LORENZO da Bergamo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LORENZO da Bergamo

Silvano Giordano

Nacque ad Ascensione, frazione di Costa di Serina, nel Bergamasco, intorno al 1495. I nomi dei genitori sono sconosciuti; sembra appartenessero alle famiglie Gherardi, il padre, e Orsetti, la madre, cognomi con i quali L. è talvolta designato.

In data imprecisata, la famiglia si trasferì a Venezia, dove, il 1( genn. 1514, L. vestì l'abito dei domenicani nel convento di S. Domenico di Castello, già culla del movimento di riforma interno all'Ordine ispirato a Caterina da Siena e sostenuto da Giovanni Dominici. Il 2 genn. 1515 vi emise i voti religiosi. Non rimangono notizie precise circa gli studi e la formazione. Dagli scritti conservati appare una buona conoscenza del pensiero teologico di Tommaso d'Aquino, che L. dovette acquisire nello Studio di S. Domenico a Bologna; qui sembra essere stato discepolo del conterraneo Giovanni Ceresoli, che nel 1516 era responsabile degli studenti. Il titolo di maestro in sacra teologia, di cui L. si fregiava, attesta che egli frequentò uno Studio generale e vi insegnò per almeno quattro anni. Sicuramente nel 1537 era priore nel convento di S. Domenico a Venezia.

Nonostante i titoli accademici, si dedicò al pulpito piuttosto che all'attività scientifica. I documenti attestano che nel 1539-40 fu predicatore ufficiale nella chiesa di S. Maria Maggiore a Bergamo, mentre una sua preghiera, indulgenziata dai vescovi di Ferrara, Bologna, Modena, Milano, Venezia, Cipro, farebbe supporre la sua presenza attiva in quelle diocesi. I repertori dell'Ordine gli attribuiscono alcune raccolte di sermoni, rimaste manoscritte: Sermones de tempore, Sermones de sanctis e un Quadragesimale, i quali nel loro complesso costituiscono un prontuario di predicazione per tutto l'anno liturgico; a essi va aggiunto un sermone De laudibus Mariae Virginis. Resta inoltre notizia di una Expositio super Apocalypsim, forse composta durante il periodo di insegnamento. L. stesso afferma di avere scritto, su istanza della veronese Giulia Campagna, un sermone Del tabernacolo di Dio.

Seguendo gli orientamenti dell'Osservanza domenicana, caldeggiò il rinnovamento della predicazione, in armonia con le istanze di riforma in chiave evangelica, propugnando l'eliminazione degli artifici retorici introdotti dall'umanesimo, quali le citazioni dei classici, i versi del Petrarca e i riferimenti letterari, in favore di un ritorno al discorso decoroso, che doveva essere la traduzione, in linguaggio accessibile, della parola di Dio, attinta direttamente alla Bibbia, in linea con l'insegnamento dell'apostolo Paolo.

Su sollecitazione di Giulia Campagna e della contessa Fiordelisa Baraffa di Ferrara, L. compose il Trattadello della dispositione che si ricerca a recever la gratia del Spirito Santo (Bologna, Vincenzo di Bonardi -Marcantonio da Carpi, 1534; Venezia, Stefano Nicolini da Sabbio, 1534; Milano, Innocenzo Cicognara, 1539 circa). L'introduzione al trattatello fu stesa nel 1533; il 2 febbr. 1534, probabilmente a Ferrara, L. riprese e completò l'operetta, divisa in tre parti, che trattano rispettivamente delle sette disposizioni per ricevere la grazia dello Spirito Santo, dei suoi sette doni e della consolazione concessa dallo Spirito.

Nel 1538 terminò la Verace regola de imitar Iesu Christo et farsi perfetto, chiamata candor di luce eterna et specchio senza macula (Venezia, Stefano Nicolini da Sabbio, 1539; ibid., "al segno della Speranza", 1550).

L'opuscolo, dedicato alla Baraffa, costituisce un invito a seguire Cristo nel doloroso cammino della Passione, per raggiungere, attraverso la croce, il rinnovamento interiore, nella mistica risurrezione promessa ai suoi seguaci. Notevole è il richiamo all'imitazione di Cristo nei misteri dolorosi e gloriosi della sua vita, attraverso l'esercizio ascetico dello spogliamento dai vizi per rivestire le virtù del Salvatore. Le opere sottolineano l'adesione di L. al movimento spirituale manifestatosi nell'Ordine nel corso del secolo, che traspare anche dalla critica a un certo intellettualismo e alla scolastica.

