Ariosto, Ludovico

Enciclopedia Dantesca (1970)

Ariosto, Ludovico

Gianvito Resta

I rapporti tra A. e D. si rilevano, a un'attenta lettura, più ricchi e complessi di quanto fosse lecito supporre, tenuto anche conto che l'A. non cita mai D. nella sua opera. Tali rapporti non si limitano a somiglianze di situazioni particolari (evidenti sono certi rapporti tra Melissa, Logistilla e Beatrice; nel vecchio nocchiero che guida Ruggero al regno di Alcina ritornano certi tratti dello stesso Virgilio dantesco; Alcina per vari versi ricorda l'antica strega di Pg XIX 7-15; dalla Commedia sono ripresi anche elementi sovrannaturali e demoniaci [come in Furioso VII 50,1 e If XXI 118-123; XVIII 184, 3 e If XIX, 11 ecc.], oppure descrittivi o geografici [per es.: Furioso XVI 21, 5-6 e If III 22-27; Furioso II 68, 4; VIII 19, 4; XV 94, 5; XXIII 5, 6 e If I 2-5; Furioso XXIII 46, 3-4; XXXIV 4, 6-7 e If III 22-23; V 35]), ma investono la stessa sostanza stilistica dell'opera ariostesca. Il linguaggio della Commedia fornisce all'A. grande copia di stilemi: parole che l'uso dantesco aveva caricato di nuovi e pregnanti significati (adocchiare, " riconoscere "; agognare, " augurare "; cadere, " scendere ", ecc.), rime ricche e difficili (oncia: concia, Furioso XIV 72, 2-6 e Pd IX 53-57; adocchia: serocchia, Furioso XIV 86, 1-5 e Pg IV 109-111; orbo: sorbo, Sat. V 104-108 e sorbi: orbi, If XV 65-67, ecc.), latinismi con funzione nobilitante (nota, moto, redine, deserta, indulto, ecc.), certe aperture polemiche e moraleggianti, e perfino alcune ariose rielaborazioni, talvolta collocate emblematicamente ad inizio di canto (e valga per tutte il primo verso del poema " Le donne i cavalier l'arme gli amori ", mutuato dal noto Pg XIV 109). Esemplare è poi l'utilizzazione del linguaggio comico dantesco (ovviamente con quella particolare predilezione per l'Inferno che, presente in tutta l'opera dell'A., si attenua solo nei Cinque Canti), piegato ai particolari fini espressivi delle Satire.

Occorre, infine, osservare, che queste e altre reminiscenze, mentre assumono spesso valore paradigmatico per certe situazioni (come l'incontro di Sordello e Virgilio o la figura del vecchio Catone, che finemente assume movenze ora serie ora facete: Furioso II 12, XV 42, XXXIV 54, ecc.), non sollecitano però alcun interesse per il particolare allegorismo dantesco, per cui l'incontro si ferma sul piano retorico o di compiaciuta preziosità stilistica e, in definitiva, l'opera dantesca risulta nell'opera ariostesca una composizione veramente notevole, ampia e profonda, non meno significativa di quella del Petrarca o dei classici latini.

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