LIVORNO

Enciclopedia Italiana (1934)

LIVORNO (A. T., 24-25-26 bis)

Attilio MORI
Mario SALMI
Augusto MANCINI
Gino LUZZATTO
Attilio MORI

Città e porto della Toscana, dopo Firenze il centro maggiore della regione e uno dei porti di maggiore traffico del regno e di tutto il Mediterraneo. La città di Livorno sorge sulla costa del Tirreno a 15 km. a sud della foce dell'Arno, alla posizione geografica riferita al faro di 43° 32′ 35″ lat. N. e 10° 20′ long. E. Di recente origine, giacché la sua fondazione risale soltanto alla seconda metà del sec. XVI, Livorno è una delle città più moderne d'Italia, che ha ereditato le funzioni marittime e commerciali di Pisa, del cui antico porto occupa la posizione e conserva alcune vestigia. La città si sviluppa interamente nel piano, limitato a sud e ad est dalle colline, il piede delle quali si eleva a circa 3 km. dal perimetro cittadino. Dolce ne è il clima mitigato dalla presenza del mare, onde la media annua della temperatura (15°,4) risulta attenuata di circa un grado rispetto a quella di Firenze (14°,3) e più ancora ne rimane attenuata quella invernale, che è rispettivamente di 7°,9 e di 5°,7. Di poco superiore la pioggia (898 mm. di fronte a 863), ma con una frequenza notevolmente minore (103 giorni anziché 120). Considerevole la violenza del vento, che spira specialmente da libeccio.

L'importanza di Livorno, cresciuta rapidamente sotto il granducato per essere il principale emporio marittimo e commerciale dello stato, avvantaggiata dall'istituzione di un porto franco, presto messa in facili rapporti ferroviarî con Firenze (1848), decrebbe dopo l'unificazione del regno, che nel 1868 abolì il porto franco, ma cominciò poi a risollevarsi, sia per lo sviluppo dato alle industrie, sia per i provvedimenti portuali di recente studiati e attuati.

Il movimento demografico, che fino dal suo sorgere presentava la città e il suo comune, ce ne fornisce una chiara idea. Nel 1551 il comune di Livorno contava 1562 ab., di cui 749 nel recinto delle mura urbane. Nel 1745 la popolazione del comune era salita a 32.534 ab.; nel 1837 a 76.186; nel 1861 a 96.471. L'unificazione del regno e la perdita del porto franco che ne seguì, produssero, come si è detto, un arresto nello sviluppo della città, la quale vide nel 1871 mantenuta la sua popolazione sulla cifra di 97.096 ab., discesa a 96.937 nel 1881. In seguito s'iniziò un movimento di ripresa che si andò sempre più accentuando. Il censimento del 1901 dette 98.321 ab., saliti in quello del 1911 a 104.294, per raggiungere la cifra di 114.809 nel 1921 e di 124.391 nel 1931.

Così, nel suo complesso, la popolazione del comune di Livorno dal 1861 al 1931 si sarebbe accresciuta di soli 27.920 ab., pari al 29%. Della popolazione presente censita nel 1931, che si riduce a 120.443, tenendo conto dei residenti legalmente, poco meno di 110.000 (109.681) si trovano nel centro urbano e 14.710 vivono sparsi nel vasto territorio comunale, quale fu costituito nel 1606; esso si estende per 99,06 kmq. di cui 2,23 kmq. con 312 ab. sono rappresentati dall'isola di Gorgona (v.) e il resto dalla zona costiera che si estende a sud sino al torrente Chioma con la collina adiacente culminante nel M. Querciolaia (m. 462), disseminata di vaghissime e frequentate marine, Ardenza (4250 ab.), Antignano (2370 ab.), Quercianella (610 ab.), e di ridenti ville e villaggi: Montenero (3315 ab.) col suo santuario, Salviano (3853 ab.), Valle Benedetta, ecc.

Il movimento dello stato civile nel 1931 registrò 1999 nascite, 1693 morti e 736 matrimonî. Delle morti 326 furono determinate da malattie infettive e di queste 280 per tubercolosi. Dei matrimonî celebrati, solo 76 lo furono con rito civile. Emigrarono dal comune 2070 persone, delle quali solo 86 per l'estero. Gl'immigrati furono 2089, di cui 40 dall'estero.

Riguardo alla composizione della popolazione censita dobbiamo riferirci ancora ai dati del 1921, dai quali si ricava che su 1000 ab. (maschi), 478 erano addetti all'industria, 112 al commercio, 113 alla amministrazione pubblica e privata, 190 pensionati, studenti, ricoverati. Notevolmente diffusa è l'istruzione elementare. Dei censiti di età superiore ai 6 anni l'85% sapeva leggere. Si contavano nel comune 603 stranieri, di cui 422 vi avevano dimora abituale. Degli stranieri presenti 184 erano Inglesi, 145 Svizzeri, 78 Francesi, 30 Tedeschi, 9 degli Stati Uniti, 157 di altre nazionalità.

