GRATTON, Livio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 58 (2002)

GRATTON, Livio

Raffaele Gratton

Nacque a Trieste il 30 luglio 1910 da Giulio e Maria Visintini. Orfano di padre a soli due anni, il G. si trasferì a Roma con la madre e i fratelli nel 1920, e vi compì gli studi al liceo Visconti; nel 1927 si iscrisse al corso di laurea in fisica presso l'Università di Roma, dove ebbe modo di frequentare l'istituto di fisica di via Panisperna (tra i suoi professori E. Fermi e F. Rasetti) e di matematica (G. Castelnuovo, T. Levi-Civita, B. Segre), e di stringere una calda amicizia con colleghi poco più anziani di lui, come E. Amaldi. Si laureò nel 1930 con una tesi su "Il problema cosmologico della teoria della relatività" (non pubblicata), relatore G. Armellini; l'argomento della tesi era stato suggerito da Castelnuovo. Durante questo periodo ebbe modo di conoscere il direttore dell'osservatorio di Brera E. Bianchi, allora il più influente astronomo italiano, che lo apprezzò e gli fu di molto aiuto negli anni successivi.

La tesi di laurea del G. è il primo lavoro scientifico italiano di cosmologia relativistica. La teoria della relatività generale di A. Einstein, la cui formulazione deve molto alla matematica tensoriale sviluppata all'inizio del secolo dai matematici italiani G. Ricci Curbastro e Levi-Civita, aveva aperto per la prima volta agli inizi degli anni Venti la possibilità di descrivere l'universo in modo fisicamente significativo; negli anni immediatamente successivi, le caratteristiche principali delle soluzioni delle equazioni di Einstein vennero studiate da diversi matematici, fra cui W. de Sitter, A. Walker, H. Robertson, e soprattutto A. Friedmann e G. Lamaitre che perfezionarono il formalismo e identificarono quelle soluzioni che meglio si adattano a descrivere l'universo. Il passo decisivo fu però la scoperta (compiuta da E.P. Hubble con il nuovo telescopio da 2,5 m di monte Wilson, nel 1927-29) che la velocità di allontanamento delle galassie (e quindi dell'espansione dell'universo) è proporzionale alla loro distanza. Il lavoro del giovanissimo G., che disponeva di strumentazione competitiva, consistette principalmente nel chiarire che le osservazioni di stelle nella nostra galassia non potevano essere usate per ricavare il moto di espansione dell'universo e nel ridiscutere le osservazioni disponibili.

Dopo il servizio militare, come ufficiale di artiglieria, nel 1933 il G. vinse una borsa di studio del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), di recente costituzione, e trascorse alcuni mesi presso gli osservatori di Leida e Stoccolma (Saltsjobaden), dove ebbe occasione di lavorare con grandi maestri come J.H. Oort e B. Lindblad.

Uno dei grandi risultati dell'astronomia degli anni Venti e Trenta fu la descrizione della dinamica della nostra galassia e della sua rotazione differenziale, a opera principalmente degli astronomi olandesi (J.C. Kapteyn e Oort in particolare) e dello svedese Lindblad. L'interesse del G. per l'argomento nasceva direttamente dalla parte del suo lavoro di tesi che riguardava la dinamica stellare. Il G. venne indirizzato da Oort e Lindblad allo studio della funzione di luminosità delle stelle fredde (G e K) che costituiscono una frazione molto grande delle stelle della galassia: la conoscenza della luminosità delle stelle permetteva ovviamente di stimarne la distanza. D'altro canto, proprio dalla dinamica era possibile ricavare, su basi statistiche, la posizione delle stelle nel diagramma di Hertzsprung-Russell, di cui già allora si intuiva l'enorme importanza per spiegare la struttura e l'evoluzione delle stelle, all'epoca ancora molto lontana dall'essere chiarita (si pensava, per es., che le stelle fossero strutture omogenee dal punto di vista chimico), a causa dell'incertezza sulla sorgente di energia interna (è del 1938, per opera di H.A. Bethe, la scoperta dei cicli CNO [carbonio-azoto-ossigeno] e protone-protone, attraverso cui avviene la fusione dei quattro nuclei di H in un nucleo di He).

