D'AMBRA, Lucio

Enciclopedia del Cinema (2003)

D'Ambra, Lucio

Gianni Rondolino

Pseudonimo di Renato Eduardo Anacleto Manganella, regista teatrale e cinematografico, scrittore, commediografo, giornalista e critico nato a Roma il 1° dicembre 1880 e morto ivi il 31 dicembre 1939. Scrittore fecondo ed elegante, con una passione per il teatro, ha lasciato (come soggettista, sceneggiatore, regista e produttore) una filmografia di oltre quaranta titoli, alcuni di grande successo, specializzandosi nella commedia d'ambiente dal ritmo compositivo serrato, brillante e sofisticato.

Negli anni fra la Prima e la Seconda guerra mondiale riscosse un notevole successo di pubblico come romanziere e autore teatrale dalla produzione vastissima (una cinquantina di romanzi e una quarantina di lavori drammatici). Nel cinema entrò per caso nel 1911 scrivendo una riduzione di I promessi sposi per il film omonimo di Ugo Falena. Ma fu a partire dal 1916 che intensificò la sua attività cinematografica, scrivendo soggetto e sceneggiatura di La signorina Ciclone di Augusto Genina, una commedia brillante che già indicava quello che sarebbe stato il carattere peculiare dei suoi film seguenti, e supervisionando, nello stesso anno, Il re, le torri e gli alfieri di Ivo Illuminati, di cui aveva scritto soggetto e sceneggiatura. Un film, questo, originale ed elegante, giocato sull'astrazione dei bianchi e dei neri, che lo indicò come il nuovo autore della 'cine-operetta' e gli aprì le porte del cinema come attività permanente.Negli anni seguenti realizzò e in parte produsse ‒ aveva fondato nel 1918 la casa di produzione D'Ambra Film ‒ una trentina di film, alcuni dei quali tratti da sue commedie. In particolare meritano di essere ricordati i seguenti titoli: Le mogli e le arance (1917, diretto in collaborazione con Luigi Serventi), Napoleoncina (1918), Ballerine (1918), L'arcolaio di Barberina (1918, tratto da A. de Musset), La storia della dama dal ventaglio bianco (1919), Due sogni ad occhi aperti (1921), La falsa amante (1921, da H. de Balzac, diretto da Genina e supervisionato da D'A.), L'illustre attrice Cicala Formica (1920), La principessa Bebè (1921), Il granatiere di Pomerania (1921), Tragedia su tre carte (1923), S. E. l'Ambasciatrice (1923). Autore e regista in larga misura indipendente, seppe trattare con grande scioltezza temi e argomenti, situazioni e personaggi del bel mondo, ma anche della vita quotidiana, in uno stile che teneva conto delle peculiarità linguistiche del cinema, usando con perizia primi piani e movimenti di macchina, effetti scenografici e ardite soluzioni narrative. I suoi film, considerati precorritori di quelli di Ernst Lubitsch per la leggerezza del tocco e gli ambienti descritti, costituiscono un capitolo non trascurabile della storia del cinema muto italiano, per l'innovazione formale, dopo i fasti più convenzionali degli anni precedenti, fra ricostruzioni storiche, romanzi d'appendice, melodrammi e farse.

La sua carriera si concluse agli inizi degli anni Venti in concomitanza con la crisi produttiva del cinema italiano. Tale crisi era stata proprio da lui pronosticata nel 1918 nell'articolo Il problema industriale del cinematografo (in "In penombra", agosto 1918, 1). Soltanto molti anni più tardi D'A. tornò saltuariamente al cinema come soggettista e sceneggiatore (per La luce del mondo, 1935, di Gennaro Righelli; Giuseppe Verdi, 1938, di Carmine Gallone; Antonio Meucci ‒ Il mago di Clifton, 1940, di Enrico Guazzoni, e altri ancora).

Bibliografia

A. Piccioli, Lucio D'Ambra Films, Roma 1919.

C. Pavolini, Lucio D'Ambra precursore di Lubitsch, in "Scenario", 1935, 1, pp. 17-20.

D. Meccoli, Ventisei film di Lucio D'Ambra, in "Cinema", 1940, 85, p. 21.

R. Cristaldi, Lucio D'Ambra pioniere della regia, in "Primi piani", 1954, 3.

Tra le quinte del cinematografo. Cinema, cultura e società in Italia, 1900-1937, a cura di M. Cardillo, Bari 1987, pp. 101-83.

G. Grazzini, Scrittori al cinema, Fiesole 2002, pp. 45-54.

Lucio D'Ambra e il cinema, a cura di A. Aprà, L. Mazzei, in "Bianco e nero", 2002, 5, nr. speciale.

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