Lipidi

Universo del Corpo (2000)

Lipidi

Anna Maria Paolucci

I lipidi (dal greco λίπος, "grasso") costituiscono un gruppo di nutrienti con struttura chimica e ruolo metabolico eterogenei, che hanno in comune la caratteristica di essere insolubili in acqua. I lipidi che rivestono maggiore interesse alimentare sono i trigliceridi, i fosfolipidi, il colesterolo, nonché le vitamine liposolubili (v. vitamine). Oltre a rappresentare la principale fonte di energia per l'organismo e a svolgere la funzione di riserva energetica nel tessuto adiposo, i lipidi entrano nella composizione delle membrane cellulari e ricoprono un importante ruolo nella regolazione di molti processi fisiologici. È dunque fondamentale una loro corretta assunzione nella dieta giornaliera, soprattutto di acidi grassi essenziali, per consentire lo sviluppo dell'organismo nell'infanzia e nell'adolescenza e il mantenimento di un soddisfacente stato di salute nell'età adulta.

Classificazione

I trigliceridi (v.) o triacilgliceroli, talvolta chiamati genericamente grassi se sono solidi a temperatura ambiente oppure oli se liquidi, vengono ricavati dal grasso di deposito o da prodotti biologici degli animali quali il latte, oppure dai semi e dalla frutta di svariate piante alimentari. Dal punto di vista chimico, i trigliceridi sono esteri del glicerolo con acidi grassi (v.), che, in un dato gliceride, possono essere tutti e tre dello stesso tipo o di tipo diverso. Gli acidi grassi, che sono i veri nutrienti lipidici dato che il glicerolo è di natura glucidica, sono costituiti da una catena carboniosa di lunghezza variabile da 4 a più di 20 atomi di carbonio. In base alla lunghezza della catena, vengono classificati come acidi grassi a catena corta (fino a 6 atomi di carbonio), a catena media (da 8 a 10 atomi di carbonio) o a catena lunga (da 12 a più atomi di carbonio). Essi possono inoltre essere saturi (nessun doppio legame lungo la catena), monoinsaturi (un solo doppio legame) o polinsaturi (due o più doppi legami): per es., è saturo l'acido stearico, è monoinsaturo l'acido oleico, è polinsaturo l'acido linoleico; il grado di insaturazione è quello che determina il differente destino metabolico di questi tre acidi grassi, pur avendo essi una stessa catena carboniosa di 18 atomi di carbonio (v. acidi grassi). Gli acidi grassi saturi sono prevalenti nei trigliceridi di origine animale, quelli insaturi nei trigliceridi di origine vegetale. Tra gli animali fanno eccezione i Pesci, che possiedono lipidi ad alto grado di insaturazione. Tra i grassi animali occorre tuttavia fare una distinzione: sono in larga misura saturi i grassi contenuti nel burro, nel latte, nello yogurt, nei formaggi e nelle carni bovine e ovine, tutti alimenti provenienti direttamente o indirettamente da animali ruminanti. Infatti, è la flora batterica ruminale a operare una saturazione degli acidi grassi, anche se gli alimenti ingeriti da questi animali ne contengono di insaturi. I grassi del pollame e del maiale, che sono animali monogastrici al pari dell'uomo, contengono invece quantità significative di acidi grassi polinsaturi, in conseguenza del fatto che i mangimi industriali, con cui vengono attualmente alimentati, sono ricchi di residui di grassi polinsaturi. È infatti possibile modificare per mezzo dell'alimentazione la composizione dei grassi di deposito, ivi compresi quelli contenuti nel tessuto adiposo umano. I fosfolipidi e il colesterolo sono componenti di tutte le membrane biologiche e precursori di altre importanti molecole. Essendo parte integrante della struttura cellulare degli alimenti, da cui non possono essere facilmente estratti o separati come si fa invece con i grassi di deposito, vengono assunti consumando gli alimenti che li contengono. Per questa ragione sono talvolta chiamati 'grassi invisibili', mentre gli altri vengono qualificati come 'visibili'. Il grasso che accompagna le carni o i grassi da condimento sono chiari esempi di grassi visibili che, volendo, è facile allontanare dall'alimento per diminuirne il consumo. Tra i grassi invisibili vi sono anche quelli contenuti, talvolta in grande quantità, in alimenti tecnologicamente trasformati, come per es. i formaggi e i prodotti dolciari, che il consumatore deve introdurre nell'organismo tali e quali senza possibilità di eliminare alcun componente. I fosfolipidi sono di struttura più complessa dei trigliceridi. Anch'essi sono esteri del glicerolo con acidi grassi, ma uno degli acidi è sempre insaturo o polinsaturo; in aggiunta, i fosfolipidi contengono acido fosforico e una base azotata. Questa può essere di varia natura, ma quella più frequente è la colina: il fosfolipide risultante, la fosfatidilcolina, è conosciuto comunemente con il nome di lecitina. Questa è estratta da alimenti come la soia o il tuorlo d'uovo, che la contengono in grande quantità, ed è usata come additivo alimentare per le sue proprietà emulsionanti. Il colesterolo (v.) è una molecola di natura steroidea che svolge un ruolo importante nel modulare la fluidità delle membrane biologiche, diminuendola in quelle regioni dove è più alto il contenuto in acidi grassi polinsaturi e aumentandola laddove predominano gli acidi grassi saturi: questa condizione è essenziale per la loro funzionalità. La quantità di colesterolo presente nelle membrane può essere molto elevata e arrivare, in certi casi, al 25% dei lipidi totali. Una diminuzione o un aumento del contenuto di colesterolo, oppure un'alterazione nei rapporti tra acidi grassi polinsaturi e saturi, possono quindi interferire in modo dannoso con le funzioni della membrana. Altra importante funzione del colesterolo è quella di essere il precursore di molecole di importanza fondamentale per la fisiologia umana, come gli ormoni sessuali maschili e femminili, gli acidi biliari e l'ormone-vitamina D.