In una serie di lavori svolti durante gli anni Trenta (citiamo solo: Note on the distribution of luminosities of K-stars, in Bulletin of the Astronomical Institutes of the Netherlands, VI [1933], pp. 85-96; The luminosities of K stars: a reply to dr. Stomberg's criticism, in Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, XCIV [1934], pp. 467-469; Ricerca sulla distribuzione delle grandezze assolute delle stelle della classe spettrale G, in Memorie della R. Accademia d'Italia, cl. di scienze mat., fis. e nat., VII [1936], pp. 321-363, in collab. con E. Kruger; The position of the galactic clusters in the HR diagram, in Zeitschrift für Astrophysik, XV [1938], p. 48; A spectrophotometric study of faint stars in the region of the Pleiades, in Stockholms Observatoriums Annaler, XIII [1939], pp. 1-75), il G. trovò che esiste una continuità nella distribuzione delle luminosità delle stelle G e K (solo nella seconda metà degli anni Cinquanta e con l'avvento dei calcolatori elettronici i lavori di M. Schwarzschild, A. Sandage, W. Fowler e altri chiarirono che questa è una caratteristica dell'evoluzione di stelle di piccola massa che sviluppano un nucleo dove gli elettroni sono in condizioni di degenerazione elettronica). Questi lavori chiarivano anche l'importanza e il ruolo dell'assorbimento selettivo da parte del mezzo interstellare, scoperto solo alcuni anni prima da J. Stebbins e A.E. Whitford (1934).

Tornato in Italia nel 1934, il G. vinse un concorso per assistente astronomo presso l'osservatorio di Merate, stazione dell'osservatorio di Brera. Sotto la guida di Bianchi, Merate era diventato l'osservatorio meglio attrezzato in Italia, con il nuovo riflettore da 102 cm. L'astronomia italiana degli anni Venti e Trenta era dominata dalla tradizionale scuola geodetica patavina (allora rappresentata da G. Silva); solo a Firenze, nella tradizione di G.B. Donati e P. Secchi, vi era un'impostazione più moderna ("astrofisica"), in particolare grazie all'opera di G. Abetti e di alcuni suoi collaboratori (G. Righini, A. Colacevich, M.G. Fracastoro). Pur nella struttura gerarchica e nell'isolamento scientifico degli osservatori italiani dell'epoca, ben differente dalla atmosfera dell'istituto di via Panisperna e degli osservatori olandesi e svedesi, il G. ebbe modo di utilizzare la discreta strumentazione disponibile a Merate e grazie alla sua notevole preparazione di fisica poté compiere in collaborazione con G. Cecchini studi di grande interesse sulle stelle Novae, e proseguire gli studi di statistiche stellari (in collab. con E. Kruger).

Il lavoro del G. e Cecchini sulle Novae (citiamo: Studio preliminare dello spettro della Nova Herculis 1934, in Memorie della Società astronomica italiana, IX [1935], pp. 29-63; Studio spettrografico preliminare della Nova 605-1936 Lacertae, ibid., X [1936], pp. 13-24; Studio spettrofotometrico della Nova Herculis 1934, in Memorie della R. Accademia d'Italia, cl. di scienze mat., fis. e nat., VIII [1937], pp. 655-716; Considerazioni statistiche sulle stelle nuove, in Memorie della Società astronomica italiana, XII [1939], pp. 1-20) iniziò quasi per caso nel dicembre 1934, in seguito all'esplosione della Nova Herculis 1934, ma divenne in seguito uno studio sistematico delle caratteristiche di quelle che ora vengono definite variabili cataclismiche. Sfruttando al massimo le caratteristiche della strumentazione disponibile, il G. e Cecchini impostarono un lavoro spettroscopico alla massima risoluzione allora possibile: l'interpretazione degli spettri permise di chiarire le caratteristiche fisiche delle diverse fasi dell'evoluzione dell'inviluppo gassoso espulso durante l'esplosione, in una serie di lavori contemporanei a quelli allora compiuti da Cecilia Payne-Gaposchkin; particolarmente originali nei contributi del G. e Cecchini furono: la scoperta della presenza di bande molecolari (in particolare del CN) durante la fase di transizione di alcune Novae (tra cui in particolare la Nova Herculis 1934), fatto che indicava la presenza di materiale a bassa temperatura e suggerì che il minimo profondo osservato nella curva di luce fosse dovuto alla formazione di grani di polvere (spiegazioni tuttora ritenuta valida); e il grande lavoro di catalogazione e ridiscussione dei risultati, che rende ancora utile la monografia Le stelle nuove (Milano 1941).

