LUDOVICO da Venezia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUDOVICO da Venezia (Ludovico Donati; Ludovicus de S. Martino de Venetiis)

Annamaria Emili

Originario di Venezia, dovette nascere tra gli anni Trenta e Quaranta del XIV secolo: l'ipotesi, in assenza di documenti, si fonda sulla data di addottoramento, il 1363. L'anno 1305 indicato da Ghedina, e riproposto senza ulteriori approfondimenti dalla letteratura successiva, non pare condivisibile.

L'identità di L. con "Ludovicus de Bononia" è stata da tempo smentita; per Cenci (Promozioni agli ordini sacri() andrebbe identificato con "Ludovicus de Arboribus" maestro in teologia, che compare in Bullarium Franciscanum, VI, n. 920a. Gli studiosi, dando fede al patronimico, circoscrivono il luogo di nascita al quartiere parrocchiale di S. Martino di Venezia. Dissente solo Abate che lo crede originario di S. Martino di Vennezze (Rovigo), località che nel Medioevo mai si chiamò Venetiae.

Il cognomen "Donatus", per Cenci (Promozioni agli ordini sacri() frutto di una confusione con Ludovico Donato da Venezia, vescovo di Bergamo (m. 1484), è testimoniato da una lunga tradizione erudita che ascrive L. al patriziato veneto, appartenente vuoi alla famiglia Donato (Donà), vuoi alla famiglia Donado. Potrebbe costituire una prova in favore delle sue nobili origini lo stemma da lui assunto una volta promosso al cardinalato, in nulla difforme dal blasone dei Donado, ma il suo nome, che avrebbe dato lustro alle suddette famiglie, non figura nei due alberi genealogici. A parere di Ghedina, il quale sottolinea come il 30 luglio 1381, in occasione del proponimento di L. al cardinalato, il Senato veneziano lo avesse chiamato civis noster anziché nobilis noster, egli sarebbe stato membro di una famiglia Donati non altrimenti nota.

L. compare con certezza nelle fonti il 17 giugno 1362 quando il capitolo generale dei frati minori, radunato a Strasburgo, dispose che, senza essere sottoposto a esame di idoneità, fosse inviato al convento di S. Francesco di Pisa, allora Studium generale, con le funzioni di lector principalis. Quasi del tutto oscuri sono gli antecedenti: L. apparteneva alla provincia francescana di S. Antonio; entrato in religione forse al convento maggiore dei Frari di Venezia, i superiori avevano investito su di lui, destinandolo al cursus studiorum.

Non si conoscono tempi e luoghi della sua formazione (Ghedina ritiene abbia studiato a Padova), ma ne trasse profitto "ut dicendi facultate, et philosophicis, theologicisque disciplinis nemini concederet" (Sbaraglia); in alcuni conventi dell'Ordine tenne corsi sulle Sentenze di Pietro Lombardo. Dopo nemmeno un anno di servizio a Pisa, secondo una pratica diffusa, L. chiese a papa Urbano V l'esonero dai cinque anni di insegnamento universitario e la promozione di favore al magistero. Doveva perciò, a quella data, aver all'attivo sei anni di lettorato nei conventi. Con bolla del 15 marzo 1363, il pontefice incaricò i maestri Pietro di Tommaso, appartenente all'Ordine dei carmelitani e arcivescovo eletto di Creta, e il francescano Giovanni "de Caturco" (Cahors), vescovo di Torcello, di esaminare L. ("professor, qui [(] in plerisque notabilibus Studiis eiusdem Ordinis libros Sententiarum legit et nunc est in Studio Pisano lector principalis"; Bullarium Franciscanum, VI, n. 856) e, qualora lo avessero ritenuto degno, di concedergli la licenza magistrale a Venezia.

