LIBER PONTIFICALIS

Enciclopedia Italiana (1934)

LIBER PONTIFICALIS

Raffaello Morghen

. È il nome dato al complesso delle vite dei pontefici, desunte dalle più varie fonti manoscritte, epigrafiche, monumentali, composte in varî tempi, da diversi autori, con diversi intenti e vario valore storico. Il Liber pontificalis rispecchia così nel suo lento formarsi, nell'atteggiamento spesso polemico del suo racconto, nelle tendenze dei varî autori, lo svolgersi stesso della tradizione secolare del pontificato romano, nei suoi momenti più salienti, nei suoi fasti, nel suo costante sforzo d'organizzazione disciplinare e liturgica, nelle crisi che ne hanno accompagnato lo sviluppo.

La tradizione manoscritta, copiosa quanto complessa, ha reso addirittura formidabile il compito, vagheggiato dagli studiosi fin dal 1600 (editio princeps di Magonza del 1602 a cura del gesuita G. Buys), di dare una edizione criticamente sicura dell'insigne monumento, che è forse tra le fonti più importanti della storia del Medioevo. L'impresa fu assolta magistralmente da L. Duchesne nella classica edizione del 1886-92 e da T. Mommsen (1898). Ma nuove ricerche e nuovi ritrovamenti rendono ormai necessaria una nuova edizione.

Nell'edizione del Duchesne, il Liber pontificalis risulta composto di due parti ben distinte. Una prima è costituita dalle vite dei papi che vanno da S. Pietro fino a Stefano V (885-891), ed è questa la parte che va sotto il nome vero e proprio di Liber pontificalis e presenta i più gravi problemi critici circa l'autore e l'epoca di composizione delle varie vite; una seconda parte è costituita dai continuatori.

Per il sec. X infatti le biografie pontificie si riducono a un breve e magro catalogo, ma la storiografia papale risorge nel sec. XI con Gregorio VII, ed ecco tutta la lunga serie delle nuove vite dei papi scritte da Bruno di Segni (vita di Leone IX), da Guiberto di Toul (vita di Leone IX), da Paolo di Benried (vita di Gregorio VII), dagli autori anonimi degli Annales Romani, che ci dànno le vite dei papi dal 1044 al 1049 e dal 1049 al 1072. E a queste continuazioni di carattere popolare del Liber pontificalis diedero unità di trattazione e carattere ufficiale, da Leone IX (1049) a Onorio II (1124), Pandolfo, nipote del cardinale Ugo d'Alatri, vissuto ai tempi di Innocenzo II, partigiano dell'antipapa Anacleto, e l'inglese Bosone, cardinale di S. Pudenziana, con le biografie da Stefano VI fino ad Adriano IV e Alessandro III, dei quali due ultimi pontefici fu collaboratore. Fra i tardi continuatori del Liber pontificalis sono Martin Polono con le biografie del sec. XIII fino a Onorio IV, Dietrich di Niem con quelle dei pontefici da Onorio IV a Urbano VI e l'anonimo autore delle biografie da Bonifacio IX a Martino V (1431).

Se per i continuatori del Liber pontificalis non sorgono gravi problemi critici, perché in genere sono noti gli autori e facilmente apprezzabile il valore storico delle singole vite o gruppi di vite, non altrettanto può dirsi della prima parte, che abbraccia la storia dei papi fino al sec. IX. I problemi critici ch'essa presenta riguardano specialmente le fonti, gli autori, la data di composizione.

Le fonti. - Fin dagli inizî della Chiesa si sentì il bisogno di fissare in maniera precisa, spesso con riferimento a dati cronografici ufficiali, l'elenco dei vescovi successori di Pietro, specialmente per dimostrare, nella polemica contro gli eretici, la continuità della tradizione apostolica. I primi cataloghi episcopali di Roma rimontano così al sec. II e si moltiplicano nei secoli successivi (cronografo del 354; cataloghi di S. Ottato e di S. Agostino), arricchendosi spesso di dati biografici più copiosi (cronaca di S. Girolamo; cronografo del 447; cronaca di Marcellino, della fine del sec. V e dei principî del VI), mentre si va parallelamente formando la serie ufficiale dei ritratti dei pontefici che fino dal see. V venivano dipinti sulla trabeazione della basilica di S. Paolo. A un certo momento, da tutti questi diversi elementi, un unico autore ha tratto un'opera unica, redatta con una certa uniformità di criterî: al nome di ogni singolo papa segue, in genere, l'indicazione della sua origine, dei suoi ascendenti, della durata del suo pontificato; e ai dati delle antiche liste papali sono aggiunti racconti relativi agli atti dei singoli pontefici, la notizia dei principali decreti disciplinari e liturgici, il ricordo della fondazione di chiese e monasteri o delle donazioni loro pervenute.

L'autore. - Una lettera dello pseudo-Girolamo del sec. V attribuiva almeno una parte del Liber pontificalis a papa Damaso, e l'attribuzione fu ripresa da Martin Polono e poi, nel sec. XVI, dal Panvinio che assegnava le vite da S. Pietro a Liberio al grande pontefice del sec. IV, e le altre, da Damaso a Niccolò I, ad Anastasio Bibliotecario. Ma ambedue le attribuzioni sono senza fondamento, tanto più che la prima redazione del Liber pontificalis è senza alcun dubbio posteriore a papa Damaso e anteriore ad Anastasio. Secondo le ricerche del Duchesne, l'autore del Liber pontificalis sarebbe un oscuro prete, vissuto durante il periodo del pontificato di Simmaco (498-514) e dello scisma laurenziano e l'opera sua sarebbe stata poi continuata, fino al sec. IX, con successive aggiunte, coeve in genere ai singoli papi, da funzionarî del vestiarium pontificio.

La data di composizione. - La questione dell'autore è intimamente connessa con la questione della data di composizione. Questa non può essere portata al di là del sec. VII perché esiste un codice sicuramente di questa età (Neapolitanus, IV, A, 8), ma deve essere anche anteriore al 530, anno in cui appare il "catalogo feliciano", che, secondo la dimostrazione datane dal Duchesne, si deve considerare come un compendio del Liber pontificalis; come deve essere in ogni modo anteriore al 553, anno in cui l'Italia ritorna sotto il dominio bizantino, per l'assenza assoluta di ogni riferimento a quell'avvenimento. Dall'utilizzazione che l'autore ha fatto dei cosiddetti "apocrifi simmachiani", il Duchesne è tratto a fissare termini ancora più precisi per la composizione del Liber pontificalis che dovrebbe porsi durante il pontificato di Ormisda, tra il 514 e il 523. Subito dopo se ne sarebbero fatti compendî, e nuove redazioni.

Prima il Waitz e poi il Mommsen non accettarono le conclusioni del Duchesne, accolte invece dal De Rossi, e sostennero che ambedue le redazioni del Liber pontificalis sono posteriori a Gregorio Magno e appartengono in ogni modo al sec. VII.

Bibl.: H. Leclerq, Liber Pontif., in Dict. d'arch. chrét., IX, 1, p. 354.