Digestione, assorbimento, trasporto

I lipidi, essendo insolubili in acqua, necessitano di accorgimenti particolari per partecipare ai processi fisiologici che si svolgono tutti in ambiente acquoso. Prima di essere digerito, il grasso che viene estratto dagli alimenti durante il processo meccanico della digestione deve anzitutto essere emulsionato a opera dei sali biliari riversati nell'intestino con la bile. Solo dopo che è stata effettuata una finissima emulsione, la lipasi pancreatica è in grado di attaccare i trigliceridi e scindere gli acidi grassi dal loro legame con il glicerolo. Per poter essere trasportati nel sangue, i lipidi devono poi essere inglobati all'interno di certe formazioni, chiamate lipoproteine (v.), circondate all'esterno da un mantello in cui sono presenti colesterolo libero, fosfolipidi e proteine specifiche (apolipoproteine o apoproteine), che conferiscono a queste particelle la proprietà di diventare idrosolubili. Le lipoproteine che si formano nelle cellule assorbenti dell'intestino, ad assorbimento completato, prendono il nome di chilomicroni. All'interno essi contengono essenzialmente trigliceridi, colesterolo esterificato e altri lipidi apolari; mentre all'esterno presentano fosfolipidi e apoproteine, le quali svolgono anche una funzione di riconoscimento dei recettori localizzati nei tessuti dove i grassi devono essere riversati. Anche il traffico intertessutale dei lipidi, per es. dal fegato al tessuto adiposo, oppure dai tessuti periferici al fegato, avviene a opera di specifiche classi di lipoproteine. Due di esse, le LDL (Low density lipoproteins) e le HDL (High density lipoproteins), sono diventate molto popolari, anche nella stampa non specialistica, per il fatto di essere associate al trasporto del colesterolo: le prime lo veicolano dal fegato alla periferia, mentre le altre fanno il percorso inverso, convogliandolo al fegato, unico sito dell'organismo da cui possa essere eliminato. Il colesterolo trova, infatti, la sua via all'esterno tramite la bile, dove viene secreto tal quale o dopo essere stato trasformato in acidi e poi in sali biliari. I trigliceridi vengono immagazzinati nel tessuto adiposo, dal quale gli acidi grassi possono essere mobilizzati, a opera di una lipasi che risponde a stimoli ormonali, per essere poi inviati ai tessuti periferici che li utilizzeranno per i loro scopi specifici.

