LIGURIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

LIGURIA

G. Spadea

La Regio IX augùstea era limitata dal fiume Magra a E e dal fiume Varo a O; restavano pertanto in essa comprese zone a occidente delle Alpi e l'area tra l'Appennino e il fiume Po. L'odierna regione rappresenta largamente, ma non tutta, la fascia costiera dell'antico territorio dei Liguri. Con accezione molto ampia e vaga esso, in età storica, si estendeva a Ν oltre la catena degli Appennini fino al Po; a E confinava con i Tyrrhènoi, secondo una linea di demarcazione diffìcile da precisare, ma che si può riconoscere nell'Arno; a O si spingeva al di là delle Alpi fino al Rodano, a contatto con il mondo ellenizzato e celtico.

La ricerca archeologica non ha finora offerto alla moderna storiografia dati sufficienti per risolvere il «problema ligure» (formazione dell’èthnos, tipologie insediative, cultura materiale, ecc.): i siti indagati sono pochi e i rinvenimenti estremamente frammentari ed esigui.

La frequentazione delle grotte trova riscontro, in modo discontinuo, per tutta l'Età del Bronzo e l'Età del Ferro. Risultati conseguiti nel corso delle ricerche permettono, tuttavia, di far risalire al Bronzo Medio i primi insediamenti arroccati sulle alture. Nella Val Frascarese, nei pressi di Castiglione Chiavari, una grotticella sepolcrale ha restituito dieci deposizioni e materiali inquadrabili tra il tardo Eneolitico e l'inizio dell'Età del Bronzo. Nella L. occidentale, nel riparo sotto roccia di Alpicella di Varazze, si è accertato un uso dal Neolitico Medio al Bronzo Recente. Nel Finalese, all'esterno della grotta della Pollera, si sono individuate fasi comprese tra la fine del Bronzo Antico e l'inizio del Bronzo Medio; nella caverna dell'Acqua o del Morto resti di tre sepolture con corredo sono state assegnate a un momento avanzato del Bronzo Antico. Ancora all'inizio del Bronzo Antico sono ascrivibili materiali provenienti dalla grotta Nera e dalla grotta di Ponte di Vara (o Vare) nella Val Maremola (Pietra Ligure). Particolare rilievo assume la grotta del Pertuso, ad alta quota nelle Alpi Marittime (comune di Triora), usata nel Bronzo Antico per sepolture collettive di gruppi non stabili, con frequentazione collegata allo sfruttamento dei pascoli vallivi. Al Bronzo Medio risale il deposito archeologico di Brie Tana presso Millesimo, nella Val Bormida. Nella grotta marina di Bergeggi si sono raccolte ceramiche databili dal Neolitico all'Età del Ferro.

Ricognizioni topografiche e scavi compiuti in L. nel corso degli ultimi anni su alcuni «castellari», ubicati in prevalenza all'interno dell'Appennino su cime o versanti piuttosto impervi e in posizione dominante vaste estensioni di territorio, hanno messo a disposizione nuovi elementi cronologici e hanno conseguito anche, in qualche caso (Uscio Zignago), risultati per la ricostruzione del quadro paleoambientale.

Nella L. orientale il deposito archeologico di Zignago ha restituito due capanne e materiali inquadrabili nel Bronzo Medio e Tardo. A Camogli, Uscio, Pignone, Vezzola, Zignago si sono documentate sequenze stratigrafiche dal Bronzo Medio, Tardo e Finale - in qualche caso (Uscio) con limiti cronologici più antichi - fino alla soglia della romanizzazione con interruzione per la prima Età del Ferro. I resti di qualche capanna e di terrazzamenti, ascrivibili al Bronzo Tardo (Camogli, Uscio, Vezzola), sembrano rivelare un'organizzazione economica del territorio, protrattasi nel tempo, dedicata particolarmente alla pastorizia con permanenze stagionali sui siti di altura. Nel ponente ligure, nel Finalese, sul Brie Reseghe (vicino alla frazione di Calvisio) livelli con materiali del Bronzo Tardo-Finale fanno risalire a tale epoca l'utilizzo di questo sito all'aperto fortificato. Di notevole interesse, anche se parzialmente investigato, è il c.d. Villaggio delle Anime sulla Rocca di Perti, con manufatti databili nella prima e avanzata Età del Ferro. Lo spesso deposito (strato F) sottostante la necropoli di Chiavari, ricco di frammenti ceramici del Bronzo Recente, lo strato preromano di bonifica e livellamento sotto le case romane (domus nn. 1-2) a Vado Ligure (v.), nonché stratigrafie con materiali protostorici (inediti) a Diano Marina e a San Bartolomeo al Mare lasciano intravedere la possibilità che aree abitative possano avere avuto vita tra il Bronzo Finale e la prima Età del Ferro anche in prossimità della costa in aree pianeggianti.

Nella L. occidentale i ritrovamenti di tombe databili tra il Bronzo Antico e la seconda Età del Ferro sono ancora più scarsi rispetto alle conoscenze acquisite sul versante orientale. In località Pian del Re, nel comune di Apricale, è stato riportato alla luce un grande «tumulo», sconvolto, con numerosissime pietre all'interno di un circolo, probabilmente della tarda Età del Bronzo. A Monte Grange presso Taggia, nella Valle Argentina, in un anfratto della roccia, si è accertata una sepoltura con corredo di ceramica di impasto databile a una fase avanzata del Bronzo Finale, con confronti nella Francia meridionale (Provenza) per forme e motivi decorativi. Da un profondo e stretto pozzo aperto su una parete a strapiombo, in località Borniga nei pressi di Triora (Imperia), provengono un torques e otto braccialetti bronzei a nastro con decorazione lineare, prodotti in area nord-alpina (tipo La Poype) nella tarda Età del Bronzo. Sono forse da attribuire a una sepoltura la ceramica di impasto e le tracce di incinerazione rinvenute a Diano Marina (Via Roma). I vecchi importanti ritrovamenti di tombe dell'Età del Ferro a Pornassio e a Pietra Ligure non hanno finora trovato ulteriori conferme.

