BELLANTI, Lucio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BELLANTI, Lucio

Cesare Vasoli

Nato a Sìena in data ignota, apparteneva a una famiglia tra le più elevate della città, partigiana della parte novesca. Si dedicò allo studio della medicina e dell'astrologia probabilmente nella stessa università senese; ma non si hanno notizie della sua attività prima del 1483, quando nel gennaio-febbraio egli occupò, alla testa di un gruppo di noveschi e di popolani dissidenti, la fortezza di Monteriggioni, allo scopo di provocare una crisi nel regime politico senese e di portare la sua parte al potere. L'impresa fallì. I noveschi ancora presenti in Siena furono in gran parte arrestati; la stessa fortezza di Monteriggioni dové arrendersi a patti onorevoli e i partigiani dei Nove furono banditi in perpetuo dal governo. Il B., che era già "maestro", ma doveva essere ancora. in giovane età, si rifugiò con i suoi amici a Staggia (Allegretti, coll. 811 s.). Il suo esilio non durò a lungo. Il 21 luglio dell'87 i noveschi rientrarono in armi in città; il governo venne nuovamente formato dai quattro "Monti" (Nove, Popolo, Riformatori e Genti, luomini), con la prevalenza del primo. Tra i capi dei noveschi erano in posizione prevalente il fratello del B., Leonardo, e il futuro signore di Siena Pandolfo Petrucci. Nell'agosto dello stesso anno il Collegio di Bafla eleggeva tre suoi membri perché provvedessero a stabilire lo stipendio del B. come lettore dello Studio (Arch. di Stato di Siena, Balìa, Del., c. 27, 24 ag. 107). Il suo nome compare, ancora, nell'elenco dei provveditori di Biccherna dal 1° luglio del 1492, eletto per il Terzo di Camollia (ibid., Biccherna, Entrata e Uscita, n. 346, c. 1). Nel 1494 il B. si opponeva in Consiglio alla riduzione dei poteri della Balìa e al progetto da taluni avanzato di togliere a questa magistratura il diritto di attribuire incarichi con stipendi (Allegretti, col. 831).

La sollevazione di Montepulciano del 25 marzo del 1495 induceva il governo, senese a prestare soccorso ai Poliziani che si erano ribellati contro Firenze e richiedevano la protezione di Siena. Tra gli altri provvedimenti sì stabilì d'ingaggiare un corpo di trecento "provvisionati", a capo dei quali fu posto appunto il Bellanti. Non si hanno notizie precise sulla sua attività come comandante di questo corpo senese. Ma quando, nel luglio del '95, esplosero nuovi conflitti tra noveschi, popolani e riformatori, e il predominio dei primi fu in pericolo, il B. fu pronto ad accorrere a Siena dove entrò, con i suoi provvisionati, il 28 luglio, ristabilendo la preponderanza della sua parte (Allegretti, col. 851), Rimasto in città a capo di una truppa agguerrita e ben pagata, fedelissima ai suoi comandanti, il suo eccessivo potere insospettì Pandolfo Petrucci, che era ormai il capo riconosciuto dei noveschi. Questi, nel gennaio del 1496, si fece attribuire dal governo l'incarico di disciplinare 1300 provvisionati, la cui condotta suscitava proteste da parte dei cittadini e il cui rinvio era richiesto, con insistenza dall'ambasciatore francese che Carlo VIII aveva lasciato a Siena, dopo la sua partenza dalla città. I contrasti tra il B. e il Petrucci divennero più aspri, ed è probabile che il medico senese tentasse una cospirazione contro il temibile capoparte. Secondo la narrazione dell'Allegretti, già il 15 aprile Pietro Borghesi accusò apertamente il B. dì aver cospirato assieme a lui e al capitano Prode, comandante di piazza, per deporre da tutte le cariche il Petrucci e gran parte dei suoi seguaci; poi, il 4 settembre, l'arresto a Staggia di un ex soldato, Giovanni Antonio del Vescovo, permise al Petrucci di raccogliere prove più consistenti. Giovanni confessò infatti il piano di una congiura ordita dal B. per far rientrare in Siena i fuorusciti e i Fiorentini e liquidare, con il loro aiuto, Pandolfo e Giacoppo Petrucci (coll. 856 s.). Il 15 settembre il B. veniva esiliato come ribelle; ma da una lettera di Bindaccio Ricasoli, il quale era allora a Brolio, alla Balla di Firenze risulta che era già fuggito in territorio fiorentino sin dal 12 settembre (Archivio di Stato di. Firenze, X, 4, 50, 292). L'anno successivo Leonardo Bellanti, suo fratello, tentò di farlo richiamare a Siena; e sembra, sempre da una lettera di Bindaccio, che il Petrucci si mostrasse abbastanza remissivo, (Ibid., X, 4, 53, 88). Tuttavia quando, poco tempo dopo, probabilmente prima della fine del '99, il B. venne misteriosamente ucciso a Firenze, fu comune convinzione che l'assassinio fosse avvenuto per mandato del Petrucci. Lo stesso B. l'aveva del resto apertamente accusato di tramare la sua morte in un passo della sua opera astrologica.