Il 24 giugno 1533, anno di carestia, quando predicava nel duomo di Ferrara, L. promosse l'erezione di un Monte delle farine con annesso mulino, intitolato a S. Giovanni Battista. L'istituzione fu posta sotto la protezione della principessa Renata di Francia, del giudice dei Savi Alfonso Sacrati, del priore dei domenicani e di Sigismondo Trotti e Girolamo Giglioli, familiari del duca Alfonso I. Il duca esentò il Monte da dazi e gabelle e contribuì largamente al suo finanziamento, per il quale si adoperò anche la Baraffa.

Il 1( maggio 1539, sollecitato dal vescovo Pietro Lippomano, L. eresse a Bergamo un Monte dell'abbondanza per il soccorso dei poveri, con la finalità di raccogliere derrate alimentari da immettere sul mercato a prezzi accessibili durante i periodi di carestia. L'istituto continuò la sua attività fino al XIX secolo. Sempre nel 1539, nel villaggio natio, stabilì un analogo Monte, dotato di 100 monete d'oro "implicandis in bladis ad commodum pauperum ex vicinorum locis" (Gli atti della visita apostolica, p. 237), ma il capitale fu dilapidato in pochi anni.

Nel 1548 Paolo III lo nominò vescovo suffraganeo di Bologna, diocesi allora retta da Alessandro Campeggi (1541-53). Due anni dopo, il 20 giugno 1550, fu nominato da Giulio III vescovo di Modrus, in Croazia, come successore del domenicano Alberto di Cattaro. Non ebbe però mai occasione di recarsi presso la sede episcopale, della quale si limitò a percepire le modeste rendite.

L. morì a Bologna il 31 luglio 1554 e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico.

Lasciò preziosi arredi sacri alla chiesetta del villaggio natale; ne dotò l'altare maggiore di sette messe ogni anno per una libbra di carne, un pane e un orcio di vino, più 10 soldi per il sacerdote celebrante, che diventavano 20 in caso di messa cantata; per coloro che vi assistevano, fino a un massimo di 300 partecipanti, era previsto un soldo.

Le opere di L. Il "Trattadello della disposizione che si ricerca a recever la gratia del Spirito Santo"(, Città del Vaticano 1974 e Un testo raro di spiritualità del Cinquecento: la "Verace regola de imitar Iesu Christo et farsi perfetto"(, ibid. 1985, sono state riedite a cura di A. Piolanti.

Fonti e Bibl.: Gli atti della visita apostolica di s. Carlo Borromeo a Bergamo (1575), a cura di A.G. Roncalli, II, 2, Firenze 1946, pp. 235-241; M. Piò, De le vite de gli huomini illustri di San Domenico, parte II, Pavia 1613, coll. 209 s.; M. Guarini, Compendio historico dell'origine, accrescimento e prerogative delle chiese, e luoghi pii della città e diocesi di Ferrara(, Ferrara 1621, pp. 135 s.; D. Calvi, Effemeride sagro-profana di quanto di memorabile sia successo in Bergamo, sua diocese et territorio(, Milano 1676-77, I, p. 305; II, pp. 4, 272, 405; III, pp. 220, 279; A. Rovetta, Bibliotheca chronologica illustrium virorum provinciae Lombardiae S. Ordinis praedicatorum, II, Bononiae 1681, p. 123; J. Quétif - J. échard, Scriptores Ordinis praedicatorum(, II, Lutetiae Parisiorum 1721, p. 875; Allgemeines Gelehrten-Lexicon(, a cura di C.G. Jöcher, II, Leipzig 1750, col. 977; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, IV, Ferrara 1848, p. 322; L. Carrara Zanotti, Serina: studi e osservazioni, Bergamo 1874, p. 97; I. Colosio, Il vescovo domenicano L. de Gherardis († 1554) e la sua "Operetta sullo Spirito Santo", in Rass. di ascetica e mistica, XXVI (1975), pp. 103-115; E. Sandal, L'arte della stampa a Milano nell'età di Carlo V: notizie storiche e annali tipografici (1526-1556), Baden-Baden 1988, p. 67; Hierarchia catholica, III, pp. 137, 247.

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