Ruolo metabolico degli acidi grassi polinsaturi

Tra gli acidi grassi polinsaturi, l'acido linoleico (C₁₈, n-6) e l'acido α-linolenico (C₁₆, n-3), sono essenziali e vanno perciò introdotti preformati con gli alimenti. Essi sono i capostipiti di due famiglie di acidi grassi polinsaturi, la n-6 e la n-3, costituite da acidi grassi con catena carboniosa più lunga e con maggior grado di insaturazione. Appartiene, per es., alla famiglia n-6 l'acido arachidonico (20 atomi di carbonio e 4 doppi legami) e alla n-3 l'acido eicosapentaenoico o EPA (20 atomi di carbonio e 5 doppi legami). Gli acidi grassi polinsaturi hanno due tipi di funzioni, in parte interconnesse. Anzitutto, pur potendo essere incorporati nei trigliceridi di riserva depositati nel tessuto adiposo, entrano obbligatoriamente nella costituzione dei fosfolipidi e di altri lipidi complessi. Diventano così componenti di tutte le membrane biologiche di cui modulano funzioni essenziali per le proprietà delle cellule e degli organi: tra esse, oltre alla già citata fluidità, vanno ricordate la permeabilità, l'attività di enzimi e di recettori legati alla membrana, la trasduzione di segnali elettrici e umorali. La seconda funzione è quella che vede gli acidi grassi polinsaturi come precursori di prostaglandine, prostacicline, trombossani e leucotrieni. Queste sostanze, tutte a 20 atomi di carbonio e conosciute quindi con il nome collettivo di eicosanoidi (dal greco εἴκοσι, "20"), esercitano e controllano un'ampia gamma di attività fisiologiche e sono pertanto considerate dei regolatori del sistema cardiovascolare, della coagulazione sanguigna, della funzione renale, dei processi infiammatori e della risposta immunitaria, per citare solo alcuni dei numerosi campi di azione di queste molecole. Gli eicosanoidi hanno funzioni tra loro antagoniste, in modo che un determinato processo possa essere stimolato, o soppresso, a seconda delle necessità fisiologiche. Per es. i trombossani delle piastrine, agendo sulle pareti delle arterie, provocano un aumento della pressione arteriosa, mentre le prostacicline ne causano la diminuzione. A seconda del capostipite da cui vengono formati, gli eicosanoidi hanno poi un effetto fisiologico più o meno potente (v.acidi grassi). Per es. gli eicosanoidi, che derivano dall'acido eicosapentaenoico, hanno effetti antiaggreganti e ipotensivi forti, a differenza di quelli prodotti a partire dall'acido arachidonico. Si può comprendere, quindi, da questi brevi cenni, come il diverso introito alimentare di acidi grassi delle serie n-6 e n-3 possa influire su fenomeni che hanno importanti implicazioni patogeniche e perché venga incoraggiato il consumo di pesci grassi, quali il salmone e il pesce azzurro, ricchi di acido eicosapentaenoico, almeno una volta la settimana. È possibile, tuttavia, che un consumo eccessivo di questo acido grasso polinsaturo, sotto forma di prodotti concentrati di tipo farmaceutico, sia pericoloso, perché il suo effetto inibitorio sulla coagulazione del sangue può rendere difficoltoso l'arresto di eventuali emorragie. In questo, come in altri casi, va quindi sottolineata l'opportunità di ingerire i nutrienti sotto forma di alimenti, riservando l'uso di prodotti concentrati a insorgenze di competenza medica. L'acido docosaesaenoico (DHA) non è precursore di eicosanoidi, ma è parte integrante di certe membrane altamente specializzate, come quelle delle sinapsi neuronali e della retina. In queste strutture l'acido è contenuto in grande quantità, ma non se ne conosce ancora il ruolo specifico. Il latte umano contiene quantità significative di questo acido grasso polinsaturo, mentre quello vaccino ne è praticamente privo.

