DALLAPICCOLA, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 32 (1986)

DALLAPICCOLA, Luigi

Bianca Maria Antolini

Nacque a Pisino d'Istria il 3 febbr. 1904, da Pio, preside del locale liceo di lingua italiana, e da Domitilla Alberti; fu lo stesso D. a mettere in rilievo l'importanza per la sua formazione dell'ambiente istriano, inquieto punto d'incontro di tre diverse culture. Il periodo di confino trascorso a Graz dal marzo 1917 al novembre 1918 segnò profondamente l'adolescenza del D., sia nella formazione del carattere, sia nelle esperienze musicali. All'Opernhaus di Graz il D. ebbe la possibilità di ascoltare quasi tutte le opere di R. Wagner, il Fidelio di L. van Beethoven, il DonGiovanni di W. A. Mozart, opere di G. Verdi (fra cui Otello e Un ballo in maschera), composizioni sinfonico-corali come il Messia di G. F. Haendel, la Creazione di F. J. Haydn, la IXSinfonia di Beethoven, lo Schicksalsied di J. Brahms.

Dopo il rientro a Pisino, il D. riprese gli studi liceali, e continuò lo studio della musica a Trieste, con Alice Andrich Florio per il pianoforte e Antonio Illersberg per l'armonia: quest'ultimo gli fece conoscere sia la tradizione polifonica italiana del Cinque-Seicento, sia esperienze musicali contemporanee (fra cui opere di M. Ravel e A. Schoenberg). Del 1919 è il primo contatto con la musica di C. Debussy, dapprima attraverso composizioni pianistiche come La cathédrale engloutie, mentre datato 30 ag. 1921 è l'acquisto a Trieste della Harmonielehre di A. Schoenberg. Nel maggio 1922 il D. si trasferì a Firenze, meta tradizionale per gli studenti istriani, per continuare gli studi-musicali al conservatorio L. Cherubini. Tra i vari fattori che determinarono la scelta di Firenze, il D. ricorda da un lato l'attrazione per l'architettura, la letteratura, le tradizioni umanistiche della città, dall'altro la presenza di I. Pizzetti alla direzione del conservatorio.

A Firenze il D. studiò il pianoforte con Emesto Consolo, diplomandosi il 10 nov. 1924, e la composizione con Roberto Casiraghi, Corrado Barbieri e Vito Frazzi, conseguendo il diploma nel giugno 1931. Il D. rimase legato al conservatorio Cherubini negli anni successivi come insegnante di pianoforte complementare (dal 1934 al 1967, salvo il periodo 1940-44 in cui tenne la cattedra di composizione). Negli anni '20 studiò a fondo Debussy e Ravel, e varie opere di I. Stravinskij, D. Milhaud, P. Hindemith; tra le varie esperienze musicali, rimase profondamente impressionato da una esecuzione del Martyre de saint Sébastien di Debussy alla Scala di Milano nel 1926, ma l'incontro decisivo fu quello con la musica di Schoenberg: "... il mio orientamento fu deciso la sera del 10 apr. 1924, quando vidi, sul podio della Sala Bianca di palazzo Pitti Arnold Schoenberg dirigere il suo Pierrot lunaire ..." (L. Dallapiccola, Parole e musica, p. 448). Nel 1930 un viaggio a Berlino e a Vienna al seguito della danzatrice americana La Meri costituì per il D. un'esperienza particolarmente significativa poiché gli permise di assistere a rappresentazioni di Salomè ed Elektra di R. Strauss e all'esecuzione della ISinfonia di G. Mahler. Nello stesso anno il D. diede inizio all'attività concertistica in duo con il violinista Sandro Materassi, attività che si protrarrà per più di trent'anni con un repertorio volto principalmente all'esecuzione di musiche del Novecento (Debussy, Ravel, Milhaud, Hindemith, Stravinskij, Janaèek, ecc.).

