PARRAVICINI, Luigi Alessandro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PARRAVICINI, Luigi Alessandro

Adolfo Scotto di Luzio

PARRAVICINI, Luigi Alessandro. – Nacque nel 1797 a Ispra, nell’allora Dipartimento dell’Olona (attualmente provincia di Varese), primo dei quattro figli (gli altri furono Giuseppe, 1803, Giuseppa, 1808, e Maria, 1818) del conte Pietro e della nobildonna Paola Cagnola (la data si ricava da un documento in Cerutti, 1995, pp. 53-57).

«Attestazioni legittime e giurate rilasciate da testimoni degni di fede», scrive di proprio pugno il cardinale Giuseppe Morozzo Della Rocca, vescovo di Novara, attestano nel 1820 (v. lo stato delle anime riprodotto in Cerutti, 1995, in copia fotografica) che Parravicini aveva 23 anni, come vent’anni dopo un documento veneziano (Archivio di Stato di Venezia, Governo veneto, Atti 1840-1844, b. 6456, LIII, 1/43) gli avrebbe attribuito 43 anni. Nello stesso archivio della parrocchia di Cireggio, tuttavia, lo Stato delle anime del 1812 indica in «Aloysius filius Petri» un ragazzo dell’età di anni dodici, che riporta la data di nascita al 1800 (come l’atto di morte del Comune di Vittorio Veneto nel 1880, che lo dichiara nativo di Milano e deceduto all’età di 81 anni).

Rende problematica l’assegnazione comunemente tramandata della nascita al 1800 (o al 1799) un ulteriore documento, bergamasco, del 1825 che a quella data gli attribuisce l’età ancora più avanzata di 31 anni. Il luogo di nascita invece risulta da un certificato di buona condotta datato 1815 (Archivio di Stato di Pavia, Università, tuttavia il nome di Parravicini non risulta negli atti di battesimo della parrocchia di Ispra). Più solidi appaiono i dati biografici successivi.

La famiglia era arrivata a Cireggio sul lago d’Orta alla metà del primo decennio del XIX secolo. Lì il padre aveva trasferito il proprio allevamento di pecore merinos, alle quali avrebbe dedicato un breve trattato (Notizie relative alle pecore sopraffine di Spagna, Milano 1809).

Il libro riportava sulla pagina del frontespizio, in basso, una frase ricavata dal Traité sur les bêtes-à-laines d’Espagne dell’agronomo e filantropo francese Charles-Philibert de Lasteyrie che esprimeva la convinzione secondo cui si potevano allevare razze da lana ovunque ci fossero «hommes industrieux et cultivateurs»: de Lasteyrie, seguace del metodo di Joseph Lancaster e Andrew Bell, pubblicò nel 1815 il Nouveau système d’éducation et d’ensiegnement pour les écoles primarie, e nello stesso anno fondò la Société pour l’instruction élémentaire.

Sono queste alcune delle suggestioni culturali nell’ambito delle quali Parravicini mosse i primi passi. Ma nella storia di un giovane di umili origini che si fa una posizione contando solo su se stesso e sul proprio lavoro dovette valere qualcosa anche la sorte della famiglia.

A Cireggio le pecore non dovettero rivelarsi un buon affare per il padre. Già dalle Notizie del 1809, nella scelta di trasferirsi sulle sponde del lago d’Orta si intuisce una difficoltà. Nel 1816 venne poi la citazione in giudizio del generale Giulio Pajni per un debito che ammontava, interessi inclusi, alla cifra di 6908 lire italiane (Foglio d’Annunzi, in Gazzetta di Milano, 4 settembre 1816, n. 90).

È in quel quadro che va collocato il passaggio, nel 1819, del giovane Parravicini al servizio del vescovo di Novara come suo gentiluomo di camera e segretario straordinario, e la vestizione, l’anno successivo, dell’abito clericale. Quando infine nel 1824 fu redatto il nuovo Status animarum della parrocchia di Cireggio i segni dell’impoverimento della casa erano evidenti: dei tre servi che la famiglia aveva con sé nel 1812 era rimasta una sola famula, di 40 anni. A quell’epoca Parravicini non viveva più con i suoi: trasferitosi a Bergamo due anni prima, vi aveva assunto l’incarico di maestro di lettere e geografia delle locali scuole elementari maschili e nel 1827 risultava ormai l’unico sostegno di una «nobile famiglia decaduta» (Archivio di Stato di Venezia, Governo veneto, Atti 1840-1844, b. 6456, LIII, 1/43).