Gli acidi grassi come fonte di energia

Il ruolo quantitativamente più rilevante dei lipidi alimentari è quello energetico. Pur non essendo gli unici nutrienti in grado di fornire energia all'organismo, i lipidi la convogliano in forma più concentrata: sono infatti capaci di fornirne 9 kcal/g (37,8 kJ/g) e possono essere depositati in quantità quasi illimitata nel tessuto adiposo in forma pressoché anidra, sfruttando al massimo lo spazio cellulare a disposizione. I lipidi costituiscono quindi la più grande riserva di energia a disposizione dell'organismo animale: in un individuo normale di 70 kg, la quantità di trigliceridi nel tessuto adiposo è di circa 15 kg; in un soggetto obeso di 100 kg questa quantità può arrivare a 45 kg. Il principale fruitore di acidi grassi, a scopo energetico, è il tessuto muscolare, che li utilizza in modo costante nei periodi in cui non è costretto a lavorare in relativa carenza di ossigeno o addirittura in anaerobiosi, caso nel quale si serve esclusivamente di glucosio. Anche il cuore è un forte utilizzatore di acidi grassi e di corpi chetonici da essi derivati. Il cervello, al contrario, non è in grado di sfruttare gli acidi grassi circolanti; analogamente, il fegato ossida poco gli acidi grassi, dando la preferenza agli aminoacidi. Dal momento che la qualità dei trigliceridi di deposito può essere influenzata da quella dei lipidi alimentari, il tessuto adiposo può anche fungere da riserva di acidi grassi essenziali e di vitamine liposolubili. Si deve notare che in esso possono peraltro concentrarsi, nel tempo, anche molecole liposolubili tossiche, come i pesticidi. Queste possono poi essere messe in circolazione in modo massiccio, esercitando un effetto tossico, quando si ricorra a diete dimagranti estreme che mobilizzino velocemente i lipidi di riserva.