Sono gli anni in cui prestigiosi maestri furono chiamati a fondare e organizzare pubbliche facoltà di teologia nelle università; sembra che L. abbia preso parte alla fondazione della facoltà teologica dell'Università di Padova (istituita con diploma pontificio del 15 apr. 1363), ma la notizia è riportata solo da Benoffi. Documentata è invece la sua presenza, su calda richiesta del vicario del legato apostolico, quel Pietro di Tommaso che lo aveva addottorato, alla solenne inaugurazione della facoltà teologica pubblica di Bologna, il 2 giugno 1364. Gli statuti felsinei (cfr. I più antichi statuti() tramandano nomi ed elogi dei nove padri fondatori, tre dei quali erano francescani: Francesco di Adriano, Tommaso Frignani e lo stesso Ludovico da Venezia.

Sotto i pontificati di Urbano V e di Gregorio XI L. fu inquisitore contro l'eresia nella Marca trevigiana e a Venezia, territori che per tutto il Medioevo furono soggetti all'Inquisizione francescana. In carica forse già dal 1366, sicuramente dal 1367 (è detto inquisitor nella lista di candidati a vescovo di Venezia, stilata il 3 marzo 1367 dal Consiglio dei pregadi), vi rimase per oltre un decennio, dividendo l'oneroso incarico dapprima con Bonifacio da Conegliano; dimessosi quest'ultimo sul finire del 1372, L. esercitò l'ufficio, come attesta la lettera di nomina del 13 genn. 1373, insieme con Nicolò Muzio da Venezia. Da lì a un mese Gregorio XI concesse al neoinquisitore Nicolò giurisdizione anche sulla città di Venezia; se ne deduce quindi che L., per privilegio pontificio, era stato unico inquisitore per la Serenissima nei cinque anni precedenti. Il 2 luglio 1372 Gregorio XI gli concesse l'indulgenza plenaria in articulo mortis (Bullarium Franciscanum, VI, n. 1247); il 24 ag. 1376 lo incaricò di esaminare e addottorare il francescano Pietro "Major" da Venezia, destinato allo Studium perugino (ibid., nn. 1185, 1450).

Negli anni Settanta a L. furono affidati ruoli di sempre maggiore responsabilità e spicco all'interno dell'Ordine dei minori: per il triennio 1370-73 fu eletto ministro della provincia di S. Antonio; dal marzo 1374 fu procuratore dell'Ordine presso la Curia papale, chiamato a succedere ad Angelo da Bibbiena; dai confratelli della sua provincia fu rieletto ministro nel 1376. Parallelamente, per la riconosciuta abilità oratoria, L. svolse un'intensa attività diplomatica per la S. Sede. Il 20 luglio 1377, con l'agostiniano Giovanni Hiltalinger di Basilea, fu inviato a Firenze per risolvere il dissidio tra il pontefice e la città colpita da interdetto (guerra degli Otto santi), ma la missione non ebbe successo.

Il 5 genn. 1378 il Consiglio dei pregadi lo inserì nella lista dei candidati graditi pro episcopatu Cenetensi, rimasto vacante. Agli inizi di maggio L. presenziò al capitolo provinciale riunito a Padova. Il 3 e il 4 ratificò gli accordi tra Bonifacio e Rainaldino Lupi di Soragna e i minori della basilica di S. Antonio di Padova; il 6 rispose a Ludovico Gonzaga in relazione alla nomina del visitatore delle clarisse di Mantova. Era ancora in carica come ministro provinciale il 23 agosto.

Nel 1378 il grande scisma d'Occidente lacerò anche i frati minori. Se molte province si mantennero neutrali, quelle di Francia, Scozia, Navarra e Spagna aderirono alla fazione dell'antipapa Clemente VII, e lo stesso generale dell'Ordine, Leonardo Rossi da Giffoni, da poco tempo promosso al cardinalato, si schierò a fianco dell'antipapa. Il pontefice d'obbedienza romana, Urbano VI, dichiarò decaduto Leonardo e promosse L. a vicario dell'Ordine, con il compito di convocare i comizi generali a Esztergom, in Ungheria; gli conferì anche la licenza a presiedere il capitolo, palesando così il desiderio di vederlo generale. Il 28 maggio 1379 il capitolo, presenti solo 12 delle 34 province, lo elesse all'unanimità generale, il primo della provincia di S. Antonio, carica nella quale gli fu contrapposto Angelo Brandolini, eletto a Napoli il 1( ott. 1379 dal capitolo dichiaratosi fedele a Clemente VII.