Contatti e scambi devono essere intercorsi nella prima Età del Ferro tra i Liguri; l'interno di cultura golasecchiana e le aree tirreniche. In quest'ultima direzione fanno convergere gli elementi emersi dalla necropoli di Chiavari (v.) che permettono di formulare l'ipotesi di punti di approdo in prossimità di zone di interesse minerario (area di Sestri Levante: rame di Libiola sfruttato sin dal Bronzo Recente). Più sistematiche relazioni tra la L. e il mondo etrusco nel corso del VII e VI sec. a.C. non sono sostenute da adeguati ritrovamenti, soprattutto in confronto con la costa francese (Linguadoca e Provenza), ove il commercio tirrenico è testimoniato da numerosissimi oggetti in contesti indigeni e non, almeno dal terzo quarto del VII sec. a.C, in cambio dell'approvvigionamento di materie prime (oro, argento, piombo, rame, stagno).

Nel VI-V sec. a.C. si conferma in L. il quadro del popolamento d'altura nell'interno e verso costa con l'utilizzazione anche di nuovi siti.

Nella L. occidentale indagini a Monte Follia presso Pietrabona (Imperia) hanno documentato un'articolata presenza umana (età preromana - I sec. d.C.) lungo naturali vie di penetrazione (Valle Armea; Valle Argentina) e collegamenti attraverso percorsi di crinale tra i «castellari» già individuati dal Lamboglia (Monte Bignone, Monte Colma, Monte Caggio, Castellaro di Sapergo) alle spalle di Taggia-Sanremo-Bordighera. Sul Monte S. Elena, in prossimità di Vado Ligure (castellaro di Bergeggi), muri a secco, frammenti di intonaco di argilla, anfore massaliote (tipi PY 6 e PY 8), ceramica di impasto locale e di importazione (vernice nera) presuppongono una presenza umana stabile almeno dal V sec. fino agli inizî del I sec. a.C. (anfore tipo Dressel 1).

Particolare rilievo acquista il ruolo svolto da Genova (v.), secondo quanto hanno progressivamente messo in evidenza gli scavi condotti sulla collina di Castello dal 1967, in corrispondenza del complesso medievale di S. Silvestro. Già il vasellame bronzeo di uso simposíaco (Schnabelkannen, òlpai, stàmnoi, simpula, cola, situle di varia forma, patere e teglie) - diffuso in special modo nell'area etnisca padana (Spina, Felsina, Marzabotto), nonché a Populonia e Aleria - la ceramica attica, per lo più a figure rosse di V e IV sec. a.C., provenienti dai vecchi scavi nella necropoli preromana, e la stessa tipologia delle tombe (pozzetti scavati nella marna), distinguevano la comunità genuate della media e seconda Età del Ferro dagli altri Liguri.

Il rinvenimento nelle stratigrafie di Genova-S. Silvestro di numerosi frammenti anforici di produzione etrusca (tipo PY 2 e PY 4) e, in minor quantità, in contesti di V sec. a.C., di frammenti di anfore corinzie e greco-orientali costituisce l'evidenza archeologica per la rotta che dai mercati dell'Etruria lungo l'alto Tirreno, spingendosi verso il Mediterraneo occidentale, investiva anche Genova. Nell'insenatura del Mandracchio veniva inoltre depositata ceramica tirrenica comune di tipo grezzo e figulina decorata a bande, quest'ultima diffusa anche nella vicina area francese. Confluivano ancora prodotti dell'area mas- saliota, come testimoniano, p.es., le anfore in quantità progressivamente rilevante dal V al III sec. a.C. Esemplari di anfore massaliote, oltre che in vecchi scavi (Monte Colma, Monte Bignone), sono stati riconosciuti più recentemente nella necropoli preromana di Ameglia (v.) e in stratigrafie della seconda Età del Ferro a Savona, sui castellari di Bergeggi, di Camogli, di Uscio, di Vezzola e sul probabile luogo di culto di Monte Dragnone; si segnala, inoltre, qualche rara testimonianza di ceramica «precampana», forse di imitazione massaliota. Questi materiali, unitamente alle anfore etnische (Genova: cfr. supra; Uscio, Camogli, Monte Dragnone: tipo PY 4 e, per Uscio, anche PY 4 A), a oinochòai del Phantom Group (Genova, Ameglia, Monte Dragnone), a skỳphoi del Gruppo Τ Ferrara 585 (Genova, Ameglia), a qualche piattello tipo Genucilia (Ameglia, Genova, Savona), alle coppe dell’atélier des petites estampilles (Genova, Ameglia) dimostrano l'esistenza di più punti di approdo lungo l'arco della costa ligure e di smistamento secondo direttrici in parte ipotizzate (Valle Scrivia, Val Trebbia nell'entroterra di Genova; Val di Vara, Val Ceno nella L. orientale), ma ancora da comprendere compiutamente.

Senza volersi addentrare nel complesso problema del rapporto tra commercio massaliota ed etrusco e all'eventuale unica mediazione delle merci trasportate, iscrizioni etusche provenienti dal sicuro scalo marittimo di Genova e il ritrovamento di elementi di armatura (elmi c.d. tipo Negau da Genova, necropoli preromana; Pietra Ligure-Val Maremola, sepoltura nella grotta di Vara) sembrano riservare alla componente tirrenica un ruolo di preminenza.

