BENDIDIO, Lucrezia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 8 (1966)

BENDIDIO, Lucrezia

Remo Ceserani

Nacque a Ferrara l'8 apr. 1547.

La famiglia dei Bendidio, o Bendedei, era fra le più nobili e in vista della città; abitava in un bel palazzo rinascimentale in via della Paglia. Il padre di Lucrezia, Niccolò, era gentiluomo di camera del duca Ercole II e sua persona di fiducia. Lo zio Alessandro, fratello di Niccolò, era segretario del cardinale Ippolito II. La madre Alessandra era sorella di Alfonso Rossetti, vescovo di Comacchio e più tardi di Ferrara. Al pari delle sorelle Eleonora, Taddea, Annina e Isabella, Lucrezia ricevette l'educazione che era d'obbligo per le fanciulle nobili ferraresi: una buona cultura e amore per le arti, soprattutto per quelle che potevano essere coltivate nell'ambiente di corte.

A tredici anni la B. era damigella di corte al servizio della duchessa Lucrezia de' Medici. Quando la duchessa morì, nell'aprile 1561, passò al servizio di Leonora d'Este, attorno alla quale si riunivano i migliori ingegni per cultura e amore dell'arte. La B. aveva una bellissima voce: insieme con altre damigelle rallegrava le riunioni di corte e faceva parte della "musica segreta" della duchessa, tanto che Leonora l'ebbe cara e la considerò "sua creatura" (l'espressione è usata da Battista Guarini nella lettera con cui dedicava nel 1572 a Leonora il canzoniere di Giambattista Pigna, Il ben divino: Bibl. Com. Ariostea di Ferrara, ms. 252).

Nel settembre 1561 Leonora d'Este, di salute cagionevole, si recò in cura ad Abano; l'accompagnava il fratello Luigi, che aveva allora ventiquattro anni e.da poco era stato creato cardinale, contro sua voglia, da Pio IV, e la B. era fra le damigelle del seguito. Bernardo Tasso, da tempo in relazione con gli Este (era anche amico di Niccolò Bendidio), si trovava in quel tempo a Venezia. Egli si recò a far visita ai principi estensi, sperando di essere accolto tra i familiari del cardinale. Lo accompagnava il figlio Torquato, diciottenne, che viveva a Padova ed era desideroso di mettersi in luce e trovare autorevoli protettori. Il giovane Torquato, durante il soggiorno ad Abano, rivolse alcune rime d'amore a Lucrezia e altre gliene indirizzò nei mesi successivi, mentre era lontano da lei e poi in occasione delle sue visite a Ferrara: il Tasso si recò infatti a Ferrara durante il carnevale del 1562 (proprio nel periodo in cui Lucrezia andava sposa); quindi, nell'estate di quell'anno, soggiornò a Padova e a Venezia, dove curò la stampa del suo Rinaldo, dedicandolo al cardinale Luigi d'Este; tornò poi a Ferrara nell'autunno; e vi tornò ancora più tardi, nell'anno 1565, per entrare al servizio del cardinale.

Sull'amore del Tasso per Lucrezia, così come su quello molto più fantasioso del poeta per Leonora d'Este, si sono fatte ogni sorta di illazioni romanzesche. I versi suoi giovanili per la B., che toccano i tasti obbligatori della casistica amorosa di scuola, sono stati sottoposti a interpretazioni psicologiche in chiave romantica. E mentre il Solerti, il maggior biografò del Tasso, scriveva prudentemente: "Non fu questo per la B. un amore vero e sentito, ma il giovane Torquato si trovava quasi in dovere di scrivere anch'egli il suo canzoniere petrarchesco per non essere da meno degli altri rimatori contemporanei" (Vita di T. Tasso, I, p. 78), altri studiosi furono assai meno cauti. Il Bertoni, ad esempio, non esitò a dichiarare: "Lucrezia fu veramente la 'donna' del Tasso, il suo tormento e la sua ispirazione. E non tanto il matrimonio col Macchiavelli, quanto la tresca (chiamiamola crudamente così) col cardinale Luigi dovettero essere ragione per il poeta di turbamenti dolorosi, che trovando disposizioni naturali alla lipemania, provocarono, con molti altri elementi, la tremenda tragedia di quella grande infelice anima pura" (L. B. e T. Tasso, pp. 296 s.). E anche di recente il Lazzari è uscito a dire che Lucrezia fu "l'unico vero amore del Tasso", un amore che "esercita sempre un fascino irresistibile sul poeta" (T. Tasso e la ferrarese L. B., p. 19). In realtà, per quanto si può ricavare da una attenta lettura dei versi tasseschi e dai documenti del tempo, quelle per la B. non dovettero essere molto più che poesie di "celebrazione", secondo la moda cortigiana: celebrando lei il Tasso celebrava la sua protettrice Leonora d'Este, celebrava la splendida corte ferrarese nella quale desiderava di entrare, celebrava forse anche il cardinale Luigi d'Este, se già da allora c'era fra questo e Lucrezia una relazione amorosa. Va piuttosto detto che fra Torquato e Lucrezia si stabilì invece un rapporto di sincera amicizia, com'è dimostrato, oltre che dai frequenti accenni a Lucrezia nelle opere del poeta, dal fatto che, quando nel 1577 il Tasso diede in escandescenze a Belriguardo costringendo Alfonso II ad allontanarlo, il duca volle che sulla carrozza diretta a Ferrara salisse ad accompagnarlo proprio la B.; e ancora dal fatto che il Tasso, quando fu rinchiuso a Sant'Anna, nel 1585, scrisse alla B. due lettere perché intercedesse a suo favore (T. Tasso, Lettere, a cura di C. Guasti, 1901, nn. 316, 381).

