ibid., p. 57). Della produzione che segue, databile tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi del decennio successivo, è testimonianza il ms. 42 della Bibl. comunale di Treviso, che contiene un capitolo in terza rima, Institutum sectandi christianam philosophiam (ibid., pp. 58-68), per Alessandro Gonzaga, fratello del marchese di Mantova Ludovico III, presso la cui corte il M. cercava di introdursi grazie agli uffici di Ermolao Barbaro; un poemetto in lode di Borso d’Este (ibid., pp. 82-105); tre capitoli in difesa delle donne dedicati alla marchesa di Mantova Barbara di Hohenzollern (ibid., pp. 68-82); un altro capitolo in terza rima – anonimo, ma assegnato al M. dal Biadego – in cui si invita una donna ebrea alla conversione al cristianesimo (ibid., pp. 105-11).

Falliti i tentativi di insediarsi nelle corti di Mantova e di Ferrara, nel 1461 il M. si recò a Spalato, dove forse raggiunse Zane, nominato dal papa legato per la crociata contro i Turchi; qui conobbe la regina madre Caterina di Bosnia, cui rimase legato anche quando, dopo l’uccisione nel 1463 del re Stefano Tomaševich, la donna riparò a Roma presso la Sede apostolica, dove visse fino al 1478.

Dalla seconda metà degli anni Sessanta le fortune del M. continueranno a intrecciarsi a quelle di Zane, nel 1464 nominato da Paolo II tesoriere generale della Chiesa e l’anno successivo incaricato della riconquista di Cesena, che verrà presa il 9 dic. 1465. Dopo una breve permanenza a Verona nel 1467, di ritorno dalla Dalmazia, il M. fu nella Marca d’Ancona, dove rimase fino al 1471 a servizio di Zane e del cardinale Bartolomeo Roverella. Grazie all’arcivescovo, quando tra la fine del 1468 e l’inizio del 1470 l’imperatore Federico III giunse in Italia, il M. ottenne la laurea poetica e fu creato conte palatino.

A Zane sono dedicati due libelli di poesie latine (Biblioteca apost. Vaticana, De Marinis, 7, olim 77), databili non oltre l’inizio del 1470 (Weiss, A newly..., pp. 26-35). È il segno che il M. cominciava a intensificare la sua attività di versificatore, tanto da licenziare, nel torno di pochi anni, oltre ai due libelli per Zane e alla Zampolina, ben quattro raccolte epigrammatiche, pervenute in copie di dedica; di una quinta permangono ancora dubbi se sia stata effettivamente portata a termine e inviata.

Dei quattro libri di epigrammi il primo è il già ricordato ms. S XXIX 8 della Biblioteca Malatestiana.

La silloge, un codicetto pergamenaceo dedicato a papa Paolo II e contenente cento componimenti, è testimonianza della vita del M. nelle Marche e rivela i suoi rapporti con personaggi noti del tempo: in particolare, sono da segnalare gli epigrammi a Caterina di Bosnia (c. 7r), ai cardinali Francesco Gonzaga (c. 13r) e Marco Barbo (c. 14), a Niccolò Perotti (cc. 7v-8r), ma soprattutto l’epigramma a Pomponio Leto prigioniero a Castel Sant’Angelo e dal M. ritenuto colpevole (c. 6r).

La morte di Paolo II (26 luglio 1471) gettò il M. nello sconforto, essendogli venuta meno la speranza di una nuova sistemazione a Roma. Così si recò a Viterbo, forse ancora al seguito di Zane, nominato il 20 ott. 1471 governatore del Patrimonio. Da lì, il 10 ag. 1472, fu licenziata la seconda raccolta di epigrammi, dedicata a Battista Zeno, cardinale di S. Maria in Portico, nipote del defunto papa.

Il manoscritto è a Parigi, Bibliothèque de l’Institut de France, 806. Il codice non è autografo, né lo sono, come voleva Dorez (pp. 443 n. 4 e 467 n. 5), un’aggiunta in margine a c. 3r, un verso di c. 6r e l’ultimo epigramma a c. 25r, ma  è interessante anche perché l’iniziale miniata del frontespizio, a c. 1r, presenta un ritratto del M., l’unica immagine di lui rimasta. Il manoscritto contiene per lo più epigrammi che riflettono la permanenza del poeta nelle Marche e a Viterbo, oltre ovviamente a quelli in lode di Zeno.