Nella seconda Età del Ferro il popolamento ligure continua a essere sparso e quantitativamente poco consistente. Oltre ai castellari, ubicati sulle tradizionali sedi impervie, con tracce di vita dal Bronzo Medio, rioccupati nella seconda Età del Ferro, ricerche svolte nella Valle Scrivia, nel Genovesato (S. Cipriano; Genova-Gemignano; Monte Carlo presso Campomirone) e nella Lunigiana hanno permesso di ipotizzare occupazioni del territorio nella forma sia del castellaro sia di insediamenti, per ora non meglio definibili, in collina o a mezza costa (Minucciano, Pieve S. Lorenzo), prossimi a naturali vie di comunicazione.

Tra la fine del IV e gli inizî del III sec. a.C. la parte estrema della L. orientale è interessata dalla pressione celtica, che spinge i Liguri a oltrepassare il fiume Magra e a inoltrarsi lungo le valli appenniniche fino alla pianura versiliese. Il fenomeno celtico resta per ora documentato dai materiali rimessi in luce nella necropoli di Ameglia, dalle sepolture rinvenute nella località Pegazzano di La Spezia e da qualche oggetto nelle stratigrafie dei castellari. La contestuale presenza di elementi culturali liguri (rito dell'incinerazione entro la cassetta litica noto nella L. orientale, nella Lunigiana e nella Versilia) e di materiali celtici, costituiti ad Ameglia dalle armi deposte nelle tombe maschili di III sec. a.C. e dalle fibule nelle sepolture femminili, evidenzia uno stato della celtizza- zione in ambiente ligure, del quale è difficile ricostruire il quadro delle relazioni etniche e organizzative. L'attestazione epigrafica «enistale», in caratteri etruschi e onomastica leponzia, proveniente da Ameglia (tomba 6), iscritta su una ciotola a vernice nera prima della cottura, è un'ulteriore prova dell'esistenza nell'antico centro di matrici culturali diverse.

La circolazione nel II sec. a.C. di oboli cisalpini in argento (Serra Ricco, Genova, Pignone, Camogli) collegati alla monetazione preromana padana e derivati dal tipo della dramma massaliota, è indizio della partecipazione dei Liguri al tentativo di autonomia locale nei confronti del controllo sempre più diretto operato dalla politica romana.

Resta da definire il processo della romanizzazione, il cui ordinamento amministrativo, non essendo intervenute nuove scoperte, è quello evidenziato nei capitoli introduttivi del CIL, ν, di poco modificato nei successivi aggiornamenti dei Supplementa, Italica. È noto dalle fonti che Albintimilium (v. ventimiglia), Albingaunum (v. albenga), Vada Sabatia (v. vado ligure), Genua (ν. Genova) svilupparono l'impianto urbano in aree occupate dai Liguri secondo modalità e forme non attestate. Solo Luni (v.) - assegnata nella risistemazione augustea alla Regio VII, mentre l'altra colonia Velleia confluisce nella Regio VIII - è deduzione coloniale di II sec. a.C. in una zona, a E del Magra, di sicuro interesse commerciale sin da età preromana.

Risulta difficile, allo stato della ricerca, riconoscere i varí sistemi di aggregazione nel territorio in età romana (vici, pagi, mansiones) distinguendoli dagli altri insediamenti sparsi e individuare indicatori di pastorizia e transumanza. Nella L. occidentale, nell'entroterra appenninico, i siti di altura possono presentare frequentazione fino ad avanzata età imperiale (Monte Bignone; Colma) in rapporto al tipo di attività economica svolta e al controllo esercitato sulle vie di comunicazione. A Caprauna (m 1373 s.l.m.), allo sbocco nord-occidentale della Val Pennavaira dominante l'alta Val Tanaro, è stato rinvenuto un deposito di materiali databili tra la metà del I sec. d.C. e la tarda età flavia. Oltre alla sigillata italica di produzione aretina (con bolli di Ateius, Cn. Ateius, C. Bovius Gen) e di altri ateliers non meglio identificabili) e alla terra sigillata tardo-italica (Sextus Murrius Festus, L. Rasinius Pisanus) sono stati riportati alla luce pareti sottili, ceramica verniciata e comune, rozza terracotta con prevalenza di urne, lucerne, anfore, vetri, qualche oggetto bronzeo e due monete poco leggibili. È ancora in dubbio se questi oggetti siano da intendere come materiale votivo deposto in una stipe nell'ambito dei culti delle vette attestati, p.es., nelle Alpi Cozie (stipe del Monte Genevis, di età romana imperiale) o in area appenninica (Val Trebbia). È tuttavia certa la presenza lungo la naturale via di penetrazione tra la piana costiera ingauna e l'entroterra di genti liguri romanizzate appartenenti con tutta probabilità ai Liguri Montani delle fonti storiche.

Un'ulteriore testimonianza del popolamento sparso appenninico è costituito da un nucleo di tombe a incinerazione di I sec. d.C. in località Case d'Aglio di Castelvecchio di Roccabarbena nella alta Val Neva sulla via che passa per il colle di S. Bernardo.

Nel sistema dei collegamenti tra la L. interna e il mare - in uso sin da epoca protostorica e sfruttati nella viabilità romana - si collocano le testimonianze archeologiche di Piana Crixia (livelli con materiale ceramico soprattutto di I-II sec. d.C.), di Cairo Montenotte, l'antica Canalicum, e di Carcare (tombe di I sec. d.C.) lungo la Val Bormida di Spigno sul tracciato della Via Aemilia Scauri (109 a.C.). Millesimo, nel tratto omonimo della Val Bormida, da cui proviene un'epigrafe con la menzione della tribù Camilia, sembrerebbe inserita invece in un percorso secondario che, partendo dalle alte Langhe, toccava Vesime, Castino, Cortemilia, Gorzegno, Mombasiglio e, dopo Millesimo, incontrava la Via Aemilia Scauri forse presso Carcare. Resta tuttora aperto il problema storico dell'appartenenza della Val Bormida ad Alba Pompeia, ad Aquae Statielliae e a Vada Sabatia.