Notevole è il numero degli ebrei residenti in Livorno, ciò che si deve alle concessioni granducali che, sino dalle origini della città, tendevano ad accogliervi i reietti degli altri paesi del Mediterraneo, onde vi accorsero molti ebrei già cacciati dalla Spagna e riparati nei porti dell'Africa settentrionale. Il loro numero, che prima dell'unificazione del regno si aggirava sui 4500, è ora diminuito per il trasferimento di molte famiglie israelite a Firenze.

La città di Livorno, data la sua moderna origine, si distingue fra le consorelle toscane per la sua rete stradale, generalmente regolare e ampia, di recente anche riordinata per ragioni d'igiene e di circolazione, che si è andata sviluppando intorno al primitivo nucleo di forma pentagonale adiacente alla vecchia darsena, recinta dal fosso reale. In questo nucleo attraversato dalla Via Vittorio Emanuele, arteria principale, sorgono i principali edifici: il duomo, costruito alla fine del sec. XVI e consacrato nel 1606, il palazzo comunale di recente restaurato, quello del governo, l'ospedale, ecc.

Agli estremi nord-ovest e nord-est rispettivamente sorgono la fortezza vecchia, il cui nucleo si ritiene anteriore al sec. XII, e quella nuova costruita nel sec. XVI. Sulla vecchia darsena prospetta il monumento a Ferdinando I, che può considerarsi il fondatore di Livorno, decorato delle 4 statue in bronzo di prigionieri barbareschi fuse dal Tacca, detto perciò dei "Quattro Mori" esso è come l'insegna della città. Intorno a questo nucleo principale si sono sviluppati in quartieri nuovi, con decorosi edifici pubblici e privati, giardini e passeggi, fra i quali noto quello dell'Ardenza.

Il porto di Livorno ebbe al suo inizio, con la costruzione del così detto Porto Mediceo, uno specchio d'acqua di 24 ha., limitato a ponente dal Molo Mediceo, costruzione di più tempi, eretta sotto i primi granduchi, e in comunicazione verso terra con la vecchia e nuova darsena. Ad esso antistante si apriva il Porto Nuovo o avamporto, difeso da una grandiosa diga curvilinea di 1000 m. di corda e 200 di freccia, costruito tra il 1852 e il 1858 e nel 1900 prolungato verso nord con una diga rettilinea di 550 m., e chiuso a sud da un'altra diga isolata detta della Vegliaia, in modo da dare all'avamporto un'area di 43 ha., profonda da 7 a 9 m. Le banchine avevano uno sviluppo complessivo di 3240 m., di cui 1020 accessibili da navi non aventi immersione superiore ai 7 m., Un bacino di carenaggio costruito nel 1867 e, dopo gli ampliamenti del 1890, lungo 134 m. e largo 15, magazzini di deposito e varie gru azionate a mano completavano l'attrezzatura del porto.

Il progredire della sua attività richiedeva peraltro nuovi provvedimenti intesi anche ad abbassare le tariffe troppo elevate delle operazioni di carico e scarico. Un piano di ampliamento venne approvato nel 1908 e i relativi lavori intrapresi e parzialmente condotti a termine importeranno la completa sistemazione della zona che si estende a nord sino al Calambrone, iniziata con la costruzione del bacino Firenze aperto nel 1915. I lavori compiuti hanno condotto nel 1932 a più che raddoppiare l'area dei bacini interni portata a ha. 84,8 e a triplicare lo sviluppo delle banchine con l'aggiunta di un pontile di sbarco per passeggeri nel Porto Mediceo (di m. 50), mentre si ampliavano i magazzini, si migliorava la rete stradale, si sostituivano nuove e potenti gru elettriche alle antiche manovrate a mano. La costruzione della ferrovia diretta per Vada (inaugurata nel luglio 1910) e la sistemazione del canale navigabile dei Navicelli, congiungente Livorno con Pisa, i miglioramenti portuali apportati e quelli ancora in corso, per la costruzione del nuovo bacino Vittorio Emanuele III, destinati a dare al movimento portuale un più ampio sviluppo, già apportarono i loro frutti, onde il tonnellaggio di stazza delle navi in arrivo, che nel 1913 era stato di 2.706.264 tonn., raggiunse nel 1931 le tonn. 3.615.120 e le merci sbarcate salirono da 1.270.869 a 1.696.340 nel 1929 per discendere a 1.194.065 nel 1931; quelle imbarcate da 389.521 a 449.497 nel 1929 e a 399 mila nel 1931. Sotto questo aspetto, pertanto, Livorno è divenuto il 3° porto del regno. Fra le merci sbarcate circa 1/3 è rappresentato dal carbon fossile e il resto da frumento, fosfati, olî minerali, ecc. Al movimento della navigazione portuale, sia di quella di linea, sia di quella libera, contribuisce principalmente la bandiera italiana, cui fanno seguito l'inglese, la francese, la spagnola, ecc. Quasi esclusivamente italiana è la navigazione a vela. In rapido accrescimento è il movimento ferroviario.

