CAETANI, Leone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CAETANI, Leone

Francesco Gabrieli

Nato a Roma il 12 sett. 1869, primogenito di Onorato, principe di Teano, poi duca di Sermoneta, e di Ada Bootle Wilbraham, crebbe nell'avito palazzo delle Botteghe Oscure, nel clima laico e risorgimentale e nelle tradizioni culturali della famiglia, primeggiante fra l'aristocrazia "bianca" della capitale. Studiò alla Sapienza e si laureò nel 1891, con A. Crivellucci, discutendo una tesi su "Paolo Alaleone de Branca, maestro delle cerimonie pontificie"; ma già da studente una spiccata passione per il mondo musulmano lo aveva spinto a studiare l'arabo, il persiano e altre lingue orientali, sotto la guida di I. Guidi e C. Schiaparelli e, in larga parte, da autodidatta. L'Oriente del tempo conobbe di buon'ora in lunghi viaggi, e di uno nella penisola del Sinai stampò nel 1891 a Roma una vivace relazione (Nel deserto del Sinai, Arabia Petrea).

Tra gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del Novecento maturò il suo grandioso disegno d'una analitica opera storica sulle origini dell'Islam, per cui, con la larghezza di mezzi che il suo censo gli consentiva, radunò una imponente biblioteca specializzata di testi e studi in arabo e in ogni lingua d'Europa; oltre a una collezione, per quel tempo rara e dispendiosa, di fotografie di manoscritti storici arabi allora inediti. Gli anni della giovinezza furono così da lui divisi tra i viaggi, le cure dell'amministrazione dell'avito patrimonio terriero nella zona pontina (Cisterna e Fogliano) e lo studio intenso e capillare della vastissima letteratura, indigena e orientalistica, sull'Arabia preislalamica, la figura e l'opera di Maometto, i primi decenni dell'Islam.

Il primo volume degli Annali dell'Islam uscì nel 1905, e fu per l'orientalismo internazionale una inattesa rivelazione, per la capacità di lavoro di un uomo solo (in seguito egli si giovò anche, per la traduzione delle fonti arabe, di scelti collaboratori quali M. Guidi, G. Levi Della Vida, G. Gabrieli, la cui opera veniva però sempre scrupolosamente indicata, restando al C. tutta la sua parte di elaborazione e critica dei materiali così adunati), nonché per la sicurezza e arditezza critica del giovane islamista. I seguenti nove volumi in dieci tomi, abbraccianti un arco di tempo di appena quarant'anni dell'egira (cioè fino a tutto il califfato di Alì, morto nel 661 d.C.), uscirono a Milano e Roma tra il 1907 e il 1926, ma furono tutti composti anteriormente al 1915, anno che segnò una svolta nella vita del loro autore.

Nel 1901 il C. aveva sposato Vittoria Colonna, dell'illustre famiglia romana che era stata già rivale e nemica dei Caetani; ma quell'unione, pur nata sotto auspici d'amore, non risultò a lungo andare felice, sia per la prole (l'unico figlio, Onorato, restò fisicamente e mentalmente un minorato) sia per diversità d'indole e di interessi dei coniugi. Il primo quindicennio del nuovo secolo fu comunque l'epoca più serena e feconda nella vita familiare e scientifica. del C., che si aprì anche a interessi politici: egli fu deputato per il quarto collegio di Roma, seguì un indirizzo radicale e anticlericale, e nel 1911 si trovò a fianco del gruppo socialista nella opposizione alla impresa di Libia. Non rieletto nel 1913, stava per tornare interamente agli studi, quando la grande guerra venne a interromperne l'operosità e a modificare profondamente la sua vita. Quasi in risposta alla campagna nazionalistica che lo aveva tacciato, per l'episodio libico, di antipatriottismo, egli si arruolò volontario nel 1915 e trascorse due anni al fronte in Cadore, come ufficiale nell'artiglieria da montagna. Congedato per motivi di salute verso la fine del conflitto, sentì poi profondamente lo sbandamento di quel dopoguerra, che si complicò per lui con una crisi personale e familiare.

