MARTELLI, Lodovico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARTELLI, Lodovico

Paola Cosentino

– Nacque a Firenze il 31 marzo 1500, da Lorenzo di Niccolò. Il nome della madre è ignoto.

Il padre fu attivo nel governo repubblicano del 1527-30. Dal matrimonio nacque almeno anche un Niccolò, che dopo un soggiorno a Lione fu coinvolto in patria nella fallita cospirazione (1522) contro Giulio de’ Medici. Pagò con la fuga, dal 1522 al 1524, e con il carcere, fino al 1527, la sua militanza antimedicea. Niccolò fu autore di un Discorso in cui ragiona di ciò ch’e’ farebbe per ordinare un reggimento, e in specie quello della Repubblica di Firenze, quando ne potesse divenir signiore (in Giorn. stor. degli archivi toscani, III [1859], pp. 213-229).

Nel 1515 Eufrosino Bonini dedicò al M. l’edizione del secondo dei Grammatices introductionis libri quatuor di Teodoro Gaza, stampati da F. Giunta, testimoniando la precoce vocazione del M. stesso per le lettere. Bonini era insegnante di poetica e oratoria, ed è probabile che il M. fosse tra i suoi allievi. Non è certa la sua frequentazione dell’Accademia degli Orti Oricellari, di cui tuttavia conobbe i principali frequentatori, da Palla e Giovanni Rucellai, che dirigevano l’Accademia, a N. Machiavelli, G.G. Trissino, Alessandro Pazzi de’ Medici e Luigi Alamanni, affini al M. per scelte politiche e ambizioni letterarie. Alcune fonti lo vogliono lontano da Firenze, piovano a Casaglia nel Mugello (Slim, p. 488), ma non è mancato chi ha visto nel Casaglia (o Chiesaglia) dei manoscritti, il nome di una compagnia di piacere addetta alla realizzazione dei carri di carnevale; la condizione di chierico, tuttavia, pare accertata (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Mss., 2731, c. 126, dove il M. è menzionato come «piovanino»; La vita di Benedetto Varchi, p. 355: «Lodovico Martelli detto il Piovanino»).

A ventiquattro anni il M. pubblicò la Risposta alla Epistola del Trissino delle lettere nuovamente aggionte alla lingua volgar fiorentina (Firenze s.d. [ma probabilmente Er. F. Giunti, dicembre 1524]), contro la discussa proposta linguistica avanzata da Trissino, che la presentò negli Orti Oricellari.

Dedicato al cardinale Niccolò Ridolfi, il breve trattato si oppone all’aggiunta delle lettere greche nell’alfabeto volgare propugnata da Trissino e, soprattutto, contiene un’appassionata difesa della lingua fiorentina, di fatto mettendo in discussione l’autenticità del De vulgari eloquentia dantesco da poco rimesso in circolazione proprio da Trissino. La Risposta fu probabilmente composta a ridosso dell’Epistola di Trissino, redatta fra l’ottobre e il novembre 1524 e pubblicata a Roma se Trissino cita lo scritto martelliano già in una sua lettera a Ridolfi del 21 dicembre (Lettere del card. Niccolò Ridolfi a Giangiorgio Trissino, Vicenza 1878, p. 12, in R. Ridolfi, p. 238, datata 24-25 dicembre). Essa rivela molti punti di contatto con il discusso Dialogo o Discorso sopra la nostra lingua attribuito a N. Machiavelli, sebbene non sia del tutto chiarito il rapporto esistente fra le due opere. Peraltro, nelle Rime del M. pubblicate nel 1533 compaiono due madrigali, Chi non fa pruova amore e Sì suave è l’inganno, che furono in realtà composti da Machiavelli come intermezzi lirici destinati alle rappresentazioni della Clizia (1525) e della Mandragola (1526): il che conferma l’intrecciarsi dell’esperienza letteraria del M. con quella di Machiavelli.

Nel 1524 Clemente VII (Giulio de’ Medici) inviò a Firenze il cardinale Ippolito de’ Medici nominalmente come «capo della città» il cui governo era tenuto dal cardinale Silvio Passerini. Il M. si legò strettamente al Medici, che sarebbe divenuto il punto di riferimento dei fuoriusciti fiorentini a Roma dopo la caduta della Repubblica, nel 1530, e l’avvento del dispotico duca Alessandro de’ Medici. Di questi anni è pure l’amicizia con Benedetto Varchi (testimoniata da poesie latine e diversi sonetti corresponsivi) e i contatti con il musicista fiammingo Philippe Verdelot, maestro di cappella a Firenze dal 1523 al 1527, che musicò alcune rime del M. e un coro della tragedia Tullia. Allo stesso periodo, come si ricava dalla Vita di Giovan Francesco Rustici di Giorgio Vasari, deve probabilmente essere ascritto l’inizio del rapporto con Giovanni Gaddi, futuro chierico della Camera apostolica e animatore della romana Accademia della Virtù: entrambi parteciparono a Firenze alle attività della Compagnia della Cazzuola, congrega giocosa preposta all’organizzazione di apparati e spettacoli teatrali.