I lipidi nella dieta giornaliera

Per i lipidi e i carboidrati non sono stati formulati livelli di assunzione raccomandati di nutrizione, in mancanza di basi scientifiche sui bisogni fisiologici globali di questi nutrienti. Secondo un criterio strettamente nutrizionale, una volta coperto il bisogno di proteine e di acidi grassi essenziali, è pressoché indifferente sotto quale forma venga convogliata la restante quota di energia, sia essa da lipidi o da carboidrati, purché oltre alle proteine e agli acidi grassi essenziali venga assicurata all'organismo anche una quantità minima di carboidrati (v.), utile sia per impedire l'instaurarsi dell'acidosi metabolica sia per esercitare funzioni di risparmio sulle proteine. Soddisfatti questi criteri nutrizionali minimi, entra peraltro in gioco l'altra linea di pensiero, oggi dominante, secondo cui l'alimentazione è anche un mezzo per prevenire l'insorgenza di determinate malattie, considerate tipiche delle società occidentali. Da ricerche epidemiologiche risulterebbe, infatti, che la quantità totale di lipidi è correlata con il cancro, specialmente quello della mammella, e con le malattie cardiovascolari. Tenendo conto di questo orientamento, le indicazioni sulla percentuale di energia da lipidi che conviene introdurre diventano allora restrittive e specificano non solo la quantità, ma anche la qualità dei lipidi alimentari che è opportuno ingerire. L'équipe che ha elaborato i LARN (Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana), effettuando una commistione tra raccomandazioni nutrizionali e linee guida di tipo sanitario, consiglia agli adulti di non superare il 25% dell'energia totale sotto forma lipidica, mentre per gli adolescenti e i bambini ritiene che tale limite possa essere innalzato al 30% del totale. Secondo stime effettuate dall'Istituto nazionale della nutrizione, l'introito di energia da lipidi ammonta mediamente in Italia al 32% dell'energia totale, una quantità che appare ragionevole e che è comunque nettamente inferiore a quella registrata in altri Paesi occidentali, per es. gli USA. Sembrerebbe quindi troppo drastico il consiglio di ridurla, tanto più che per osservare tali limiti restrittivi occorrerebbe rivoluzionare le abitudini alimentari e le tradizioni gastronomiche della popolazione italiana. È infatti noto che, volendo mantenere un limite del 20% dell'energia totale da fonti lipidiche, bisognerebbe cuocere quasi tutto per ebollizione e non usare grassi da condimento. Per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti, varie agenzie mediche mettono poi in guardia contro il pericolo di ridurre eccessivamente l'introito lipidico in queste classi d'età, ricordando che i lipidi convogliano vitamine liposolubili e acidi grassi essenziali, conferiscono appetibilità ai cibi e contribuiscono a generare un senso di sazietà e di autoregolazione nei consumi. Quanto alla qualità, i LARN consigliano di scegliere i lipidi alimentari in modo che apportino non più del 10% dell'energia totale giornaliera sotto forma di acidi grassi saturi, ma preferibilmente tra il 4 e il 5% sotto forma di acidi grassi essenziali, il resto sotto forma di acidi grassi monoinsaturi. L'attuale ripartizione tra acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi, nei lipidi mediamente consumati dalla popolazione italiana, non si discosta molto da queste raccomandazioni, soprattutto per quanto attiene alla quota di acidi grassi saturi. Certamente influisce su questa realtà il fatto che il nostro paese è un forte consumatore di olio d'oliva. Quest'ultimo, per il suo alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e per il sufficiente, ma non eccessivo, contenuto in acidi grassi polinsaturi essenziali soddisfa pienamente sia i nutrizionisti sia i cardiologi e gli oncologi. Per quanto riguarda il colesterolo, i nutrizionisti che hanno formulato i LARN si sono allineati alle direttive della American heart association e consigliano quindi agli adulti di non superare in media i 300 mg al giorno, dose che corrisponde a quella quotidianamente eliminata con le feci sotto forma di acidi biliari non riassorbiti. Si ricorda, comunque, che nei soggetti che non presentano difetti metabolici, la quantità di colesterolo sintetizzata dall'organismo è regolata dalla quantità introdotta, nel senso che più se ne immette meno se ne sintetizza, e viceversa. Per concludere, si può ricordare che le recenti raccomandazioni europee non esprimono alcun parere su quale dovrebbe essere la più adeguata ripartizione dell'energia da lipidi e da carboidrati nella dieta giornaliera, limitandosi a fissare, sulla base delle attuali, anche se non esaustive conoscenze, le quantità di acidi grassi essenziali delle serie n-6 e n-3 che conviene introdurre allo scopo di evitare fenomeni di carenza, indicando anche le percentuali di energia da questi acidi che è bene non superare, se si vogliono evitare possibili danni, quali tendenze emorragiche e sindromi apoplettiche.

Bibliografia

s.m. grundy, Dietary fat, in Present knowledge in nutrition, ed. E.E. Ziegler, L.J. Filer jr., Washington, ILSI Press, 19967.

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s.m. innis, Essential dietary lipids, in Present knowledge in nutrition, ed. E.E. Ziegler, L.J. Filer jr., Washington, ILSI Press, 19967.

istituto nazionale della nutrizione, Linee guida per una sana alimentazione italiana, Roma, INN, 1997.

LARN: Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana, Revisione 1996, a cura della Società italiana di nutrizione umana, Roma 1997.

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