Nel 1562, durante il carnevale, la B. andò sposa al conte Baldassarre Macchiavelli, vedovo con una figlia, Violante.

La famiglia dei Macchiavelli ferraresi era assai cospicua: s'era arricchita nel Quattrocento con la mercatura. Il matrimonio di Lucrezia con il conte Baldassarre aveva lo stesso valore (di prestigio sociale, di alleanza tra famiglie nobili) dei matrimoni stretti dalle altre sorelle Bendidio: Eleonora andò sposa al cavaliere Giulio Marci; Taddea al poeta Battista Guarini; Annina (che era assai bella e fu celebrata in poesia dal Tasso e dal Pigna) sposò nel 1568 il cavaliere Alfonso de' Putti; Isabella si unì nel 1573 al marchese Cornelio Bentivoglio, uomo d'armì e viceduca, personaggio molto ragguardevole che aveva precedentemente "servito" cavallerescamente anche Lucrezia. E tuttavia il matrimonio della B. con il conte Macchiavelli non fu molto fortunato. Essi non ebbero figli e vissero in continuo disaccordo.

In quegli anni Lucrezia era uno degli astri più splendidi della corte estense. I poeti esaltarono la sua cultura filosofica, forse con qualche fondamento: Annibale Romei la presentò come interlocutrice, in una discussione sul problema dello "amore umano", nei Discorsi (Ferrara 1586). Ma la sua presenza era soprattutto indispensabile, insieme con quella della sorella Isabella, nei concerti di corte; ad esse si univano di volta in volta le sorelle Avogari, Vittoria Bentivoglio e, più tardi, Anna Guarini e Tarquinia Molza.

Quei concerti, che si tenevano sotto la direzione del celebre Luzzasco Luzzaschi, esercitarono un notevole influsso su tutta la musica europea, e furono molti i madrigali scritti appositamente per le cantatrici ferraresi. Si hanno, di quei concerti, numerose deserizìoni nei documenti del tempo: ecco, ad esempio, come l'ambasciatore fiorentino Canigiani descriveva le feste celebrate a Brescello nell'agosto 1571 in onore dei principi d'austria alla presenza delle corti di Maritova e Ferrara: "Da vespro a sera si festeggiò in corte assai reteratamente, dove ballorno i principi alla tedesca e all'italiana, e si fece uno di quei concertoni di musica di circa sessanta fra voci e istrumenti, e dietro un gravicembalo tocco dal Luzzasco, cantorno la signora Lucrezia e la signora Isabella Bendidio a solo a solo, e tutt'a due, sì bene e così gentilmente, che io non credo si possi sentir meglio" (riportato da A. Solerti, Ferrara e la corte estense.... p. LXX).

