FORTE, Luca

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FORTE, Luca

Matteo Lafranconi

Non si conoscono gli estremi biografici di questo pittore attivo a Napoli nella prima metà del XVII secolo. Sulla base dei dipinti a lui ascritti il F. può essere considerato il più importante tra i pittori che nel primo cinquantennio del Seicento si dedicarono al genere della natura morta (Causa, 1962, p. 40; Bottari, 1963, p. 242). I dati che le indagini archivistiche, nel tempo, ci hanno reso noti sono tanto preziosi quanto succinti ai fini della ricostruzione della sua vicenda biografica.

Un documento pubblicato da Prota Giurleo (1951) prova che il 2 maggio 1639 il F. fu testimone alle nozze di Aniello Falcone con Orsola Vitale, figlia del pittore Filippo. Gli storici concordano nel dedurre da questo dato che il F. fosse coetaneo e più verosimilmente maggiore del Falcone in base alla consuetudine che voleva il testimone più anziano dello sposo. Il che porterebbe a fissare la sua data di nascita anteriormente al 1607.

Il passo lascia comunque intendere, come ha rilevato De Vito (1982, pp. 8 s.), che il F. dovette essere un componente decisivo di quella sorta di accademia dello studio dal vero che è stato dimostrato abbia avuto sede presso la bottega di Falcone. D'altronde era già noto che nell'inventario dei dipinti di palazzo Tarsia Spinelli, oltre a una ventina di nature morte del F., già citate da Celano (1692), si fa menzione di una tela con fiori, frutta e figure "di mano di Luca Forte e Aniello Falcone", per la quale non è difficile pensare ad una divisione di competenze tra i due artisti (Mormone, 1962, p. 223).

Se dunque nel quarto decennio del Seicento lo si presume attivo in una bottega già affermata, si deve supporre che a partire almeno dal decennio successivo il F. abbia congedato una produzione autonoma e riconosciuta. Che il quinto e il sesto decennio del Seicento abbiano rappresentato l'apice della sua carriera professionale inducono a ritenerlo anche le poche ulteriori tracce documentali a lui relative: un'iscrizione dedicatoria a don Giuseppe Carafa, nobile napoletano, la cui lapide nella chiesa di S. Maria La Nova è datata 1647, si trova nella tela con Natura morta con frutta e uccelli del Ringling Museum di Sarasota (Gilbert, 1961); lo scambio di corrispondenza tra il pittore ed il collezionista Antonio Ruffo dal 1640 al 1650 (Ruffo, 1916) che lascia presupporre, in base alle rilevanti richieste finanziarie, che il F. fosse all'epoca piuttosto affermato. Un ulteriore significativo documento è la presenza del nome del F., insieme con quello di Francesco Fracanzano e Agostino Beltrano, in un atto notarile redatto dopo l'avvenimento miracoloso del 18 maggio 1653 nella chiesa del Gesù quando l'immagine di s. Francesco Saverio dell'Azzolino "sudò ed impallidì" davanti a più di 10.000 comunicanti; il cardinal Filomarino convocò presso un notaio novantuno testimoni illustri del mutato volto (De Maio, 1983, p. 163) .

Anche l'articolazione cronologica della produzione conosciuta del F. è opera assai ardua. Ogni tentativo in tale senso ha dovuto necessariamente adottare come punto di partenza il testo di De Dominici (1742-1745, p. 557) le cui osservazioni rappresentano il primo importante sforzo d'interpretazione critica: "Giovan Battista Ruoppoli fu scolaro di Paolo Porpora, il quale… si applicò a rappresentar varie sorti… di frutti, agrumi, pollami, volatili… con miglior maniera e più bello componimento di quel che aveva avuto Luca Forte, che sebbene al suo tempo fu tenuto eccellente in tal genere di lavoro, ad ogni modo era povero d'invenzione, e di componimento; perciocché veggonsi le sue pitture, che non hanno troppo avanti e indietro, e tutte le cose son messe quasi a filo l'una dopo l'altra sul medesimo piano…". Non possiamo sapere a quali opere si sia riferito De Dominici ma si deve presumere che ai suoi tempi, prima della dispersione delle collezioni napoletane e "regnicole", la conoscenza del F. fosse basata su un maggior numero di opere certe. Presumendo, inoltre, che le caratteristiche rilevate in tale testo si siano venute progressivamente adattando al nuovo gusto per composizioni di natura morta più fantasiose ed esuberanti, il dipinto siglato della Galleria Corsini a Roma, Natura morta con la tuberosa, è stato generalmente riferito alla prima attività del F., essendo fra tutti quello che meglio rispecchia le osservazioni di De Dominici (di diverso parere è il De Vito, 1990, che lo attribuisce a Filippo D'Angelo).