Durante il suo breve soggiorno fiorentino il B., che aveva già fama di astrologo peritissimo, dovette godere di una certa fortuna nell'ambiente intellettuale. Si narrava infatti che avesse predetto la morte di Giovanni Pico all'età di trentatré anni, come di fatto era avvenuto; ed è fama che preannunziasse anche la morte dei Savonarola di cui era acre avversario. Non sappiamo se già prima di fuggire a Firenze egli avesse iniziato il suo scritto polemico contro le Disputationes adversus astrologiam divinatricem dei Pico, in difesa della dignità e verità della scienza astrologica, dedicato a Caterina Sforza. L'opera non fu, infatti, edita per la prima volta a Bologna nel 1495 (Liber de astrologica veritate contra Ioh. Picum Mirand., Bononiae, Benedictus Hectoris, 1495; cfr. P. A. Orlandi, Origine e progressi della stampa, Bologna 1722, p. 289; G. B. Audifredi, Specimen historico-criticum editionum Italicarum sec.XV, Romae 1794, p. 413; G. W. Panzer, Annales Typographici..., IV, Norimbergae 1796, p. 250, n. 200; L. Hain, Repertorium Bibliographicum, p. 357, n. 2757), com'è stato spesso ripetuto sul fondamento di un'erronea indicazione dell'Orlandi, bensì a Firenze, nel 1498, insieme ad una "questio, de astrologica veritate" (De astrologica veritate, et in disputationes Iohannis Pici adversus astrologos responsiones, Gherardus de Haerlem, Florentiae, Die VIII Maii MCCCCLXXXXVIII; cfr. Gesamtkatalog der Wiegendrucke, III, n. 3802). Seguirono poi le ediz. di Venezia del 1502 e di Basilea del 1553 con il titolo: Responsiones in disputatione Ioannis Pici Mirandulae comitis adversus Astrologos.Il Riccardi (Bibl. mat. ital., p. 105) indica inoltre due edizioni di Colonia (1578, 1580) di un De divinatione per astra, attribuita al B., che sono, probabihnente, ristampe parziali dell'ed. di Basilea. L'edizione coloniense del '78 figurava nell'Index Bibliothecae qua F. Barberinus..., I, Romae 1681, p. 126.

L'opera è condotta con metodo scolastico, divisa in "quaestiones", che confutano minutamente e con asprezza lo scritto del Pico, accusato, tra l'altro, di scarsa cultura, ignoranza dell'arte astrologica e delle lingue orientali. Il B. cita in difesa della sua arte anche l'autorìtà di teologi come Tommaso d'Aquino e Giovanni Duns Scoto, allo scopo di dimostrare che l'astrologia è un'arte "sana", perfettamente compatibile con l'ortodossia cristiana. Per questo egli respinge le posizioni caratteristiche dell'astrologia giudiziaria e in particolare l'"oroscopo delle religioni". E' per sostenere maggiormente le sue idee, mentre respinge e censura alcuni scritti astrologici, specialmente arabi, come Albumasar e Haly, Abramo Giudeo e, tra i latini, Guido Bonatti, il B. si appella ai maggiori cultori dei suoi tempi, tra i quali cita specialmente Paolo Dal Pozzo Toscanelli, l'Alberti, il Ficino e il vescovo di Fossombrone, Paolo di Middelburg.

Il B. morì prima della fine del '99, perché Girolamo Massaini lo loda, parlandone come di persona defunta, nella lettera latina a Roberto Pucci premessa all'opuscolo Leonis Baptistae Alberti, s.d. (ma Firenze 1499). Il Machiavelli attribuisce erroneamente al B. la congiura dei Bellanti contro Pandolfo Petrucci del 1508, di cui fu invece artefice il nipote Guido (N. Machiavelli, Discorsi..., Milano 1960, pp. 396, 406 s.).

Fonti e Bibl.: A. Allegretti, Ephemerides Senenses, in Rerum Italicarum Scriptores, XXIII, Mediolani 1733, coll. 811-858; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, I, Pistoia 1649, p. 662; B. Baldi, Cronica de' matematici, Urbino 1707, pp. 100 s.; G. A. Pecci, Memorie storico-critiche della città di Siena..., Siena 1755, I, pp. 24, 117, 132 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 638 s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura ital., VI, I, Modena 1790, pp. 405-407; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, II, Napoli 1845, pp. 313-15 e passim; P.Riccardi, Bibl. matematica ital., Modena 1870, p. 105; C. Uzzielli, La vita e i tempi di Paolo Dal Pozzo Toscanelli, in Racc. di documenti e studi pubbl. dalla R. Commissione Colombiana, V, 1, Roma 1894, pp. 194, 215-218, 224, 289, 368, 375, 380, 602; U. G. Mondolfo, Pandolfo Petrucci signore di Siena, Siena 1899, pp. 7, 8 s., 19 s., 32 s.; N. Mengozzi, Un processo polit. in Siena sul finire del sec. XV, in Bullett. senese di storia patria, XXVIII(1920), I, pp. 197-200; G. Schnitzer, Savonarola, Milano 1931, II, p. 374; E. Garin, Giovanni Pico della Mirandola, Firenze 1937, pp. 174, 193, 227; L. Thomdike, A History of magic and experimental Science, V, New York 1951, pp. 159, 165 s., 212, 263, 277; VI, ibid. 1951, pp. 112-180, 189, 190, 193, 201 s., 467; G. Saitta, Il pensiero italiano nell'Umanesimo e nel Rinascimento, I, Bologna 1949, pp. 682, 687, 688; A. Garosi, Siena nella storia della medicina, Firenze 1958, pp. 252, 382; E. Garin, La cultura filos. del Rinasc. italiano, Firenze 1961, p. 317; cfr. inoltre l'introd. del Garin a G. Pico Della Mirandola, Disputationses adversus astrologiam divinatricem, I, Firenze 1946, pp. 3 s.

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