Lola Montès

Enciclopedia del Cinema (2004)

Lola Montès

Bernard Eisenschitz

(Francia/RFT 1955, colore, 110m); regia: Max Ophuls; produzione: Albert Caraco per Gamma/Florida/Union; soggetto: dal romanzo La vie extraordinaire de Lola Montès di Cecil Saint-Laurent; sceneggiatura: Max Ophuls, Annette Wademant, Franz Geiger (versione tedesca), Jacques Natanson (versione francese); fotografia: Christian Matras; montaggio: Madeleine Gug (versione francese), Adolph Schlyssleder (versione tedesca); scenografia: Jean d'Eaubonne; costumi: Georges Annenkov, Marcel Escoffier; musica: Georges Auric.

Il domatore di un grande circo americano presenta un'attrazione sensazionale: la scandalosa Maria Dolores Porriz y Montez, in arte Lola Montès, che insieme alla troupe mette in scena la storia della propria vita. Nel corso dello spettacolo Lola ricorda le tappe del proprio passato: la fine della relazione con Franz Liszt; il ritorno dalle Indie, ancora adolescente, e la reazione al tentativo familiare di farla sposare per interesse; il matrimonio presto fallito con l'amante della madre, un militare scozzese alcolista e infedele; la nuova carriera di danzatrice e mantenuta. A Nizza, un uomo di circo (lo stesso domatore che oggi commenta il suo spettacolo) le propone di esibirsi in pubblico, per sfruttare la fama di scandalo che l'accompagna. Ma Lola continua a preferire la propria carriera di mantenuta, che culmina nella relazione con il re di Baviera Ludwig I. Il loro amore clandestino per poco non scatena una rivoluzione. Lola fugge allora con uno studente che aveva conosciuto il giorno del suo arrivo a Monaco. Dopo il momento culminante dello spettacolo, un tuffo senza rete dal punto più alto del tendone del circo, Lola, esausta, scampata per miracolo alla morte, può ancora offrire le mani al bacio degli spettatori, al prezzo di un dollaro.

Lola Montès fu una superproduzione catastrofica e divise profondamente la critica. Deluse gli amanti del 'cinema di qualità' ed entusiasmò invece i giovani critici che, quattro anni dopo, avrebbero dato vita alla Nouvelle vague. Come ha scritto Jacques Lourcelles, si tratta di uno degli ultimi film "a suscitare polemiche non per ragioni di soggetto o di contenuto, ma per la costruzione e lo stile". Rappresentò il vertice della produzione di qualità in ambito europeo, associando agli alti valori spettacolari la firma di un regista artisticamente e commercialmente riconosciuto. Max Ophuls, grande cineasta allora al culmine di una carriera altalenante, si vide progressivamente imporre la diva francese Martine Carol, il nuovo formato CinemaScope e l'obbligo di girare il film in tre versioni: francese, tedesca e inglese (ma soltanto le prime due vennero portate a termine). Il regista confidò alla cosceneggiatrice Annette Wademant che "avrebbe giocato d'astuzia", riproducendo nel film il significato di ciò che stava realizzando e di cui era testimone: un grande spettacolo commerciale, la commercializzazione del concetto stesso di spettacolo, la scomparsa della sfera privata degli artisti.