La successiva raccolta è a Roma, Biblioteca Casanatense, Mss., 276, dedicata al cardinale Bartolomeo Roverella. In essa si riflette la vita del M. a Viterbo e a Perugia, dove il poeta si trovava a seguito del cardinale e poi di Zane. La silloge fu tuttavia congedata a Treviso il 13 genn. 1475, dove il M. era ancora a seguito di Zane, lì trasferito nell’aprile 1473. Questa raccolta è ora edita in Leonardo Montagna, Epigrammatum liber III, a cura di V. Sanzotta, Roma 2010.

In quello stesso 1475, a Treviso, morì improvvisamente a trentacinque anni l’amata moglie Bartolomea; al M. non restò che tornare a Verona, dove trascorse gli ultimi anni.

Alla morte di Bartolomea restavano al M. dieci figli; altri due, Angelo e Domitilla maggiore, erano morti in precedenza. Due figli (Giovanni Battista e Domitilla minore) morirono infanti pochi giorni dopo la madre. Degli otto rimasti, Lucrezia, Valeria, Filippa e Alessandra erano entrate in convento; il M. rimase dunque con due bambine, Paola e Giulia, e due ragazzi, Callisto e Lorenzo. Callisto nel 1492 divenne canonico della cattedrale di Verona, allorché fu destinatario di un Triumphus in versi ispirato all’Actio Panthea, forse da attribuire a Niccolò Piacentino (Bottari, pp. 47 s. n. 2).

Il dolore per la perdita della moglie è all’origine della Zampolina, una raccolta di prose e poesie italiane e latine così intitolata dal cognome di Bartolomea. Inizialmente, nelle intenzioni dell’autore, una collana di trenta epigrammi ispirati alla memoria della moglie doveva essere dedicata al cardinale Ammannati, al quale aveva promesso l’invio di un quarto libro di epigrammi. Ma ben presto il M. mutò parere e decise di riservare al ricordo di Bartolomea un libro apposito (dedicato poi alla suocera Alessandra), aggiungendo ai trenta epigrammi altri testi latini e volgari: la copia di presentazione è l’attuale ms. I.2.40 della Biblioteca Paroniana di Rieti, scritto in elegante umanistica con lettere capitali nello stile di Felice Feliciano.

Nel frattempo, il M. aveva ultimato anche il quarto libro di epigrammi, promesso al cardinale Ammannati (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 5156). Il codice, sebbene cartaceo e privo di decorazione, è certamente la copia di dedica inviata al cardinale: nell’epigramma di congedo è infatti dichiarato che il libro era di modesta fattura, come si addiceva a un poeta in difficoltà economiche. Il M., però, non spedì subito il libro, poiché nelle sue intenzioni la raccolta avrebbe dovuto essere inviata insieme con un quinto libro di epigrammi dedicato a Zane, quando anch’egli fosse divenuto cardinale. Ma la speranza di una sua nomina imminente restò delusa e del libro dedicato a Zane non si ha altra notizia.

Intanto la produzione poetica del M. andava inaridendosi; nell’ultimo periodo della sua vita, ai dolori della podagra si aggiungeva un profondo senso di abbandono per la morte dei suoi protettori: nel maggio 1476 Bartolomeo Roverella; nel settembre 1479 il cardinale Ammannati. Il M. cercò forse un nuovo appoggio nel cardinale Giovan Battista Savelli, ma si ignora con quale risultato.

Il M. tornò a far sentire la sua voce nel settembre 1477, quando i Turchi invasero il Friuli, con un sonetto in cui il Friuli in persona si rivolge agli Stati italiani lamentando la loro indifferenza (Verona, Biblioteca civica, 827, c. 41r). Alla morte di Domizio Calderini, avvenuta nel 1478, anche il M. partecipò, con un epigramma e un testo in prosa, alla silloge poetica in memoria dell’umanista (ora Verona, Bibl. capitolare, cclvii [229]), nella quale, come è noto, spiccava il nome di Poliziano (ed. Biadego, p. 305).