Il decennio 1930-40 fu per il D. un periodo di intensa attività; il graduale approfondimento della musica dodecafonica accompagnò in quegli anni il primo sviluppo di un linguaggio musicale personale. L'attenta partecipazione alle più importanti manifestazioni musicali di quegli anni (festivals della Société internationale de musique contemporaine a Firenze, Praga, Londra, nonché a Venezia e al Maggio musicale fiorentino) consentì al D. di approfondire la conoscenza delle tendenze musicali più recenti: oltre che da composizioni di G. F. Malipiero (egli definì memorabile l'ascolto di Torneo notturno nel 1932), di F. Busoni, di compositori slavi quali A. Haba e L. Janaéek, il D. rimase profondamente colpito dalle musiche di Schoenberg, A. Berg e A. Webern. Sempre all'inizio degli anni Trenta si collocano le prime prove compositive di un certo rilievo, che suscitarono l'attenzione della critica più qualificata (G. Gatti, G. Gavazzeni, D. De Paoli) e gli valsero l'appoggio dei musicisti più aperti come A. Casella: nell'autunno del 1932 i Trestudi per soprano e orchestra furono scelti per il concerto di musica radiogenica organizzato nell'ambito del Festival di Venezia; la Partita venne eseguita al teatro Comunale di Firenze il 22 genn. 1933; la Rapsodia per soprano e orchestra, segnalata all'Emil Hertzka Preis di Vienna, vinse. il premio del concorso fra i giovani compositori italiani del III Festival di Venezia (esecuzione al teatro La Fenice l'8 sett. 1934). Nel settembre 1935 il D. partecipò al XIII Festival della Societé internationale de musique contemporaine (S.I.M.C.) a Praga con il Divertimento in quattro esercizi (più volte definito dal compositore come la sua prima opera significativa); il resoconto sul festival scritto per il Bollettino mensile di vita e cultura musicale di Milano, che costituisce l'inizio dell'attività critica del D., testimonia del profondo interesse suscitato dall'ascolto delle Variazioni op. 31 di Schoenberg, della Lulu-Symphonie di Berg, del Concerto op. 24 di Webem.

L'attenzione per il sistema dodecafonico, esplicitamente dichiarata nella conferenza Di un aspetto della musica contemporanea, tenuta al conservatorio di Firenze nel 1936 ("... la tendenza ha in sé tali possibilità che, adattata alla varia personalità di coloro che studieranno il sistema, potrà dare o prima o poi frutti a tutt'oggi forse neppure sospettati ..."), e cautamente sperimentata nelle opere degli anni 1935-39 (Coro degli zitti, Tre laudi, Volo di notte), e d'altra parte il netto rifiuto sia della poetica neoclassica allora dominante, sia delle tendenze demagogiche della politica culturale fascista, sono indubbiamente all'origine dell'isolamento del D. nel panorama musicale di quegli anni. In lettere e articoli relativi a quel periodo il D. accenna alle difficoltà nello studio della tecnica dodecafonica per l'impossibilità di procurarsi musiche e articoli, così come lamenta il disinteresse delle istituzioni concertistiche italiane e l'ostilità della critica nei confronti delle sue opere. Concluse nel marzo 1937 le Tre laudi (avranno la prima esecuzione al Festival di Venezia l'8 sett. 1937), il periodo 23 apr. 1937-12 apr. 1938 fu occupato dalla composizione dell'atto unico Volodi notte, tratto dal romanzo di A. de Saint-Exupéry; con quest'ultimo il D. si incontrò a Parigi nel giugno 1937, per esporgli il progetto dell'opera. Nel 1938 sposò Laura Coen Luzzatto. Del maggio 1938 è la proposta di L. Massine per un balletto prima sull'Odissea, poi su Diana, ma il progetto non ebbe seguito per lo scoppio della guerra. Nel giugno 1938 il D. assistette al Festival della S.I.M.C. a Londra: il viaggio fu tra l'altro determinato dal desiderio di ascoltare la prima esecuzione della cantata Das Augenlicht di A. Webern, di cui il D. diede una recensione l'anno successivo sulla Rassegna musicale, mettendone in rilievo la straordinaria qualità timbrica, la preferenza per sonorità sommesse, la concisione ed essenzialità della struttura, il prodigioso trattamento della tecnica dodecafonica. Sempre nel 1938, da un immediato impulso di protesta contro la campagna antisemita, nacque la Preghiera di Maria Stuarda, cuifecero seguito nel 1940-41 i due brani corali su testi di Boezio e di Girolamo Savonarola, da cui nasceranno i Cantidi prigionia. Dopo una serie di contatti nel periodo settembre 1938-marzo 1939 con il sovrintendente del teatro di Brunswick per la rappresentazione di Volodi notte, cuisi oppose il ministero della Propaganda tedesco, l'opera ebbe la sua prima rappresentazione in occasione del Maggio musicale fiorentino del 1940, suscitando interesse nel pubblico e nella critica, malgrado le accuse di "internazionalismo" del quotidiano del partito fascista. Nel 1941 al teatro delle Arti di Roma ebbero luogo due prime esecuzioni di opere del D.: il 10 maggio fu eseguito il Piccolo concerto per Muriel Couvreux, con l'autore al pianoforte, l'11 dicembre i Canti di prigionia.