All’inizio degli anni Quaranta, tuttavia, Parravicini era un uomo famoso e con una lunga carriera alle spalle non povera di soddisfazioni.

Dopo gli studi ginnasiali a Brera e poi nel liceo di Porta Nuova a Milano, il 27 luglio 1814 si era licenziato nella classe di scienze naturali e in novembre era entrato alla facoltà di filosofia di Pavia, dove si tenevano i corsi di matematica. La sua frequenza all’Università fu rapida: ammesso direttamente all’esame per il secondo anno, tra il gennaio e il giugno del 1815 passò tutti gli esami prescritti e il 21 dicembre era già fuori, licenziato in matematica a pieni voti.

Dopo l’Università lavorò per un anno nell’Istituto topografico di Milano prima di fare ritorno in famiglia a Cireggio. Lesse Rousseau e compose una biografia del genovese Giuseppe Zanoja, oratore, poeta e soprattutto architetto del duomo di Milano, inserita nel terzo volume (1836) della Biografia degli italiani illustri di Emilio De Tipaldo (I-X, Venezia 1834-45).

Dopo l’incontro con il cardinale Morozzo e la vestizione dell’abito clericale, non è noto se Parravicini sia mai entrato in seminario, come pure aveva prescritto il prelato. Nel 1828, tuttavia, a Como diede alle stampe la volgarizzazione delle Orazioni di Jacques-François-René La Tour du Pin La Charce. Con il titolo di abate compare negli archivi civici della città (titolo che scompare negli anni veneziani).

Nel 1820 venne nominato maestro di lettere italiane e geografia nella scuola elementare maggiore di Bergamo (1822-26). Prima di giungervi, nell’intervallo tra nomina e insediamento nell’ufficio, tradusse su commissione di Luigi Rossi i primi tre volumi dell’Histoire des français (Milano 1822-23).

A Bergamo Parravicini non dismise la sua attività letteraria: oltre alla composizione di una grammatica logica, andata perduta, Ignazio Cantù ricorda la pubblicazione di discorsi sull’ordine civile dei Romani e sulla loro organizzazione militare, la composizione di una cronologia storica e di tre odi, una delle quali sull’istituzione delle scuole elementari in città. Scrisse anche due tragedie e un sermone sul matrimonio.

Il 5 gennaio 1826 con sovrana risoluzione fu nominato direttore della Imperial Regia Scuola elementare maggiore di quattro classi di Como, dove rimase sedici anni, fino al 18 giugno 1842, quando gli fu ordinato di recarsi a Venezia per assumere il nuovo ufficio di direttore della Scuola tecnica. In realtà Parravicini aveva fortemente sollecitato questo incarico, prima a Milano e poi a Venezia.

Gli anni di Como sono segnati innanzitutto dalla stesura dell’opera che gli avrebbe dato la fama, Giannetto (ma già nel 1828 Ostinelli aveva pubblicato Il metodo di Castairs applicato alla scrittura corsiva italiana e, nel 1831, il Nuovo sillabario italiano fondato logicamente sulle leggi naturali della loquela).

Giannetto è la storia di un riscatto sociale reso possibile dalla combinazione tipicamente italiano-settentrionale di precoci opportunità scolastiche offerte a una infanzia di origini modeste ed etica del lavoro. Il libro venne presentato senza fortuna nel 1833 al concorso della Società fiorentina per la diffusione del metodo di reciproco insegnamento, promosso da Raffaello Lambruschini e Cosimo Ridolfi, che per altro non assegnarono il premio. Profondamente rimaneggiato dall’autore, il libro si assicurò la vittoria il 23 dicembre 1835. Tra le opere in concorso c’erano le Letture giovanili di Cesare Cantù, di cui da allora Parravicini divenne acerrimo nemico culturale.