Nel corso della lavorazione Lola Montès cominciò a rivelarsi un disastro finanziario: il budget venne superato e non fu più possibile garantire i salari. Le riprese in Francia e in Germania vennero contrassegnate da numerosi incidenti, dovuti all'instabilità della produzione e alla determinazione del regista, fatta passare per stravaganza. Le esigenze di Ophuls, ingiustamente ritenute tiranniche (per contratto gli era riconosciuta la massima libertà artistica), erano in realtà condizione indispensabile alla buona riuscita del progetto. Agli smisurati investimenti economici il regista oppose uno stile ben preciso, da imporre a qualsiasi costo, grazie anche al sostegno di una troupe composta in gran parte da collaboratori abituali e solidali. Ophuls si era interessato al soggetto quando ne aveva percepito le similitudini con un fenomeno che all'epoca era soltanto ai suoi albori: il trionfo della pubblicità e dello spettacolo sulla vita, e quello dei media sullo spettacolo. La grande messinscena che è Lola Montès ha dunque a sua volta per soggetto lo spettacolo stesso; la superproduzione si spinge ai limiti dell'autorappresentazione. Ophuls distrugge l'inquadratura del CinemaScope ricorrendo spesso a mascherini e recadrages. Soffoca inoltre qualsiasi possibilità di identificazione tra lo spettatore e la sfortunata protagonista: dapprima con le incursioni avanti e indietro nel tempo e passando da uno stile narrativo a un altro, poi trasformando l'inespressiva Martine Carol in una specie di morta vivente, uno zombie a mala pena in grado di reagire agli stimoli del mondo che la circonda, una seduttrice esibizionista e frigida. Intorno al vuoto della sua presenza si viene così a creare una sorta di vertigine, mentre il personaggio del presentatore del circo, interpretato da un magnifico e poliglotta Peter Ustinov, diviene a questo punto il vero protagonista. "Attraverso di lui Ophuls ci fornisce un ritratto dell'artista che costruisce la propria fortuna e la propria opera sulle sventure altrui, trasformandole in destino e attribuendo loro infine un valore eterno" (Lourcelles). Nei suoi eccessi e nella sua mancanza di equilibrio Lola Montès non raggiunge la perfezione di Le plaisir (Il piacere, 1951) o Madame de..., ma sembrò comunque aprire nuove prospettive al suo autore. Purtroppo si trasformò invece in un testamento: Ophuls, sfinito anche da questa battaglia, morì un anno dopo l'uscita del film. Delle due versioni, quella francese e quella tedesca, leggermente accorciate e rimontate poco dopo la loro prima presentazione, la versione francese restaurata nel 1968 rimane la più vicina alle intenzioni del cineasta. La versione tedesca del film (Lola Montez) è stata oggetto di un accuratissimo restauro nel 2002.

Interpreti e personaggi: Martine Carol (Lola Montès), Peter Ustinov (presentatore del circo), Anton Walbrook (Ludwig I, re di Baviera), Ivan Desny (tenente James), Henri Guisol (Maurice), Lise Delamare (Mrs. Craigie), Paulette Dubost (Joséphine), Oskar Werner (studente), Jean Galland (segretario del barone), Will Quadflieg (Franz Liszt), Helena Manson (sorella di James), Germaine Delbat (cameriera di bordo), Willy Eichberger (dottore), Jacques Fayet (cameriere), Friedrich Domin (direttore del circo), Werner Finck (pittore), Claude Pinoteau (direttore d'orchestra).

Bibliografia

F. Truffaut, Lola au bûcher, in "Cahiers du cinéma", n. 55, janvier 1956.

Ph. Collin, D'une mise en scène baroque: 'Lola Montès' de Max Ophuls, in "Études cinématographiques", n. 1-2, printemps 1963.

N. Simsolo, Lola Montès, in "La revue du cinéma", n. 259, mars 1972.

G. Gow, Lola Montès, in "Films and filming", n. 1, October 1978.

D. Robinson, Lola Montes, in "Sight & Sound", n. 4, Autumn 1978.

Y. Tobin, Ich bin die fesche Lola… in "Positif", n. 232-233, juillet-août 1980.

V. Amiel, Couleur d'Ophuls, in "Positif", n. 375-376, mai 1992.

L. Belloï, Max Ophuls: le cristal et la tache, in "Cinémathèque", n. 6, automne 1994.

M. Müller, W. Dütsch, Lola Montez. Eine Filmgeschichte, Luxembourg-Köln, 2002.

Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 88, janvier 1969.

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