Durante la guerra, il D. non interruppe l'attività concertistica, effettuando tournées in Svizzera e Ungheria con Materassi; gli stessi anni videro anche la nascita di alcune composizioni come il balletto Marsia (1942-43). la Sonatina canonica (1943). le Liriche greche (1942-45), la revisione del Ritorno di Ulisse in patria di C. Monteverdi per il Maggio musicale del 1942; tuttavia gli anni della guerra e dell'immediato dopoguerra sono dominati dal lavoro al libretto e alla partitura dell'opera Ilprigioniero, intrapresa con l'intenzione di realizzare "... un'opera che, nonostante la sua ambientazione storica potesse essere di toccante attualità; una opera che trattasse la tragedia del nostro tempo, la tragedia della persecuzione, sentita e sofferta da milioni e decine di milioni di uomini ..." (Parole e musica, pp. 491 s.). Alla fine della stesura del libretto negli ultimi giorni del 1943 seguì quasi immediatamente l'abbozzo dell'aria in tre strofe "Sull'Oceano, sulla Schelda" concepito sotto l'impressione immediata dell'occupazione di Firenze da parte dei nazisti: l'abbozzo reca infatti l'annotazione "10 genn. 1944 Fiesole, luogo d'esilio" (nel periodo settembre 1943-febbraio 1944 il D. era sfollato a Borgunto presso Fiesole, in una villa messa a disposizione dall'amico Leone Massimo). La composizione dell'opera fu interrotta più volte nel corso degli anni successivi per dare la precedenza a lavori retribuiti: su commissione del violoncellista G. Cassadò il D. compose Ciaccona, intermezzo e adagio per violoncello solo (1945); per il cantante francese Pierre Bernac compose tra la fine del 1945 e l'inizio del 1946 Rencesvals;nell'autunno-inverno 1946-47 scrisse i Duestudi per violino e pianoforte commissionati dalla sezione svizzera della S.I.M.C. ed eseguiti dallo stesso D. e da Materassi a Basilea il 9 febbr. 1947. La partitura del Prigioniero fu completata il 25 apr. 1947; la stesura definitiva reca la data del 3 maggio 1948.

L'immediato dopoguerra vide anche per D. la ripresa dei contatti internazionali, con il viaggio a Londra al Festival della S.I.M.C- (1946) per trattare la riammissione dell'Italia alla Società e far conoscere musiche di compositori italiani come G. F. Ghedini, G. Petrassi, R. Nielsen. Il D. partecipò inoltre attivamente alla ricostruzione della vita musicale di Firenze. Malgrado l'intensa attività in campo sia esecutivo sia compositivo e critico (dal 1945 iniziò una regolare collaborazione al Mondo), dalle lettere del D. del primo dopoguerra traspare un senso di profondo disagio sia per le ristrettezze economiche, sia per gli ostacoli cui sempre andava incontro la sua opera. Le vicende del Premio Firenze (giugno 1948), da cui furono escluse le Liriche greche perché giudicate "i fuori bando", la contrastata prima esecuzione scenica del Prigioniero (Firenze, teatro Comunale, 20 maggio 1950), osteggiata'da parte sia cattolica sia comunista, infine l'esito negativo della sacra rappresentazione job, commissionata dall'associazione Anfiparnaso ed eseguita a Roma (teatro Eliseo, il 30 ott. 1950), ebbero certamente un peso nella decisione del D. di dare "una specie di addio (che non so quanto durerà) alle organizzazioni nostrane..." (lettera a G. Gatti del 29 nov. 1950, in L. D. Saggi, testimonianze..., pp. 83 s.). Infatti negli anni successivi tutte le sue composizioni, eccettuati i Dialoghi per violoncello e orchestra e Ploratus per coro a cappella, furono commissionate da istituzioni musicali straniere (prevalentemente americane e tedesche) e all'estero ebbero la loro prima esecuzione. Nel novembre 1950 la fondazione Kussewitzky commissionò al D. la Tartiniana; nell'estate dell'anno successivo Kussewitzky invitò il compositore negli Stati Uniti per tenere un corso presso il Berkshire Music Center di Tanglewood. Frequenti i soggiorni americani a scopo didattico: nell'estate 1952 di nuovo a Tanglewood, nel 1956-57 e nel 1959-60 presso il Queens College di Flushing (New York), dove insegnò composizione, orchestrazione, contrappunto e musica di insieme, nell'autunno 1962 presso la University of California a Berkeley.

