SARTI, Lorenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 90 (2017)

SARTI, Lorenzo

Silvia Massari

SARTI, Lorenzo. ‒ Non sono noti gli estremi anagrafici di questo plasticatore bolognese, attivo in Emilia e in Veneto tra il secondo e il sesto decennio del Settecento.

Allievo e seguace di Giuseppe Maria Mazza, la sua consuetudine con il maestro gli valse l’appellativo di Lorenzino del Mazza, ricordato dalla letteratura felsinea e dal suo biografo Marcello Oretti. Benché questi affermasse che Lorenzo «fioriva nel 1749» (Notizie de’ professori del disegno..., B.133, c. 29), la datazione delle prime opere suggerisce di anticiparne l’inizio della carriera al secondo decennio del secolo. Verosimilmente nacque tra gli anni Ottanta e la prima metà dell’ultimo decennio del Seicento e, tuttavia, in mancanza del patronimico, non è identificabile con certezza tra i quattro omonimi la cui nascita a Bologna, in questo arco cronologico, è documentata dai registri battesimali della cattedrale (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Registri battesimali della Cattedrale, vol. 133, c. 156v, vol. 134, c. 118r, vol. 146, c. 40v, vol. 148, c. 171v). Analogamente, non meglio noti sono i suoi eventuali rapporti di parentela con altri membri della dinastia locale dei Sarti.

Rimase sempre estraneo all’Accademia Clementina e, finché fu attivo Mazza, dovette perlopiù affiancarlo – talvolta anche completando decorazioni da lui avviate, talaltra ripetendo sue invenzioni –, accontentandosi di svolgere in autonomia commissioni di modesto prestigio: è questo il caso della sua prima attività documentata, ossia l’altare della Reposizione allestito nella chiesa bolognese dei Ss. Sebastiano e Rocco nel 1712 (Bergomi, 2004). La scultura più antica che si è conservata risale invece a dieci anni più tardi: si tratta di una Pietà in terracotta policroma (h 54 cm) sul cui retro sono apposte la firma e la data 1722.

Quest’opera, conservata in collezione privata, mostra le caratteristiche peculiari allo stile di Sarti anche nel prosieguo della sua carriera: alla stretta osservanza della lezione classicista di Mazza si affiancarono suggestioni dal linguaggio più aggiornato di Angelo Gabriello Piò, che proprio in questi anni iniziava a imporsi sulla scena artistica bolognese.

A segnare il suo esordio pubblico in patria fu, secondo la testimonianza di Oretti, la decorazione plastica dell’altare maggiore nella parrocchiale di S. Maria degli Uccelletti (scomparsa), databile agli anni a cavaliere tra il terzo e il quarto decennio in virtù di quanto riportato da Carlo Cesare Malvasia (Le pitture di Bologna..., a cura di G. Zanotti, Bologna 1732), in cui si afferma che la chiesa era stata «ultimamente restaurata, e di stucchi abbellita» (p. 113). Negli stessi anni Sarti prese parte a importanti imprese artistiche, dove il suo coinvolgimento fu, con buona probabilità, caldeggiato dal maestro.

Nei lavori di ammodernamento della basilica bolognese dei domenicani, Mazza, di cui insieme all’architetto Carlo Francesco Dotti era stato tra i protagonisti, realizzando le Virtù cardinali in controfacciata (1728-29), poté proporlo, con l’altro suo allievo Gaetano Lollini, per alcune cappelle laterali: Sarti eseguì (1731), le figure angeliche in stucco sulla cimasa dell’altare di S. Andrea, di giuspatronato della famiglia Lambertini (1731), e la Gloria d’angeli (1732 circa) a coronamento della cappella delle Reliquie.

Lorenzo ebbe poi un ruolo di primo piano nei cantieri patrocinati da Prospero Lambertini, arcivescovo di Bologna e, dal 1740, papa Benedetto XIV. In città, nella cattedrale di S. Pietro, nell’ambito dei lavori diretti dall’architetto Alfonso Torreggiani, diversi furono i suoi interventi.

Dapprima, fra il 1733 e il 1734, plasmò, entro nicchie nei pilastri dell’arco che immette al presbiterio, le monumentali statue degli Evangelisti – per le quali si giovò, secondo Oretti (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. 1767, B.30: Le pitture nelle chiese di Bologna, c. 5), di un disegno fornitogli dal pittore Vittorio Maria Bigari –; eseguì poi i cartigli posti al centro degli archi delle absidi nella cappella maggiore, dove attese anche «a restauri e risarcimenti dei capitelli [...], corniciotti e rosoni» (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Fabbrica di S. Pietro in Bologna, Fabbrica, busta 19, cc. n.n.). In seguito, per la nuova facciata, eretta tra il 1743 e il 1747, approntò la decorazione scultorea dell’interno: ai lati entro nicchie i Dottori della Chiesa – ancora memori dei modelli del maestro per l’altare della basilica veneziana del Redentore (1705-07) –, al centro, sulle volute del portale, la Fede e la Temperanza e, sulla cimasa dell’arco, lo stemma del pontefice Lambertini attorniato da due figure allegoriche. Inoltre, coadiuvato dallo stuccatore d’ornato Giovanni Antonio Raimondi, Sarti eseguì i capitelli della navata centrale e completò l’ornamentazione plastica con un fregio formato da puttini ad altorilievo alternati a motivi vegetali.