In origine Giannetto fu pubblicato in tre volumi e nella sua articolazione dava conto di un’ampia enciclopedia del sapere, delle caratteristiche dell’uomo fisico e dei molteplici doveri dell’uomo morale, della natura creata e del vivere associato, con notizie relative alla storia d’Italia. Pubblicata nel 1837, l’opera di Parravicini avrebbe attraversato tutto l’Ottocento, proiettando la sua memoria ben oltre la comparsa dei due capolavori della letteratura per ragazzi dell’Italia unita, Pinocchio e Cuore.

La fama di Giannetto consacrò il suo autore come autorità pedagogica molto influente in un’area culturale che dalle terre intorno al lago di Como comprendeva Regno di Sardegna, Lombardia asburgica e Canton Ticino, lo spazio politico e culturale italiano primo ottocentesco maggiormente interessato dalla modernizzazione dei processi formativi degli strati popolari urbani e semiurbani per mezzo dell’organizzazione del servizio scolastico sulla base dell’applicazione della metodica asburgica. Incamminandosi su una strada che era stata già del padre somasco Francesco Soave, nell’agosto del 1837 Parravicini iniziò a Bellinzona un corso di lezioni per la preparazione dei maestri con annesso laboratorio didattico in cui, a illustrazione delle virtù del metodo, in trentotto giorni dimostrò di riuscire nell’impresa dell’alfabetizzazione popolare insegnando a leggere a due «rozzi fanciulli di mezzano ingegno» (cit. in Berengo, 1983, p. 3).

Il successo dell’iniziativa e la costituzione, che ne derivò, di una Società degli amici dell’educazione del Popolo favorirono il rafforzarsi del legame di Parravicini con il movimento educativo della Svizzera italiana e la sua influenza sull’organizzazione del servizio scolastico del Canton Ticino. Nel dicembre di quello stesso 1837, Parravicini redasse un piano per la produzione di libri di testo per le scuole elementari e nel 1842 stilò un progetto di legge per l’ordinamento delle scuole elementari minori e maggiori, delle secondarie e del liceo cantonale (Dell’Educazione pubblica nel Canton Ticino). Più decisiva fu la pubblicazione a Locarno, sempre nel 1842, del Manuale di pedagogia e metodica, destinato a una lunga circolazione tra i maestri della Svizzera italiana.

In quello stesso giro di anni Parravicini offriva i suoi servizi al Piemonte sabaudo: fu chiamato a Novara nel 1839 come ordinatore della nuova scuola tecnica, ma già nel 1833 aveva presentato al governo sardo il piano per organizzare una rete scolastica a base vescovile e nel 1842 sarebbe stato chiamato a Torino per tenervi delle lezioni di metodica ai maestri piemontesi. È questo dunque l’uomo che arriva a Venezia all’inizio degli anni Quaranta.

A Venezia Parravicini assunse la direzione delle scuole tecniche e divenne membro dell’Ufficio di revisione dei libri e delle stampe, nonché socio di istituti e accademie scientifiche (Manuale del Regno Lombardo-Veneto, 1847). Se la sua carriera si era svolta fino a quel momento all’insegna del servizio tecnico e della fedeltà del funzionario, la radicalizzazione della situazione politica attorno al 1848 rese inconciliabile quel rapporto tra moderato progressismo aristocratico, nei fatti una forma di neutralità politico ideologica, e lealtà governativa. Negli anni Quaranta questo rapporto aveva costituito la base ideologico-programmatica per partecipare da una posizione di impegno nell’amministrazione asburgica al movimento dei congressi degli scienziati. Alla fine del decennio tutto questo evidentemente non era più possibile.

Fu l’incarico suppletivo nell’Ufficio di revisione dei libri e delle stampe, ottenuto nel luglio del 1844, a rivelarsi fatale. Nel maggio del 1846 Nicolò Tommaseo presentò all’Ufficio di revisione una nuova redazione degli scritti Dell’educazione. Parravicini, che lo ebbe in lettura, notò che in alcune sue parti il libro trattava piuttosto di politica repubblicana che di educazione. Il giudizio determinò la reazione irritata di Tommaseo e quando, due anni dopo, proprio lui era ministro dell’Educazione nel governo provvisorio della Repubblica di Venezia, il 28 aprile decretò, su richiesta dell’interessato, la messa a riposo di Parravicini per motivi di salute.