Documento del costante interesse del M. per le profezie è uno scritto latino in prosa seguito da quattro epigrammi di commento e da uno di commiato, completato il 20 ag. 1480, tramandato da Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashb., 269 con il titolo Breviarium de vaticiniis (Biadego, pp. 334-338, 340-347); l’operetta è nota anche come Consolatio podagrae, poiché, come dichiara il poeta stesso all’inizio della dissertazione, fu proprio lo studio dei libri sacri e in particolare dei profeti a dargli conforto nei dolori della malattia. Si aggiunga che, oltre a quest’operetta, il codice contiene anche, del M., un epigramma a Ludovico Cendrata (Biadego, p. 312), tre tetrastici e due epigrammi (ibid., pp. 346 s.).

Nel 1482 il M. compose due epigrammi scherzosi sulla presa della rocca di Ficarolo da parte di Roberto Sanseverino, luogotenente generale durante la guerra di Venezia contro Ercole d’Este; dopo quell’anno si datano un elogio e un epigramma per Ludovico Nogarola, illustre cittadino di Verona; nel 1484 un altro elogio il M. scrisse per il capitano veneziano Giacomo Marcello, morto il 19 maggio durante l’assedio veneziano di Gallipoli (i cinque testi si leggono in Verona, Bibl. civica, 1366, cc. 10v, 18r, 25v); allo stesso periodo risalgono i due epigrammi latini per Antonio Venier, podestà di Verona tra il 1482 e 1483 (Firenze Biblioteca Medicea Laurenziana, Acquisti e doni, 405, c. 189v). Tra 1479 e 1486 si datano un epigramma e due distici, questi ultimi seguiti da una richiesta in prosa, indirizzati al patrizio veneziano Niccolò Donato, conservati autografi in due foglietti cartacei, non numerati, nel fascicolo XVI (8) del ms. P. D., 606 della Biblioteca del Civico Museo Correr di Venezia (Sanzotta, 2010, pp. XXXVII-XXXIX). Dopo la morte di Sisto IV, nell’agosto 1484, il M. scrisse quattro distici dal titolo De pacis opinione tempore Sixti, contenuti a c. 136v del ms. Mss. lat., cl. XIV, 117 (=4486), della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia, in cui si fa riferimento alla guerra di Ferrara (1482-84) e alla morte del pontefice (Sanzotta, 2010, pp. XLII s.).

Molto scarse sono le notizie sugli ultimi anni del M., trascorsi a Verona: nel marzo 1483 cercò invano di ottenere il beneficio della pieve di S. Pietro d’Arbizzano; nel luglio 1484 una ducale, ora perduta, ordinava ai Rettori di Verona di adoperarsi affinché al M. fossero affidati i primi benefici vacanti nella diocesi di Verona fino a una somma di 100 ducati, ma anche questo tentativo non andò a buon fine.

Il 24 ott. 1484, il M., ancora grazie all’impegno del governo veneto, ottenne il beneficio della pieve di S. Maria di Montorio, ma morì dopo poco.

Il 25 febbr. 1486 entrava in possesso della pieve il canonico Dionigi da Lisca: la data della morte del M. si dovrà quindi collocare entro la fine del 1485. Fu sepolto a Verona nella chiesetta di S. Elena, dove ancora si conserva la lapide (Avesani, Verona, p. 172).

