GIRALDONI, Leone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIRALDONI, Leone

Carla Di Lena

Nato a Parigi nel 1824, studiò canto a Firenze con L. Ronzi, ed esordì a Lodi nel 1847 nella Saffo di G. Pacini. Si esibì quindi in teatri italiani ed esteri (Firenze, Madrid, Oporto, Bucarest), debuttando alla Scala di Milano il 15 sett. 1853 nella prima locale de Il trovatore di G. Verdi come Conte di Luna, ruolo tra i più frequentati nel corso della sua lunga carriera. Il G. tornò alla Scala nella stagione 1855-56 per L'ebreo di G. Apolloni, Giovanna de Guzman di Verdi e Marin Faliero di G. Donizetti.

Scritturato per la stagione successiva come "primo baritono assoluto" alla Fenice di Venezia, cantò ancora ne Il trovatore, Poliuto di Donizetti e Gli ultimi giorni di Suli di G.B. Ferrari; il 12 marzo 1857 fu il protagonista nella prima esecuzione del Simon Boccanegra di Verdi.

Colto da una improvvisa indisposizione, il G. non fu probabilmente estraneo all'insuccesso dell'opera, che venne tuttavia ripresentata con successo al teatro Municipale di Reggio Emilia il 18 giugno dello stesso anno sotto la direzione dell'autore. In quell'occasione il G. ebbe modo di conquistarsi la stima di Verdi, che in una lettera di qualche mese dopo (9 dic. 1857), alla vigilia della prima romana del Simon Boccanegra, così gli scriveva: "Hai già cantato due volte l'opera di cui mi parli e della quale io stesso ho diretto le riprese. L'hai cantata meravigliosamente, ne conosci tutte le sfumature […] Per quanto ti riguarda, cura la tua salute e tutto andrà nel modo migliore" (Gazzetta musicale di Milano, XVIII [1860], p. 199).

Un personale successo il G. riscosse nel ruolo di Renato nella prima assoluta di Un ballo in maschera di Verdi a Roma (teatro Apollo, 17 febbr. 1859), dove fu apprezzato per l'intelligenza interpretativa più che per le qualità vocali, offuscate da un'indisposizione che compromise anche alcune repliche.

Ristabilitosi definitivamente, il G. entrò nella fase più luminosa della sua carriera: dopo una stagione di successo all'Opera di Pietroburgo (1859-60), fu un eccellente Don Carlos nella Forza del destino di Verdi a Madrid, dove cantò nella prima locale (21 febbr. 1863) e nelle successive riprese del 1864 e del 1867.

Intensa fu la sua attività nei principali teatri italiani; alla Scala tornò per L'Africana di G. Meyerbeer il 1° marzo 1866 e per la ripresa dell'anno seguente (16 febbr. 1867), per Don Sebastianore di Portogallo di Donizetti (26 dic. 1866), Il trovatore (19 marzo 1867), IlGuarany di A.C. Gomes (2 sett. 1871). Nel 1877, sempre alla Scala, diede prova di notevole versatilità cantando a fianco di Adelina Patti in: La traviata di Verdi (3 novembre); Faust di Ch. Gounod (7 novembre), particolarmente apprezzato nel ruolo di Valentino; Il barbiere di Siviglia di G. Rossini (11 novembre); Il trovatore (15 novembre).

Nei teatri genovesi cantò con successo in tre intense stagioni: al Paganini nell'estate 1868, al Carlo Felice nel 1874 (22 marzo: prima esecuzione del Salvator Rosa di Gomes), al Politeama di Genova nell'estate 1883. In Maria di Rohan di Donizetti (3 sett. 1868) e nella Saffo di Pacini (3 ott. 1883) ebbe al suo fianco la moglie Carolina Ferni, con la quale cantò anche ne La favorita di Donizetti al Regio di Parma (4 nov. 1878), un teatro nel quale ricevette sempre accoglienze entusiastiche; il G. vi aveva fatto la sua prima apparizione nella stagione 1873-74 con I promessi sposi di E. Petrella, Ruy Blas di F. Marchetti, I Goti di S. Gobatti, distinguendosi per le eccellenti qualità interpretative. Vi tornò nel 1878, quindi nel 1882 per Il trovatore.