Negli anni 1946-48, il G. tornò a lavorare sulle Novae (questa volta in collab. con Kruger) in occasione della seconda esplosione della Nova ricorrente T Coronae Borealis (Lo spettro della Nova T Coronae Borealis nell'esplosione del febbraio 1946, in Memorie della Società astronomica italiana, XX [1949], pp. 197-225); per interpretare il secondo inatteso massimo nella curva di luce di questa Nova, il G. introdusse per la prima volta in astronomia nel 1948 un modello dove è presente un fronte d'urto che emette per rallentamento radiativo ("Brehmsstrahlung") (The secondary maximum of T Coronae Borealis, in Transactions of the International Astronomical Union, VIII [1952], pp. 849-851). Questa classe di modelli venne successivamente riutilizzata largamente per spiegare una grande quantità di fenomeni astronomici dove sono presenti fronti d'urto. Infine, sempre di quegli anni è una importante serie di lavori (Problemi di equilibrio radiativo e loro soluzione mediante i polinomi di Legendre, in Memorie della Società astronomica italiana, X [1937], pp. 305-337; Metodi moderni per la soluzione dell'equazione del trasporto, in Il Nuovo Cimento, s. 9, V [1948], pp. 1-43; La soluzione dell'equazione del trasporto nel caso cilindrico, ibid., pp. 68-77) sull'equazione del trasporto radiativo nelle stelle, basati sull'uso dei polinomi di Legendre, che permisero di spiegare l'eccesso ultravioletto nelle atmosfere estese (come quelle delle Novae), in modo indipendente da quanto trovato poco prima da S. Chandrasekhar.

Nel 1939 il G. sposò Margherita Trasimeni da cui ebbe undici figli. Scoppiata la guerra, fu richiamato come capitano d'artiglieria, prima a Mantova e Bolzano, e successivamente a Roma. Congedato dopo l'8 sett. '43, rientrò a Merate. Negli ultimi anni del conflitto il G. entrò in contatto con un gruppo di scienziati e filosofi (A. Banfi, S. Ceccato, G. Fachini, G. Preti) che sotto l'influsso di L. Geymonat cercavano di introdurre in Italia le correnti filosofiche neoempiriste. Il G., cattolico, oltre a svolgere un ruolo di divulgatore di concetti scientifici, approfondì in particolare il problema dei rapporti tra scienza e fede, argomento sul quale tornò negli ultimi anni della vita.

Già alla fine degli anni Trenta il G. aveva iniziato a studiare la struttura delle stelle, sia singole, sia come componenti di sistemi binari stretti. A causa delle grandi limitazioni allora esistenti nel calcolo numerico, questi studi erano svolti ricorrendo a modelli molto semplificati dal punto di vista fisico, ma che facevano ricorso a metodi matematici molto sofisticati. Durante la guerra, gli scienziati italiani si trovarono completamente isolati; i lavori del G. sull'evoluzione delle stelle in sequenza principale (Sopra l'evoluzione stellare a seguito della variazione della concentrazione di idrogeno, in Mem. della Società astronomica italiana, XVII [1945], pp. 1-16; La evolución de las estrellas que siguen la ley de Bethe para la producción de energia, in Publicaciones del observatorio astronomico de la Universidad nacional de La Plata, XXVIII [1949], pp. 1-28) vennero pubblicati solo dopo la fine della guerra, risultando quindi posteriori di alcuni anni (seppure del tutto indipendenti) rispetto ai classici lavori di E. Schönberg e Chandrasekhar sull'argomento. Particolarmente interessanti risultano comunque i lavori sui sistemi binari stretti, in cui veniva prevista la presenza di circolazioni meridiane, già introdotte nel 1925 da A.S. Eddington nel caso delle stelle ruotanti (Sulla teoria delle binarie a contatto, in Mem. della Società astronomica italiana, XVI [1944], pp. 1-17; Circolazione interna e instabilità nelle binarie strette, ibid., XVII [1945], pp. 1-27) e uno studio (Ionizzazione e reazioni termonucleari in un gas degenere, ibid., pp. 1-20) in cui si dimostrava che l'idrogeno brucia rapidamente in condizioni di degenerazione elettronica, e quindi non può essere presente nelle nane bianche, risultato che all'insaputa del G. era stato già ottenuto nel 1940.