Oltre che per il movimento marittimo e commerciale, Livorno ha importanza anche per le industrie, specialmente per quelle meccaniche e navali. Tradizioni non spregevoli la città vantava anche sotto il granducato relativamente alle costruzioni di navi, che a Livomo si allestivano per l'Ordine di Santo Stefano. Ma uno sviluppo assai più notevole esse dovevano ricevere dopo che nel 1865 l'ing. Luigi Orlando ebbe preso in affitto per un trentennio il regio cantiere di San Rocco. Sotto la direzione dei fratelli Orlando, che nelle paterne officine di Palermo e nei più grandiosi stabilimenti di Genova avevano formato la loro educazione, l'antico cantiere livornese, rimasto tuttora per rinnovate concessioni alla ditta, che 70 anni prima ne aveva preso la gestione, ebbe un fiorimento crescente e una reputazione che si estese anche all'estero, onde le furono affidate costruzioni di potenti navi da guerra e commerciali dal governo italiano, dal Portogallo, dalla Romania, dall'Argentina, dal Marocco, ecc. Più volte ingrandito, il cantiere Orlando si estende oggi su un'area di 300.000 mq. e occupa 2000 operai. Oltre al cantiere sono da ricordare varî stabilimenti metallurgici, specie per la lavorazione del rame, centrali elettriche, ecc.

Livorno è capoluogo di provincia e sede di tutti gli uffici dipendenti. È altresì sede di diocesi istituita da Pio VII nel 1806. Conta numerosi istituti medi e accoglie, sino dal 1878, l'Accademia navale sorta con la fusione dei due istituti di Genova e di Napoli per formare gli ufficiali dello Stato Maggiore della marina. L'Accademia occupa un proprio grandioso edificio, sorto nei locali dell'antico Lazzaretto di S. Iacopo, ultimato nel 1881 e ingrandito a più riprese.

La città, largamente provvista di acqua potabile, di gas illuminante, di energia elettrica, di servizî tramviarî e automobilistici, ha tutti i caratteri di un moderno centro civile.

