BOCCADIFERRO, Ludovico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 11 (1969)

BOCCADIFERRO, Ludovico

Antonio Rotondò

Nacque a Bologna da antica e illustre famiglia nel 1482, figlio del giureconsulto Girolamo e della imolese Apollonia Nordolia.

Poco si sa della sua prima giovinezza e dei primi studi. Nell'elogio funebre che ne fece l'allievo Bartolomeo Camozzo si parla di una prima educazione "sub optimis praeceptoribus literarum ac bonorum morum". Allo Studio di Bologna seguì i corsi di Alessandro Achillini e probabilmente, fra il 1512 e il 1513, quelli del Pomponazzi. Il 15 marzo 1516 conseguì contemporaneamente il dottorato in artibus e in sacra medicina. Nel 1520, alla morte del faentino Lionello Vittore, fu aggregato stabilmente al Collegio degli artisti e dei medici; ma già fin dal 1516 il B. era stato chiamato all'insegnamento, nel quale alternò, fino al 1522-1523, la lettura vespertina di logica con quella di filosofia straordinaria. Nell'anno accademico 1523-1524 fu chiamato "ad philosophiam ordinariam de sero", lo stesso insegnamento del Pomponazzi; l'esplicito obbligo di professare su argomenti diversi e a ore diverse mirava a evitare interferenze con l'insegnamento del maestro mantovano. Nel 1525 si trasferì a Roma.

Non si conoscono i precisi motivi di questa partenza. Poiché l'epigrammista Girolamo Casio, estimatore del Pomponazzi, lamenta anche la partenza del B. come una grave perdita dello Studio, è improbabile che il trasferimento fosse dovuto a contrasti col Pomponazzi. Con molta probabilità il B. cedette alle insistenze dell'amico Pirro Gonzaga.A Roma insegnò filosofia alla Sapienza fino al 1527, con un successo che oltrepassava i confini dello Studio e gli guadagnava stima e ammirazione di prelati e dello stesso pontefice. A questi anni romani risalgono i vincoli di devozione che più tardi lo legheranno a Clemente VII e a Paolo III. Nel 1527, in seguito al sacco e all'occupazione della città, ritornò a Bologna, dove riprese l'insegnamento di filosofia ordinaria, che tenne ininterrottamente fino al 1545. Scomparso l'Achillini, scomparso il Pomponazzi, l'insegnamento aristotelico del B. rimase a Bologna la voce di maggior prestigio dello Studio. I rotuli danno con esattezza la successione dei suoi corsi, che si alternarono, per un ventennio, sul De anima, sul De coelo e sul De physico auditu. Una più ricca articolazione delle sue lezioni, estese a tutto lo scibile aristotelico, si ricava dai numerosissimi manoscritti che conservano i suoi commenti nelle recollectae degli allievi.

La fama del suo insegnamento e il prestigio che ne derivava allo Studio gli valsero singolari elogi in pubbliche deliberazioni e, a partire dal 1532, cospicui aumenti di salario. Il Varchi (Pirotti, p. 281) testimonia che Cosimo de' Medici gli offrì l'insegnamento nel rinato Studio di Pisa "con grandissime et orrevolissime conditioni". Della sua sempre numerosa scolaresca, molti furono gli allievi illustri che ne conservarono gli scritti e ne ricordarono l'insegnamento: fra gli altri, Iacopo Cleopasio, che nel 1571 ne pubblicò a Venezia le Lectiones in Parva naturalia, Federico Pendasio, Giovanni Grillenzoni, che diffuse il suo averroismo fra i primi eterodossi modenesi, Giulio Cesare Scaligero, Flaminio Nobili, Alessandro Piccolomini. Notevoli tracce dell'insegnamento del B. si trovano nelle Lezioni sul Dante del Varchi che fu, tra allievi e amici, quello che ne conservò più viva memoria. All'autorità di cui il B. godeva fra i colleghi dello Studio fu dovuta la chiamata all'insegnamento bolognese di Gabriele Falloppia e di Andrea Alciato.

Fuori del severo insegnamento dello Studio, attiva fu la partecipazione del B. alla vita culturale bolognese. Amico di Achille Bocchi, partecipava autorevolmente alle libere discussioni che si svolgevano nella cerchia di dotti che più tardi costituiranno l'"Accademia Bocchiana": Giovanni Filoteo Achillini, Alessandro Manzoli., Claudio Lambertini, Leandro Alberti, Romolo Amaseo. Ebbe stretti legami di stima e d'amicizia col cardinal Contarini e con Ludovico Beccadelli. Alcune argomentazioni del B., dibattute in una pubblica disputa col suo concorrente allo Studio Girolamo Bono, si conservano nel cod. Ambrosiano D. 109; di una sua pubblica discussione sul Purgatorio, probabilmente del 1536, dà notizia G. F. Achillini (Annotazioni della volgar lingua, Bologna 1536, f. 22 v).