La B. attirava così l'attenzione dei poeti. Fra le Rime degli Accademici Eterei (Padova 1567), che comprendevano anche le poesie scritte dal Tasso per Lucrezia, si legge un sonetto di Ridolfo Arlotti Sopra il canto della signora Lucrezia Bendidio. Altre poesie per la B., adombrata sotto il nome di Licori, scrisse Annibale Pocaterra (Biblioteca Estense di Modena, ms. 729), ma il più noto fra i poeti che la cantarono fu il Pigna, che a partire dal 1570 cominciò a "servire" cavallerescamente Lucrezia e a dedicarle poesie d'amore. Nel 1572 Battista Guarini, operando molto probabilmente su suggerimento del Pìgna, raccolse le poesie da lui scritte per la B. fra il novembre 1570 e il 1572 (alcune di esse erano però rielaborazioni di componimenti precedenti), corredò ogni componimento di una didascalia, li pose in ordine cronologico e diede alla raccolta un titolo che alludeva al nome della donna cantata: Il ben divino; dedicò l'operetta a Leonora d'Este, accompagnandola con una lettera di dedica che porta la data del 1° maggio 1572 (Bibl. Comun. Ariostea di Ferrara, ms. 252; una redazione anteriore di alcune delle Rime del Pigna si ha nel codice Corsiniano 2136 della Biblioteca dei Lincei).

Anche attorno a questo episodio si è intrecciata una serie di interpretazioni romanzesche. Si è parlato di una presunta rivalità amorosa fra il Pigna e Torquato Tasso: da una parte l'uomo più potente della corte, ben addentro nel cuore del duca; dall'altra il poeta sventurato, costretto a macerarsi nella gelosia; sullo sfondo un rivale ancor più potente: il cardinale Luigi. In realtà non c'è nelle poesie del Pigna e del Tasso, e neppure nei documenti del tempo, alcun elemento indicante una rivalità fra i due poeti, o fra il Pigna e il cardinale Luigi d'Este. Ci sono invece le attestazioni di una stima e amicizia reciproca fra il Pigna e il Tasso: questi aveva un'alta opinione dei segretario e giunse a indicarlo come l'erede dell'Ariosto; nell'Aminta lo presentò sotto le vesti di Elpino; e proprio in quella primavera del 1572 scrisse alcune Considerazioni su tre canzoni del Pigna, facendole precedere da una lettera di dedica a Leonora, Considerazioni che sono incluse nello stesso codice manoscritto del Ben divino. Il Pigna a sua volta dimostrò di stimare il Tasso. Dalla stessa lettura del Ben divino risulta chiaro che c'era fra i due un sentimento di colleganza poetica (così dice, ad esempio, la didascalia del Guarini al sonetto 80: "Torquato Tasso aveva già celebrato la medesima donna; ma per lungo tempo che le fosse stato affezionato, non aveva mostrato tanto ardore quanto egli in questo poco tempo d'alcuni mesi"). È chiaro che le poesie del Pigna non erano lo sfogo di una sincera e senile passione, bensì una semplice celebrazione cortigiana. Fra il Pigna e il cardinale Luigi, amante di Lucrezia, non c'era rivalità. Il cardinale era protettore e amico del Pigna, come risulta dal loro carteggio (Archivio Estense di Modena, Lettere di G. B. Pigna, 1568-75); il poeta, celebrando Lucrezia, voleva meglio ingraziarsi il cardinale ed è probabile che, se ciò non fosse risultato per evidenti ragioni inopportuno, egli avrebbe dedicato il suo canzoniere proprio a Luigi d'Este, anziché a Leonora.

Non si sa da quando, esattamente, la B. era divenuta l'amante di Luigi d'Este. Era questi un uomo d'indole caparbia, inasprito dal fatto di esser stato costretto contro sua voglia a diventare cardinale per ragioni di Stato. Era in continue discordie con lo zio, il cardinale Ippolito Il, con il fratello duca e con gli altri principi della casa. Gli piacevano il lusso e l'eleganza; possedeva alcuni bei palazzi a Ferrara, amava i carnevali, si compiaceva di regnare fra le dame. Soggiornava spesso e a lungo a Parigi, alla corte del cugino re Enrico II. Le prove della protezione da lui concessa a Lucrezia e alle sorelle Bendidio sono assai numerose: quando Annina andò sposa, il 10 Ott. 1568, l'ambasciatore fiorentino Canigiani così scriveva: "Ha avuto di molti aiuti et favori segreti maxime dal cardinale da Este, per quanto si dice" (dispaccio riportato in Lazzari, T. Tasso e la ferrarese L. B., p. 22). A Lucrezia faceva spesso doni.