La conoscenza della viabilità romana si è potuta avvalere di nuovi contributi, quantunque limitati, in relazione al percorso della Via Iulia Augusta. Nell'estremo occidente ligure, in località Latte di Ventimiglia saggi stratigrafici hanno intercettato parte del selciato della strada di I sec. d.C., confermandone l'andamento costiero, già rilevato nel tratto emerso all'interno dei Giardini Hanbury a Capo Mortola. Nella Val Ponci, nel Finalese - dove cinque ponti attestano il passaggio interno tra Vada Sabatia e Dertona della via aperta da Augusto nel 13 a.C. - lo scavo presso il Ponte Sordo ha potuto mettere in evidenza il tronco stradale connesso con il ponte e la tecnica costruttiva glareata.

Le rapide trasformazioni avvenute sulla costa ligure nell'ultimo trentennio, se da una parte hanno fatto emergere nuovi dati, dall'altra hanno definitivamente precluso la possibilità di ricontrollare segnalazioni comparse nella Topografia storica dell'Ingaunia nell'antichità (1933) e nella Liguria Romana (1939) del Lamboglia nonché, per il versante orientale, nella carta archeologica del territorio di Luni (1936-37) redatta da L. Band.

1982, vecchi ritrovamenti (anni '50 e '60) di tombe isolate o per nuclei limitati, di stratigrafie, o di resti murari non definiti in area intemelia (Vallecrosia, Bordighera, Sanremo), ingauna (Bastia, Ceriale, Pietra Ligure, Toi- rano) e nel Finalese (Finale Marina, Perti, Isasco, Varî- gotti), lungo la costa o nell'immediato entroterra, databili tra il I sec. d.C. e l'età imperiale avanzata, documentano un popolamento di cui sfuggono per ora le modalità di aggregazione, ma da postulare in prossimità di collegamenti viarî.

1983, territorio costiero tra Valle Armea e Valle Argentina (Imperia) fu sicuramente interessato da insediamenti rustico-residenziali connessi, in qualche caso, con attività artigianali, come hanno dimostrato gli scavi inediti ripresi nei siti già noti di Bussana e presso il nuovo cimitero nel comune di Sanremo, nonché nella località Porsani di S. Stefano al Mare. Resti archeologici sono stati a più riprese rimessi in luce tra Capo Berta a O, il rio San Bartolomeo a E e il torrente S. Pietro a N. A Diano Marina già nel 1950 in località Prato Fiorito, poco lontano dalla chiesa alto-medioevale di S. Nazario, si era rinvenuta una grande vasca, con tre vani paralleli e muri perimetrali in blocchetti di pietra legati da malta (II-III sec. d.C.). Più recentemente, oltre alle preesistenze protostoriche già accennate (Via Roma), sono emersi stratigrafie e resti murari che rimandano a età tardo-repubblicana e imperiale (Via Roma-area Rosciano Turco; nuovo Ospedale; area della chiesa di S. Siro, nel comune di Diano Castello). Sono di notevole interesse, inoltre, i ritrovamenti di San Bartolomeo al Mare. L'edificio A, per il quale è stata proposta l'identificazione con la mansio di Lucus Bormani, presentava almeno sei ambienti allineati prospicienti su un corridoio, a sua volta affacciato su una corte e fron- teggiante altre strutture ancora non del tutto indagate. Resta tuttora aperto il problema dell'articolazione topografica di Alba Docilia (v. albisola), di cui è noto il complesso rustico-residenziale di I sec. d.C. La recente individuazione dell'epigrafe funeraria M(arcus) Cotius / Terti f(ilius) / sibi et suis / vivos fecit, di I sec. a.C., proveniente con tutta probabilità dall'area della Villa Rosciano ad Albisola Marina, sulla riva destra del torrente Sansobbia, costituisce l'importante testimonianza di un sepolcro gentilizio nell'ambito di proprietà fondiaria in età tardo- repubblicana. Pertinente all'antico territorio di Vada Sabatia è inoltre il complesso rustico di I sec. d.C., identificato a Quiliano in corrispondenza della chiesa di S. Pietro in Carpignano, sulla riva sinistra del torrente Zinola, da ricollegare a un latifondo, presupposto anche dal toponimo di origine prediale.

L'entroterra della L. orientale rimane tuttora meno investigato. Una stele funeraria di I sec. a.C. con epigrafe, conservata a Calice di Cornoviglio nella Val Ceno, ha permesso recentemente a G. Menneila di proporre l'originaria estensione transappenninica dei Tigulli in un territorio passato in età imperiale sotto la giurisdizione di Veleia. A Limone Melara tombe di I sec. d.C. a incinerazione entro cassette di tegoloni, presuppongono un insediamento nell'immediato entroterra rispetto alla linea di costa (a NE di La Spezia), non necessariamente da identificare con Boron della Tabula Peutingeriana (11, 5). Nei corredi, accanto alle forme indigene più tradizionali di uso comune (olle, coppette su piede), si rileva la presenza di sigillata italica di produzione aretina (bolli di Ateius e Zoilus), di pareti sottili, e di balsamarî vitrei.

Sulla costa di levante il fenomeno della villa residenziale, ubicata in punti panoramici e favorevoli allo sfruttamento agricolo, trova riscontro già nel I sec. a.C. Alla foce del Magra (in località Bocca di Magra) sono stati riportati alla luce resti di una villa maritima, disposta su terrazze ottenute con tagli nel pendio naturale. Le fasi di vita di questo complesso, molto danneggiato durante la seconda guerra mondiale, si collocano tra la fine del I sec. a.C. e il IV d.C. Non si conoscono l'orientamento né l'intero sviluppo planimetrico; resti di suspensurae in alcuni ambienti sulla terrazza mediana hanno fatto supporre un originario balneum. L'instrumentum è costituito da ceramica fine da mensa (sigillata italica di produzione aretina e terra sigillata tardo-italica), da ceramica comune (olle, tegami, mortai), da brocche trilobate in argilla grigia, da anfore, vetri e lucerne. Si segnalano due capitelli di marmo bianco lunense di diverse dimensioni ma di uguale decorazione a foglie d'acqua, nonché frammenti di intonaco dipinto.