A causa delle difficoltà economiche del dopoguerra, il G. fu costretto a cercare all'estero soluzioni per la sua già numerosa famiglia. Nel 1947 il G. vinse una borsa di studio del CNR per l'estero e trascorse un anno presso l'osservatorio di Yerkes a Williams Bay, nel Wisconsin, allora diretto da O. Struve, dove lavoravano alcuni dei maggiori astrofisici e fisici del tempo (Chandrasekhar, J.L. Greenstein, W.W. Morgan, G. Kuiper, G. Herzberg); negli Stati Uniti ebbe anche occasione di compiere osservazioni con il grande riflettore da 2,1 m dell'osservatorio di McDonald (Texas), allora il secondo del mondo. Durante il soggiorno americano il G. ricevette un'offerta per un posto di professore di astronomia presso l'osservatorio di La Plata, dove si trasferì con la famiglia nel 1948.

Negli anni immediatamente successivi alla guerra, gli interessi del G. si diversificarono ulteriormente. Dagli studi giovanili di struttura galattica nacque l'interesse per la composizione chimica delle stelle delle diverse popolazioni stellari, che proprio in quegli anni venivano definite dagli studi di W. Baade; in una serie di lavori, pubblicati tra il 1952 e il 1953 (Studies of the spectra of K-giants, I, A table of wavelengths and identifìcations of spectral lines in the region 4000-5000 A, in Astrophysical Journal, CXV [1952], pp. 346-401; A spectrophotometric comparison between high and low velocity K giants, in Mémoires de la Société royale des sciences de Liège, s. 4, XIII [1953], pp. 419-445) ma basati sul materiale raccolto all'osservatorio di McDonald, il G. confrontò la composizione chimica delle stelle di alta velocità, identificate in quegli anni da Nancy Roman come campione di stelle di popolazione antica, con quella di stelle di bassa velocità, più giovani. Questo lavoro, limitato per le possibilità di osservazione a disposizione del G. a stelle molto brillanti, precorre quelle degli anni successivi di Schwarzschild, Greenstein, H.L. Helfer, G. Wallerstein e B.E.J. Pagel sulle stelle (molto più deboli) di popolazione II, che aprirono la via alla comprensione dell'evoluzione della galassia, permessi dall'uso del grande telescopio da 5 m del monte Palomar, inaugurato nel 1948. Contemporaneamente, in una serie di lavori su alcune binarie strette (Breve notizia sullo spettro di Lambda Andromedae, in Mem. della Società astronomica italiana, XVI [1944], pp. 1-8; Sur une classe nouvelle d'étoiles à raies d'émission, in Publications Congrès Leverrier, Paris 1946, pp. 30 s.; Spectrographic observations of the eclipsing binaries RZ Comae, V502 Ophiuchi, RV Corvi and BF Virginis, in Astrophysical Journal, CVIII [1948], pp. 497-503, in collab. con O. Struve; Ca II emission in l and z Andromedae, ibid., CXI [1949], pp. 31-40), basati su materiale raccolto a Merate e più estensivamente a McDonald, il G. evidenziava la presenza di materiale gassoso presente nel sistema, e dovuto alla perdita di materia dal punto lagrangiano interno di una delle due componenti che riempie completamente il lobo di Roche. Anche questi lavori ebbero molta importanza nella comprensione dell'evoluzione delle stelle binarie, con passaggio di materia da una componente all'altra e perdita di massa dal sistema.