Fonti e Bibl.: Alle fonti citate da G. Biadego, L. di Agostino M., in Il Propugnatore, n.s., VI (1893), 33, pp. 296-299 si possono aggiungere: Arch. segr. Vaticano, Reg. Lat. 483, cc. 291v-292r; 485, cc. 185v-186v; 504, c. 86r; 515, cc. 183v-184r; E. Barbaro, Epistolae, orationes et carmina, a cura di V. Branca, I, Firenze 1943, pp. 70 s., 76 (due lettere del 1484 di Ermolao Barbaro al M.);  F. Corna da Soncino, Fioretto de le antiche croniche de Verona… Introduzione, testo critico e glossario a cura di G.P. Marchi, note a cura di P. Brugnoli, Verona 1980, p. 89. G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, pp. 188, 204, 255; G.M. Muccioli, Catalogus codicum manuscriptorum Malatestianae Bibliothecae …, II, Caesenae 1784, pp. 196-200; V. Bini, Memorie istoriche della perugina Università degli studj e dei suoi professori, I, Perugia 1816, pp. 583 s., 601, 655 n. 1, 667 s.; G.B. Vermiglioli, Poesie inedite di Pacifico Massimi ascolano in lode di Braccio II Baglioni, Perugia 1818, pp. 125 s.; R. Zazzeri, Sui codici e libri a stampa della Biblioteca Malatestiana di Cesena, Cesena 1887, pp. 506-508; G Biadego, L. di Agostino M., cit., ff. 33, pp. 295-358; 34-35, pp. 39-111; A. De Nino, La Bartolomea del quattrocentista Montagna…, in Rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti, XVIII (1903), pp. 169-173; E. Lamma, Un capitolo inedito di L. M., in Ateneo veneto, XXVI (1903), pp. 677-688; C. Perpolli, L' “Actio Panthea” e l'Umanesimo veronese, in Atti e memorie dell'Accademia d'agricoltura, scienze e lettere di Verona, n.s. XVI (1915), pp. 101-102; L. Dorez, Notice sur un recueil de poésies latines et un portrait de l’humaniste véronais L. M. …, in Notices et extraits des manuscrits de la Bibliothèque nationale et autres bibliothèques, XXXIX, (1916), 2, pp. 439-467; G. Fatini, L. di Agostino M. …, in Giornale storico della letteratura italiana, LXXIV (1919), pp. 209-242; LXXV (1920), pp. 1-31; V. Cian, La satira, I, Dal Medio Evo al Pontano, Milano 1945, pp. 300 s.; G. Zippel, Lorenzo Valla e le origini della storiografia umanistica a Venezia, in Rinascimento, VII (1956), pp. 93 s.; R. Weiss, A newly found ms. of Latin poems by L. M., in Italian Studies, XV (1960), pp. 26-35; Id., In memoriam Domitii Calderini, in Italia medioevale e umanistica, III (1960), p. 311 e n. 8; I. Baldelli, Medioevo volgare da Montecassino all’Umbria, Bari 1971, pp. 419 s. n. 1; S.I. Camporeale, Lorenzo Valla, Firenze, 1972, p. 464; A. Balduino, Le esperienze della poesia volgare, in Storia della cultura veneta, III, 1, Vicenza 1980, pp. 343 n. 213, 354; V. Branca, L’umanesimo veneziano alla fine del Quattrocento, ibid., p. 142; F. Gaeta, Storiografia, coscienza nazionale e politica culturale nella Venezia del Rinascimento, ibid., p. 28; P. Cherubini, Giacomo Ammannati Piccolomini: libri, biblioteca, e umanisti, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Atti del II Seminario, Roma… 1982, a cura di M. Miglio, Città del Vaticano 1983, p. 205 e n. 90; R. Avesani, Verona nel Quattrocento, Verona 1984, pp. 145-173 (con bibl.); Id., L’orazione di Gaspare Zacchi per l’incoronazione poetica di L. M., in Vestigia …, I, Roma 1984, pp. 23-33; L. Valla, Epistole, a cura di O. Besomi - M. Regoliosi, Padova 1984, pp. 14, 93, 268, 375 e n. 6, 376 n. 1; R. Avesani, Epigrammi maceratesi (e marchigiani) di L. M., in Annali della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Macerata, XXII-XXIII (1989-90), pp. 47-56; M. L., in Letteratura italiana (Einaudi) Gli autori, II, Torino 1991, pp. 1212 s.; C. Bianca, Roma e l’accademia bessarionea, in Bessarione e l’umanesimo. Catalogo della mostra, a cura di G. Fiaccadori, Napoli 1994, p. 123; I. Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), a cura di P. Cherubini, II, Roma 1997, pp. 786 n. 9, 828 n. 1, 974 n. 1, 1005 n. 1; P. Runje, Tre nobildonne croate…, in Santi e santità nel movimento penitenziale francescano dal Duecento al Cinquecento, Roma 1998, pp. 293-312; C. Corfiati, La laurea di Ludovico Lazzarelli, in Confini dell’umanesimo letterario. Studi in onore di Francesco Tateo, a cura di M. de Nichilo - G. Distaso - A. Iurilli, I, Roma 2003, p. 340; G. Bottari, Prime ricerche su Giovanni Antonio Panteo, Messina 2006, pp. 13 n. 1, 20, 29, 60 n. 1, 142; V. Sanzotta, Due autografi di L. M. in un manoscritto del Museo Correr, in Segno e testo, V (2008), pp. 501-505; Id., Introduzione a L. Montagna, Epigrammatum liber III, cit., pp. III-LVIII.