Molto intensa fu negli anni 30 e '60 sia l'attività di conferenziere sia l'attività concertistica; in duo con Materassi, con il violoncellista Cassadò, con le cantanti M. Laszlo e A. M. Jung; inoltre dal 1957 il D. cominciò a dirigere personalmente le sue opere, mentre sempre più frequenti si fecero i concerti interamente dedicati a musiche sue. La considerazione raggiunta dalla sua opera è inoltre dimostrata dai molti riconoscimenti tributati al compositore da università e istituzioni musicali di tutto il mondo. Gli anni Sessanta furono occupati, dal punto di vista conipositivo, dall'opera Ulisse (il libretto, appena iniziato nel 1956, era stato steso tra il novembre 1958 e il 7 genn. 1959): la partitura, iniziata nell'estate 1960, fu completata il 5 apr. 1968; la prima rappresentazione ebbe luogo alla Deutsche Oper di Berlino il 29 settembre dello stesso anno. Negli ultimi anni, oltre alla composizione di Sicut umbra, Tempus destruendi..., Commiato, e alla preparazione del volume Appunti incontri meditazioni, ilD. abbozzò alcune battute di un balletto per la Deutsche Oper am Rhein, ispirato ai Desastres de la guerra di Goya (1973); nel 1975 iniziò una composizione su testo di s. Agostino, commissionata dalla National Symphony Orchestra per il bicentenario degli Stati Uniti, che rimase interrotta a causa della morte del D., avvenuta a Firenze il 19 febbr. 1975.