Avverso fin dagli inizi al fascismo, il C. vide con amarezza il suo trionfo in Italia, senza ritrovare la serenità e l'energia per riprendere e proseguire la grandiosa sua opera di studioso, rimasta, nelle gigantesche proporzioni da lui vagheggiate, appena agli inizi. Per assicurare almeno la conservazione dei suoi libri e materiali in un incerto domani, egli promosse nel 1924 la istituzione, presso l'Accademia dei Lincei di cui fin dal 1911 era socio corrispondente, e nazionale dal igig, di quella "Fondazione Caetani per gli studi musulmani", alla quale legò la sua splendida biblioteca e cui per un istante sperò di potere, in qualità di presidente, dare opera di effettiva direzione e organizzazione. Ma l'evolvere della situazione politica generale, e le personali sue vicende, lo indussero a un espatrio definitivo. Così, nel 1926 o '27, egli lasciava per sempre Roma e l'Italia trasferendosi nel Canada, dove aveva acquistato a Vernon (Colombia Britannica) un'azienda agricola (già da tempo si era disfatto del suo patrimonio terriero pontino), e dove avrebbe trascorso, nella solitaria meditazione e nel lavoro manuale da boscaiolo, l'ultimo decennio della sua vita. Brevi ritorni in Europa (Francia e Inghilterra, mai più in Italia) interruppero questi ultimi anni americani, amareggiati dalla coscienza della irrevocabile interruzione della sua attività scientifica e dal prevalere dei regimi tirannici nel vecchio mondo, ma confortati dall'affetto di una figliuola di alto ingegno, da lui legittimata, che lo accompagnò nell'esilio. Il regime fascista nell'aprile del 1935, per punirlo dell'aver assunto la cittadinanza canadese, gli tolse quella italiana, ciò che comportò anche la sua decadenza da socio dei Lincei. Il Natale di quello stesso anno egli si spegneva a Vancouver, tagliato fuori da ogni legame con la sua prima vita.

Solo la caduta del fascismo ha permesso di rivalutarne col debito onore la memoria, come di uno dei massimi orientalisti europei del Novecento. Nel 1969 è stato commemorato il centenario della sua nascita, e dal 1971 la sua Fondazione per gli studi musulmani, rimasta a lungo inattiva, ha ripreso nuovo vigoroso impulso, con la completata denominazione di "Fondazione Leone Caetani".

Caratteristica della forma mentis del C. fu la tendenza al "far grande", a progettare e iniziare lavori di gran respiro e vastissimo disegno, che le sue pur eccezionali forze e mezzi non giunsero mai naturalmente a compiere.

