LIPPI, Lorenzo

Enciclopedia Italiana (1934)

LIPPI, Lorenzo

Matteo Marangoni

Pittore e poeta, nato a Firenze il 3 maggio 1606, morto ivi il 15 aprile 1665. Allievo di Matteo Rosselli, durante questo periodo copiò anche alcune opere di Santi di Tito. Legato di amicizia con Salvator Rosa, che fu a Firenze dal 1640 al 1649, fondò con lui l'Accademia letteraria dei Percossi. Nel 1647 fu inviato come pittore di corte all'arciduchessa Claudia de' Medici a Innsbruck; colà rimase fino al 1649, intento a eseguire alcuni ritratti e quadri d'altare, e, soprattutto, a comporre il poema Il Malmantile racquistato, burlesca parodia della Gerusalemme liberata, che in dodici canti in ottava rima racconta la fantastica contesa di Celidora e Bertinella per il reame di Malmantile, castello diroccato presso Signa. Il poema, condotto con facile, ma indisciplinata vena di comicità e notevole bravura narrativa, rende nella sua bizzarra scapigliatezza la facilità e varietà dell'idioma fiorentino e molti caratteristici aspetti della vita popolare di quel tempo.

Pittore, il L. ebbe qualità analoghe a quelle di poeta: dotato di una natura pronta e vivace, si compiacque di ritrarre gli uomini e le cose esteriormente, abbandonandosi a un fresco piacere narrativo. Perciò riuscì abile e rinomato pittore di ritratti.

Opere belle del L. sono i ritratti e le composizioni in cui questi intervengono: il ritratto di Salvator Rosa, agli Uffizî, in cui all'immediatezza della cosa corrisponde la fattura rapida e il tocco leggiero, in un impasto ricco di colore (ancora oggi è ritenuto comunemente l'autoritratto del Rosa); l'autoritratto, pure agli Uffizî, in cui si vale di un forte partito chiaroscurale, per far risaltare metà del volto in piena luce, per accentuarne il carattere tra burlesco e grave. L'opera sua più conosciuta è Giacobbe al pozzo, nelle Gallerie Fiorentine, di un raffinato senso decorativo, trattata con tocco leggiero e arguto nelle figure: la cosa più bella però è la larghezza dello sfondo, che difficilmente troveremmo nelle altre opere di lui. Molto celebrata è una delle opere più tarde, Lot e le Figlie, della Galleria Feroni di Firenze, in cui la ben riuscita figura della giovane al centro, sembra riunire la composizione alle figure laterali del vecchio e della figlia, formando di queste quasi le quinte dello sfondo, che si stende vasto sotto un cielo carico di ombre.

Nel Cristo e la Samaritana, di Vienna, invece, come nella S. Agata e S. Caterina degli Uffizî, di una piacevolezza esteriore di forme, tutto diviene stanco e convenzionale. Anche nelle altre opere di soggetto religioso, tranne rare volte, il L. suscita una grande impressione di freddezza; il che, in fondo, è ben naturale, data l'indole superficiale del pittore: S. Andrea, in S. Frediano (1639); Madonna del Rosario, in S. Martino a Strada (1658); l'Angelo e e Tobia, nel museo di Douai, ecc.

Varî disegni del L. di ritratti e di composizioni eseguiti con fare elegante e disinvolto, sono agli Uffizî.

Bibl.: A. Stanghellini, Francesco Furini, Siena 1914, p. 42 segg.; A. Alterocca, La vita e l'opera poetica di L. Lippi, Catania 1914; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIII, Lipsia 1929; M. Nugent, Alla mostra della pittura ital. del '600 e '700, San Casciano Val di Pesa 1930, II, p. 258 segg.