Riconosciuta la fedeltà all’amministrazione dal restaurato governo asburgico, Parravicini compare dopo il 1866 come regio professore in pensione nella qualità di preside interinale del liceo e ginnasio di Vittorio Veneto, dove ormai si era ritirato, affaticato dagli anni e pieno di problemi fisici. Il suo ultimo gesto fu, ancora una volta, l’atto di devozione del funzionario al capo della sua amministrazione: il 20 marzo 1868 il patrizio milanese Parravicini inviò al ministro della Pubblica Istruzione Emilio Broglio l’edizione elegantemente rilegata in quattro volumetti del suo Giannetto opportunamente aggiornato ai nuovi tempi politici.

Ancora una volta non era un gesto gratuito. L’omaggio sarebbe stato abbondantemente ripagato: il 9 luglio una nuova lettera di Parravicini ringraziava il ministro per il conferimento delle insegne dell’Ordine equestre della Corona d’Italia. L’ideologia del servizio trovava così nel quadro del nuovo ordine nazionale italiano la sua più alta conferma e la possibilità di rivendicare, al di là delle fratture della politica, la continuità della carriera e della fedeltà del funzionario culturale dell’amministrazione dello Stato.

Ideologia del funzionario e funzionamento della macchina narrativa di Giannetto appaiono perfettamente coerenti nel quadro di queste testimonianze crepuscolari. Il libro che aveva illustrato il cammino moderno di un giovane sostenuto soltanto dalla sua modesta fortuna e dal suo lavoro era esso stesso un prodotto progressivo per adattarsi ai quadri mutevoli del progresso della nazione e integrarne i mutamenti.

Parravicini morì a Vittorio Veneto il 4 agosto 1880.

Fonti e Bibl.: Cireggio, Archivio parrocchiale, registro dello Status animarum, anni 1812, 1824; Milano, Archivio storico diocesano, Battesimi (anni 1794-1801); Archivio di Stato di Milano, Studi, p.m., cart. 766; Autografi, cart. 149, f. 31; Archivio di Stato di Pavia, Università, Matematica, Registri Filosofia e Matematica, anni 1811-1816, cart. 149; Domande di iscrizione, anno 1814, b. 61; Registro studenti, anni 1810-1820, b. 818; Esami di ammissione, b. 134 (10 novembre 1814); Licenze, anni 1815-1816, b. 136; Archivio di Stato di Bergamo, Delegazione provinciale, Pubblica istruzione, Titolo IV-Personale, b. 876, f. 3; Archivio di Stato di Como, Archivio storico civico, b. 565; Prefettura, Protocolli, nn. 960, 1004, 1018; Archivio di Stato di Venezia, Governo veneto, Atti, LIII, b. 6456; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica istruzione, Direzione generale del personale, anni 1860-1880, b. 1566, ad nomen; I. Cantù, L’Italia scientifica contemporanea. Notizie sugli italiani ascritti ai cinque primi congressi attinte alle fonti più autentiche…, Milano 1844; Atti della quinta riunione degli scienziati italiani tenuta… Lucca… 1843, 1844, pp. 160-165.

E. De Marchi, L.A. P., in Dizionario illustrato di pedagogia, a cura di A. Martinazzoli - L. Credaro, III, Milano 1895; G.B. Gerini, Gli scrittori pedagogici italiani del XIX secolo, Torino 1910; A. Michieli, L.A. P., Firenze 1960; M. Berengo, Appunti su L.A. P.: la metodica austriaca della Restaurazione, in Omaggio a Piero Treves, a cura di A. Mastrocinque, Padova 1983, pp. 1-17; L. Cerutti, Il Giannetto giocò a Cireggio, in Le Rive, n.s., 1995, n. 5, pp. 53-57; L. Pazzaglia, I libri di testo: il caso del Giannetto di P., in P.L. Ballini - G. Pécout, Scuola e nazione in Italia e in Francia nell’Ottocento. Modelli, pratiche, eredità nuovi percorsi di ricerca comparata, Venezia 2007, pp. 141-188.

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