Oltre all'opusmaius degli Annali, che nel disegno originale avrebbero dovuto abbracciare 130 anni di storia musulmana, dalle origini fino alla caduta della dinastia omayyade (mentre ne trattano effettivamente appena 40), egli ideò e mise in cantiere altre grandiose imprese, sia nel campo islamico sia fuori di esso. Nel primo, è da menzionare la Chronographia Islamica, ossia riassunto cronologico della storia di tutti i popoli musulmani dall'anno I all'anno CMXXII della higra (622-1527 E. V.), corredato dalla bibliografia di tutte le fonti stampate e manoscritte, di cui tra il 1912 e il '28 uscirono a Roma cinque fascicoli, per gli anni 1-132 eg., 622-750 d.C., arrivanti essi almeno alla fine degli Omayyadi; nel 1923 uscì appena un fascicolo (anni 750-762) di una continuazione col modificato titolo di Cronografia generale del bacino mediterraneo e dell'Oriente musulmano dal 622 al 1517 dell'E.V., ossia dal principio dell'era musulmana alla caduta dell'Egitto in potere dei Turchi Ottomani.Ancora in campo islamico è lo Onomasticon Arabicum, ossia Repertorio alfabetico dei nomi di persona e di luogo contenuti nelle principali opere storiche, biografiche e geografiche stampate e manoscritte relative all'Islam, iniziato in collaborazione con G. Gabrieli, e di cui uscì, a Roma nel 1915, un solo volume introduttivo dovuto al Gabrieli stesso, e un primo volume comprendente parte della lettera A. Mentre queste opere sono evidenti filiazioni e utilizzazioni dei materiali enormi accumulati per gli Annali (quelli onomastici sono ora stati riordinati e utilizzati in più vasta impresa a cura del Centre pour la recherche scientifique), trascende il campo orientale l'altro Saggio di un Dizionario bio-bibliografico italiano, Roma 1924 (da A a Baffi), che la fervida attività intellettuale del C. ideò, e che può considerarsi un precursore del Dizionario biografico degli Italiani, ilquale, nel suo impianto preparatorio, ha potuto giovarsi anche di quei materiali caetaniani. Queste e altre imprese ancora, iniziate o appena abbozzate, testimoniano la faustiana ansia di sapere e costruire che dominò la personalità del C. nei suoi anni migliori, con la correlativa delusa constatazione della insufficienza delle forze umane: l'una e l'altra simbolicamente espresse coi famosi versi di Goethe ("Ach, Gott, die Kunst ist lang / und kurz ist unser Leben"), da lui posti a motto in capo agli Annali.

L'opera maggiore del C. è uno sforzo imponente per ricostruire criticamente, su base analitica e annalistica ma con conclusioni e panorami sintetici, il sorgere e l'affermarsi del mondo dell'Islam. Gli Annali danno perciò, preceduti da una vasta introduzione preislamica, la cronistoria anno per anno, a partire dall'egira (622 d.C.), della histoire événementielle sututte le fonti disponibili, riassunte e spesso letteralmente tradotte, con paragrafi e capitoli conclusivi ove vengono valutati nel loro insieme i singoli eventi e personaggi. Più adatti perciò a consultazione che a continuata lettura, gli Annali culminano storicamente in tali capitoli critici che l'autore stesso cominciò a trasporre, più o meno modificati e alleggeriti, in una serie di Studi di storia orientale, rappresentanti appunto il nocciolo più personale e critico della vasta materia degli Annali.Uscirono di tali Studi due volumi (Milano 1911-1914), trattanti l'uno Cristianesimo e islamismo, L'Arabia preislamica, Gli Arabi antichi, l'altro (terzo della progettata serie) La biografia di Maometto profeta e uomo di Stato, Il principio del califfato, La conquista d'Arabia, mentre il II e IV volume rimasero interrotti nella stampa (i frammenti tirati trattano per il secondo La religione degli Arabi pagani, per il quarto le vicende degli imperi persiano e bizantino e gli inizi dell'invasione araba; ma tali capitoli possono dirsi praticamente inediti, e bisogna al riguardo rifarsi agli Annali).Comunque, attraverso l'opera maggiore e con questi frammenti estratti e rielaborazioni sintetiche, il pensiero storiografico del C. appare abbastanza completo e precisato.