Lungo l'arco del golfo di La Spezia, dibattuto Portus Lunae, si dislocavano altre ville (località Muggiano, Fezzano, Marola-S. Vito), testimoniate oggi solo dalle sommarie notizie apparse subito dopo la scoperta nei primi anni del '900 e da materiali conservati nel Museo Civico di La Spezia, nonché dalla toponomastica prediale.

La villa maritima rimessa in luce sulla punta del Varignano, che chiude a O il golfo di La Spezia, può rappresentare un esempio di questi complessi residenziali costieri collegati allo sfruttamento di fundus. Al primo impianto del II sec. a.C. si devono riferire i resti di colonne in laterizio, inglobate nelle strutture successive, e di pavimenti in signino. In età sillana la villa è interessata da un'opera di notevole ristrutturazione, come dimostrano i muri in opera pseudo-reticolata riconoscibili nell'intero impianto planimetrico. È del I sec. d.C. un'ulteriore fase di trasformazione: l'ala residenziale intorno all'atrio corinzio viene adibita a balneum. La vita nel complesso rustico-residenziale perdura fino al V-VI sec. d.C. Gli ambienti risultano distribuiti a «L», lungo i lati E e S di una vasta corte centrale rettangolare; il muro di SE di questa corte, proseguendo verso E, costituisce il limite S della cala sulla quale si affacciava la villa. Un hortus quadrato separa la pars residenziale dalla pars fructuaria (cella olearia, torcularium, piccola corte). Nel I sec. d.C. fu costruita a NO la cisterna in opera laterizia, a pianta rettangolare, divisa all'interno in due navate mediante cinque arcate a sesto ribassato, sostenute da pilastri; l'esterno sul lato a valle presenta sette contrafforti di pietre e laterizi. Nella villa si conservano resti di pavimentazione tardo-repubblicana a mosaico, in signino e cocciopesto. Molto ben rappresentato è l'instrumentum con ceramica a vernice nera usata nel primo periodo di vita della villa, ceramica fine da mensa (terra sigillata aretina, italica, tardo-italica e sud-gallica), vasi potori a pareti sottili, e lucerne di varí tipi dal I sec. a.C. al IV-V sec. d.C. Si segnala inoltre, la presenza di anfore, da quelle tardo-repubblicane alle africane del IV sec. d.C. Tra i materiali marmorei prevalgono le lastre di rivestimento; una statua femminile di dimensioni inferiori al normale è stata identificata come Igea (II sec. d.C.).

Sono inoltre da ricordare alcune ricerche e scoperte significative riguardanti l’età tardo-antica e l’Alto Medioevo.

Lo scavo di una tomba a cappuccina presso la chiesa di S. Eusebio, a Perti, nel Finalese, ha consentito di recuperare una tegola iscritta con monogramma cristiano e croce latina, databile al 362 d.C. per la presenza dei nomi consolari.

Testimonianze di età tardo-antica sono emerse a Noli (v.), nell'area adiacente la chiesa di S. Panagorio. A Savona, sotto la Loggia del Castello Nuovo, si sono rinvenute sepolture di varia tipologia, prevalentemente a cappuccina, ma anche entro anfore, che coprono un arco cronologico compreso tra il IV e il VII sec. d.C. A Capo Don, nel comune di Riva Ligure, è stata riportata alla luce una chiesa a tre navate con nartece tripartito e vasca battesimale ottagonale con nicchie esterne semicircolari della prima metà del VI sec. d.C. con successive trasformazioni. Il vano Ν del nartece e la navata settentrionale della chiesa ebbero ben presto un uso funerario con tombe di varia tipologia, ma prevalentemente entro sarcofagi di pietra locale con tetti ad acroterì angolari. Tali resti, insieme alle più antiche fasi della chiesa di S. Cipriano presso Calvisio, a O di Finale Ligure, documentano la diffusione di luoghi di culto cristiano in area rurale lungo percorsi ricalcanti più antichi tracciati. Nel Castrum di Perti si sono attinti risultati importanti relativi sia all'andamento planimetrico della fortificazione sia alle stratigrafie di una casa con pareti di legno su un basamento di pietra con copertura deperibile. Il muro di cinta sembra risalire alla fine del VI-inizî VII sec., mentre la casa, sulla base dei materiali rinvenuti (ceramici e frammenti di anfore, una placchetta ageminata e una moneta di Eraclio), è assegnabile al VII sec. d.C.

Sull'isolotto di Bergeggi, davanti al litorale savonese, sembra confermata la datazione al V-VI sec. della primitiva chiesetta da porre in relazione con il culto di S. Eugenio. Nella L. di Levante, nella pieve di Brugnato si è riconosciuto un luogo di culto tardo-antico con una successiva fase alto-medievale. Le ricerche in corso contribuiranno a chiarire anche eventuali preesistenze romane intraviste negli scavi degli anni '50. Infine nell'isola del Tinetto si è consolidata l'ipotesi dell'origine paleocristiana dell'oratorio, considerato dalla tradizione la più antica testimonianza cristiana nel golfo di La Spezia, anche per il riutilizzo nella struttura muraria dell'abside di tegoloni tardo-romani.