Monumenti. - L'edificio più antico di Livorno è rappresentato da una torre cilindrica medievale manomessa e rinnovata nel Rinascimento, quando la cosiddetta "Quadratura dei Pisaniı, un fortilizio (1377) dall'aspetto di un parallelepipedo irregolare, ebbe un nuovo coronamento; l'una e l'altro racchiusi poi dalle mura laterizie della Fortezza Vecchia coi suoi avancorpi arrotondati, eretta (1521-34) su disegno di Antonio da Sangallo. La torre ottagonale del Porto Pisano, detta del "Magnale", in pietra e mattoni (secoli XIII-XIV), il fanale a due tronchi di cono sovrapposti (1303-05, ma poi restaurato), la slanciata torre del "Marzocco" (1458-79), che ricorda nel nome il dominio di Firenze, sono, coi precedenti, i più notevoli avanzi di Livorno prima che assumesse nuova maggiore importanza sotto il principato mediceo. Allora la Fortezza Vecchia, la Fortezza Nuova (1590), edificata su disegno di don Giovanni de' Medici, V. Bonanni e B. Bontalenti, e le mura a disposizione stellare che cinsero la piccola città, ampliata su disegno di C. Cucurrano, percorsa da canali che rendono pittoresco il quartiere della "Venezia", diedero a Livorno fisionomia militare. Ma entro la cerchia sorsero strade e piazze con palazzi adorni di graffiti alla fiorentina, ovvero, i più, con portali e finestre marmoree affini all'architettura ligure. Fra le chiese nessuna conserva carattere medievale. Il duomo a una navata, disegnato dal Bontalenti, ma condotto a termine da A. Pieroni (1581-95), con un transetto del sec. XVIII, possiede altari, cantorie marmoree e un ricco soffitto ligneo intagliato, con tele del Seicento; ed è preceduto da un porticato; come la sua piazza, allungata nel secolo successivo, è cinta da loggiati, che alcuni ritengono dell'inglese I. Jones. Fra le altre chiese, sono notevoli l'Annunziata dei Greci di A. Pieroni con iconostasi di tarda maniera bizantino-cretese (1641) e facciata barocca (1708); S. Caterina da Siena, dei domenicani (1720-46), ottagona con cupola di Giovanni del Fantasia, e soprattutto S. Ferdinando, dei trinitarî, attribuito a G. B. Foggini (1707-17), con stucchi e sculture di Giovanni Baratta; oltre la sinagoga sorta nel sec. XVII, ma abbellita nei successivi. Nel Settecento la città, per i cresciuti commerci, si amplia e ha nuovi edifici pubblici (il Palazzo comunale di Giovanni del Fantasia, i Bottini dell'olio, il Lazzaretto di S. Leopoldo) e decorosi palazzi privati. Favorita dopo i Medici anche dai Lorenesi, soprattutto nell'Ottocento, ha un immenso sviluppo e la sua definitiva fisionomia, specie sotto Leopoldo II, con piazze (del Voltone) e fabbriche (chiesa del soccorso del Gherardi; Dogana dell'acqua, Cisternone e Cisternino di Pasquale Poccianti), fra le più belle della Toscana; oltre la nuova ampia cerchia delle mura, superata poi da un'altra amplissima, entrambe ora abbattute, di cui resta qualche porta. Nell''800 Livorno ha nuove strade, viali alberati e l'incantevole passeggiata lungo il mare, fiancheggiata da giardini e palazzi, prolungata fino all'Ardenza dov'è un'esedra di villini ancora classicheggianti (i "Casini", disegnati nel 1840 da G. Cappellini), ad Antignano e oltre. Ma un tratto della lunga via sale sul colle di Montenero dov'è il celebre santuario edificato nella forma attuale nel secolo XVIII da G. del Fantasia e dal Baratta; e il famedio dei livornesi illustri. Un'attività ripresa alla fine del secolo scorso, e ora in pieno vigore, va arricchendo Livorno di altre fabbriche grandiose (albergo Palazzo, mercato, Stabilimento delle acque della salute, nuova stazione, ospedale C. Ciano; stadio Edda Ciano Mussolini).

Quanto a Livorno resta di scultura dipende da Firenze (il S. Sebastiano in legno del sec. XV nella chiesa di S. Giovanni; il vecchio altare di Montenero del Cosini [1530]; i quattro Mori [1623-24], capolavori di P. Tacca nel monumento a Ferdinando I di Giovanni dell'Opere [1595]; le sculture del Foggini nel duomo e del Baratta, carrarese, ma fiorentino per stile, in S. Ferdinando) fino all'Ottocento in cui un suo scultore, P.E. Demi, aderisce al movimento stilistico del Bartolini.

Tra i dipinti, gli esempî più antichi possono avvicinarsi a Lucca e a Pisa (tavola di S. Giulia, con otto storie della sua vita, dei primissimi del Trecento nella chiesa omonima; la Madonna di Montenero, che la leggenda dice portata miracolosamente da Negroponte, del pisano Iacopo di Michele detto Gera, o interamente ridipinta da lui); e quindi a Firenze (affreschi dell'Eremo della Sambuca di un tardo imitatore d'Agnolo Gaddi). Da questa città vengono più tardi le tavole e le tele delle chiese (dipinti del Vasari, del Ligozzi, Passignano, Empoli, M. Rosselli, A. Gherardini, ecc.). Nel Settecento, G. Traballesi affresca la cupola di Montenero, dove lavora anche il livornese Giuseppe Terreni, il primo di una ricca serie di pittori: T. Gazzarrini, E. Pollastrini, Giovanni Fattori e tutta la schiera degli altri ancora viventi.

Istituti di cultura. - La prima memoria di scuola pubblica è del 1603, ma una vera organizzazione scolastica data dal 1650, quando i barnabiti ne ebbero dalla civica magistratura l'incarico che degnamente tennero salvo la breve interruzione delle soppressioni leopoldine (1783-92), fino al nuovo ordinamento dato all'istruzione col regno d'Italia. Solo per quello che particolarmente si riferisce all'istruzione primaria e popolare è da rilevarsi che già nella prima metà dell'Ottocento si ebbe a Livorno una vera fioritura di scuole private, in rispondenza alle caratteristiche de mografiche della città e al largo sviluppo d'idee che ne distinse la vita e di provvidi istituti complementari di assistenza e di beneficenza. Oggi Livorno ha il R. Liceo classico G. B. Niccolini, il R. Liceo scientifico Costanzo Ciano, il R. Istituto tecnico Amerigo Vespucci, il R. Istituto nautico Alfredo Cappellini, il R. Istituto magistrale Angelica Palli Bartolomei, tre regie scuole d'avviamento al lavoro, la R. Scuola commerciale Dino Leoni, il R. Istituto industriale Vittorio Emanuele III: si aggiungano recentissimi istituti d'istruzione media tenuti da religiosi. Il R. Liceo Niccolini merita speciale ricordo per i suoi primi presidi Giuseppe Chiarini e Ottaviano Targioni Tozzetti, per le frequenti visite di Giosue Carducci e per l'insegnamento di Giovanni Pascoli. Livorno accoglie anche la già ricordata R. Accademia navale.