Il G. lavorò a La Plata dal 1949 al 1957, anno in cui si trasferì a Córdoba, chiamatovi da R. Platzeck; l'anno seguente, in seguito alle dimissioni del successore di questo, E. Gaviola, divenne direttore dell'osservatorio. Nella turbolenta e tecnologicamente arretrata Argentina degli anni Quaranta e Cinquanta, il lavoro scientifico competitivo era estremamente difficile; il G. affrontò la prova con spirito di pioniere, che dimostrò soprattutto nel sostegno dato al neocostituito Instituto de matemática, astronomía y física di Córdoba, di cui divenne direttore e animatore, e nell'intensa attività d'insegnamento che da questo momento divenne aspetto fondamentale della sua opera; già a Milano il G. aveva tenuto dei corsi, prima come libero docente, e poi come professore di calcolo delle probabilità e di astronomia teorica (aveva avuto tra i suoi allievi Giusa Cayrel de Strobel). In Argentina, il G. intensificò questa attività: furono suoi allievi molti dei più conosciuti astronomi argentini (tra gli altri Adela Ringuelet, C. Jaschek, Mercedes Corvalan, J. Sersic, L. Milone). Inoltre il G., che aveva dato impulso alla fondazione dell'Asociación argentina de astronomía, rappresentò l'Argentina nelle assemblee generali dell'Unione astronomica internazionale del 1952 (Roma), 1955 (Dublino) e 1958 (Mosca). Di notevole importanza fu anche la sua partecipazione alla costruzione (con fondi statunitensi) di una stazione per il rilevamento di satelliti artificiali a Villa Dolores, che introdusse l'Argentina nel campo delle ricerche spaziali.

Il contributo scientifico principale del G. in quegli anni riguardò lo studio di due stelle variabili (AI Vel ed  Car), molto diverse fra loro, interessanti la prima perché prototipo di una classe di variabili che pulsano su diversi modi contemporaneamente, la seconda perché una delle stelle di massa maggiore conosciute: Spektrographische Beobachtungen des veranderlichen AI Velorum, in Zeitschrift für Astrophysik, XXXII (1953), pp. 69-90; On the velocity curve of AI Velorum, in Bulletin of the Astronomical Institutes of the Netherland, XII (1953), pp. 31-34; Considerations on the variable h Carinae, in Peremennye zvëzdy (Stelle variabili), XI (1954), pp. 352-358; The H a line in the spectrum of h Carinae, in Mémoires de la Société royale des sciences de Liège, s. 4, XX (1956), pp. 213-218.

Nel 1960 il G. rientrò in Italia, chiamato da E. Amaldi nell'ambito di una collaborazione con il Comitato nazionale per l'energia nucleare (CNEN) per occuparsi di fisica del plasma. Ma presto l'amore per l'astronomia riprese il sopravvento: alla fine dell'anno, il G. venne chiamato alla cattedra di astrofisica dell'Università di Bologna, e quindi nel 1962 all'Università di Roma, ove si era trasferito con la famiglia al rientro in Italia. A Roma il G., circondato da un gran numero di collaboratori e allievi di notevole valore (fra gli altri P. Maffei, V. Castellani, F. Pacini, G. Setti, A. Renzini, G. Spada, R. Viotti, F. Occhionero, A. Cavaliere, M. Fulchignoni, Antonella Natta, A. Preite Martinez, I. Mazzitelli, Francesca D'Antona, R. Nesci), diede vita a una vivace scuola di astrofisica, strettamente legata alle più moderne tematiche sia teoriche, sia sperimentali (evoluzione stellare, astrofisica delle alte energie, radioastronomia, cosmologia). La sua attività si concretizzò in particolare nella fondazione del Laboratorio (poi Istituto) di astrofisica spaziale del CNR a Frascati (nei pressi dei laboratori nazionali del CNEN), che diventò in breve il più attivo centro di astrofisica in Italia (ma il G. fu costretto a lasciarne la direzione nel 1970). Egli contribuì così in modo determinante alla rinascita dell'astronomia italiana, insieme con Guglielmo Righini a Firenze, e Leonida Rosino e Nicolò Dallaporta a Padova, con cui da tempo aveva stretto legami di collaborazione e amicizia.