Nel corso della sua lunga carriera teatrale il G. affiancò opere di repertorio a nuove esecuzioni: oltre alle prime verdiane e al già citato Salvator Rosa di Gomes, partecipò alle prime esecuzioni di Vittor Pisani di A. Peri (Reggio Emilia, teatro Municipale, 21 apr. 1857), Mazeppa di C. Pedrotti (Bologna, teatro Comunale, 3 dic. 1861) Romeo e Giulietta di Marchetti (Trieste, teatro Comunale, 25 ott. 1865). Ancora negli ultimi anni di attività fu il primo interprete de Ilduca d'Alba di Donizetti (Roma, teatro Apollo, 22 mar. 1882), personaggio al quale conferì autorità e prestigio. Nel 1885, dopo aver cantato nel Don Giovanni d'Austria di Marchetti al Costanzi di Roma, si ritirò dalle scene, dedicandosi completamente all'insegnamento.

Il G. pubblicò due trattati di carattere teorico-didattico: Guida teorico-pratica ad uso dell'artista cantante (Bologna 1864), e Compendium. Metodo analitico, filosofico e fisiologico per la educazione della voce (Milano 1889); inoltre alcune romanze, tra cui: L'autunno, Ce que je suis sans toi, Necromelie, La cometa (Padova 1887).

Incluso dai critici in quella "pentarchia" baritonale che dominò le scene italiane tra il 1855 e il 1885 (insieme con A. Cotogni, F. Graziani, G. Aldighieri, F. Pandolfini), il G. fu artista di notevolissime qualità interpretative e di eccezionali attitudini sceniche. Possedeva una voce morbida e omogenea in ogni registro, duttile ed estesa nella zona acuta: il che lo indusse, agli inizi della carriera, a cimentarsi anche nel repertorio tenorile.

Artista completo e versatile, passava con straordinaria facilità dal genere drammatico al brillante, dimostrando di possedere una rara capacità di piegare i mezzi vocali alle finalità espressive. Eccelleva per la bellezza della sillabazione, la cura del fraseggio, l'accentazione della parola, elementi che ne fecero uno specialista verdiano.

Nella sua Guida teorico-pratica, dopo aver affrontato i principali problemi di impostazione (respirazione, emissione ecc.), tratteggia una vera e propria scuola di recitazione del canto, pervenendo a una classificazione degli "effetti drammatici" (da esprimere con diversi timbri vocali) e degli "accenti drammatici" (da esprimere attraverso particolari stilemi esecutivi quali lo "strascinamento", lo "staccato", lo "slancio"): un'importante codificazione didattica, quindi, di ciò che sulle scene era cambiato con l'avvento di Verdi.

Nel 1891 il G. si trasferì a Mosca, dove era stato nominato professore di canto al Conservatorio, e dove morì il 1° ott. 1897.

Eugenio, figlio del G. e della soprano Carolina Ferni, nacque a Marsiglia il 20 maggio 1871. Avviato agli studi di ingegneria, compì contemporaneamente quelli musicali sotto la guida dei genitori; abbandonò quindi il Politecnico milanese per debuttare nel 1891 come Escamillo in Carmen di G. Bizet al Liceu di Barcellona.

La sua carriera di baritono fu rapida: dotato di un'ottima tecnica vocale, di qualità musicali naturali e di un temperamento d'attore di prim'ordine, Eugenio fu interprete richiestissimo per le nuove opere della "giovane scuola". Fu dapprima Gérard nell'Andrea Chénier di U. Giordano (Mantova 1896; Trento 1897; Barcellona 1898), personaggio che interpretò fino agli ultimi anni di attività e del quale fu interprete insuperabile.

Prescelto da G. Puccini per il ruolo di Scarpia, cantò alla prima esecuzione di Tosca (Roma, teatro Costanzi, 14 genn. 1900) e alla prima milanese sotto la direzione di A. Toscanini (17 marzo 1900), con unanime successo di pubblico e di critica. A. Franchetti gli affidò la parte di Lazzaro nella prima esecuzione de La figlia di Jorio alla Scala (29 marzo 1906): fu quindi re Raimondo alla prima italiana di Isabeau di P. Mascagni (Venezia, La Fenice, 30 genn. 1912).