In Livorno ebbero sede l'Accademia italiana di scienze, lettere e arti, d'origine napoleonica, e l'Accademia labronica (1816-68), di cui si conserva l'archivio, e che costituì il primo fondo dell'attuale Biblioteca comunale (1852), detta ancora "Labronica". Oggi la biblioteca di Livorno conta circa 150.000 volumi: importanti i mss. foscoliani e guerrazziani, notevoli la collezione di autografi Chiellini e quella Bastogi. Dal 1899 esiste in Livorno un Archivio storico comunale che ha poco di antico (178 pergamene dei secoli XIII-XV; statuti del 1421), ma eccellente e ordinato materiale per la storia locale dal sec. XVI in poi. Nel Museo civico sono opere dei pittori livornesi del secolo scorso e degl'inizî di questo, oltre cose di vario valore: oggetti di scavo, una pisside eburnea del sec. V (7) proveniente da Cartagine, dipinti fiorentini del secolo XV, un rilievo del Duquesnoy, una raccolta numismatica, ecc.

V. tavv. LXIX e LXX.

Storia. - I primi ricordi sicuri di Livorno risalgono ai primi anni del sec. XIV. Nel punto dove si aprì poi il porto mediceo esisteva allora un modestissimo "porticciuolo", accanto al quale viveva in un piccolo villaggio un certo numero di famiglie di pescatori e navicellai, che prestavano servizio per lo scarico delle navi approdate al vicinissimo Porto Pisano. In qualche caso, forse eccezionale, le navi stesse approdavano a Livorno e vi scaricavano le merci provenienti dalla Provenza, dalla Catalogna o dalla Romania, e destinate a essere inoltrate a Pisa per via di terra. Alla fine del secolo villaggio e porticciuolo furono fortificati e trasformati in castello per difesa, dalla parte di mezzogiorno, di Porto Pisano.

Caduta Pisa, nel 1405, in mano dei Fiorentini, Livorno e Porto Pisano passarono invece in potere di Genova, che li conservò fino al 1421, quand'essa si decise a venderli a Firenze per il prezzo di 100.000 fiorini d'oro, che per un modesto castello e per un breve tratto di spiaggia paludosa e quasi disabitata può parere esageratamente alto, quando specialmente lo si confronti con la somma di 200.000 fiorini pagata, 16 anni prima, per la cessione di Pisa; ma che per la sua altezza rivela quale importanza i Fiorentini annettessero al possesso di quel tratto di costa, indispensabile ad essi per ricavare tutti i vantaggi sperati dalla conquista del corso inferiore dell'Arno. In un provvedimento dello stesso anno, per cui lo scalo di Porto Pisano è posto sotto la giurisdizione del castello di Livorno, si è voluto dagli storici livornesi vedere la prova d'un immediato capovolgimento della situazione, per cui non più Livorno sarebbe stata il porto sussidiario di Porto Pisano, ma questo di quella. In realtà i due scali, che distavano fra loro poche centinaia di metri, finirono con l'essere considerati dai Fiorentini come una sola unità amministrativa, ma se Livorno prevalse come luogo fortificato e come centro popolato (sebbene sembri che ancora ai primi del Cinquecento non arrivasse ai 1000 abitanti), è indubitato invece che come scalo marittimo, Porto Pisano seguitò per circa un secolo ad avere la prevalenza, e che soltanto da esso si facevano partire i convogli di galere che Firenze, per 60 anni, mandò annualmente in Levante, in Fiandra e in Inghilterra.

Tuttavia l'importanza che Firenze annetteva all'acquisto del castello di Livorno si rivela subito nella Consulta del 28 agosto 1421 con cui, oltre alla concessione di particolari franchige ai cittadini fiorentini che venissero a stabilirsi nel territorio di Livorno e di Porto Pisano, si riconosceva al comune di Livorno il diritto di redigere i proprî statuti e gli si cedevano le entrate derivanti dalla gabella sul vino e sulle carni macellate e dai diritti di ancoraggio, dietro l'impegno di un contributo di 650 fiorini d'oro e del prelevamento di 150 staia di sale l'anno.

