LIONE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

Vedi LIONE dell'anno: 1961 - 1973 - 1995

LIONE (v. vol. IV, p. 647 e S 1970, p. 411)

S. Rinaldi Tufi

Recenti scavi e ricerche hanno fornito nuovi importanti dati sulla città antica, rimettendo in discussione situazioni e realtà che ormai si davano per acquisite. È da riesaminare, p.es., l'origine stessa di L.; non è affatto sicuro che prima della città romana vi fosse qui un insediamento celtico, né che fosse chiaramente identificabile il sito della colonia di Planeo, che invece qualcuno aveva tentato di individuare: in realtà sulla Penisola i resti più antichi finora rinvenuti risalgono al I sec. a.C., mentre a Fourvière non è stato rinvenuto nulla che si possa datare prima del 30-20 a.C. Anche l'idea che L. si possa considerare «capitale naturale» appare discutibile. Malgrado l'ubicazione favorevole alla confluenza di Rodano e Saona, è da sottolineare che la collina di Fourvière, prima della costruzione dell'acquedotto del Gier, era povera d'acqua, e quindi poco idonea a un insediamento importante, che infatti, probabilmente, non era ancora tale all'epoca di Cesare: il grande sviluppo di Lugdunum comincia solo con Augusto e Agrippa.

Un'altra teoria ormai radicata è quella della sequenza dei fori della città: prima il praetorium di Planeo, il fondatore della colonia; poi il Forum Vetus (da cui si pensa addirittura che derivi, per contrazione e adattamento, il toponimo Fourvière); infine il Forum Novum, individuabile nel complesso scavato al Verbe Incarné. Ma anche questa teoria è stata rimessa in discussione: del praetorium di Planeo, come di tutto ciò che riguarda il primitivo impianto della colonia, non sappiamo in realtà nulla; sull'identificazione del Forum Vetus, a parte l'ipotesi sulla toponomastica, non abbiamo elementi probanti; quanto al Forum Novum, che era stato datato all'epoca di Antonino Pio, sembra invece più corretta una datazione all'età di Tiberio: il complesso del Verbe Incarné costituisce quindi un immediato sviluppo dell'impianto della prima età imperiale, e difficilmente potrà essere considerato novum.

Lo scavo del Verbe Incarné resta, comunque, una delle imprese più importanti nell'ambito delle recenti ricerche archeologiche lionesi. L'imponente complesso, che sovrasta il pendio del teatro e dell'odeon, nonché il Santuario di Cibele (da cui dista poco più di tre isolati), era costituito da un cortile porticato, da un tempio (di cui si è recuperato il podio, di notevolissime dimensioni, tanto da far pensare a un ottastilo), da un altare; sul lato E, dove il terreno è alquanto scosceso, sotto al portico (che è a due navate) era ricavato un criptoportico, anch'esso a due navate, con duplice volta. Si sono rinvenute iscrizioni frammentarie menzionanti Tiberio, Caligola, Nerone; si è ipotizzato che fosse questa la sede del culto municipale di Roma e Augusto, fenomeno molto noto in Gallia Narbonense (e L., si sa, costituisce quasi un prolungamento della Narbonensis in Gallia Celtica). È stato accertato che, prima della costruzione di questo complesso, sorgevano qui domus signorili, che quindi non ebbero lunga vita: ne è stata indagata una, risalente all'età augustea.

Si è continuato a lavorare, fra nuove ipotesi e precisazioni, anche sull'Ara. Riproponendo il problema della maggiore o minore attendibilità delle raffigurazioni monetali da tempo note, si sono anzitutto tentate nuove ricostruzioni della conformazione e della decorazione del monumento. Si è pensato, p.es., che la struttura raffigurata sulle monete fosse non l'altare stesso, ma il suo perìbolos (recinto); che vi potessero anche trovare posto le personificazioni delle sessanta provincie galliche, rese con criteri non del tutto dissimili da quelli che presiedono alla «galleria delle provincie» del Sebastèion di Afrodisiade (v.); che i dettagli, in realtà poco comprensibili, che si scorgono (sempre nelle raffigurazioni monetali) nella parte superiore del monumento stesso potessero essere busti di Roma e di Augusto, nonché di altri membri della famiglia giulio-claudia. Sono stati attribuiti all'altare frammenti di lastre finemente decorate da ghirlande; ma sostanzialmente si ignora ancora il suo vero aspetto, né, a ben vedere, si può essere sicuri che davvero ne facessero parte (come invece era stato sostenuto comunemente) le colonne reimpiegate nella chiesa di St. Martin d'Ainay. Si è anche ipotizzato, infine, che in età adrianea si sia verificato un allargamento del culto: da altare di Roma e Augusto a tempio di Roma e dei Divi (di tutti gli imperatori divinizzati); ma di questa ipotesi i resti rinvenuti non forniscono alcuna conferma.

Comunque, si può ritenere valida la doppia articolazione, che così si è delineata, del culto di Roma e Augusto: il culto «municipale» al Verbe Incarné e quello «federale» presso l'Ara. Anche sugli altri luoghi di culto sono state condotte importanti ricerche, a partire dal Santuario di Cibele, che nel suo assetto definitivo, così come si delinea nel II sec. d.C., occupa una superficie rettangolare lievemente irregolare sulle pendici di Fourvière sovrastanti il teatro, ed è parzialmente appoggiato su poderose sostruzioni. È costituito essenzialmente da due cortili: il più grande, a E, ospita la cella, ma anche gallerie e padiglioni; il più piccolo, a O, era chiuso sulla parete di fondo da tre ampie esedre (di cui restano visibili avanzi) che dovevano conferire alla struttura un aspetto simile a quello di una facciata teatrale. Nell'area sono stati scavati anche i resti di due importanti costruzioni augustee, che furono rase al suolo nel momento in cui fu eretto il santuario: grandi cisterne a O e un’«insula basilicale» a E. Le cisterne costituivano uno dei bacini di raccolta collegati con l'acquedotto del Gier; il complesso basilicale era una realizzazione di notevole impegno, su due piani, con annessi locali amministrativi.