Bibl.: Fonti storiche e letterarie: A. Pinelli, in DEA, IV, 1959, p. 1055 ss., s.v.; G. A. Mansuelli, Tradizione etnica e poleografica della Liguria e della Transpadana Occidentale, in RivStLig, XLI-XLII, 1975-1976, pp. 81-91; G. Forni (ed.), Fontes Ligurum et Liguriae Antiquae, Genova 1976; G. A. Mansuelli, Le fonti storiche sui Liguri. Le tradizioni fino alla Naturalis Historia di Plinio, in RivStLig, XLIX, 1983, pp. 7-17; E. Salomone Gaggero, I Liguri nell'opera di Floro, ibid., L, 1984, pp. 7-17; G. A. Mansuelli, Luni e il confine settentrionale dell'Etruria, in Studi lunensi e prospettive sull'Occidente romano. Atti del Convegno, Lerici 1985, Luni 1987, pp. 9-163.

Lingua ed epigrafia: A. Maggiani, A. L. Prosdocimi, in StEtr, XLIV, 1976, pp. 258-266; G. Petracco Sicardi, Liguri e Celti nell'Italia Settentrionale, in I Celti d'Italia, Pisa 1981, pp. 71-96; F. M. Gambari, G. Colonna, Il bicchiere con iscrizione arcaica da Castelletto Ticino e l'adozione della scrittura nell'Italia nord-occidentale, in StEtr, LIV, 1986, pp. 119-164; A. Maggiani, Per una puntualizzazione cronologica delle stele iscritte della Lunigiana, in I Celti ed Etruschi nell'Italia centro-settentrionale dal V sec. a. C. alla romanizzazione. Atti del Colloquio Internazionale, Bologna 1987, pp. 437-441; A. L. Prosdocimi, in StEtr, LVII, 1991, pp. 139-177; id., Lingua e scrittura dei primi Celti, in I Celti (cat.), Milano 1991, pp. 51-59.

Età del Bronzo-prima Età del Ferro. - In generale: R. De Marinis, Liguri e Celto-Liguri, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Italia, omnium terrarum alumna, Milano 1988, pp. 248-259. - L. orientale: M. Tizzoni, Appunti per uno studio dei castellari liguri, in Giornale Storico della Lunigiana, n.s. XXVI-XXVII, 1975- 1976, pp. 93-111; G. Odetti, Il periodo di transizione dall'Età del Bronzo all'Età del Ferro in Liguria, in Annali del Museo Civico della Spezia, 1977-1978, pp. 185-190; T. Mannoni, M. Tizzoni, Lo scavo del castellaro di Zignago (La Spezia), in RivScPr, XXXV, 1980, pp. 249-279; A. Del Lucchese, R. Maggi, Considerazioni sulla cronologia dell'Età del Bronzo in Liguria, in RivStLig, XL Vili, 1982, pp. 75-90; S. Fossati, W. Messina, M. Milanese, Il castellaro di Vezzola (La Spezia), ibid, pp. 178-192; S. Fossati, M. Milanese, Gli scavi del castellaro di Camogli, Camogli 1982; R. Maggi (ed.), Preistoria nella Liguria Orientale, Recco 1983; A. Maggiani, Problemi di popolamento tra Arno e Magra dalla fine dell'età del Bronzo alla conquista romana, in Studi di Antichità in onore di G. Maetzke, II, Roma 1984, pp. 333-353; Β. D'Ambrosio, Lo strato F della necropoli di Chiavari, in RivStLig, LUI, 1987, pp. 5-76; R. Maggi (ed.), Archeologia dell'Appennino Ligure. Gli scavi del castellaro di Uscio: un insediamento di crinale occupato dal Neolitico alla conquista romana, Bordighera 1990; R. Maggi (ed.), Archeologia preventiva lungo il percorso di un metanodotto, Chiavari 1991; E. Starnini, Beverino (La Spezia). Località Castellaro di Pignone, in ΒΑ, VIII, 1991, pp. 58-60; R. Maggi, R. Nisbet, G. Barker (ed.), Archeologia della pastorizia nell'Europa Settentrionale. Atti della Tavola Rotonda Internazionale, Chiavari 1989, I, in RivStLig, LVI, 1990, pp. 1-328 e II, ibid.; LVII, 1991, pp. 5-264.

L. occidentale: O. Giuggiola, Il villaggio delle Anime: un abitato fortificato dell'Età del Ferro nel Finalese, in RInglntem, n.s. XIV, 1959, pp. 51-58; M. Ricci, F. Frediani, F. Pallarás, Una tomba della fine dell'Età del Bronzo e altri ritrovamenti sul Monte Grange (Taggia), ibid., n.s., XIX, 1964, pp. 61-65; O. Giuggiola, Lo scavo della caverna marina di Bergeggi, ibid., n.s., XXVI, 1971, pp. 22-29; Ν. Lamboglia, Un pozzo funerario dell'Età del Bronzo presso Borniga (Realdo), ibid., XXVIII, 1972, pp. 106-110; AA.VV., Archeologia in Liguria, I, Genova 1976; II, Genova 1984; III, Genova 1988.

La nascita di Genova e la L. nel V sec. a.C.: N. Lamboglia, Esplorazioni archeologiche e storico topografiche sui monti di Sanremo, in RInglntem, n.s., X, 1955, pp. 1-10 ; M. Ricci, La seconda campagna di scavi al castellaro di Monte Colma (Sanremo), ibid., XVIII, 1963, pp. 95-98; A. Neppi Modona, in StEtr, XXXVIII, 1970, pp. 282-286; F. Tinè Bertocchi, Ceramiche importate dall'abitato preromano di Genova, in Archaeologica. Scritti in onore di A. Neppi Modona, Firenze 1975, pp. 451-476; A. Bertino, Frammenti di ceramica attica da Genova-S. Silvestro, ibid., pp. 477-491; R. Urgese Rolandi, Considerazioni sui castellari della Liguria, in RivStLig, XLIII, 1977, pp. 190-200; P. Melli, Alcune note sui materiali della necropoli preromana di Genova, in QuadStLun, IV-V, 1979-1980, pp. 113-128; ead., Genova, in M. Cristofani (ed.), Civiltà degli Etruschi (cat.), Milano 1985, pp. 193-195; M. Milanese, T. Mannoni, Gli Etruschi a Genova e il commercio mediterraneo, in StEtr, LII, 1985, pp. 115-144; M. Milanese, Rapporti fra Marsiglia e Genova dal V al I sec. a.C.: informazioni archeologiche dai recenti scavi di Genova, in Miscellanea in memoria di Teofilo Ossian De Negri, I, Genova 1986, pp. 9-19; id., Scavi nell'oppidum preromano di Genova, Roma 1987; D. Gandolfi, G. Stabile Re, La scoperta di un abitato di altura sul Monte Follia (Monte Faudo-Imperia). Primo saggio di scavo. Nota preliminare, in RInglntem, n.s., XLII-XLIII, 1987-1988, pp. 115-121; A. Del Lucchese, Bergeggi. Castellaro, in Archeologia in Liguria, III, 1, cit., pp. 111-115; R. Ridella, L'elmo della grotta di Ponte di Vara, ibid., pp. 141-143; M. Milanese, La diffusione delle anfore massaliote in Liguria, in Etudes Massaliètes, II, 1990, pp. 218-222.