Ma in realtà lo sviluppo di Livorno fu per più di un secolo assai meno fiorente di quanto quei provvedimenti facessero sperare, tantoché Firenze dovette presto rinunciare ad esigere il tributo annuale e dovette poi, dopo lunghe insistenze, esentare i Livornesi anche dall'obbligo della levata del sale. Nemmeno i vantaggi assicurati del regolamento doganale del 1451, che mirava in particolare a favorire la funzione del transito, concedendo la restituzione dei diritti doganali per quelle merci che fossero rimaste giacenti non più di quattro mesi in dogana e fossero rispedite per via di mare, valsero allora a dar vita a quello che ufficialmente è sempre indicato come il "porticciuolo" di Livorno.

Soltanto dopo il 1530 il progressivo interramento di Porto Pisano e la fine delle guerre che per 40 anni avevano tenuto divisa la Toscana determinarono l'inizio di quei provvedimenti che dovevano fare di Livorno una città e uno dei maggiori porti del Mediterraneo occidentale. Chiusa infatti la breve parentesi in cui il castello di Livorno, insieme con altre fortezze della Toscana, era stato ceduto a Carlo VIII di Francia, ricaduta Pisa per sempre in mano dei Fiorentini, dopo la sua ultima e lunga lotta per la libertà, soltanto con l'assunzione al ducato di Cosimo I si comincia l'attuazione di quel programma, che mirava a fare di Livorno il principale scalo marittimo e di Pisa il maggiore emporio del commercio internazionale della Toscana.

Nel vasto programma di riorganizzazione dello stato che si propone Cosimo I e di cuì egli spinge molto innanzi l'attuazione la trasformazione del porto livornese occupa un posto preminente. Ancora nel 1537 Livorno, circondata da paludi, malsana, spopolata, duramente colpita da una lunga crisi commerciale, non era che un modesto approdo di piccolissima ampiezza, difeso militarmente dalla fortezza che era stata costruita dal duca Alessandro, e che Cosimo I, nel momento della sua assunzione al trono, aveva dovuto lasciare occupare da una guarnigione spagnola. Riacquistatone però, dopo 4 anni, il libero dominio, egli cominciò col sistemare le fortificazioni, nel tempo stesso che provvedeva alla ricostituzione di una marina militare medicea che aveva, fra gli altri, anche lo scopo di proteggere il traffico livornese. Per porre un riparo allo spopolamento di Livorno concesse, nel 1547 e '48, esenzioni fiscali per 10 anni e amnistia da precedenti condanne pecuniarie a coloro che vi stabilivano la loro residenza;. e forse per merito di questi provvedimenti, interpretati evidentemente con molta larghezza, appunto in quegli anni si cominciano a trovare le prime notizie di Greci e di Ebrei (per lo più di origine spagnola e portoghese) che vengono a stabilirsi a Livorno.

Ma due iniziative resero particolarmente importante il ducato di Cosimo nella storia delle opere portuali livornesi: il completamento del canale dei navicelli che unisce Livorno a Pisa, ultimato tra il 1573 e il 1576, e il progetto di costruzione del nuovo porto, di quello cioè che doveva costituire il bacino principale del porto di Livorno. A Cosimo I risale pure la riforma dell'ordinamento doganale di Livorno, approvata nel 1565, che non si deve confondere con la creazione del porto franco, ma che effettivamente, con qualcuna delle sue disposizioni, apre la strada alle franchige e alla nuova funzione del porto toscano. Per essa, ampliando la disposizione già ricordata dello statuto del 1451 in favore del transito marittimo, si permetteva la riesportazione in franchigia delle merci depositate nei magazzini della dogana, purché essa fosse fatta entro un anno dal deposito e per conto della persona stessa da cui erano state depositate. Anche ammesso che la disposizione non offrisse l'adito com'è probabile, a un'interpretazione assai più larga, anche nella sua rigida applicazione essa si prestava ad assicurare al porto di Livorno quella che doveva diventare nel sec. XVII una delle sue funzioni principali: quella cioè di scalo e di deposito per il commercio marittimo di Olandesi, Inglesi e Francesi, che trovassero opportuno scaricare in un porto del Mediterraneo occidentale le merci che destinavano ai mercati del Levante o che esportavano da questi, e tenervele in deposito franco finché trovassero un collocamento sicuro.

La nuova funzione, che il porto di Livorno era chiamato ad assumere, apparve chiaramente nel 1591, quando, in seguito a una grave carestia che aveva colpito molte regioni del Mediterraneo, furono importati da navi anseatiche e olandesi grossi quantitativi di grano dal Baltico, e di esso una buona parte fu scaricata a Livorno, dove se ne formò un grande deposito, destinato ad essere rispedito nelle varie destinazioni a mano a mano che se ne facesse richiesta.

