ROCCA, Lodovico Emilio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROCCA, Lodovico Emilio

Giorgio Pugliaro

ROCCA, Lodovico Emilio. – Nacque a Torino il 29 novembre 1895, da Alfredo e da Giuseppa Durandi, in una famiglia, originaria di Neive nel Cuneese, priva di tradizioni musicali ma culturalmente elevata (il nonno Luigi fu figura di rilievo nel panorama sociale, politico e artistico di Alba, Cuneo, Neive e Torino).

Nella città natale il giovane Lodovico, insieme con il fratello Luigi (Gino, morto nel 1965) compì gli studi classici e di giurisprudenza; da Giovanni Cravero venne avviato a quelli musicali, poi perfezionati a Milano con Giacomo Orefice. La sua formazione avvenne però prevalentemente in forma autonoma, tramite la biblioteca di famiglia e un’intensa partecipazione agli avvenimenti musicali della città; grazie agli spettacoli e ai concerti del Teatro Regio e degli altri teatri torinesi poté conoscere un panorama relativamente vasto della produzione musicale coeva, in particolare le opere di Musorgskij, e poi di Wagner, Debussy e Richard Strauss.

La fine della prima guerra mondiale, alla quale Rocca aveva partecipato come ufficiale combattente del Genio (decorato al merito), segnò l’inizio della sua attività di compositore; da quel momento partecipò a numerosi concorsi, vincendoli. Il susseguirsi di affermazioni culminò con il grande successo ottenuto da II Dibuk (Milano, teatro alla Scala, 24 marzo 1934, seguita da molte riprese in Europa e Oltreoceano). L’opera, su libretto di Renato Simoni, è tratta dal dramma yiddish Tra due mondi di Sholem An-Ski (Semën An-skij), apparso in Italia nel 1927 e oggetto d’interesse anche da parte di altri compositori, come Alban Berg e George Gershwin; verte sulla reincarnazione dell’anima di un giovane studioso dei riti cabalistici, morto in condizione di peccato, nel corpo della fanciulla amata: solo l’esorcismo, con la morte della ragazza, permetterà alle due anime di unirsi. Il successo dell’opera rinverdì le fortune delle composizioni precedenti e favorì l’elezione a membro dell’Accademia di Santa Cecilia e, su relazione di Ildebrando Pizzetti, il conferimento di un premio per la musica dall’Accademia d’Italia. Il momento favorevole fu però di breve durata: sopravvenute nel 1938 le leggi razziali, a causa dell’ispirazione di alcune composizioni (Il Dibuk principalmente, ma anche Proverbi di Salomone e Salmodia), e nonostante la non nascosta vicinanza al fascismo, Rocca venne incluso nelle liste dei musicisti ebrei, pur senza esserlo, con conseguente rallentamento nella diffusione delle sue opere. Nel giugno del 1940 giunse nondimeno, per chiara fama, alla direzione del Conservatorio di Torino, succedendo nella carica a Franco Alfano: resse l’istituto fino al 1966. Oltre a numerosi riconoscimenti specifici per le sue composizioni, Rocca ricevette nel 1960 il premio nazionale di operosità, e nel 1961 venne insignito della medaglia d’oro statale per i benemeriti della scuola, dell’arte e della cultura.

La proverbiale riservatezza e la ritrosia nei confronti della vita mondana hanno lasciato scarse tracce circa la sua vita privata e familiare. I disturbi di salute (cardiaci e pressori, con una labirintite cronica assai penosa per un musicista) limitarono l’attività compositiva al 1955 (in quest’anno scrisse una breve introduzione e un nuovo episodio per l’esecuzione scenica di Antiche iscrizioni al Maggio musicale fiorentino). Il 24 marzo 1958 sposò Giuseppina Dellapiana, nata a Neive il 17 marzo 1908, vedova di Ernesto Cisterni; il matrimonio comportò anche l’adozione del figlio Marco. Si ha notizia dell’intenzione di dar veste teatrale a Liliom di Ferenc Molnár, rimasta allo stadio di progetto. Un’ultima occasione di successo pubblico, nel 1982, fu la ripresa del Dibuk al Regio di Torino (cfr. M. Mila, “Dibuk”, il fascino della fiaba, in La Stampa, Torino 16 aprile 1982).

Morì a Torino il 24 giugno 1986 (non il 25, come recitano talune enciclopedie). Nel 1998 gli è stato intitolato l’Istituto musicale della città di Alba.