Secondo le Storie fiorentine di Varchi, il M. fuggì da Firenze dopo il «tumulto del venerdì» (26 apr. 1527), che precedette la restaurazione della Repubblica (16 maggio), nel corso del quale uccise nella piazza di S. Giovanni uno dei lanzi addetti alla guardia di palazzo Medici. In quel frangente intervenne il cardinale Ridolfi, che ottenne il ritiro del procedimento giudiziario intentato contro il M. dagli Otto di guardia.

Nonostante l’annullamento del processo, il M. si allontanò da Firenze. Non è noto se si trattò di un esilio volontario, anche se questa è la versione di un epigramma latino di Varchi (De Ludovico Martello). Nel sonetto Gaddo io men vo lontan da i patrii liti, diretto a Gaddi (Rime, p. 123), il M. fa riferimento alla propria difficile condizione: al «gravoso esiglio» (v. 3) e a un incombente pericolo di vita (vv. 4 s.: «Deh, com’oggi siam noi da noi rapiti / io forse a morte e voi certo a periglio»).

La fuga da Firenze portò il M. a Roma e da lì, appena poco prima del sacco della città, nel Regno di Napoli, dove entrò in contatto con la corte ischitana di Vittoria Colonna. Quel periodo della vita del M. è particolarmente oscuro. Secondo Pellegrini, il M., giunto a Napoli, entrò al servizio di Alfonso d’Avalos, cognato della Colonna, con il quale avrebbe partecipato alla battaglia navale di Capo d’Orso, presso Amalfi, avvenuta nella primavera del 1528, subendo una breve prigionia a Genova, da dove sarebbe rientrato nel Regno. L’ipotesi si fonda sull’attribuzione al M. delle Stanze dedicate a quella celebre battaglia, nella quale la flotta spagnola guidata da Hugo de Moncada subì la disfatta a opera della flotta francese comandata da Filippino Doria (in Scielta di stanze di diversi autori toscani, a cura di A. Ferentilli, Venezia, I. Giunti e fratelli, 1571, pp. 180-204; il manoscritto è a Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VII.677), ma Giovio, nel Dialogus de viris et foeminis aetate nostra florentibus redatto fra il 1527 e il 1528 (durante il soggiorno a Ischia del letterato, lì invitato da Vittoria Colonna per ripararsi dalla guerra), certamente prima della battaglia di Capo d’Orso, parla della morte del M. come di un fatto recente.

In assenza di prove documentarie, se si accoglie questa testimonianza, la morte del M., avvenuta in circostanze tuttora oscure (Varchi, I, p. 31b, parla di sospetto veneficio per causa di una donna), deve essere collocata tra la fine del 1527 e l’inizio del 1528.

Stampata dopo la sua scomparsa, l’opera poetica del M. comprende numerose composizioni, fra cui sonetti, canzoni, sestine, ballate, madrigali, ma anche egloghe in versi sciolti e poemetti in ottave, ovvero le stanze In lode delle donne e quelle A Vittoria marchesa di Pescara (a Vittoria Colonna in morte del marito Ferdinando Francesco d’Avalos). Dopo una stampa parziale: Stanze e canzoni (Venezia, A. Pincio, settembre 1531: un sonetto, 5 canzoni le stanze In lode delle donne; riproposta ibid., N. Zoppino, 1535 e, «con la gionta», 1537 [tip. P. Nicolini da Sabio]), nel 1533 vide la luce l’edizione integrale delle Rime volgari, in due edizioni, una veneziana e una romana (rispettivamente presso M. Sessa e A. Blado), a cura di Giovanni Gaddi, il quale, nella dedica a Ippolito de’ Medici, ricorda di avere visto il poeta per l’ultima volta a Roma, prima della sua definitiva partenza per il Regno.

Il volume comprende pure la tragedia Tullia, il cui titolo si ricava dalle Lezioni sulla tragedia di Varchi e dalla dedica del padre del M., Lorenzo, a Francesco Maria Della Rovere in uno dei manoscritti dell’opera (Biblioteca apost. Vaticana, Ross., 918.XI.68). Il dramma, tratto dalle Storie di Livio e composto prima della partenza da Firenze, è ambientato nella Roma dei difficili anni del passaggio dalla monarchia dei Tarquini alla Repubblica. La fisionomia dei personaggi, in special modo Tullia e suo marito Lucio, entrambi desiderosi di vendetta e di riscatto, è modellata sugli archetipi tragici greci, in particolare affiorano memorie dell’Elettra sofoclea. Da una lettera di Claudio Tolomei del 7 apr. 1531 risulta che egli aveva inviato una copia della Tullia a Vittoria Colonna, aggiungendovi un coro mancante, composto su invito del cardinale Ippolito de’ Medici: il coro, insieme con una battuta della protagonista, potrebbe essere quello tramandato da un manoscritto conservato presso la Biblioteca nacional di Madrid (Mss., 16.602; cfr. Finazzi, 2001, pp. 165 s.).