Ad un momento anche anteriore, agli anni trascorsi in stretto contatto con Falcone, sono stati datati i due pendants del Museo della ceramica Duca di Martina, Natura morta con ciliege, fragole e altri frutti e Natura morta con mele e pere (Tecce, 1984, p. 281; in deposito presso il Museo nazionale di Capodimonte); analoghe considerazioni sono state fatte a proposito della Natura morta con mele e uva, siglata, della collezione Meissner di Zurigo (Spike, 1983), dipinto ascrivibile, come anche i due precedenti, al quarto decennio del Seicento, in cui sono presenti influenze caravaggesche e spagnole (Sestieri, 1972, p. 376).

Un'interpretazione diversa del passo di De Dominici è data da Bologna (1983-84, p. 208) secondo cui si dovrebbe anzi presumere che opere costruite su una struttura che presenta "l'avanti e l'indietro", come il Vaso di fiori, frutta e limoni (Tecce, 1984, p. 278), siglato, di collezione privata napoletana, risalgano ad una prima fase ancora caravaggesca, precedente anche La natura morta della Galleria Corsini.

La critica è più concorde nel ritenere che l'evoluzione dello stile maturo del F. sia orientata verso un'elaborazione dell'impianto compositivo e un arricchimento delle formule decorative. Di tale evoluzione sarebbero esempio, oltre alla già citata opera del Ringling Museum di Sarasota, la Natura morta con fiori e frutta, firmata, della collezione Molinari Pradelli di Marano di Castenaso (ibid., p. 280), la Natura morta con rose, anemoni, melograne e limoni comparsa nel catalogo Matthiesen (1986, p. 86), i due pendants della collezione Cei di Firenze, non firmati, ma attribuiti unanimamente al F. in base a probanti confronti stilistici e collocabili già alla metà del secolo in base alla predominanza che vi acquista il paesaggio di fondo (Tecce, 1984, p. 282).

Soluzioni compositive ancora più esuberanti e impostate tutte sull'articolazione in verticale dei piani accomunano una serie di opere collocate dalla critica alla fase finale della produzione conosciuta del F., ormai coincidente con gli esordi di pittori più moderni come Paolo Porpora, Giuseppe Recco e Giovan Battista Ruoppolo. Si tratta della Natura morta con melone e fichi della galleria Sapori di Spoleto, la Natura morta con melone, uva, arance e mele di collezione privata bresciana, i due Vasi con fiori e frutta già nella collezione Ciryl Humphris di Londra (si veda per tutti: Tecce, 1989) e, infine, la Natura morta con frutta, verdura, dolci e cacciagione della collezione Lodi di Campione d'Italia (Salerno, 1984).

Non si sa fino a quando il F. fu attivo, ma dalla Nota dei pittori, scultori ed architetti che dall'anno 1640 sino al presente giorno hanno lodevolmente operato (1670-1673: Ceci, 1899) si può ricavare un attendibile termine ante quem: in essa ci si riferisce, infatti, al F. usando il passato "dipinse frutti", in contrasto con il presente adoperato appropriatamente nel caso di artisti ancora viventi a quelle date, come ad esempio Giuseppe Recco.

Analoga considerazione andrebbe fatta per il manoscritto di Camillo Tutini sulla storia dell'arte napoletana, conservato nel FondoBrancacciano della Biblioteca nazionale di Napoli e trascritto dal Croce (1898, p. 123), in cui la frase "in pinger poi fiori e frutti dal naturale celebri assai furono Luca Frate, Iacovo Russo et Ambrosiello, e tutti furono napoletani" lascerebbe di nuovo pensare che l'artista fosse già morto al momento della sua compilazione. Se così fosse il termine ante quem andrebbe arretrato ancora di qualche anno dal momento che il manoscritto, non datato, deve essere comunque anteriore al 1667, anno della morte di Tutini.