Situato in posizione equidistante dalla generazione dell’Ottanta (Pizzetti, Alfano, Gian Francesco Malipiero, Ottorino Respighi ecc.) e dagli epigoni della tradizione melodrammatica legata a Giuseppe Verdi e a Giacomo Puccini, Rocca seppe elaborare un disegno artistico personale, sia negli aspetti strettamente musicali del suo linguaggio, sia nella scelta e nel trattamento dei soggetti teatrali (il settore più rilevante della sua attività). Agli echi delle armonie di Richard Strauss e Claude Debussy si affiancano sia attente rivisitazioni della modalità antica sia ardite procedure politonali. I tre connotati espressivi fondamentali della sua arte – epico, elegiaco e grottesco, variamente declinati nel mondo antico, nel Medioevo o nell’oriente slavo – sono stati precocemente individuati da Gianandrea Gavazzeni (1934). Nel suo teatro, insieme a un trattamento vocale che raccoglie l’eredità dell’ultimo Puccini, assume particolare rilevanza l’impiego del coro, frutto della fortissima impressione lasciata in gioventù dall’ascolto del Boris Godunov di Modest Musorgskij, in particolare nel Dibuk e in Monte Ivnòr (opera tratta dal romanzo I quaranta giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel, libretto di Cesare Meano; Roma, teatro dell’Opera, 23 dicembre 1939).

Tra le altre opere (principali editori: Ricordi, Carisch, Leduc, Chester, Suvini Zerboni) si ricordano le seguenti. Per il teatro: La morte di Frine, leggenda tragica in un atto (libretto di E. Marco Senea, pseudonimo di Meano; Milano, Scala, 1937, composta nel 1919); In terra di leggenda (La corona di re Gaulo, 1923), opera in 3 atti (Meano; Bergamo, teatro Donizetti, 1936, composta nel 1933); L’uragano, opera in 3 atti e 4 quadri (Eligio Possenti, dal dramma omonimo di Aleksandr Ostrovskij; Milano, Scala, 1952). Per orchestra: Chiaroscuri, piccola suite (1920); Dittico per voce e orchestra (1921); La cella azzurra, leggenda sinfonica (1924); Interludio epico (1924); Antiche iscrizioni, evocazioni per soprano leggero, basso, coro e orchestra (balletto, Firenze 1955; composto nel 1953). Tra le composizioni da camera: Suite per violino e pianoforte (1927); Storiella per fagotto, 2 trombe, arpa e pianoforte (1936); liriche per voce e strumenti (Proverbi di Salomone per tenore, coro femminile e 12 strumenti, 1933; Salmodia per baritono, coro e 11 strumenti a fiato e percussione, 1934; Biribù, occhi di rana per voce e quartetto d’archi, 1937); Schizzi francescani per voce e piccolo complesso strumentale (1939); liriche per voce e pianoforte (Canti spenti, 1925; Tennyson’s songs,1925; Sonetti francescani, 1926).

Fonti e Bibl.: M. Mila, Recensioni: L. R., Suite per violino e pianoforte, in La Rassegna musicale, II (1929), pp. 634 s.; G. Gavazzeni, Attualità del teatro lirico: L. R. alla Scala, in L’Italia letteraria, X (1934), 13, p. 5.; H. Prunières, Le IIIe Festival de la Biennale à Venise, in Revue musicale, V (1934), n. 149, p. 107; M. Bruni, “Dibuk” di L. R., in Torino. Rassegna mensile municipale, XV (1935), pp. 1057-1068; G. Gavazzeni, Lettera da Bergamo, in La Rassegna musicale, IX (1936), pp. 296-298; G. Scuderi, “La morte di Frine”, leggenda tragica in 1 atto di E. M. Senea, Musica di L. R., alla Scala di Milano, in Musica d’oggi, XIX (1937), pp. 178 s.; R. Mariani, Musicisti del nostro tempo: L. R., in La Rassegna musicale, XI (1938), pp. 163-174; R. Rossellini, “Monte lvnòr”, tre atti di C. Meano musica di L. R. a Roma (Teatro Reale dell’opera di Roma 23-XII-1939), in Musica d’oggi, XXII (1940), pp. 5 s.; A. Della Corte, Le musiche da camera di L. R., in Radiocorriere, XXVI (1949), 14, p. 6; R. Mariani, Ritorno di R., in La Scala, 1952, n. 27, pp. 41-43; M. Rinaldi, “Antiche iscrizioni” di R. ‘scolpite’ sul palcoscenico, in Maggio musicale fiorentino, 1955, pp. 5 s.; A. Basso, Il Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi” di Torino, Torino 1971, ad ind.; Torino tra le due guerre (catalogo della mostra, sezione musica), a cura di E. Fubini, Torino 1978, ad ind.; G. Pugliaro, La figura di L. R. nel Novecento musicale italiano, tesi di laurea, Università di Torino 1979 (con bibliografia completa fino al 1979 e catalogo delle opere); G. Landini, La vocalità nel melodramma di L. R.: aspetti e problemi, in Ghedini e l’attività musicale a Torino tra le due guerre, Torino 1986, pp. 99-116; G. Pugliaro, L. R., ibid., pp. 92-98; G. Ferro, Il teatro musicale di L. R., tesi di laurea, Facoltà di lettere e filosofia, Università di Torino 1999; L. Passerini, Tra due mondi: il “Dibuk” di An-Ski in Francia e in Italia, in Id., Storie d’amore e d’Europa, Napoli-Roma 2008, pp. 235-277.

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