Per i rapporti tra l'Etruria e la costa ligure-provenzale: G. Colonna, Graffiti etruschi in Linguadoca, in StEtr, XLVIII, 1980, pp. 181-185; M. Martelli, Populonia: cultura locale e contatti con il mondo greco, in L'Etruria mineraria. Atti del XII Convegno di Studi Etruschi e Italici, Firenze 1979, Firenze 1981, pp. 399-427; J. P. Morel, Le commerce etrusque en France, en Espagne et en Afrique, ibid., pp. 463-508; id., Les Phocéens d'Occident: nouvelles données, nouvelles approches, in PP, XXXVII, 1982, pp. 479-496; M. Martelli, I luoghi e i prodotti dello scambio, in M. Cristofani (ed.), Civiltà degli Etruschi, cit., pp. 175-181; L. Aigner Foresti, L'espansione etrusca verso le aree nord-occidentali della penisola italiana e verso la Francia meridionale. Metodo e risultati, in Atti del II Congresso Internazionale Etrusco, Firenze 1985,1, Roma 1989, pp. 147-152.

Per la seconda Età del Ferro: A. L. Ambrosi, G. Martini, Il castellaro di Pieve S. Lorenzo (Minucciano) nell'alta valle dell'Aulella, in Giornale Storico della Lunigiana, n.s., XVI, 1965, pp. 5-14; G. Martini, Nuove ricerche sul castellaro di Pieve S. Lorenzo (alta valle dell'Aulella), ibid., XVII, 1966, pp. 5-14, con appendice di T. Mannoni; T. Mannoni, La ceramica dell'Età del Ferro nel Genovesato, in Studi Genuensi, Vili, 1970-71, pp. 3-24; R. Formentini, L'Età del Ferro in Lunigiana (cat.), La Spezia 1975; A. Maggiani, Liguri orientali: la situazione archeologica in età ellenistica, in RivStLig, XLV, 1979, pp. 73-101; G. Massari Gaballo, I Liguri in Lunigiana nella seconda età del Ferro, in QuadStLun, IV-V, 1979-1980, pp. 83-112; V. Jolivet, Exportation étrusques tardives (IV-III siècle) en Méditerranée Occidentale, in MEFRA, XCII, 1980, 2, pp. 681-724; A. Francesetti, M. Milanese, C. Rossi, Ritrovamento di anfore tardo-repubblicane al Monte Beigna (SV), in Studi Genuensi, II, 1984, pp. 55-61; Β. D'Ambrosio (ed.), I ritrovamenti archeologici dell'alta Val Polcevera. Studi e ricerche. Cultura del territorio, 2, Campomorone 1985; M. Milanese, M. Giardi, L'insediamento preromano di Monte Dragnone (La Spezia). Relazione preliminare, in Scritti in onore di G. Massari Gaballo e di U. Tocchetti Pollini, Milano 1986, pp. 71-78; A. Durante, Corredi tombali con elementi tipo La Tene dal sepolcreto di Ameglia, in Celti ed Etruschi nell'Italia centro-settentrionale..., cit., pp. 415-436; F. M. Gambari, M. Venturino Gambari, Il popolamento della Liguria interna dalle invasioni galliche alla romanizzazione, in RivStLig, LIII, 1987, pp. 99-150; M. Venturino Gambari, Alle origini di Libama: insediamenti protostorici e vie commerciali in Valle Scrivia, in S. Finocchi (ed.), Libarna, Alessandria 1987, pp. 16-25; G. Colonna, in StEtr, LIV, 1988, p. 154 ss. (per l'iscrizione di Ameglia); A. Durante, Ameglia, in Archeologia in Liguria, III, 1, cit., pp. 13-21; P. Piana Agostinetti, Per una definizione dei confini delle civitates celtiche della Transpadana centrale, in SciAnt, II, 1988, pp. 137-218; M. Venturino Gambari, Nuovi dati sull'origine del popolamento nell'agro alessandrino, in Antichità ed Arte nell'Alessandrino. Atti del convegno, Alessandria 1988, Torino 1989, pp. 25-39; E. Paribeni (ed.), Etruscorum ante quam Ligurum. La Versilia tra VII e III sec. a.C. (cat.), Pontedera 1990; D. Vitali, I Celti in Italia, in Celti ed Etruschi..., cit., pp. 220-235; Venturino Gambari, in Montaldo di Mondovì. Un insediamento protostorico. Un castello, Roma 1991, pp. 15-28, 105-116.

Per la monetazione padana: A. Bertino, Dramme e oboli cisalpini del gruppo ligure, in B. D'Ambrosio (ed.), I ritrovamenti archeologici dell'alta Val Polcevera..., cit., pp. 73-81; G. Bergonzi, P. Piana Agostinetti, L'obolo di Caronte. Aes rude e monete nelle tombe: la pianura padana tra mondo classico e ambito transalpino nella seconda età del Ferro, in SciAnt, I, 1987, pp. 161-223.