Tra le sue composizioni si ricordano: Fiuri de Tapo, tre melodie per canto e pianofolte (1924-26; testi di B. Marin); Caligo, per canto e pianoforte (1926; testo di B. Marin); Due canzoni di Grado, per piccolo coro femminile, mezzosoprano e piccola orchestra (1927; testi di B. Marin); Dalla mia terra, quattro canzoni per mezzosoprano, coro misto e orchestra (1928; la terza canzone, Per la sera della Befana, pubblicata in riduzione in Agorà, II[1946], 8); Due laudi di fra Jacopone da Todi, per soprano, baritono, coro misto e orchestra (1929); La canzone del Quarnaro, per tenore, coro maschile e orchestra (1930; testo di G. D'Annunzio); Due liriche del Kalevala per tenore, baritono, coro da camera e quattro strumenti a percussione (1930; la prima lirica pubblicata in Revue internationale de musique, marzo-aprile 1938); Partita, per orchestra, con voce di soprano nel quarto movimento (1930-32), Milano 1934; Tre studi per soprano e orchestra da camera (1932; testi dal Kalevala), inediti; Estate, per coro maschile (1932; testo di Alceo tradotto da E. Romagnoli), Padova 1933; Rapsodia per una voce e orchestra da camera (1932-33; testo dalla Chanson de Roland, traduzione di G. Pascoli); Sei cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane: prima serie, per voci miste (1933), seconda serie, per due soprani e due contralti (o coro da camera di sei soprani e sei contralti) e diciassette strumenti (1934-35), terza serie, per coro misto e grande orchestra (1936), Milano 1936; Divertimento in quattro esercizi 1934; poesie del XIII secolo), ibid. 1936; Musica per tre pianoforti (Inni) (1935), ibid. 1936; Tre laudi, per una voce e tredici strumenti (1936-37; testi tratti dal Laudario dei Battuti di Modena), ibid. 1937; Volodi notte (libretto del D. tratto da Volde nuit di A. de Saint-Exupéry), Vienna 1940; Canti di prigionia: Preghiera di Maria Stuarda, per voci miste e strumenti, Invocazione di Boezio, per voci femminili e alcuni strumenti, Congedo di Girolamo Savonarola, per voci miste e strumenti (1938-41), Milano 1941; Piccoloconcerto per Muriel Couvreux, per pianoforte e orchestra da camera (1939-41), ibid. 1941; Marsia, balletto in un atto (1942-43), ibid.; Frammenti sinfonici dal balletto Marsia, per orchestra (1942-43), ibid. 1947; Sonatina canonica per pianoforte (1943), ibid., 1946; Liriche greche: Cinque frammenti di Saffò, per voce e orchestra da camera, Due liriche di Anacreonte, per canto, clarinetto piccolo in mi bem., clarinetto in la, viola e pianoforte, Sex Carmina Alcaei, una voce canenda, nonnullis comitantibus musicis (1942-45), ibid. 1946; Ciaccona, intermezzo e adagio, per vieloncello solo (1945), Vienna 1947; Rencesvals, tre frammenti della Chanson de Roland, per baritono e pianoforte (1946), Milano 1946; Due studi per violino e pianoforte (1946-47), ibid. 1950; Due pezzi per orchestra (versione orchestrale dei Due studi, 1947), ibid. 1948; Il prigioniero, un prologo e un atto (libretto proprio, da La torture par l'espérance di P. A. Villiers de l'Isle-Adam e da La légende d'Uylenspiegel e de Lamme Goedzak di C. De Coster; 1944-48), ibid. 1949; Quattro liriche di Antonio Machado, per soprano e pianoforte (1948), ibid. 1950; Tre episodi dal balletto Marsia, per pianoforte (1949), Milano; Tre poemi, peruna voce e orchestra da camera (1949; testi di J. Joyce, Michelangelo, M. Machado), Zürich 1949; Job, sacra rappresentazione (1950; libretto proprio tratto dal Libro di Giobbe), Milano 1951; Tartiniana, divertimento per violino e orchestra da camera (1951), ibid. 1952; Quaderno musicale di Annalibera, per pianoforte (1952), ibid. 1953; Goethe-Lieder, per mezzosoprano e tre clarinetti 0953), ibid. 1953; Variazioni per orchestra (versione orchestrale del Quaderno, 1954), ibid.; Piccola musica notturna, per orchestra (1954), Zürich; Canti di liberazione, per coro e orchestra 1951-55; testi di S. Castellio, Esodo, s. Agostino), Milano 1955; An Mathilde per soprano e orchestra (1955; testi di H. Heine), ibid. 1957; Tartiniana seconda (1956; due versioni: per violino e pianoforte e per violino e orchestra da camera), ibid. 1957; Cinque canti, per baritono e otto strumenti (1956; testi di Jone di Ceo, anonimo, Licimnio, Alcinane, Ibico, tradotti da S. Quasimodo), ibid. 1957; Concerto per la notte di Natale dell'anno 1956, per orchestra da camera, con voce di soprano nel 2° e 4° movimento (1957; testi di Jacopone da Todi), ibid.; Requiescant, per coro misto e orchestra 1957-58; testi di S. Matteo, O. Wilde, J. Joyce), ibid. 1960; Dialoghi per violoncello e orchestra (1959-60), ibid. 1960; Piccola musica notturna, per complesso da camera (1961), Mainz 1968; Preghiere, per baritono e orchestra da camera (1962; testi di M. Mendes tradotti da R. Jacobbi), Milano; Three questions with two answers, per orchestra (1962), ibid. 1977; Parole di s. Paolo, per voce e neve strumentisti (1964), ibid. 1965; Ulisse, opera in un prologo e due atti (1960-68; libretto proprio), ibid.; Sicut umbra, per mezzosoprano e quattro gruppi di strumenti (1970; testi di J. R. Jimenez), ibid.; Tempus destruendi-Tempus aedificandi per coro misto a cappella (1970-71; testi di Paolino di Aquileia e Dermatus), ibid.; Commiato, per soprano e orchestra da camera (1972; testo già attribuito a B. Latini), ibid. Alle composizioni originali bisogna aggiungere le revisioni dei Quadri di un'esposizione per pianoforte di M. P. Musorgskij (in due edizioni, del 1940 e del 1972), del Ritorno di Ulisse in patria, di C. Monteverdi, di sei sonate per violoncello e pianoforte di A. Vivaldi (1955) e di arie italiane del XVII e XVIII secolo per voce e pianoforte. Il D. compose inoltre le musiche per tre documentari cinematografici: Incontri con Roma (1948), L'esperienza del cubismo (1948), Il miracolo della Cena - Le vicende del capolavoro di Leonardo da Vinci (1953).