Eugenio ebbe un repertorio molto vasto: fu tra i primi interpreti in Italia di Pelléas et Mélisande di C. Debussy (Roma, teatro Costanzi, 1909), dell'Eugenio Oneghin di P.I. čajkovskij (Milano, Scala, 1900; dir. Toscanini), del Boris Godunov di M.P. Musorgskij (Genova, teatro Carlo Felice, 1909; Bologna, teatro Comunale, 1911; Roma, teatro Costanzi, 1915), opera, quest'ultima, per la quale fu scritturato al théâtre des Champs-Élisées di Parigi nel 1913.

Vario e ampio il panorama delle opere in cui figurò nei principali teatri italiani: al Regio di Torino cantò nella stagione 1898-99 in Il re di Lahore di J. Massenet, Simon Boccanegra di Verdi, Tannhäuser di R. Wagner; nel 1899-1900 in Otello di Verdi e Tosca; nel 1905-06, sotto la direzione di Toscanini, in Madame Butterfly di Puccini e La damnation de Faust di H. Berlioz, nella quale diede prove felicissime; infine nel 1912-13 nel Cristoforo Colombo di Franchetti.

Al Costanzi di Roma, oltre che in Tosca e Pelléas et Mélisande, cantò in Il crepuscolo degli dei di Wagner, La Gioconda di A. Ponchielli, Un ballo in maschera di Verdi (1897), L'amico Fritz (1900) e Isabeau di Mascagni (1913), Louise di G. Charpentier, e ancora Tosca (1916); vi tornò quindi nel 1920, poco prima di ritirarsi dalle scene, per la prima esecuzione de L'uomo che ride di A. Pedrollo, e, infine, per Andrea Chénier.

Eugenio ottenne importanti successi in Russia (Mosca, Odessa, Kiev), dove fu scritturato per diverse stagioni tra il 1901 e il 1907; a Buenos Aires, dove si recò ripetutamente tra il 1900 e il 1909; al Metropolitan di New York, dove debuttò il 24 nov. 1904 ne LaGioconda a fianco di E. Caruso, e dove fu confermato anche per la stagione seguente. La sua ultima apparizione sulle scene fu al teatro Verdi di Trieste nella Louise di Charpentier (1921).

Eugenio morì a Helsinki il 23 giugno 1924.

Cantante e artista completo, unì al grande talento naturale l'ottima formazione musicale ricevuta dai genitori, requisiti che seppe indirizzare nel senso di una moderna vocalità. Eccellente interprete dei personaggi di Puccini e di Giordano, conosceva le più sottili sfumature dell'articolazione della frase, non disgiungendo mai la linea musicale dal significato espressivo della parola; questa attenzione estrema verso il fraseggio, già prerogativa paterna, assunse in Eugenio un carattere incisivo, nervoso, un gusto per l'espressione essenziale e asciutta che ne fecero un interprete di moderna sensibilità.

Se fu ritenuto da taluni uno Scarpia troppo crudo e protervo, nessuna riserva è stata mossa alle sue insuperabili interpretazioni di Gérard in Andrea Chénier, personaggio che seppe modellare con tale perfezione e potenza espressiva "che avrebbe potuto rivaleggiare con Zacconi sulle scene della prosa" (Lauri Volpi, 1977, p. 156).