Nell'ambito del santuario, è stata rinvenuta una bella testa di Cibele, mentre il teatro ha restituito statue riferibili all'ambito del thìasos dionisiaco: una ninfa, un sileno, un torso seminudo; notevole, fra l'altro, una testina raffigurante probabilmente Dioniso fanciullo o un erote del corteggio.

Strutture di notevoli dimensioni sono state individuate in Avenue Adolphe Max, a L. St. Jean. Siamo sulla riva destra della Saona, in presenza di numerosi bacini secondarî e alluvioni: nel II sec. d.C. furono eseguiti lavori di contenimento; nel III fu costruito un complesso termale, di cui non si conservano però resti particolarmente notevoli. Abbondanti sono invece i materiali rinvenuti, soprattutto anfore della Narbonensis. Dal VII sec. in poi sorgeranno qui importanti edifici ecclesiastici.

Sono stati studiati, con tentativi di ricostruzione grafica, interessanti elementi dell'arredo urbano: fra questi va ricordata una fontana gallo-romana presso il Verbe Incarné (probabilmente da porsi in collegamento con l'acquedotto del Gier), per la quale sembra di poter riconoscere due fasi costruttive, una nel I sec. (è stato rinvenuto un capitello recante un'iscrizione con dedica a Claudio) e una nel vil sec. d.C.

Sono stati scoperti numerosi resti di strutture realizzate in argilla e legno: tale tecnica costruttiva era dunque, anche in età romano-imperiale, più diffusa di quanto si pensasse. Altre ricerche hanno avuto per oggetto le fasi del declino della città dopo la battaglia del 197 d.C., combattuta nel corso della guerra fra Settimio Severo e Clodio Albino, da cui L. uscì semidistrutta. A Fourvière sembra che nel 250 c.a si sia avviato un processo di abbandono, che mezzo secolo dopo era ormai definitivo.

Notevole impulso hanno avuto, a partire dagli anni Settanta, le indagini sulle attività produttive, comprese quelle sull'attività artistica. Forni per la cottura della ceramica sono stati individuati sull'isola delle canabae, in località Serra-Loyasse e soprattutto sul Quai de Serin, sulla riva della Saona. In quest'ultimo sito, in particolare, si era sviluppata una vera e propria attività industriale: lo stesso impianto serviva, probabilmente, anche per la produzione di bronzo e vetro. Dopo il I sec. d.C. sembra che vi sia un'interruzione, le cui modalità non sono state ancora chiarite (trasferimento dell'officina? recessione?).

Per quanto riguarda la produzione artistica vera e propria, le novità più importanti sono legate alle ricerche sull'attività della «Bottega del Mausoleo». L’équipe che lavorò al monumento degli Iulii di Glanum (v.), infatti, operò, a quanto sembra, in un'area abbastanza vasta della Narbonense: Avignone, Allein, St. Jullien-lès-Martigues; e anche (soprattutto, si direbbe, per quanto riguarda le statue dei togati) nel Mausoleo dei Salonini di L., città che appare quindi sempre più come un «prolungamento» della Narbonense stessa.

Sembra singolare la situazione di L. cristiana (il primo fatto rilevante che conosciamo è il martirio, nell'anfiteatro, di Santa Blandina e dei suoi compagni, nel 177 d.C.): da un lato la città, a partire dalla fine del II sec. d.C., appare in declino, dall'altro non mancano testimonianze di necropoli e chiese rilevanti. Ricordiamo anzitutto il gruppo episcopale del IV sec., costituito dalla chiesa di St. Jean (di cui restano solo avanzi dell'abside sotto la cattedrale attuale) e dal battistero, dotato di vasca battesimale ottagonale, che sarà trasformato nel IX sec. nella chiesa di St. Etienne. La chiesa di St. Just (forse dedicata in origine ai fratelli Maccabei, considerati in un certo senso «protomartiri») conosce molteplici fasi costruttive fra IV e VIII sec. d.C., con modifiche di volta in volta piuttosto sensibili (spostamento di absidi, ecc.). Nella seconda fase, una delle meglio ricostruibili, St. Just aveva tre navate e un transetto; seguirono rifacimenti carolingi e romanici. La chiesa era sorta - cosa piuttosto frequente - nell'ambito di una necropoli: la stessa vicenda si riscontra a St. Irénée, e anche qui troviamo molteplici fasi, distribuite però fra V e Vili secolo. Sulla riva destra della Saona sorgeva la chiesa di St. Laurent-de-Choulans, che però, meno importante all'inizio, conobbe un maggiore sviluppo solo più tardi.

Sono ancora a uno stato iniziale le indagini sul territorio e sui siti rurali; si è potuta però accertare la notevole estensione della civitas dei Segusiavae (resti di villae e di vici) in un'area corrispondente oggi al Dipartimento della Loire. Notevole doveva, essere anche, a quel che sembra, la rete stradale.

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