LEUCADE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

Vedi LEUCADE dell'anno: 1961 - 1995

LEUCADE (v. vol. IV, p. 607)

J. Andreou

Secondo Strabone (X, 2, 8) il nome dell'isola trae origine da Leukata, nome del promontorio sud-occidentale, le cui ripide coste hanno il colore bianco visibile dal mare e da Cefalonia. Omero (Od., ΧΧΙV, 378) chiama L. «punta del continente» per contraddistinguerla dall'antistante costa dell'Acarnania. L'isola fu abitata dalla Preistoria e un ricordo di questo periodo si trova in Aristotele (Polit., II, 7), che riferisce l'esistenza a L. di un Lelego, autoctono, con un'assai numerosa discendenza.

Le ricerche del Dörpfeld non hanno confermato l'identificazione già proposta dell'isola con l'omerica Itaca, ma hanno fornito preziosi elementi circa gli insediamenti dall'epoca preistorica fino all'età romana. A tutt'oggi non sono state rinvenute tracce relative all'età micenea.

Il Neolitico è rappresentato dai ritrovamenti di Choirospiliàs presso Eugiro e dagli strumenti litici rinvenuti a Stenò e a Skaro. Nell'Antico e nel Medio Elladico trova un particolare sviluppo l'area di Nydrì-Vlychò, mentre per il periodo che va dal Geometrico all'epoca romana sono stati evidenziati resti in diverse località dell'isola: oltre alle rovine della città di L. sono stati accertati fino a oggi altri trentacinque siti con tracce di antichi abitati, i più significativi dei quali sono distribuiti in tre aree di insediamento, che coincidono con le zone più pianeggianti e fertili.

La prima è situata nella zona di pianura con colture di oliveti, nella parte a Ν dell'isola e sulle colline circostanti; comprende la città di L., con il porto e le sue necropoli, grotte di uso cultuale e santuari. La seconda, ugualmente importante, si trova nella fertile pianura di Nydrì, con il profondo e sicuro golfo di Vlychò. In questi luoghi, nell'antica e media Età del Bronzo, fiorì l'insediamento più significativo. Fra i ritrovamenti sono da segnalare il complesso di tumuli di Stenò e le tombe di Skaro; fondazioni di edifici, torri, santuari e tombe di epoca classica, ellenistica e romana. Nell'isola erano particolarmente venerate le Ninfe, come mostrano le grotte adibite al loro culto, con una grande quantità di dediche, principalmente lastrine fittili a rilievo. La terza zona abitata di L. si trova nel settore meridionale. Nella pianura di Vasilikì, sulle alture circostanti e sulle vette si svilupparono diversi centri abitati, come quelli in località Pyrgì (forse l'antica Pharà), di Marantochori (località Klismatia e Marmara), di Syrvo, ecc. Nella chiesa di Haghios Yoannis di Rodaki si conservano le fondazioni di un tempio antico, mentre presso Pharo sul promontorio di Leukata (oggi Doukato o Ka- vos tis Kyràs) rimangono tagli nella roccia e vestigia del famoso Tempio di Apollo Leukàtas. In questo luogo, secondo la tradizione riportata da Menandro, sitolse la vita Saffo (Strab., X, 2, 8).

La città di L. secondo le testimonianze degli autori antichi (Herodot., VIII, 45; Thuc., 1, 30; Strab., X, 2, 8; Ps. Scyl., Per., 34) venne fondata come colonia dei Corinzi (ma Plutarco, Them., 24, la menziona come colonia comune di Corinzi e Corciresi) da Pilade, figlio illegittimo di Cipselo, all'epoca della seconda colonizzazione corinzia nello Ionio e nell'Adriatico, nello stesso periodo in cui furono fondate Ambracia e Anaktorion, nel golfo di Ambracia. È assai verosimile (come confermano alcuni ritrovamenti) che nel luogo occupato da L. preesistesse uno scalo commerciale corinzio, già dal periodo geometrico.

Secondo Strabone, dopo la fondazione della colonia fu effettuata l'apertura del canale che separa L. dall'Acarnania allo scopo di facilitare la navigazione (Strab., 1, 3, 18; X, 2, 8).