Degli scritti del D., raccolti dal compositore in Appunti incontri meditazioni (Milano 1970), è ora disponibile una più ampia scelta in Parole e musica, a cura di F. Nicolodi (Milano 1980).

Gli esordi compositivi del D., parzialmente inediti per sua stessa volontà, si collocano nell'ambito di un linguaggio diatonico e triodale chiaramente influenzato da Pizzetti, Malipiero, Frazzi. Già le prime opere testimoniano del prevalente interesse per la vocalità, sia solistica sia corale, modellata dapprima su poesie istriane, poi su testi della lirica religiosa medievale o tratti dall'epica del Kalevala e della Chanson de Roland; anche nella Partita per orchestra il D. affida la conclusione alla voce del soprano, con la Naenia Beatae Mariae Virginis, che nella sua estatica soavità costituisce l'episodio più significativo dell'intero brano.

L'approfondimento del linguaggio polifonico rinascimentale, che era stato mediato attraverso l'insegnamento di Malipiero, sfocia in questi anni nella prima serie dei Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane, in cui l'iterazione ostinata di cellule melodiche e l'immediatezza dei particolari descrittivi concorrono ad interpretare "il carattere di burlesca drammaticità tutta toscana" (B. Zanolini, p. 27) della poesia di Michelangelo. Fin dalle prime composizioni è inoltre evidente la ricerca di una equilibrata scansione formale, che rimarrà caratteristica costante della musica del D., unita ad un dichiarato impegno espressivo, presente anche in opere che, per l'uso di forme preclassiche (Divertimento in quattro esercizi) o per la ricerca di una geometrica essenzialità sonora (Musica per tre pianoforti) partecipano del gusto neoclassico di quegli anni.

L'evoluzione del linguaggio del D. è stata precisamente individuata da R. Vlad: dopo essersi riallacciato "all'acerbo diatonicismo modale del Medioevo e del Rinascimento... Dallapiccola cominciò ad intessere nella trama diatonica delle sue opere sempre più numerose fibre cromatiche, le quali da un certo punto in poi assunsero l'aspetto di vere e proprie serie dodecafoniche e finirono per assorbire nelle sue composizioni più recenti ogni residuo elemento diatonico" (Storiadella dodecafonia, p.275). Nuclei cromatici affiorano nel Divertimento in quattro esercizi, per soprano e cinque strumenti, che si distingue anche per la tensione drammatica della linea vocale della Siciliana; mentre nel Coro degli zitti (primo della terza serie dei Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane), che si muove nell'ambito di un linguaggio prevalentemente cromatico, teso a rendere (anche per mezzo di un attento uso delle possibilità timbriche del mezzo corale) il carattere livido e spettrale del testo poetico, il D. impiega delle serie dodecafoniche a scopo coloristico. Il successivo Coro dei lanzi briachi torna invece al chiaro diatonismo caratteristico delle precedenti due serie: l'utilizzazione inoltre di elementi tematici tratti dagli altri cori, esplicitamente segnalata dal D., è esempio della preferenza del compositore per cicli unitari.

La cauta esplorazione delle possibilità offerte dal sistema dodecafonico avviene, nelle opere successive, prevalentemente in campo melodico: nelle Tre laudi, afferma lo stesso D. "... avevo compiuto un passo innanzi nel senso che per la prima volta mi ero trovato a pensare delle linee melodiche comprendenti tutti i dodici suoni del sistema temperato" (Parole e musica, p. 445). La compenetrazione di elementi diatonici e dodecafonici caratterizza anche il primo tentativo teatrale del D., l'atto unico Volodi notte,che utilizza e rielabora materiale tematico tratto dalle Tre laudi. L'opera rivela, accanto ad influenze di Debussy, Busoni, Pizzetti, l'adesione a procedimenti drammaturgici e musicali caratteristici del teatro berghiano, particolarmente nell'uso di vari tipi di declamato, di scene articolate secondo forme chiuse (movimento di blues, pezzo ritmico, corale con variazioni e finale inno), e nella presenza di un "ritmo principale" che caratterizza l'intera scena quinta. Per quanto riguarda il significato generale dell'opera, se il D. in uno scritto del i 940 pone l'accento sulla figura di Rivière, interpretando quindi l'opera come dramma della volontà, la critica ha messo in rilievo, basandosi anche sul riuso della musica delle Tre laudi, la tematica profondamente religiosa che percorre l'opera e culmina nell'ascesa del pilota Fabien verso le stelle, a simboleggiare l'incontro con Dio; mentre F. Nicolodi ha proposto recentemente, in base all'esame del carteggio del D., una lettura del Volo "come metafora stessa dell'Arte, trasposizione simbolica di più riposti e inquietanti quesiti artistici ..." (L. D. e la scuola di Vienna, pp. 518 s.). Con i successivi Canti di prigionia, in cui il grido di protesta, originato da precisi eventi contemporanei, si risolve nell'aspirazione ad una serenità oltremondana, il D. giunge ad una perfetta fusione degli elementi modali, tonali, dodecafonici che hanno fin qui caratterizzato il suo linguaggio. Da rilevare, nei Canti, l'usoa fini sia strutturali sia espressivi di un frammento del Dies irae, così come la particolare atmosfera timbrica suscitata dall'uso di un'orchestra di soli strumenti a percussione, arpa e pianoforte, e la varietà nel trattamento della polifonia corale, sempre a fini di espressività drammatica.

