LICURGO

Enciclopedia Italiana (1934)

LICURGO

Gaetano De Sanctis.

. Antichissimo legislatore spartano. Appunto per spiegare come egli potesse introdurre in Sparta le sue leggi si riteneva che fosse stato membro d'una delle famiglie reali e tutore di un re. Ma sulla famiglia e sul re la tradizione non era concorde. Erodoto, la fonte più antica, lo fa Agiade, figlio dell'eponimo Agide zio e tutore di Leobote (Labota). La tradizione più comune, che sembra però d'origine più tarda (una testimonianza attribuita a Simonide in proposito è alquanto sospetta) lo fa invece Euripontide e per lo più figlio di Eunomo e tutore di Carilao. Questo mutamento è dovuto forse al prevalere degli Euripontidi sugli Agiadi nel corso del sec. V e anche all'opportunità di dare al grande legislatore come padre Eunomo, l'eponimo del buon governo (εὐνομία). Come nella genealogia, così la tradizione è incertissima nella cronologia. Senofonte fa L. contemporaneo degli Eraclidi, cioè, come debbono intendersi le sue parole, lo riporta alla data tradizionale della migrazione dorica. Eforo e la vulgata lo fanno sesto da Procle, cioè lo riportano al sec. X o IX a. C. Aristotele lo ritiene contemporaneo della fondazione dei giuochi olimpici (776). Quanto alle sue vicende, può ripetersi con Plutarco: "intorno a Licurgo legislatore non può dirsi nulla affatto che non sia controverso".

Lo stesso ordinamento spartano, secondo Pindaro, risaliva ad Egimio, l'antichissimo re dei Dori; Ellanico lo attribuiva a Euristene e Procle, i mitici figli di Aristodemo e fondatori delle due dinastie; presso Tirteo, in versi probabilmente apocrifi, l'autore n'era Apollo con l'oracolo dato ai re Teopompo e Polidoro. L'attribuzione a Licurgo non pare acquistasse valore canonico se non nella seconda metà del sec. V. Ma anche allora, mentre la tradizione indigena, al dire di Erodoto, riteneva che L. si fosse ispirato alle istituzioni cretesi, si affermava a Delfi che egli avesse agito in base agli oracoli di Apollo. Queste due opinioni contraddittorie sono poi diversamente contaminate o razionalizzate dagli scrittori posteriori. Inoltre la tradizione più antica attribuisce a Licurgo l'intero ordinamento spartano; così Erodoto e Senofonte. Poi si comincia a distinguere, si riconosce una certa evoluzione costituzionale, specialmente si ritengono posteriori e non licurghei gli efori. Questa evoluzione si rispecchiava senza dubbio nella Costituzione dei Lacedemoni di Aristotele; ma pare che il concetto fondamentale, la recenziorità degli efori, sia più antico e risalga a Eforo, se non già al re Pausania che, esiliato da Sparta nel 394, compose uno scritto certamente tendenzioso intorno a L., in cui erano riportati gli oracoli datigli da Apollo.

Quanto alla vita del legislatore, Ippia di Elide ne faceva un guerriero che partecipò a molte campagne; ma questo motivo scompare affatto nella tradizione più tarda, la quale non considera Licurgo come un guerriero, ma come un savio. Anche, mentre comunemente si riteneva che avesse legiferato come tutore di Carilao, c'era chi gli faceva deporre la tutela prima d'introdurre le sue leggi. Circa i suoi viaggi, oltre quelli obbligati di Creta e di Delfi, si riferiva che ne avesse fatti altri, soprattutto in Egitto, come Ecateo, Pitagora ed Erodoto e lo si trasportava perfino nell'India e nella Spagna. Si diceva che, prima d'introdurre le sue istituzioni, si sarebbe consultato con alcuni dei maggiorenti, per i quali avrebbe formato la gerusia e di questi si citavano persino i nomi. La sua morte, come è implicito nel racconto di Erodoto, si pensava in origine avvenuta a Sparta. Ma poi, non mostrandosi a Sparta la sua tomba, lo si suppose morto fuori, a Cirra o a Creta, dove si sarebbe recato dopo aver fatto giurare agli Spartani di osservare le sue leggi fino al suo ritorno. Tutte queste notizie sono palesi induzioni o invenzioni, così anche quella che si sarebbe incontrato con Omero o che insieme con il legislatore locrese Zaleuco sarebbe stato scolaro del cretese Talete. La notizia di Aristotele che il nome di Licurgo si trovava insieme con quello di Ifito in un disco iscritto concernente l'istituzione della tregua sacra (ἐκεχειρία) di Olimpia non è da mettere in dubbio. Ma le relazioni di Sparta con l'Elide essendo posteriori alla prima guerra messenica, è chiaro che il L. del disco non poteva essere il legislatore spartano. Una sola notizia su L. si stacca da tutte le altre: quella che in una rissa perdette un occhio per un colpo di bastone. Ma se pensiamo che aveva un tempio antichissimo a Sparta, che un L. mitico è ricordato nelle leggende arcadiche, un altro appare come fondatore dei giuochi nemei, un terzo è rappresentato da Omero come re di Tracia avversario di Dioniso, per la sua empietà verso il dio accecato da Zeus, sembra risultare che tutti questi L., compreso il legislatore, non sono che una stessa figura mitica, un dio solare raffigurato in origine monocolo come spesso gli dei o demoni solari di tutti i popoli, per es., Wotan o i Ciclopi. Nulla di strano che al vecchio dio "facitore di luce" gli Spartani attribuissero il loro ordinamento le cui origini si perdevano nella notte dei tempi e nulla di strano che quel dio antichissimo, dalla maggior parte dei Greci ignorato o dimenticato, fosse poi come Edipo o come Achille trasformato in un uomo della cui vita, peraltro, non si sapeva nulla. S'aggiungeva che durante il suo ultimo viaggio si suicidò perché gli Spartani non fossero mai sciolti dal giuramento e perfino che le sue ceneri furono gettate in mare perché egli non tornasse a Sparta neppure morto.