Il carattere internazionale del porto di Livorno viene accentuato dalle agevolazioni che negli stessi anni si concedono alle navi inglesi, e soprattutto dai provvedimenti emanati nel 1591 e nel 1593 per richiamare a Livorno una forte immigrazione sia dall'interno del granducato sia dall'estero. Questi provvedimenti, i quali comprendevano fra l'altro l'annullamento dei debiti inferiori a 500 scudi, l'esenzione da tasse e prestazioni personali, e dalle matricole delle arti, il salvacondotto per le condanne penali riportate all'estero, che rivestissero una gravità eccezionale, e soprattutto la completa libertà di residenza, di traffico e di culto, concessa con la cosiddetta "costituzione livornina" del 1593 a tutti i mercanti ebrei, mori, turchi e in generale a tutti coloro che, in quei tempi di intolleranza, fossero perseguitati nei loro paesi per motivi religiosi: tutti questi provvedimenti ottengono un risultato ben più efficace di quelli che da più di un secolo erano stati deliberati con lo stesso scopo, ma in forma parziale e occasionale. Secondo i calcoli del Pardi, la popolazione di Livorno, che ancora nel 1560 non avrebbe contato più di 863 ab., ammontava a 4362 nel 1601 e a circa 8200 alla morte di Ferdinando I, nel 1609.

Questo rapido incremento della popolazione rendeva necessaria un'intensa attività edilizia, per cui il granducato di Ferdinando I è giustamente considerato dai Livornesi, in tutti i sensi, come il periodo della fondazione della loro città. Non solo infatti si deve all'iniziativa del granduca la costruzione di un gran numero di edifici e di alcune chiese, fra cui il duomo, ma anche di molte abitazioni a uso di privati, sempre allo scopo d'incoraggiare l'immigrazione. Le abitazioni infatti che Ferdinando faceva costruire erano da lui affittate o vendute a pagamento rateale in sette anni a coloro che venivano a stabilirsi nella nuova città. Logica conclusione di tutta questa opera demografica ed edilizia fu la cerimonia della proclamazione di Livorno a città, celebrata il 19 marzo 1606 nella chiesa della Fortezza Vecchia.

A differenza di Cosimo I che si era proposto, come si è detto, una divisione di lavoro tra Livorno e Pisa, accentrando nell'una i trasporti e nell'altra il commercio marittimo, Ferdinando invece si propose di favorire in uguale misura l'attività commerciale sia di Pisa sia di Livorno, e finì effettivamente, contro la stessa sua intenzione, col promuovere il primato livornese. Fin dalla sua epoca infatti si costituirono a Livorno fiorenti colonie mercantili; non solo di Ebrei, Greci e Levantini, ma anche di Olandesi, Inglesi, Francesi, Corsi e Portoghesi, e parecchie di esse cominciarono, dopo i primi del Seicento, ad avere i loro consoli.

Con l'opera legislativa e costruttiva di Ferdinando I, con l'ultimazione dei lavori di costruzione del porto mediceo compiuta da Cosimo II, si chiude il periodo della preparazione e s'inizia quello della prosperità commerciale di Livorno, che dura per circa due secoli fino al principio dell'Ottocento. Fattore principale di questa prosperità è il sistema del deposito franco delle merci destinate a essere riesportate, che dopo la riforma del 1565 si è andato ampliando a poco a poco, finché nel 1629, su domanda dei mercanti livornesi, si tolse a esso ogni limite di tempo, dietro il corrispettivo di una tenue tassa di deposito. Che la fortuna del porto si appoggiasse sopra il deposito franco, lo si vide nel 1643, quando il tentativo di sopprimerlo, fatto per ragioni fiscali, determinò non solo le proteste delle colonie straniere, specialmente inglesi, ma anche una gravissima contrazione dei traffici. Soppresse, nel 1660, quelle restrizioni, si arriva finalmente alla riforma del 1675, con la quale Livorno diventò effettivamente porto franco. Di tutte le franchige portuali concesse in quel secolo, è questa infatti la più larga e completa: per essa i mercanti, quando avevano pagato per ogni collo un modico diritto di stallaggio, acquistavano piena libertà di sbarco di deposito e di rispedizione, senz'altro controllo o pagamento.