Durante il 1571 il cardinale fu dapprima in Francia, poi per qualche tempo a Ferrara, e quindi a Roma in seguito all'elezione del nuovo papa Gregorio XIII. Quando era assente da Ferrara, il suo siniscalco Giacomo Grana gli inviava continue relazioni sulle attività della corte e soprattutto sul comportamento di Lucrezia. In luglio, ad esempio, gli riferiva che era giunto a Ferrara il conte Macchiavelli e che Lucrezia si preparava a recarsi a villeggiare a Finale. In agosto descriveva le feste date a Brescello in onore dei duchi d'austria: "Dopo aver pranzato si balò e si sonò alla gaiarda et questi prencipi balorno due gaiarde. La prima che pigliò il prencipe Ridolfo fu la signora Lucrezia Malchiavella"; "... la signora Malchiavella, la quale si portò gentilmente et con creanza modesta et con bella mainiera... E di poi si ridussero in un camerino a far la musica delle Bendedio... in particulare la signora Lucretia cantò con tanto ardore quanto già mai l'habbia veduta e sentita"; "... [Lucrezia] haveva un'ongarina di quella tela d'oro e nera che gli mandò vostra signoria Illustrissima da Milano con bottoni d'oro"; "nel particular poi della musica si portò divinamente, che feci maravigliare ognuno et quelli Prencipi tuttavia con gli ochi adosso".

In ottobre il duca era ai bagni di Sant'Elena; c'era la B. e c'era anche il Tasso. Il Grana riferiva: "La signora Lucretia Malchiavella sta benissimo et è grassa oltra modo de l'hordinario che fa bellissimo vedere". (I dispacci del Grana sono riportati in Bertoni, pp. 276-281).

In quegli anni 1571-72 i rapporti fra il cardinale e la B. dovettero essere intimi e assidui. Ne sono prova alcune lettere molto appassionate scritte da Lucrezia all'arnante, fra il 27 luglio 1572 e il novembre 1574, dopo cioè che il cardinale era tornato in Francia (si conservano nell'Archivio Estense di Modena e furono pubblicate da L. Cibrario, Degli amori e della prigionia di T. Tasso, pp. 43-71). Da esse si apprende anche che a un certo momento il duca Alfonso consigliò al Pigna di troncare ogni relazione con Lucrezia, a causa dei rapporti che si erano stabiliti fra lei e il cardinale: segno che tali rapporti erano considerati scandalosi negli ambienti di corte.

Il cardinale Luigi, tuttavia, giunto in Francia nel 1573, vi si trattenne ininterrottamente sino all'aprile 1577: l'amore per Lucrezia dovette gradualmente intiepidire. Anche l'astro di lei, nei circoli di corte, si oscurava. Al seguito di Margherita Gonzaga era giunta a Ferrara Livia d'arco, e poco dopo, nel 1580, giunse Laura Peperara: esse pian piano presero il posto delle sorelle Bendidio nei concerti di corte. Le "tre grazie ferraresi erano ormai la Peperara, la d'arco e Annina Guarini. Il solito Grana, il 26 luglio 1581, scriveva al cardinale: "Quelle signore accrescono ogni giorno di vantaggio e la signora Malchiavella ne porta grande invidia" (dispaccio pubbl. in Lazzari, T. Tasso e la ferrarese L. B ., p. 31).

Per parecchio tempo, ad ogni modo, gli informatori ferraresi (al Grana si aggiunsero il prevosto Trotti e Leonardo Conosciuti) continuarono a inviare di tanto in tanto al cardinale notizie sulla Bendìdio. Apprendiamo così che quando, nel gennaio 1580, la figliastra Violante andò sposa al conte Giulio Tassoni, ebbe pubblica manifestazione il disprezzo di cui Lucrezia era circondata: alla stipulazione del matrimonio lo sposo pose come condizione che cessasse ogni rapporto fra Violante e la matrigna. Questa, secondo quanto riferisce il Conosciuti, se ne disperò: "et mi vien detto piangesse dirottissimamente et si stracciava li capelli di testa" (dispaccio del 24 febbraio, riportato in Bertoni, p. 317). Durante un banchetto Lucrezia e il Tassoni si scambiarono insulti volgari; ella disse che il Tassoni era "franciosato", cioè affetto da mal francese, e lui disse che Lucrezia era "una vacca pubblica" (dispaccio del Conosciuti, 30 gennaio 1580, riferito in Lazzari, T. Tasso e la ferrarese L. B., p. 27). Sorse anche, fra Lucrezia e la figliastra, una lite sulla spartizione della dote e dovettero intervenire Alessandro della Massa, agente ferrarese dei cardinale Luigi, poi la duchessa di Urbino e lo stesso duca per conciliare le parti.