Il maggiore contributo scientifico del G. negli anni Sessanta riguardò l'introduzione in Italia dell'astronomia delle alte energie e dell'astronomia X in particolare, resa possibile dal lancio dei primi razzi e satelliti fuori dell'atmosfera; pionieri in questo campo erano stati due italiani emigrati in America, B. Rossi e R. Giacconi, provenienti più dall'ambiente dei fisici che degli astronomi, molto meno attivo e partecipe delle grandi novità della scienza mondiale. Il G. intuì subito le grandi potenzialità dell'astronomia X e cercò di avviare questa attività ad alto contenuto tecnologico nell'Italia del miracolo industriale, ancora relativamente povera e arretrata tecnologicamente e culturalmente. L'attività quasi frenetica di quegli anni portò ad alcuni contributi molto significativi: il lancio di due razzi, il cui carico di strumenti scientifici era stato interamente progettato e costruito in Italia; la partecipazione dell'Italia all'attività spaziale europea e, attraverso questa, a quella statunitense; lo studio specifico di alcune sorgenti X (come Nature of the Cen X-3 system, in Nature, CCXXXVII [1972], pp. 237, 329) e soprattutto la sprovincializzazione della ricerca astronomica italiana, per cui furono molto importanti i contributi del G., di Righini, Rosino e Dallaporta. Determinanti in questo senso furono l'organizzazione di un gran numero di congressi e scuole di alto livello internazionale, con la partecipazione di molti dei più celebri astronomi del mondo (come Sandage, G. e Margaret Burbidge, Fowler ecc.) di cui il G. era amico e collaboratore; particolarmente notevoli quelle organizzate a Varenna presso la Scuola internazionale di fisica nel 1961 e nel 1964 su "Star evolution" e "High-energy astrophysics", che segnarono l'avvio in Italia di un'intensa attività in questi campi, tuttora fra quelli in cui l'astronomia italiana fornisce il maggior contributo.

Tuttavia, gli interessi scientifici del G. erano molto vasti, come si deduce dalla varietà dei campi nei quali avviò con competenza e successo i suoi molti allievi, dagli studi di planetologia a quelli di struttura ed evoluzione stellare, delle atmosfere stellari, della composizione chimica delle stelle, delle stelle di neutroni, di nuclei galattici attivi, di cosmologia. In molti di questi campi il G. diede anche notevoli contributi originali, come per es. una serie di lavori sulle strutture estremamente collassate (stelle di neutroni): On the macroscopic properties of a baryon gas, in Il Nuovo Cimento, s. 10, XXXIII (1964), p. 1056, con collaboratori; Remarks on hyperdense matter and the final state of Supernovae, in Annales d'astrophysique, XXVII (1964), pp. 533-538, con collaboratori; Numerical results on the equilibrium of collapsed bodies, in Quasars and high energy astronomy, a cura di K.N. Douglas, New York 1969, p. 469. Si occupò inoltre dei nuclei galattici (Two lectures on quasi-stellar radio sources, in Dudley Observatory Rep. Albany, New York 1968) e dell'applicazione di metodi semiautomatici nell'analisi degli spettri stellari (citiamo solo Application of the theory of linear filtering to stellar spectroscopy, in Memorie della Soc. astronomica italiana, L [1979], pp. 227-244, con collaboratori).