Esso è figlio dell'età positivistica in cui si formò, avendo il C., nella sua inesausta curiosità culturale, ben avuto conoscenza della susseguita rinascita idealistica, senza però che essa influisse in misura apprezzabile sull'opera sua storiografica, già conclusa di fatto, come abbiam detto, attorno al 1915. Può dirsi piuttosto che la raccolta e cernita dei fatti secondo il metodo positivistico fossero in lui animate da un acuto e talora eccessivo spirito critico, scettico e fantastico insieme, che lo portò talora a negar fede a una tradizione accettabile, per sostituirvi ipotesi e combinazioni poco persuasive. Nel complesso, del grande moto maturatosi nel VII secolo in Arabia, attraverso la eccezionale personalità di Maometto, egli sentì soprattutto il lato politico, economico e sociale, a scapito di quello più schiettamente religioso, così come valutò in termini prevalentemente economico-sociali il fenomeno delle conquiste arabe in Asia Anteriore e in Africa. è nota anche ai non specialisti la sua tesi, che sviluppa quella del Winckler, sul progressivo inaridimento d'Arabia in età storica, quale vera e profonda causa della predicazione di Maometto, dell'irresistibile erompere delle conquiste: una tesi oggi generalmente abbandonata nel campo geografico come in quello storico e storico-religioso. In quest'ultimo, egli sentì il verbor di Maometto come diametralmente opposto all'ethos e agli ideali dell'Arabia pagana, e più congeniale ad altri popoli che lo ricevettero dagli Arabi, restando poi a spiegarsi come mai proprio fra gli Arabi esso dapprima attecchì e in Arabia serba tuttora la venerata sua culla. Al carattere del profeta il C. guardò, senza le prevenzioni di Lammens, con spregiudicata simpatia, ma forse senza giungere a penetrarne l'intimo, religioso segreto; mentre nella galleria di personaggi del primitivo Islam egli seppe con occhio acuto discernere e analizzare grandi personalità (Abu Bekr, Omar, Ali, gli altri più antichi compagni) e risuscitarne le passioni, ridimensionando storicamente eventi ed istituti. Nella ricostruzione delle conquiste, additò le profonde cause di decadenza dei Sasanidi di Persia, le crisi religioso-economico-politiche di Bisanzio, i motivi materiali e ideali delle sorprendenti vittorie arabe. Insomma, pur tenendo sempre presente la minor sua sensibilità dinanzi al momento religioso (su cui le generazioni e gli indirizzi di studio susseguiti non hanno fatto che progredire), l'opera storica del C. ha gettato fasci di luce su uno dei massimi eventi della storia universale, in giudizi di insieme e su una folla di particolari, trattati con dominio delle fonti e acribia insuperata: ogni ulteriore ricerca storica sull'Arabia preislamica, sul profeta e la più antica fase della storia musulmana fino all'inizio delle guerre civili deve fare i conti con i risultati e i giudizi degli Annali, cuila insufficiente conoscenza della lingua italiana non ha procurato, di là dalla convenzionale ammirazione, la effettiva conoscenza e utilizzazione, in campo internazionale, che avrebbero meritato.

V'è infine, oltre l'opera edita, un ultimo C., quello dei suoi tardi anni di isolamento e di esilio, che si aprì in confidenze epistolari con rari amici: un uomo che sulle vicende e delusioni personali si sollevò a una dolorosa contemplazione della condizione umana, a una irrequieta interrogazione del mistero che la circonda e degli sforzi delle religioni per rischiararlo.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Caetani, Fondo L. C.; V. Colonna, Memorie, Milano 1937, ad Indicem;G. Gabrieli, L. C., il principe orientalista, in Arch. della R. Deput. romana di storia patria, n.s., LIX (1936), pp. 5-20; C. A. Nallino, L. C. islamista, in Oriente moderno, XVI(1936), pp. 48-52; M. Guidi, Commem. di L. C., in Rendic. dell'Acc. naz. dei Lincei, cl.di sc. morali, stor. e filol., s. 6, XII (1937), pp. 99-104; F.Gabrieli, Uomini e paesaggi del Sud, Milano-Napoli 1960, pp. 97-111 (lettere di G. Gabrieli al C.); Id., Gliultimi Caetani, in Nuova Antol., a. 104 (1969), pp. 48-57; G. Levi Della Vida. Fantasmi ritrovati, Venezia 1966, pp. 21-72 ; F. Malgeri, La guerra libica, Roma 1970, pp. 68 s.: H. Ullrich, Le elez. del 1913 a Roma, in Nuova riv. stor., LV(1971), pp. 263-322, 537-588, passim.

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