LOMÉNIE DE BRIENNE, Étienne-Charles de

Enciclopedia Italiana (1934)

LOMÉNIE DE BRIENNE, Étienne-Charles de

Alberto Maria Ghisalberti

Cardinale e uomo politico francese, nato a Parigi il 9 ottobre 1727 da un'antica famiglia limosina, morto a Sens (Yonne) il 16 febbraio 1794. Compiuti i suoi studî, rinunciò ai proprî diritti di primogenitura in favore del fratello per potersi dedicare alla carriera ecclesiastica. Vicario generale di Rouen nel 1752, fu consacrato vescovo di Condom l'11 gennaio 1761 e arcivescovo di Tolosa nel 1763. Molto legato agli Enciclopedisti e al Turgot (con il quale nel 1754 aveva pubblicato Le conciliateur), al Malesherbes e al Voltaire, fu eletto membro dell'Académie nel 1770. Le benemerenze acquistate con la costruzione del Canal de Brienne tra la Garonna e il Canal du Midi, il suo atteggiamento favorevole alle nuove idee (già la sua tesi di dottorato nel 1751 aveva suscitato sospetti sulla sua ortodossia) gli conciliarono molte simpatie. Benvoluto da Giuseppe II e intimo dell'abate di Vermond, lettore della regina, fu per tre volte, dal 1765 al 1775, capo del Bureau de jurisdiction all'assemblea generale del clero. Alcune sue memorie al Turgot su particolari problemi sociali e politici gli accrebbero fama, ed egli s'impose definitivamente quando la sua opposizione, come presidente dell'assemblea dei notabili, all'operato di Ch.-A. de Calonne, provocò la caduta di questo (1° maggio 1787). La regina e la corte imposero allora la sua nomina come capo del Consiglio di finanza al re, che pur diffidava di questo prelato ambizioso e senza scrupoli, dalla vita dissipata e dalla fede equivoca. Abile, insinuante e furbo accettò di esporre ai notabili lo stato reale delle finanze e a concedere quanto il Calonne aveva rifiutato. Per fronteggiare i 140 milioni di deficit, propose al parlamento un prestito di 60 milioni e un risparmio di altri 40 sulla casa del re. E l'editto fu registrato, ma i notabili non vollero le imposte ritenute necessarie e preferirono formulare un generico programma di riforme. L'assemblea fu allora chiusa (25 maggio), ma intanto l'opinione pubblica s'era preoccupata di quei dibattitì e il parlamento di Parigi, a sua volta, prendeva posizione. I primi decreti amministrativi presentati (istituzione delle assemblee provinciali già ideate dal Necker, libertà del commercio granario, soppressione della corvée) passarono senza opposizione (giugno 1787), ma quando si venne alla tassa sul bollo e al progetto di una nuova imposta fondiaria, l'opposizione parlamentare si scatenò aperta. Il re sosteneva il ministro, il pubblico era con i parlamentari, ai quali offrirono la loro solidarietà i parlamenti delle varie provincie. Solo il "letto di giustizia" del 6 agosto vinse momentaneamente l'opposizione, ma il prestigio del governo e dello stesso re furono scossi. Il 15 agosto L. fece esiliare a Troyes il parlamento e si fece nominare principal ministre con l'illusione di poter agire più decisamente. Ma, preoccupato dalla crescente marea d'impopolarità, si piegò a una transazione con il parlamento, che fu richiamato a Parigi (20 settembre). E gli editti sul bollo e sulla fondiaria venivano revocati in cambio di un prolungamento per due anni della tassa dei due ventesimi. Tutto questo non sanava la situazione finanziaria. Un nuovo progetto per un prestito di 420 milioni, ripartito in cinque anni, con la promessa di convocare gli Stati generali nel 1702 (19 novembre) scatenò una più grave opposizione del parlamento. Misure di rigore furono prese contro il duca d'Orléans Fréteau e l'abate Sabattier, i più aspri nel protestare. Brienne si dimostrò debole e incerto. Le illusioni concepite al suo apparire caddero. Ma egli non perdette di mira i proprî interessi nel frattempo e si fece nominare arcivescovo di Sens (30 gennaio 1788) e abate di Corbie con ricchissimi emolumenti. Suo fratello, poi, fu chiamato al ministero della guerra. Più aspra, ora, si fece la lotta tra il governo e il parlamento, nella quale trascorse tutto l'inverno. Si parla di colpo di stato; le proteste del parlamento salgono di tono; alcuni parlamentari sono arrestati. Con i sei editti dell'8 maggio 1788 il L. spera di annientare il parlamento, istituendo nuove corti di giustizia (grands bailliages) e una Cour plénière, sola incaricata della registrazione delle leggi. Ma, chiuso il parlamento, si fa più forte l'opposizione popolare in un'atmosfera di sommossa. Lo stesso clero abbandona il ministro-arcivescovo, che deve rinunciare a convocare la corte plenaria ed è costretto a consentire per il 1° maggio 1789 la convocazione degli Stati generali (8 agosto 1788). Vuoto l'erario (e L. fu accusato d'avervi attinto per proprio conto con il suo collega Lamoignon), scatenato l'odio popolare, il ministro dovette dare le dimissioni (25 agosto). Era l'ora del Necker. Nominato cardinale il 15 dicembre, il L. trascorse circa due anni in Italia, donde tornò in Francia per giurare la costituzione civile e farsi nominare vescovo costituzionale dell'Yonne (marzo 1791). Il papa lo obbligò allora a rinunciare al cardinalato. Ma il suo aristocratico liberalismo e i troppo vivi ricordi del suo ministero eccitavano la diffidenza degli uomini della Rivoluzione. Arrestato a Sens una prima volta il 9 novembre 1793 e lasciato in casa sua, fu condotto in prigione poco tempo dopo sotto l'accusa di mene antirivoluzionarie. Morì per un colpo apoplettico la notte successiva al suo arresto. Cinque suoi parenti furono ghigliottinati nel maggio seguente. Restano di lui una Oraison funèbre du Dauphin (Parigi 1766), il Compte rendu au roi (Parigi 1788), ecc.

Bibl.: J. Perrin, Le cardinal L. d. B., archevêque de Sens: ses dernières années, Parigi 1896.