Il sito di L. era ideale per le attività marittime e commerciali dei Corinzî, poiché offriva porti naturali, si trovava a metà della rotta tra il Peloponneso e Corfù e permetteva il più efficace controllo della navigazione nello Ionio e nel golfo di Ambracia. L'afflusso dei Corinzî verso L. si svolse senza interruzioni per tutta l'antichità in antitesi con Corfù. L. partecipò sempre come alleata, con la sua flotta, alle guerre di Corinto, e prese inoltre parte alle guerre persiane (Herodot., VII, 45).

La città, fondata sulle pendici orientali della catena di colline del Koulmos, all'estremità NO dell'isola, si estende fino alla costa orientale. Ha una superficie di c.a 1 km2 ed è circondata da una possente cinta muraria in opera poligonale, della quale sono ancora visibili molti tratti, specialmente sulla collina.

I resti di strutture scoperti fino a oggi appartengono soprattutto a fasi di epoca tardo-classica ed ellenistica, gravemente danneggiati da scosse sismiche; vi sono tuttavia anche ricostruzioni di età romana.

Scavi in diversi punti hanno dimostrato che la città venne costruita in base a un organico progetto urbanistico, di tipo «ippodameo». È suddivisa in elementi struttivi quadrangolari ortogonali con un tessuto viario (fitte strade parallele ogni 30 m in direzione N-S, più rade in direzione E-O). Le strade, della larghezza di 5-6 m, avevano un marciapiede lastricato lungo uno dei lati e un solido fondo. Nell'impianto generale, le case sono suddivise tramite due coppie di muri in nove ambienti, uno o due dei quali sono a cielo aperto con pozzi. Il materiale recuperato mostra che erano fiorenti le botteghe dei coroplasti e l'arte tessile. Le monete seguono modelli corinzi, ma anche la tradizione locale. Vi sono raffigurati Atena, Apollo, Afrodite, Acheloo, Bellerofonte. Non si sono ancora localizzati edifici pubblici, in ogni caso l'agorà doveva trovarsi presso l'antico porto.

L. venne abbandonata alla fine del I sec. a.C., quando i suoi abitanti, insieme con quelli di tutto l'Epiro e di Ambracia, furono obbligati a popolare Nicopoli.

Le necropoli della città sono state localizzate a Ν e a S, nelle località Tseklibou e Spasmeni Vrisi; sono divise da strade con recinti funerari sui due lati, contenenti tombe a cista con uno o più defunti e abbondanti corredi (vasi, armi, gioielli d'oro, statuette, strumenti musicali, utensili). Si sono inoltre rinvenute diverse stele funerarie con iscrizioni e urne funerarie in pietra.

Bibl.: G. Dörpfeld, Alt Ithaka, Monaco 1927; E. Jansens, Leucade et le pays des morts, in AntCl, XXX, 1961, pp. 381-934; A. Kostoglou, Ειδησεις εξ Ιονιων Νησων, in AAA, III, 1970, pp. 68-71; Η. Andreou, Ειδησεις απο τη Λευκαδα, ibid., VIII, 1975, pp. 216-221; M. G. Picozzi, in The Princeton Encyclopedia of Classical Sites, Princeton (N.J.) 1976, p. 506, s.v. Leukas; W. M. Murray, The Ancient Harbour Mole at Leukas, Greece, in Archaeology of Coastal Changes, Oxford 1988, pp. 101-118. - V. inoltre: ADelt, XXIII, 1968, Chron., p. 321; XXIV, 1969, Chron., p. 227; XXV, 1970, Chron., p. 328; XXVI, 1971, Chron., p. 351; XXVII, 1972, Chron., p. 486; XXIX, 1973-74, Chron., p. 590; XXXII, 1977, Chron., p. 155; XXXIV, 1979, Chron., p. 269; XXXVI, 1981, Chron., p. 277; XXXIX, 1984, Chron., p. 187; XLII, 1987, Chron., p. 320.

(J. Andréou)