La scelta dell'Ungheria quale sede per il capitolo generale rientrava in un preciso disegno del pontefice: convincere Luigi I d'Angiò a uscire dalla lega antiveneziana nella guerra di Chioggia (1378-81) - che contrapponeva Venezia alla Repubblica di Genova - per poi chiamarlo contro la regina Giovanna I d'Angiò, favorevole a Clemente VII. Dai primi di maggio all'ottobre, forse al dicembre, del 1379, L. fu dunque in Ungheria missus pontificio e, benché senza titolo, capo degli ambasciatori mandati dalla Serenissima a negoziare la pace: Zaccaria Contarini, Giacomo Priuli, Michele e Nicolò Morosini, Giovanni Gradenigo. A Buda, e in seguito nella Marca trevigiana a Sacile (23-28 agosto) e a Treviso (dal 30 agosto), le trattative con Carlo d'Angiò Durazzo, nipote e delegato di re Luigi, furono inconcludenti.

L'insuccesso non gli alienò tuttavia la riconoscenza dei maggiorenti veneziani: morto Tommaso Frignani, il Senato decise (delibera del 30 luglio 1381) di raccomandarlo alla S. Sede come proprio candidato alla porpora. Così L., eletto cardinale prete con il titolo di S. Marco, fu il ventesimo cardinale dell'Ordine dei minori.

Secondo Eubel (Hierarchia catholica), fu creato nella terza promozione romana del 21 dic. 1381, ma è detto cardinale in un documento assisano del 18 dicembre e, ancor prima, ringraziando il Gonzaga che gli aveva fatto dono di un cavallo per la porpora, si firmava "cardinalis venetus" il 9 novembre; dal 18 novembre, inoltre, Pietro di Canzano (Cassana) risulta vicario dell'Ordine. Il 21 dicembre dovrebbe dunque intendersi come data della cerimonia e si dovrebbe retrodatare la nomina di almeno due mesi, forse al 18 settembre, come proposto da Cenci (1965).

Per l'infelice esito di una missione diplomatica a Napoli, L. perse il favore di Urbano VI. Sconfitta e scomunicata Giovanna I e morto il legittimo erede Luigi d'Angiò, il pontefice aveva incoronato Carlo III d'Angiò Durazzo re di Sicilia (giugno 1381). Nella primavera 1382 (con tutta probabilità il 16 marzo), dotati di 40 fiorini d'oro "pro arduis negotiis apud regem Carolum" (Supplementum ad Bullarium Franciscanum, n. 38), i cardinali legati Bartolomeo Mezzavacca di Bologna, vescovo di Rieti, Nicola Moschino Caracciolo e L. si recarono presso il sovrano per chiedergli di tener fede alla parola data in occasione della sua incoronazione di infeudare il Ducato di Capua e Amalfi al nipote del papa, Francesco Prignano, ma l'impresa fallì.

Nel luglio dell'anno seguente Urbano VI partì per Napoli. L., già sospettato di tradimento, preferì rimanere a Roma ma, incorso il 15 ottobre nell'accusa di disobbedienza, fu costretto a raggiungere la Curia itinerante per discolparsi. Ad Aversa, a Napoli e a Nocera il re trattò Urbano VI e la sua cerchia come veri e propri prigionieri. Nel corso dell'estate 1384 L. propose al pontefice, allora a Nocera presso suo nipote, di scendere a compromesso con Carlo III. Di lì a breve, l'11 genn. 1385, al termine di un pubblico concistoro, L. fu accusato di lesa maestà e di aver complottato contro il pontefice e fu arrestato insieme con altri cinque cardinali, parimenti caduti in disgrazia presso Urbano VI: Giovanni da Amelia, Gentile da Sangro, Bartolomeo di Cogorno, Marino Del Giudice e Adam Easton.