L’edizione successiva delle Opere del M. (Firenze, B. Giunti, 1548) contiene in più il volgarizzamento del IV libro dell’Eneide in endecasillabi sciolti. Nel Secondo libro dell’opere burlesche, di m. Francesco Berni, del Molza, di m. Bino, di m. Lodovico Martelli, di Mattio Francesi, dell’Aretino, et di diversi autori (Firenze, Er. B. Giunti, 1555, cc. 36v-39r) gli è attribuito il capitolo bernesco In lode dell’altalena, ma la paternità resta incerta (confermata dal Vat. lat., 5225, vol. III, cc. 601-604 della Bibl. apost. Vaticana, è smentita da due manoscritti fiorentini: Biblioteca nazionale, Mss., II.VIII.28; Biblioteca Medicea Laurenziana, Antinori, 161 [214]). Un Trionfo della pace (Canti carnascialeschi del Rinascimento, a cura di Ch.S. Singleton, Bari 1936, pp. 332 s.) fu probabilmente composto in occasione del carnevale del 1524, qualche mese dopo l’elezione di Giulio de’ Medici al pontificato. Perdute risultano la Georgica, di cui Gaddi parla nella dedica all’edizione del 1533, e le Stanze alla fata fiesolana citate da G. Negri (pp. 363 s.).

In edizioni moderne commentate si leggono: Tullia, a cura di F. Spera, Torino 1998; Rime, a cura di L. Amaddeo, Torino 2005; Stanze a Vittoria marchesa di Pescara, a cura di N. Catelli, www.nuovorinascimento.org.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 81, c. 454; Firenze, Arch. dell’Opera di S. Maria del Fiore, Battesimi, Maschi, anni 1492-1501, c. 131r; De’ sonetti di m. Benedetto Varchi… parte prima, Firenze 1555, pp. 24, 49; Parte seconda, ibid. 1557, p. 85; B. Martelli, dedica di Rime di m. Vincentio Martelli. Lettere del medesimo, Fiorenza 1563; C. Tolomei, Sette libri delle lettere, Vinegia 1566, cc. 37v-38r; B. Varchi, Opere, I, Trieste 1858, p. 31b e ad ind. La vita di Benedetto Varchi scritta da Gio. Battista Busini, a cura di G. Milanesi, in Il Borghini, II (1864), pp. 355 s., 429; per Lorenzo Martelli; II, ibid. 1859, ad ind.; G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori, a cura di G. Milanesi, VI, Firenze 1906, pp. 613, 618; B. Varchi, Liber carminum, a cura di A. Greco, Roma 1969, ad ind.; C. Milanesi, Cartelli di querela e di sfida tra L. M. e Dante da Castiglione… al tempo dell’assedio di Firenze, in Arch. stor. italiano, n.s., 1857, t. 4, p. 3; Notizie letterarie, ed istoriche intorno agli uomini illustri dell’Accademia Fiorentina, I, a cura di J. Rilli, Firenze 1700, p. 63; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 363 s.; G. Pellegrini, La battaglia di Capo d’Orso descritta poeticamente da un testimone oculare (L. M.), in Arch. stor. italiano, LXXIII (1915), pp. 381-422; V. Fiorini, Gli anni giovanili di B. Varchi, in Da Dante al Manzoni. Studi critici, a cura di G. Gallavresi et al., Pavia 1923, ad ind.; B. Croce, Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento, Bari 1958, I, pp. 274-289; S. Thérault, Un cénacle humaniste de la Renaissance autour de Vittoria Colonna châtelaine d’Ischia, Firenze 1968, pp. 270-272; R. Ridolfi, Nota sull’attribuzione del Dialogo [di N. Machiavelli], in La Bibliofilia, LXXIII (1971), p. 238 n.; O. Castellani Pollidori, Niccolò Machiavelli e il «Dialogo intorno alla nostra lingua», Firenze 1978, pp. 99-141, 256-268; C. Slim, Un coro della «Tullia» di L. M. messo in musica e attribuito a Philippe Verdelot, in Firenze e la Toscana dei Medici nell’Europa del ’500 (catal.), II, Musica e spettacolo, scienze dell’uomo e della natura, Firenze 1983, pp. 487-511; M. Finazzi, Le «Rime» di L. di Lorenzo M., in Atti dell’ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo, LXII (1998-99), pp. 207-228; Id., Due manoscritti della «Tullia» di L. M., in Studi di filologia italiana, 2001, n. 59, pp. 117-166; S. Michelazzo, Due inserti archivistici per la biografia di L. di Lorenzo M., in Studi italiani, XV (2003), pp. 93-96; P. Cosentino, Cercando Melpomene. Esperimenti tragici nella Firenze del primo Cinquecento, Manziana 2003, ad ind.; Id., Roma 1533: le «Rime volgari» di L. M., in Roma nel Rinascimento, XXI (2004), pp. 269-291; P. Litta, Le famiglie celebri italianes.v. Martelli di Firenze, tav. III.