Retre e oracoli. - Come è noto, l'ordinamento spartano attribuito a Licurgo non era fondato su un codice scritto. Ma gli antichi ci conservano alcuni oracoli e alcuni testi in prosa (retre) che, tramandati oralmente, ne avrebbero conservato la sostanza. Le retre sono di due classi distinte, una che ne comprende tre più brevi (non aver leggi scritte; costruire il tetto della casa con la scure, la porta con la sega; non far più campagne contro gli stessi nemici) è costituita di dettami o proverbî correnti a Sparta. L'altra retra, la maggiore, di cui non è in tutto sicuro né il testo né il senso (fondato un sacrario di Zeus Sillanio e di Atena Sillania, diviso il popolo in tribù e in obe, stabilita una gerusia di trenta membri insieme con i re, radunare l'assemblea a normali intervalli tra Babica e Cnacione e presentarle proposte e scioglierla, e il popolo senza discutere deliberi) ha tutt'altro carattere; essa è un prodotto letterario forse poco posteriore al 400 circa a. C. e vuol presentarsi come un oracolo dato in prosa a L. per fissare la base dell'ordinamento spartano cioè per indicare quale, secondo l'autore della retra, era l'essenza originaria dell'ordinamento a suo tempo vigente (notare l'esclusione degli efori che secondo la tradizione più antica facevano invece parte della costituzione licurghea). A questa retra sarebbe stata fatta un'aggiunta dai re Polidoro e Teopompo (se il popolo deliberi stortamente, i vecchi e i re invalidino la deliberazione). Ma l'origine di tale aggiunta e la sua relazione col grosso della retra con cui è in aperto contrasto non è chiara. È chiaro comunque che lo scrittore ignoto del sec. IV, il quale per primo ha registrato le retre, ha dato alla parola retra il significato di oracolo o detto del nume, mentre non è dubbio che nel dialetto spartano, come in altri dialetti, ove la parola era viva, essa non significava se non legge o norma.

Parallela alla tradizione che registrava le retre e indipendente da essa era un'altra che dava una serie di oracoli in versi. Questi oracoli si trovavano già raccolti in Eforo e a noi sono trasmessi da fonti che attingevano a Eforo direttamente (Diodoro) o indirettamente (Eusebio). Di tali oracoli il primo è quello già noto a Erodoto nel quale Apollo, pur esitando, finisce col riconoscere L. come dio, ma vi sono aggiunti due versi, ignoti evidentemente a Erodoto e male amalgamati con il resto dell'oracolo, nei quali il dio, a L. che gli chiede un buon ordinamento per il suo popolo, promette di darne uno quale non ha nessun'altra città dei mortali. Dei rimanenti oracoli l'uno, generico, esalta la libertà in confronto con la servitù, l'altro, pure generico, dice che l'avidità di denaro, ed essa sola, condurrà Sparta a rovina: oracolo in cui si riflettono evidentemente le condizioni dei tempi di Lisandro. Poi ve ne è uno di contenuto religioso e morale, in cui viene inculcato il rispetto ai patti e alla giustizia, l'ossequio ai vecchi, la venerazione ai Tindaridi e a Menelao, cioè la fedeltà ai culti più specificamente spartani. Infine un altro oracolo è formulato con versi che Plutarco attribuisce a Tirteo, privo però in Diodoro dei versi introduttivi secondo cui sarebbe stato dato a due re e con l'aggiunta d'un distico ove la subordinazione del popolo ai re e ai geronti, che è chiaramente espressa nei distici precedenti, viene negata attribuendosi al popolo il potere sovrano. Questa stessa aggiunta come l'aggiunta fatta all'oracolo erodoteo, mostra che si tratta di oracoli variamente interpolati e rimaneggiati a scopo polemico; tutti, però, probabilmente, salvo il primo, e forse l'ultimo, assai tardi e non molto anteriori a quello scritto del re Pausania da cui pare li desumessero gli storici del sec. IV.

Bibl.: Oltre le maggiori storie greche (delle quali sarà qui da citare particolarmente J. Beloch, Griech. Gesch., II, ii, 2ª ed., Strasburgo 1913, p. 253 segg.), si veda C. Trieber, Forschungen zur spartanischen Verfassungsgeschichte, Berlino 1871; G. Gilbert, Studien zur spartanischen Geschichte, Gottinga 1872; U. v. Wilamowitz-Moellendorf, Homer. Untersuchungen, Berlino 1884, p. 267 segg.; E. Meyer, Forschungen zur Alten Geschichte, I, Halle 1892, p. 213 segg.; V. Ehrenberg, Neugründer des Staates, Monaco 1925, p. 5 segg.; id., Der Gesetzgeber von Sparta, in ΕΠΙΤΥΜΒΙΟΝ f. H. Swoboda, Reichenberg 1927, pag. 19 segg. Per le fonti v. Kessler, Plutarchs Leben des Lykurgos, Berlino 1910.

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