La B. non aveva avuto figli propri, e nel 1583 adottò un bambino di due anni: di ciò diede notizia al cardinale il prevosto Trotti: "La signora Lucrezia Macchiavella ha tolto in casa un puttino di due anni in circa e gli ha posto tanto amore, che, come si suoi dire per proverbio, ne fa un caro matto, e sempre l'ha a lato e nelle braccia, e dice che se gli venesse qualche infermità che ne sentirebbe tutto il dispiacere possibile" (cfr. Lazzari, T. Tasso e la ferrarese L. B., p. 31).

Nel 1584 la B. cadde gravemente malata. Il Conosciuti scriveva: "La signora Lucretia col stentare a morire va purgando li suoi peccati, ma al fine si risolverà l'incanto che dicono essere in quel corpo" (cfr. Lazzari, ibid., pp. 31-32). Giunse fino in punto dì morte, ma si riprese. È però evidente, dal tono del dispaccio del Conosciuti, che i rapporti di Lucrezia con il cardinale non erano più quelli di un tempo, e anche l'ambiente di corte doveva ormai trattarla con molta freddezza.

Gli ultimi anni di vita della B. dovettero trascorrere nell'oscurità. Nel 1586 morì il cardinale Luigi d'Este. Nel 1590 morì il conte Baldassarre Macchiavelli. L'anno di morte di Lucrezia ci è ignoto.

Bibl.: G. B. Manso, Vita di T. Tasso, Roma 1634, pp. 52-68; P. Serassi, Vita di T. Tasso, Bergamo 1790, pp. 157-164; G. Rosini, Saggio sugli amori di T. Tasso, in T. Tasso, Opere, vol. XXXIII, Pisa 1832, pp. 3-102; L. Cibrario, Degli amori e della Prigionia di T. Tasso..., Torino 1862, passim; F. D'Ovidio, Il Tasso e la Lucrezia Bendidio-Macchiavelli, in Nuova Antologia, 15 luglio 1882, pp. 289 ss., poi ristampato con il titolo Il carattere, gli amori e le sventure di T. Tasso, in Opere, XI, Roma 1926, pp. 207-91; V. Rossi, B. Guarini ed Il pastor fido, Torino 1886, pp. 14-35; A. Solerti, T. Tasso e L. B., in Giorn. stor. d. lett. italiana, X (1887), pp. 114-60; Id., Ferrara e la corte estense nella seconda metà del sec. XVI. I Discorsi di A. Romei, Città di Castello 1891, pp. LXVIII-LXXI, 36-80; Id., Vita di T. Tasso, Torino 1895, I, pp. 65-79, 168-177; G. Carducci, Su l'Aminta di T. Tasso, in Opere, XIV, Bologna 1936, pp. 251-55; L. Raffaele, I codici delle Rime di G. B. Pigna, in Atti e Mem. d. Deputaz. ferrarese di storia Patria, XXI (1912), fasc. 1, pp. 35-159; A. Lazzari, Le ultime tre duchesse di Ferrara e la corte estense a' tempi di T. Tasso, Firenze 1913, pp. 148-49 e passim; G. Bertoni, L. B. e T. Tasso, in Poeti e poesie del Medioevo e del Rinascimento, Modena 1922, pp. 273-318; A. Lazzari, La musica alla corte dei Duchi di Ferrara, Ferrara 1928; V. Pacifici, Luigi d'Este, in Atti e Memorie della Società tiburtina di storia e d'arte, dal IX (1929), pp. 3-128, al XXVII (1954), pp. 15-72, ma soprattutto in XVI (1936), pp. 15-18; A. Eistein, The Italian madrigal, II, Princeton 1949, pp. 539, 825-35; L. Caretti, Studi sulle Rime del Tasso, Roma 1950, pp. 100-101, 143 ss.; A. Lazzari, T. Tasso e la ferrarese L. B., in Atti e Mem. della Deput. Provinciale ferrarese, n.s., XII (1958), pp. 5-32; N. Bonifazi, G. B. Pigna, il Tasso e il "Ben divino", in Studi tassiani, X (1960), pp. 53-71.

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