Per le vicende ultime riguardanti L., si dispone di una fonte quasi coeva, il De scismate libri tres di Teodorico da Nyem. Stando al racconto di Teodorico, presente ai fatti, L. fu sottoposto al supplizio delle funi e avrebbe professato la sua innocenza riecheggiando le parole dell'epistola di Pietro (I ep., 2, 21): "Christus innocens passus est pro nobis, nobis relinquens exemplum, ut sequamur vestigia eius" (De scismate libri tres, p. 94). Quando, con l'aiuto dei Genovesi, il pontefice riparò via mare a Genova, dove giunse nel settembre 1385, vi fece trasferire anche i prigionieri. Lì L. fu giustiziato insieme con gli altri cardinali, secondo la maggior parte degli storici in segreto nella sua prigione; per il Melissano (A. Macro) egli morì "infami, horrendo et publico supplicio" (cfr. Wadding, Annales, IX, p. 83); Mariano da Firenze sostiene invece che fu "demersus in mare"; l'unico cardinale ad aver salva la vita fu Adam Easton, su pressione del sovrano inglese.

La morte di L., precedente la partenza di Urbano VI per Lucca avvenuta il 16 dic. 1386, dovrebbe risalire alla prima metà del mese di dicembre. Il suo corpo sarebbe nella chiesa dei minori di Genova.

Della sua produzione intellettuale nulla è stato ancora rinvenuto, eccetto alcune lettere. Sbaraglia ricorda le Conciones et orationes - ma il Donatus Lodovicus autore delle tre orationes del manoscritto 537 della Biblioteca universitaria di Pisa (cfr. A. Sorbelli, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XXIV, Firenze 1916, pp. 42 s.) è il Donati protonotaro alla corte di Pio II - e afferma di non avere notizia delle opere tradizionalmente attribuite a L. dai repertori: Liber exortationum ad fratres, Sermones de tempore, Commentaria in Septem Psalmos Poenitentiales. Le epistolae ai Gonzaga, conservate nell'Archivio di Stato di Mantova sono edite da Cenci (1965, pp. 36-39, 44 s., 201 s.); uno scambio epistolare di L. con Francesco da Carrara è inserito nei Gesta magnifica domus Carrariensis. La sua passione per i libri è documentata dall'inventario della Biblioteca del convento di Assisi che egli, ministro generale, fece redigere nel 1381, e da una nota in un codice della Biblioteca apost. Vaticana (Vat. lat., 310, c. 162v) che ricorda che il manoscritto fu acquistato il 3 marzo 1364 "ad usum fr. Ludovici de Sancto Martino de Venetiis" insieme con molti altri volumi. Un pregevole affresco lo ritrae nella sala Morone della biblioteca di S. Bernardino di Verona in coppia con l'Astesano.