Età romana e tardo-antica: T. O. De Negri, Un bronzetto votivo a Monte Alfeo e il culto delle vette presso i Liguri antichi, in Bollettino Ligustico, VII, 1956, pp. 21-34; L. Uzzecchini, La¡ necropoli romana di Limone Melara nel golfo della Spezia, in Giornale Storico della Lunigiana, X, 1959, pp. 13-26; Ν. Lamboglia, Riscoperta della strada romana nella villa Hanbury, in RIngIntem, n.s., XX, 1965, p. 78; A. Frova, Bocca di Magra, in Archeologia in Liguria, I, cit., pp. 55-58; L. Venturi, Primi scavi nella mansio romana di Crixia (Piana, Savona), in RIngIntem, n.s., XXXI, 1976-1978, pp. 198-202; G. Mennella, Supplemento agli indici onomastici di C.I.L., V, Regio IX Liguria, in Supplemen- ta Italica, n.s., I, Roma 1981, pp. 177-205; id., La più antica testimonianza epigrafica datata sul Cristianesimo in Liguria, in RIngIntem, n.s., XXXVI- XXXVII, 1981-1982, pp. 1-8; L. M. Bertino, Ceramica aretina, tardo-italica e sud-gallica dalla villa romana del Varignano, ibid., XLIX, 1983, pp. 168-178; D. Gandolfi, L. Gervasini, La stipe votiva di Caprauna. Le classi del materiale, ibid., XLIX, 1983, pp. 92-167; G. Mennella, Vada Sabatia, Regio IX. Liguria, in Supplementa Italica, n.s., II, Roma 1983, pp. 197-214; A. Surace, Diano Marina, in Archeologia in Liguria, II, cit., pp. 201-204; ead., Latte, ibid., pp. 223-226; G. P. Martino, Bussana, ibid., pp. 209-212; A. Frondoni, Rassegna delle scoperte dell'ultimo decennio e prospettive dell'archeologia cristiana in Liguria, in Atti del VI Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana, Pesaro-Ancona 1983, Ancona 1985, pp. 713-732; F. Filippi, Due ritrovamenti archeologici nelle Langhe albesi. Contributo alla conoscenza del territorio in età romana, in QuadAPiem, V, 1986, pp. 77-114; G. Mennella, Tra Libarna e Veleia: nuove conoscenze epigrafiche sulla topografia e l'amministrazione del territorio, in Serta Histórica Antiqua, Roma 1986, pp. 183-196; id., Una rilettura dell'iscrizione paleocristiana di Perti, in RIngIntem, n.s., XLI, 1986, pp. 65-66; AA.VV., La pietra oliare in Liguria. Atti della giornata di studio in ricordo di Leila Massari, Finale Ligure 1985, in RivStLig, LII, 1986, pp. 151-319; D. Gandolfi, Relazione sulle campagne di scavo 1986-87 nel complesso archeologico di S. Bartolomeo al Mare, località Rovere, in RIngIntem, n.s., XLII-XLIII, 1987-1988, pp. 122-129; G. Mennella, Albingaunum. Regio IX. Liguria, in Supplementa Italica, n.s., IV, Roma 1988, pp. 243-304; R. Lavagna, C. Varaldo, La necropoli del Priamar, in RivStLig, LIV, 1988, pp. 179-190 (con bibl. prec.); G. Mennella, / Tigullii e la Liguria orientale in nuovi documenti epigrafici, in Serta Histórica Antiqua, II, Roma 1989, pp. 175-190; Ph. Pergola e altri, Nuove ricerche sul complesso cristiano tardoantico ed altomedievale di Capo Don a Riva Ligure, in BdA, LV, 1989, pp. 45-56; A. Bertino (ed.), La villa romana e l'Antiquarium del Varignano, Sarzana 1990; H. Mielsch, La villa romana, Firenze 1990, in part. pp. 175-177; F. Bulgarelli, Finale Ligure (Savona). Val Ponci, in BA, I-II, 1990, pp. 116-118; T. Mannoni, G. Murialdo, Insediamenti fortificati tardoromani e altomedievali nell'arco alpino. L'esperienza ligure, in AMediev, XVII, 1990, pp. 9-15; G. Mennella, Albintimilium. Regio IX. Liguria, in Supplementa Italica, Roma 1992, pp. 99-135; G. Murialdo, Archeologia ed evoluzione del territorio tra età tardo antica e medioevo nella Liguria di Ponente: l'incastellamento nel Finale, in A. Crosetti (ed.), Le strutture del territorio fra Piemonte e Liguria. Dal X al XVIII secolo. Atti del convegno, Careare 1990, Cuneo 1992, pp. 35-62; L. Paroli (ed.), La ceramica invetriata tardoantica e alto medievale in Italia. Atti del Seminario Certosa di Pontignano (Siena) 1990, Firenze 1992, pp. 75-115; G. Murialdo e altri, Il castrum tardo antico di S. Antonino di Perti Finale Ligure (Savona): terze notizie preliminari sulle campagne di scavo 1982-1991, in AMediev, XIX, 1992, pp. 279-368; C. Varaldo, Archeologia urbana a Savona; scavi e ricerche nel complesso monumentale del Priamàr, Bordighera 1992; M. Milanese, Genova romana, Roma 1993; A. Frondoni, Rassegna delle scoperte di archeologia cristiana in Liguria 1983-1993, in Atti del VII Convegno Nazionale di Archeologia Cristiana, Cassino 1993, in corso di stampa.

Per i ritrovamenti degli anni '50 e '60 di età romana in area intemelia, ingauna e nel Finalese si rimanda alle notizie e agli articoli apparsi soprattutto in Rilnglntem e RivStLig.