Franchige personali e franchige doganali diedero una forte spinta allo sviluppo di Livorno, che dal principio alla fine del sec. XVII vide la sua popolazione salire da 5000 a 20.000 ab., di cui 5000 Ebrei, circa 900 Turchi e 1000 forestieri di altre nazionalità. E col numero dei forestieri si fece sempre maggiore la partecipazione delle marine e dei mercanti stranieri al traffico di Livorno, che assunse sempre più il carattere di un porto e di un emporio internazionale quasi del tutto staccato dal suo immediato retroterra, e completamente neutralizzato. La Toscana aveva ormai rinunciato a essere una, potenza marinara; l'agricoltura vi prevaleva ormai nettamente sull'industria manifatturiera, e perciò essa non poté partecipare che in misura modesta al traffico del suo massimo porto. Le navi, che in numero crescente vi arrivavano dagli scali del Levante o dai grandi porti dell'Atlantico e del Mare del Nord, erano tutte straniere: dapprima inglesi e olandesi, più tardi in grande prevalenza francesi. Le navi delle città italiane, in prima linea di Genova, vi arrivavano quasi esclusivamente dalle coste del Tirreno, e in numero assai minore dall'Adriatico.

La funzione prevalente del porto internazionale di deposito dà vita tuttavia a un'intensa attività commerciale, in mano anch'essa - per la massima parte - di stranieri: Ebrei, Greci, Armeni, Levantini, e anche, sebbene in numero minore, rappresentanti di grandi case commerciali inglesi, francesi, olandesi e tedesche.

Le condizioni del deposito e del mercato internazionale hanno la loro massima fioritura, che si rivela anche nel forte aumento della popolazione salita alla metà del Settecento a 40.000 ab., nel periodo che va dal 1675 al 1750; e si mantengono pressoché stazionarie fino alla fine del secolo. Dopo un periodo di alternative durante le guerre e le occupazioni inglese e francese, il porto riceve un colpo gravissimo dal blocco continentale. Dopo la Restaurazione si avvia a riprendere l'antica funzione, e in qualche anno, prima del 1848, vi riesce in parte, specialmente per il commercio dei grani. Ma ormai l'era dei porti franchi sembra tramontata; e, costituito il regno d'Italia, anche Livorno deve adattarsi alla funzione di porto regionale, favorito dalle costruzioni ferroviarie che l'allacciano a Firenze e all'Appennino, e da un notevole e promettente sviluppo industriale.

Provincia di Livorno. - La provincia di Livorno, che già comprendeva in terraferma il solo comune di Livorno con l'isola di Gorgona che gli appartiene e l'isola d'Elba, con parte delle altre igole minori dell'Arcipelago Toscano, con r. decr. del 15 marzo 1925 venne ampliata con l'aggregazione dei comuni di Piombino, Cecina, Bibbona, Castagneto Carducci, Campiglia Marittima, Suvereto, Rosignano Marittimo e Colle Salvetti, distaccati dalla provincia di Pisa e con l'isola di Capraia distaccata da quella di Genova.

Nei suoi nuovi limiti la provincia di Livorno si estende per kmq. 1219, 19, dei quali 943 sul continente e 276 sulle isole dell'Arcipelago Toscano (Elba, Capraia, Gorgona, Montecristo, Pianosa) e annovera una popolazione che nel censimento del 1931 risultò di 245.787 ab. (popolazione presente) cui corrisponde una densità media di 202 ab. per kmq. La provincia comprende complessivamente 19 comuni: 10 in terraferma e 9 nelle isole.

Bibl.: G. Sonnino, Saggio sulle industrie, marina e commercio in Livorno sotto i primi due Lorenesi, Cortona 1909; G. Guarnieri, Origine e sviluppo del porto di Livorno durante il governo di Ferdinando I de' Medici, Livorno 1911; P. Vigo, Le repubbliche di Genova e Firenze per il possesso di Livorno, Livorno 1915; G. Pardi, Disegno della storia demografica di Livorno, in Arch. stor. it., 1918; A. Grünzweig, Les fonds du consulat de la mer aux archives de l'État à Florence, in Bull. de l'Institut historique belge, Roma 1930; E. Di Pietro, La funzione economica del Porto di Livorno alla fine del '600 (estr. dal Boll. d. Cons. Prov. dell'Economia), Livorno 1931; M. Baruchello, Livorno e il suo porto, Livorno 1932.

Per gl'istituti di cultura: G. Piombanti, Guida di Livorno, 2ª ed., Livorno 1903; E. Michel, in Rass. stor. del Risorgimento, I, 1, pp. 921-29; F. Viglione, in Boll. della Soc. pavese di st. pat., IX (1909), fasc. 3-4, e in Scritti vari inediti di Ugo Foscolo, Livorno 1913. Livorno ebbe per qualche anno, dal 1895, una Miscellanea storica diretta da Pietro Vigo e ha dal 1927 la rivista Liburni Civitas, edita a cura del comune.