Fonti e Bibl.: Gesta magnifica domus Carrariensis, a cura di R. Cessi, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XVII, 1, pp. 138-144; N. Glassberger, Chronica aliaque varia documenta ad historiam fratrum minorum spectantia, Ad Claras Aquas 1887, pp. 213-215; Agostino da Stroncone, L'Umbria serafica, in Miscellanea francescana, IV (1889), pp. 57-59; Theodericus de Nyem, De scismate libri tres, a cura di G. Erler, Lipsiae 1890, pp. 57 n., 78 n., 79, 94, 95 n.; Bullarium Franciscanum, a cura di C. Eubel, VI, Romae 1902, nn. 856, 920a, 1185, 1247, 1330a nota, 1450; VII, ibid. 1904, nn. 5 nota, 12 nota; Bartolomeo da Pisa, De conformitate vitae beati Francisci ad vitam Domini Iesu, Ad Claras Aquas 1906, p. 346; Mariano da Firenze, Compendium Chronicarum fratrum minorum, in Archivum Franciscanum historicum, III (1910), pp. 308, 700-702; I più antichi statuti della facoltà teologica dell'Università di Bologna, a cura di F. Ehrle, Bononiae 1932, pp. 6, 102; Promozioni agli ordini sacri a Bologna e alle dignità ecclesiastiche nel Veneto nei sec. XIV, XV, a cura di C. Cenci - C. Piana, Quaracchi 1968, pp. 329, 331, 333 s.; Chartularium Studii Bononiensis S. Francisci, a cura di C. Piana, Quaracchi 1970, pp. 87*, 262, 266; C. Cenci, Documentazione di vita assisana, I, Grottaferrata 1974, pp. 168, 186; Supplementum ad Bullarium Franciscanum, a cura di C. Cenci, I, Grottaferrata 2002, nn. 34, 38, 41 nota; N.C. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, II, Venetiis 1726, p. 157; G. Ghedina, Fr. Lodovico Donati, dell'Ordine dei minori( Cenni biografici, Verona 1882; N. Valois, La France et le Grand Schisme d'Occident, II, Paris 1896, p. 113; L. Alessandri, Inventario dell'antica biblioteca del s. convento di S. Francesco in Assisi compilato nel 1381, Assisi 1906, p. 3; G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum S. Francisci, II, Romae 1908, p. 187; L. Pastor, Storia dei papi, I, Roma 1910, p. 720 n. 1; F. Benoffi, Degli studi nell'Ordine dei minori, in Miscellanea francescana, XXXI (1931), p. 154; L. von Wadding, Annales minorum, Ad Claras Aquas 1932, VIII, pp. 172, 325, 387-390; IX, pp. 17-20, 26, 58, 66, 82 s.; N. Papini, Minoritae conventuales lectores publici artium et scientiarum in academis, Universitatibus et collegiis extra Ordinem, in Miscellanea francescana, XXXIV (1934), p. 331; B. Pergamo, I francescani alla facoltà teologica di Bologna, in Archivum Franciscanum historicum, XXVII (1934), pp. 10 s.; G. Abate, Il minorita L. Donati di Venezia lettore a Pisa nel 1362-63 e l'inaugurazione nel 1364 della facoltà teologica dell'Università di Bologna, in Miscellanea francescana, XXXVI (1936), pp. 524-532; Alpha, Sussidi e fonti (dagli "Annales Minorum" del p. Luca Wadding, O.F.M.), in Le Venezie francescane, V (1936), p. 107; VI (1937), pp. 47-52, 98-105; C. Albasini, La biblioteca di S. Bernardino a Verona nella storia della provincia di S. Antonio e dell'Ordine dei minori, ibid., XI (1942), pp. 83-85; A. Sorbelli, Storia della Università di Bologna, I, Il Medioevo, Bologna 1944, p. 140; C. Albasini, L'ambasciata del padre Lodovico Donati da Venezia presso la corte ungarica e i suoi alleati nel 1379, in Le Venezie francescane, XVIII (1951), pp. 51-66, 99-114, 151-159; C. Cenci, Fra Francesco di Lendinara e la storia della provincia di S. Antonio(, in Archivum Franciscanum historicum, LV (1962), p. 162; U. Betti, I cardinali dell'Ordine dei frati minori, Roma 1963, pp. 46 s.; C. Cenci, Bonifacio Lupi di Soragna e i frati minori, in Archivum Franciscanum historicum, LVII (1964), pp. 101 s.; Id., I Gonzaga e i frati minori, ibid., LVIII (1965), pp. 36-39, 44 s., 201 s.; Ch. Berton, Dictionnaire des cardinaux, Paris 1857, col. 797; Hierarchia catholica, I, pp. 24, 44; Enc. cattolica, IV, coll. 1850 s.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XIV, Suppl., s.v. Donati, Luis, coll. 1511-1514; Dictionnaire de spiritualité, IX, coll. 1067 s.

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