Un assoluto dominio nell'emissione, nell'agilità, nella qualità del suono compensarono in Eugenio la non eccezionale potenza della voce, rendendo ingiustificate talune frettolose definizioni che lo vorrebbero grande attore dai mediocri mezzi vocali. Ciò è d'altra parte riscontrabile nelle incisioni che ha lasciato, effettuate tra il 1902 e il 1910 a Milano, parte delle quali è stata ristampata su dischi a 78 giri e su microsolchi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Fonti e Bibl.: Gazzetta musicale di Milano, 6 marzo 1859, pp. 80 s.; 17 giugno 1860, p. 199; 11 nov. 1877, p. 367; 26 mar. 1882, p. 110; G.C. Bottura, Storia aneddotica documentata del teatro Comunale di Trieste, Trieste 1885, pp. 356, 446, 528; P.E. Ferrari, Spettacoli drammatico-musicali e coreografici in Parma dall'anno 1628…, Parma 1887, pp. 150, 278 s., 294, 315; A. Cametti, Donizetti a Roma, (IX) - Il Duca D'Alba, in Riv. musicale italiana, XIV (1907), p. 329; G. Monaldi, Le prime rappresentazioni celebri, Milano 1910, pp. 263 s., 271; Id., Cantanti celebri del sec. XIX, Roma s.d., p. 144; U. Morini, La R. Accademia degli Immobili ed il suo teatro La Pergola, Pisa 1926, pp. 221 s., 230, 232; A. Cametti, Il teatro di Tordinona, poi di Apollo, II, Tivoli 1938, pp. 493 ss., 577 s.; G. Lauri Volpi, L'equivoco, Milano 1938, pp. 138 s. (per Eugenio); E. Gara, Carteggi pucciniani, Milano 1958, pp. 180, 188, 195 s. (per Eugenio); Id., Un ballo in maschera. Il cammino dell'opera in un secolo d'interpretazioni, in Verdi. Boll. dell'Istituto di studi verdiani, I (1960), 1-2, pp. 117, 121 s., 130 s., 715; G. Gualerzi, La forza del destino. Il cammino dell'opera, ibid., II-VI (1961-65), pp. 162 ss., 883 ss., 1797, 1803 ss.; C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte, I, Milano 1963, pp. 128 ss., 136; pp. 207, 231 (per Eugenio); Due secoli di vita musicale. Storia del teatro Comunale di Bologna, a cura di L. Trezzini, Bologna 1966, II, p. 87; I, pp. 31, 35; II, pp. 128, 141, 149 (per Eugenio); R. Celletti, Gli interpreti giordaniani, in U. Giordano, Milano 1968, p. 211 (per Eugenio); G. Pintorno, Puccini. 276 lettere inedite, Milano 1974, p. 121; E. Gara, Cantarono alla Scala, Milano 1975, pp. 80, 159, 161; Storia dell'opera, Torino 1977, III, 1, pp. 207, 214, 374, 382, 409; pp. 294, 311, 409 (per Eugenio); G. Lauri Volpi, Voci parallele, Bologna 1977, pp. 156 s. (per Eugenio); V. Frajese, Dal Costanzi all'Opera, Roma 1977-78, II, pp. 17 s., 96 s., 122; IV, ad indicem (per Eugenio); M. Rinaldi, Due secoli di musica al teatro Argentina, Firenze 1978, II, p. 1111; III, p. 1347 (per Eugenio); G. Ricci - G. Tintori - P. Cattaneo - G. Pintorno, Duecento anni di teatro alla Scala, Milano 1977-82, II, Cronologia, pp. 37 s., 43, 45, 47; pp. 53, 55 s., 58, 60 (per Eugenio); III, Il bel canto, pp. 105, 111, 119; p. 126 (per Eugenio); IV, Le prime, pp. 53 s., 58 s.; pp. 152-156 (per Eugenio); E. Frassoni, Due secoli di lirica a Genova, Genova 1980, I, pp. 278 s., 309 s., 352 s.; II, pp. 17, 77 s., 120, 144 (per Eugenio); M. Conati, La bottega della musica, Milano 1983, pp. 375, 396, 398, 411, 416; Id., Il Simon Boccanegra di Verdi a Reggio Emilia, Reggio Emilia 1984, pp. 27, 64, 85, 105; M.-Th. Bouquet - V. Gualerzi - A. Testa, Storia del teatro Regio, V, Cronologie, a cura di A. Basso, Torino 1988, pp. 155 s., 206, 228, 236, 250, 256, 259 (per Eugenio); M. Girardi - F. Rossi, Il teatro La Fenice, Venezia 1989, pp. 219 ss., 266; pp. 325, 332, 334 (per Eugenio); R. Celletti, Le grandi voci, Roma 1964, coll. 348 s. (per Eugenio; con discografia); Enc. dello spettacolo, V, coll. 1327 s.; The New Grove Dict. of opera, II, pp. 430 s.

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