All'inizio degli anni Settanta, lasciata non senza amarezza la direzione del Laboratorio di astrofisica spaziale, il G. tornò a dedicarsi allo studio della composizione chimica delle stelle di alta velocità e attraverso questa dell'evoluzione chimica della galassia (Studies on the spectra of K-giants, I, Physical parameters and Fe and Ti abundances, in Monthly Notice of the Royal Astronomical Society, CCI [1982], pp. 807-832); e successivamente allo studio della struttura a grande scala dell'universo e dei problemi di cosmologia da cui era partita la sua carriera scientifica (Some thoughts about the Hubble constant, in Evolutionary phenomena in the universe, XXXII [1991], pp. 247-270).

In questi anni l'attività del G. fu molteplice; oltre al lavoro scientifico (nel corso della sua carriera il G. pubblicò oltre 150 articoli su riviste specializzate), all'insegnamento (tenne corsi anche presso le università di Catania e Buenos Aires, la New York State University, ad Albany, e l'Universidad nacional autónoma de México; ancora in uso in diverse università italiane è inoltre il suo libro di testo Introduzione all'astrofisica: stelle e galassie, I-II, Bologna 1978) e all'organizzazione del Laboratorio di astrofisica spaziale, rappresentò l'Italia in vari organismi internazionali quali l'European space research Organization e il Committee on space research (ESRO, COSPAR). All'assemblea di Brighton (1967) venne nominato vicepresidente dell'Unione astronomica internazionale, incarico che ricoprì fino al 1973. Dal 1975 al 1979 fu presidente della Società astronomica italiana. Fu inoltre socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei dal 1960, e socio nazionale dal 1967, sempre partecipe entusiasta dell'attività dell'Accademia.

Fuori ruolo nel 1980, il G. si occupò negli ultimi anni in particolare di cosmologia, intesa sia come la parte dell'astronomia che studia l'universo nel suo complesso, sia più in generale come visione dell'universo fisico e delle sue componenti da parte dell'uomo; e dei rapporti tra scienza, filosofia e fede, campo dove poté far valere la sua vasta cultura classica e scientifica. L'attività del G. si concretizzò nella partecipazione a numerosi convegni (ricordiamo in particolare le "Venice Conferences on cosmology and philosophy") e nella pubblicazione dei volumi Cosmologia (Bologna 1987) e Origine ed evoluzione dell'universo. Dal big bang alle galassie (Roma 1992).

Il pensiero del G. è il prodotto delle sue grandi conoscenze e curiosità scientifiche, della profonda fede cattolica, dell'elaborazione delle teorie neoempiriste (in particolare K. Popper), e di una meditazione sul contributo di grandi personalità del passato (in particolare G. Galilei e I. Newton) e recente (A.J. Toynbee, J. Piaget, Einstein e i creatori della meccanica quantistica). Ne risulta una separazione netta tra la fede (e la morale) e la conoscenza scientifica, e una visione storica unitaria della concezione del mondo fisico, dalle prime cosmologie primitive (il G. studiò con particolare interesse le antiche cosmologie precolombiane oltre a quelle occidentali) alle più moderne scoperte della fisica delle particelle elementari e della cosmologia osservativa, che risultano come il progressivo passaggio a una concezione del mondo più matura e scevra da antropomorfismi e finalismi.

Infine, molto notevole fu anche per tutta la vita l'attenzione e il contributo del G. alla divulgazione scientifica, che si concretizzò in molte conferenze, programmi radiofonici e televisivi, articoli su riviste divulgative e su quotidiani, e nella pubblicazione di diversi volumi, tra cui La fisica delle stelle, Bologna 1935, e La scoperta del cielo, Torino 1975.

Ancora in piena attività, il G. morì a Roma il 15 genn. 1991.

Gli erano stati conferiti il titolo di professore emerito dell'Università di Roma e il diploma di benemerito della Pubblica Istruzione; solo tre mesi prima era stato tenuto un congresso scientifico internazionale per celebrare il suo ottantesimo compleanno.

Fonti e Bibl.: Nella compilazione della presente voce, oltre all'esame delle opere, molte delle quali citate nel testo, e a ricordi personali, è stata utilizzata l'autobiografia Viaggio di un astronomo nel XX secolo (inedita). Una breve biografia in V. Castellani (con contributi di F. Pacini ed E. Battifoglia), in Sapere, LVII (1991), pp. 41-47.

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