MUMMIO, Lucio

Enciclopedia Italiana (1934)

MUMMIO, Lucio (L. Mummius L. f. L. n.; Λεύκιος Μόμμιος)

Gaetano De Sanctis.

Generale e uomo politico romano della metà del sec. II a. C. Di famiglia plebea, non fu però homo novus, perché il padre raggiunse già la pretura. Pretore nel 153, destinato dapprima alla Sardegna, fu poi inviato nella Spagna Ulteriore, per combattere i Lusitani ribelli. Toccò da essi una grave sconfitta, ma ne prese la rivincita e ricuperò bottino e insegne perdute. Poi distrusse un grosso corpo di Lusitani ch'era passato in Africa: per queste vittorie ottenne il trionfo. Ma la guerra in Lusitania continuò dopo la sua partenza più accanita di prima. Dopo alcune ripulse ottenne il consolato per il 146: egli non contrastò a Scipione Emiliano il comando della terza guerra punica che volgeva al suo termine; in compenso ebbe il comando della guerra acaica. In Grecia il propretore Metello aveva sconfitto gli Achei nella battaglia di Scarfea e riconquistato tutta la Grecia centrale e occupato Megara quando sopravvenne M. precedendo le sue due legioni. Egli, rinviato tosto Q. Metello nella sua provincia di Macedonia, concentrò in Corinto le sue forze (poco meno di 30.000 soldati). Con questi M. iniziò la sua avanzata sull'istmo; un primo scontro di cavalleria riuscito favorevole agli Achei indusse lo stratego Dieo a offrire battaglia campale, non ostante l'inferiorità del numero e, più, del valore delle sue truppe. La battaglia si combatté presso Leucopetra, ignota località sull'istmo. La vittoria fu dei Romani e fu decisiva; Dieo, ritenendo ogni resistenza inutile (forse a tale disperazione contribuì la notizia della caduta di Cartagine), fuggì a Megalopoli dove si diede la morte. I fuggiaschi achei si dispersero, le città achee aprirono le porte: prima Corinto, che il vincitore diede al saccheggio e distrusse, vendendone schiava la popolazione superstite, in ossequio agli ordini del senato. Una parte della tradizione antica e molti moderni insistono sulla ferocia di M., ma, tenuto conto della durezza dell'antico diritto di guerra e della severità degli ordini ricevuti, può riconoscersi un fondamento al giudizio - peraltro non del tutto imparziale - di Polibio che lo dice mite. M. rimase quell'anno e buona parte almeno dell'anno 145 in Grecia per ordinare il paese vinto, d'intesa con i dieci legati inviati all'uopo secondo l'uso del senato romano, tra i quali era il padre dello stesso M. In questo periodo egli non solo si occupò di punire e ridurre all'impotenza le città ribelli, ma anche percorse la Grecia ricevendo onori e dirimendo vecchie contese. Tornato in Italia trionfò a Roma degli Achei e arricchì sia la capitale sia varie città italiane o anche non italiane, come nella Spagna italica, dei capolavori artistici ch'egli aveva asportato dalla Grecia e che furono dedicati in portici o templi parte da altri cui egli li aveva donati, parte anche da lui stesso. Nel 152 rivestì la censura insieme con Scipione Emiliano. Ciò mostra in quale conto dopo la vittoria acaica egli era tenuto dal popolo, ma in realtà la sua opera come censore non dovette parere molto importante. Forse con la sua censura si collegano i Mummiana aedificia di cui parla la tradizione, sebbene su essi non siamo in grado di dire nulla di preciso (prescindendo dalla aedes di Hercules Victor ricordata da un epigramma). M. morì poco dopo.

La sua probità di romano antico è riconosciuta unanimemente. Fonti antiche insistono sulla sua rozzezza e ἀπαιδευσία, ma si tratta, pare, o di aneddoti di poco valore o di notizie che ammettono anche interpretazioni più benevole. Scrisse del resto orazioni di cui Cicerone, che ne lesse almeno una, rilevò l'arcaica semplicità. Fu certamente un valente ufficiale, ma la sua vittoria sui Greci inferiori di numero e già vinti da Metello e le alterne vicende della sua campagna non decisiva contro i Lusitani non bastano a collocarlo tra i maggiori uomini di guerra dell'antica Roma.

Viene dato a M. il soprannome di Acaico, ma egli non lo portò mai ufficialmente né pare che lo assumessero ufficialmente i suoi discendenti se non sui primordi dell'età imperiale.

Bibl.: G. Colin, Rome et la Grèce, Parigi 1905, p. 628 segg.; B. Niese, Geschichte der griechischen und maked. Staaten, III, Gotha 1903, p. 347 segg.; A. Keramopoullos, in Αρχαιολοηικον Δελτιον, 1930-31, p. 105 segg.; F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XVI, col. 1195 segg. - Ivi completa rassegna delle fonti e dei tituli Mummiani, per i quali vedi anche p. es. Dessau, Inscr. Lat. sel., I, Berlino 1892, p. 6 segg.