Fonti e Bibl.: C. Celano, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli (1692), a cura di G.B. Chiarini, III, Napoli 1970, p. 1016; B. De Dominici, Vite dei pittori, scultori ed architetti napoletani (1742-1745), III, Napoli 1844, p. 557; B. Croce, Il manoscritto di Camillo Tutini sulla storia dell'arte napoletana, in Napoli nobilissima, VII (1898), pp. 121-124; E. Rogadeo di Torrequadra, La quadreria del principe di Scilla, ibid., VII (1898), pp. 72-77, 107-110; G. Ceci, Scritti di storia dell'arte napoletana anteriori al De Dominici, ibid., VIII (1899), pp. 163-168; V. Ruffo, La galleria Ruffo nel secolo XVII in Messina, in Bollettino d'arte, I-II (1916), pp. 58-61; U. Prota Giurleo, Un complesso familiare di artisti napoletani del secolo XVII, in Napoli, s. 2, LXXVII (1951), 7-8, p. 26; N. Di Carpegna, Pittori napoletani del '600 e del '700 (catal.), Roma 1958, p. 21 n. 22; C. Stering, La nature morte de l'antiquité à nos jours, Paris 1959, pp. 60, 136 n. 124; C. Gilbert, Baroque painters in Naples (catal.), Sarasota 1961, p. 40 n. 38; G. De Logu, Natura morta italiana, Bergamo 1962, pp. 126, 191; R. Causa, L. F. e il primo tempo della natura morta italiana napoletana, in Paragone, XIII (1962), 145, pp. 40-48; R. Mormone, Domenico A. Vaccaro architetto, in Napoli nobilissima, n.s., I (1962), pp. 222-224; S. Bottari, Una traccia per L. F. e il primo tempo della natura morta a Napoli, in Arte antica e moderna, 1963, 23, pp. 242-246; Id., Un'ipotesi per Aniello Falcone, ibid., 1966, 34, p. 141; A.E. Perez Sanchez, Sobre bodegones italianos especialmente, in Archivo español de arte, XL (1967), pp. 314 s.; E. Sestieri, Due L. F., in Commentarii, n.s., XXXIII (1972), 4, 376-380; F. Zeri, Italian paintings in the Walker Art Gallery, Baltimora 1976, pp. 469 s.; G. De Vito, Aniello Falcone…, in Ricerche sul '600 napoletano, Milano 1982, pp. 7-10, tavv. 6-7; A. Tecce, in Paintings in Naples from Caravaggio to Luca Giordano (catal.), London 1982, pp. 160-162; R. De Maio, Pittura e controriformaaNapoli, Bari 1983, pp. 253-256; J. Spike, Italian still life paintings from three centuries (catal.), New York-Firenze 1983, pp. 54-61; F. Rossi, Quaderni dell'Accademia Carrara. Donazioni 1979-1982, Bergamo 1983, nn. 7-8; Tuji Slikarji od 14. do 20. stoletja (Pittori stranieri dal XIV al XX secolo; catal.), a cura di F. Zeri, Ljubljana 1983, ad Indicem; F. Bologna, Tre note caravaggesche, in Prospettiva, 1983-84, 33-36, pp. 207-211; S. Stagni, in La raccolta Molinari-Pradelli (catal.), Bologna 1984, pp. 5 s.; N. Spinosa, La pittura napoletana del '600, Napoli 1984, tavv. 366-376; A. Tecce, in Civiltà del Seicento a Napoli (catal.), Napoli 1984, pp. 142 s., 278-282; L. Salerno, La natura morta italiana, Roma 1984, pp. 104, 110-113; Id., Tre secoli di natura morta italiana. La raccolta Silvano Lodi (catal.), Firenze 1984, pp. 92 s.; XIV mostra mercato internazionale d'antiquariato (catal.), Firenze 1985, pp. 384 s.; Baroque III (catal., Matthiesen Fine Art Ltd.), London 1986, pp. 40-43, 86 s.; A. Tecce, in La natura morta in Italia, a cura di F. Porzio, Milano 1989, II, pp. 872-879; N. Spinosa, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, ad Indicem; A. Spinosa, ibid., p. 743; G. De Vito, Un diverso avvio per il primo tempo della natura morta a Napoli, in Ricerche sul '600 napoletano, Milano 1990, pp. 115-159; G.L. Bocchi, Natura picta (catal.), Vignola 1991, pp. 14-16; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 226.

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