Il B. continuò nello Studio di Bologna la tradizione moderatamente averroista rappresentata, con maggior originalità, dal suo maestro Alessandro Achillini. Il nome dell'Achillini ricorre spesso nei suoi scritti come una autorità, così come il nome del Pomponazzi preannuncia sempre aperto dissenso, spesso polemica acre. Come l'Achillini, anche il Pomponazzi sostiene la tesi dell'eternità del mondo, ma postulando al tempo stesso la piena dipendenza di esso da Dio come causa prima. Su questo punto particolare il B. polemizza frequentemente e violentemente col Pomponazzi, rifiutandone nettamente la interpretazione del moto celeste. Che una diversa interpretazione della dottrina pomponazziana porti all'abolizione delle arti divinatorie non ha molta importanza per il B.: il Pomponazzi viene accusato di antiaristotelismo, mentre le arti divinatorie vengono ritenute da lui non valide sul piano filosofico, ma, come per Platone, "necessariae in republica bene ordinata". Il dissenso maggiore del B. rispetto al Pomponazzi si trova espresso nelle undici lezioni sul De anima, che egli tenne fra il 1541 e il 1542 e dove è preso particolarmente di mira il De immortalitate animae (Vat. lat. 4701, ff. 1r-86r). Tanto la questione dell'immortalità quanto quella dell'unità dell'intelletto sono risolte in senso averroistico: l'intelletto agente, unendosi all'intelletto possibile come sua forma, ne attua tutta la potenzialità e lo conduce alla "foelicitas", cioè al grado più alto che l'intelletto può, secondo gli averroisti, raggiungere.

In tutti gli scritti del B. ricorre il riferimento costante alle opere di Platone. Il Camozzo testimonia che il B. avrebbe voluto attendere, negli ultimi anni, alla composizione di un'epitome delle Leggi. Ma, anche se qualche inclinazione platonica può cogliersi nei suoi scritti, si tratta di un fatto marginale, ben lontano da quel tentativo di conciliazione di aristotelismo e platonismo che gli è stato attribuito dal Brucker (Pirotti, p. 285).

Il B. tenne l'ultima lezione il 22 marzo del 1545, sul De memoria, come risulta dagli appunti di un suo allievo (Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Conv. soppressi, 1.F.5, f. 140r). Morì il 3 maggio di quell'anno. Fu sepolto nella chiesa di S. Francesco, in una tomba monumentale innalzatagli a spese pubbliche.

Opere: Della vasta produzione si conoscono le seguenti opere a stampa: Lectiones in Aristotelis Stagiritae libros quos vocant Parva naturalia, Venetiis 1570; Explanatio libri I Physicorum: Aristotelis, Venetiis 1558 (e ancora 1570, 1603); Aristotelis de Physico auditu liber I Ludovici Buccaferreae praelectionibus ex Graecorum simul et Latinorum interpretum sententia explicatus, Basileae 1577; Oratio habita Bononiae in praesentia Andreae Vesalii et Bartholomaei Magii, in Apologia F. Putei pro Galeno contra Vesalium, Venetiis 1568; Lectiones in IV Meteororum, Venetiis 1563; Lectiones super I Metereologicorum, Venetiis 1565; Lectiones super tres libros De anima, Venetiis 1570; Lectiones in IIet III Meteororum, Venetiis 1570; In duos libros De generatione et corruptione, Venetiis 1571. Come risulta dalle date di stampa, nessuna di queste opere fu pubblicata in vita dall'autore. Il testo che esse danno deriva dalle recollectae degli allievi e si presenta quasi sempre malfermo nella lezione, spesso infarcito di glosse, non di rado incerto nella sintassi. Moltissimi sono i commentari manoscritti che presentano grande interesse per la storia dell'aristotelismo italiano. Oltre ai molti indicati da P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices, i due nuclei principali sono costituiti dai sei volumi conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna e descritti sommariamente da L. Frati, Indice dei codd. lat. conservati nella Bibl. Univ. di Bologna, Bologna 1931, p. 38, e dai dieci volumi scritti per il cardinal Iacopo Savelli e conservati fra i codici Vat. lat. della Biblioteca Apostolica Vaticana (B. Nardi, 1965, pp. 329-330).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Libro segreto del Collegio artista e medico, busta 217, f. 26; B. Camozzo, Oratio in funere Ludovici Buccaferreae clarissimi philosophi Bononiensis, Bononiae 1545; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1372-1374; G. Fantuzzi, Not. degliscritt. bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 210-217; Monumenti di varia lett. tratti dai manoscritti di mons. L. Beccadelli, I, 2, Bologna 1799, p. 42; I rotuli dei lettori e artisti dello Studio di Bologna dal 1384 al1799, a cura di U. Dallari, II, Bologna 1889, ad Indicem; F. Rodriguez, La basilica di S. Francesco in Bologna, Bologna 1948, pp. 15, 59 e fig. 6; B. Nardi, Saggi sull'aristotelismo padovano dal sec. XIV al sec. XVI, Firenze 1958, pp. 241, 412, 449; F. Cerreta, A. Piccolomini letterato e filosofo senese del Cinquecento, Siena 1960, p. 49; A. Rotondò, Per la storia dell'eresia a Bologna nel sec. XVI, in Rinascimento, XIII (1962), pp. 133-134; U. Pirotti, B. Varchi e l'aristotelismo del Rinascimento, in Convivium, XXXI (1963), pp. 280-311; B. Nardi, Studi su P. Pomponazzi, Firenze 1965, pp. 320-322, 326-332, 359-361, 380-381.

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