In concomitanza con gli interventi nella cattedrale bolognese si colloca la sua attività a Cento (Ferrara), dove partecipò al rinnovamento della basilica di S. Biagio, di nuovo finanziato da Benedetto XIV e diretto da Torreggiani: nel 1742, attese all’ancona dell’altare maggiore con Dio Padre in gloria e angeli – debitrice di quanto appena messo in opera (1738-40) da Piò nella cappella di S. Filippo Neri in S. Maria di Galliera a Bologna –, seguita poi dagli Angeli all’altare del Crocefisso (1743) e da quelli nella cappella di S. Marco (1743-44). A Ferrara, forse introdotto da Andrea Ferreri, con il quale aveva condiviso la scuola di Mazza, ma che ormai da tempo si era trasferito nella città estense divenendovi il principale interprete della scultura, Sarti modellò quattro statue (perdute) in S. Caterina da Siena e il 28 agosto 1745 sottoscrisse un contratto con il Collegio dei dottori utriusque juris per gli stucchi dei Ss. Dionigi Aeropagita e Ivo di Bretagna, da collocarsi ai lati dell’altare di S. Giorgio nel duomo cittadino (Caputo, 1952-1953, p. 78): la critica, sulla base di una notizia tramandata da Giuseppe Antenore Scalabrini che tuttavia non trova conferma nelle altre fonti (M. Oretti, Le pitture nelle chiese di Bologna, cit., c. 31; Barotti, 1770, p. 43), gli riferisce la paternità solo del secondo, mentre nel S. Dionigi sarebbe all’opera Filippo Suzzi (Medri, 1953, p. 144; Giovannucci Vigi, 2004, p. 142).

A Bologna Sarti lavorò ancora (1752 circa) nella basilica di S. Maria Maggiore, nella chiesa di S. Martino della Croce dei Santi (scomparsa), nel convento dei padri cappuccini e, poco distante, a Minerbio, nella parrocchiale di S. Giovanni Battista. Non gli mancarono neppure commissioni nobiliari intra ed extra moenia: tra le altre, fu richiesto dalle famiglie Grassi, Fava, Buratti e Tanari a Bologna, dal senatore Pepoli per il palazzo di famiglia a Trecenta, dal conte Sora a Manzolino e dal duca d’Este a Modena.

Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B.133: M. Oretti, Notizie de’ professori del disegno... (1760-1787), cc. 29-32; ms. B.30: Id., Le pitture nelle chiese di Bologna (1767); ms. B.95, fasc. 33 bis-36: Brevi notizie riferentesi alla vita... [di] L. S., cc. 235r, 236rv. C.C. Malvasia, Pitture di Bologna..., a cura di G. Zanotti, Bologna 1732, ad ind.; G. Baruffaldi, Visita alle pitture di Cento (1754), a cura di T. Contri - L. Lorenzini, Cento 2007, pp. 38, 42; C. Barotti, Pitture e scolture [...] della città di Ferrara, Ferrara 1770, pp. 43, 78; A. Scalabrini, Memorie istoriche delle chiese di Ferrara..., Ferrara 1773, pp. 18, 88.

P. Zani, Enciclopedia metodica..., XVII, Parma 1823, p. 67; U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, XXIX, Leipzig 1935, p. 472; V. Caputo, Gli statuti del Collegio ferrarese dei Dottori utriusque juris (sec. XV), in Annali della Università di Ferrara. Sezione X. Scienze giuridiche, n.s., II (1952-1953), pp. 61, 64, 76-78; G. Medri, La scultura a Ferrara, Rovigo 1953, p. 144; E. Riccòmini, Mostra della scultura bolognese del Settecento (catal.), Bologna 1965, p. 96; E. Bénézit, Dictionnaire critique..., IX, Paris 1976, p. 300; E. Riccòmini, Vaghezza e furore. La scultura del Settecento in Emilia, Bologna 1977, ad ind.; Marcello Oretti e il patrimonio artistico del contado bolognese, a cura di D. Biagi, Bologna 1981, ad ind.; A. Nava Cellini, La scultura del Settecento, Torino 1982, p. 116; Marcello Oretti e il patrimonio artistico privato bolognese, a cura di E. Calbi - D. Scaglietti Kelescian, Bologna 1984, ad ind.; B. Giovannucci Vigi, La Cattedrale di Ferrara, Milano 1992, p. 35; O. Bergomi, Scenografie e apparati inediti del Settecento bolognese, in Il Carrobbio, XXX (2004), pp. 219-222; B. Giovannucci Vigi, Scultura e scultori a Ferrara 1598-1796, Milano 2004, pp. 19, 142, 179; T. Contri, Architettura e scultura a Cento nel XVIII secolo, in Sculture a Cento e a Pieve tra XV e XIX secolo, a cura di L. Lorenzini, Cento 2005, p. 155; Ead., Benedetto XIV e la Collegiata di San Biagio, in La Basilica Collegiata di San Biagio a Cento, a cura di T. Contri, San Giovanni in Persiceto 2005, pp. 117 s.; L. Lorenzini, Devozione e decorazione. Aspetti della scultura a Cento nel XVIII secolo, in Sculture a Cento, cit., pp. 116-123; D. Lenzi, Benedetto XIV e il compimento della cattedrale, in Benedetto XIV e la facciata della Cattedrale di Bologna, a cura di R. Terra - G. Cavina, Ferrara 2008, pp. 19, 21, 25 (con bibl.); A. Bacchi - S. Massari, Scheda, in The sparkling soul of terracotta (catal.), a cura di S. Castri, Firenze 2014, pp. 60-75; A. Bacchi, Scheda, in Un secolo tra collezionismo e mercato antiquario a Firenze (catal.), Firenze 2016, pp. 32 s., n. 7.

TAG

San giovanni in persiceto

Altare della reposizione

Carlo francesco dotti

Carlo cesare malvasia

Vittorio maria bigari