Il linguaggio diatonico prevale sia nel Piccolo concerto per Muriel Couvreux, sia nel balletto Marsia, nei quali elementi dodecafonici sono inseriti a scopo di contrasto espressivo, e domina nella Sonatina canonica in mi bemolle maggiore per pianoforte, elaborazione contrappuntistica di alcuni capricci di Paganini; mentre nelle Liriche greche (e in particolare nei Sex carmina Alcaei) si concretizza definitivamente la scelta dodecafonica del D., caratterizzata in questi anni da implicazioni diatoniche, presenti nella costituzione stessa della serie. Tipica del D. è anche la cantabilità e plasticità delle linee vocali. D'altra parte già nelle Liriche greche la trasparente qualità timbrica, il rigore dei procedimenti contrappuntistici, la concisione dei brani testimoniano un chiaro influsso del mondo sonoro di Webern. Il contatto con il superiore equilibrio dei lirici greci fu sentito dal D. come un necessario contrasto con il mondo di disperante angoscia del Prigioniero. L'opera è strutturata secondo un sistema di relazioni tematiche basate sulla dodecafonia, che è da ricollegare all'esempio berghiano (in particolare di Lulu), evidente anche nell'uso del Hauptrhytmus e delle forme chiuse: dalla Ballata della madre, all'Ariain tre strofe in cui il carceriere, narrando la rivolta dei Pezzenti, insinua nel prigioniero la speranza della libertà, ai tre Ricercari che accompagnano l'evasione del prigioniero, ai due Intermezzi corali che intercalano le scene con funzione straniante. La chiarezza della struttura drammatica, la presenza di nuclei tematici ben caratterizzati che serpeggiano per tutta l'opera, la plastica cantabilità di molte linee melodiche, la qualificazione e differenziazione drammatica dei personaggi attraverso una scrittura vocale che conferisce significato ad ogni inflessione del testo, sono elementi che determinano un immediato impatto dell'opera, e che hanno indotto alcuni critici a ricollegarla alla tradizione operistica italiana, e in particolare al modello verdiano.

Il senso di profondo dubbio esistenziale, di disperata tragicità che pervade Il prigioniero caratterizza anche una serie di opere nate negli stessi anni o in quelli immediatamente successivi, come Ciaccona, intermezzo e, adagio per violoncello solo, Rencesvals, Quattro liriche di A. Machado, Tre poemi; sostanzialmente analogo al Prigioniero è in esse il libero uso della tecnica dodecafonica e il trattamento della vocalità. Per molti aspetti legata alla prospettiva spirituale e musicale del Prigioniero è anche la sacra rappresentazione job, in cui tuttavia compaiono i primi segni di un maggior rigore nella tecnica dodecafonica, che si accentuerà nelle opere degli anni '50. Il Quaderno musicale di Annalibera, successione di undici brevi pezzi pianistici che uniscono un uso magistrale di procedimenti canonici ad un'intima delicatezza di espressione, segna un primo passo in questa direzione, con l'eliminazione, ad esempio, dei raddoppi di ottava e delle false relazioni di ottava; è inoltre evidente in quest'opera quella ricerca in campo ritmico rivolta da una parte verso una sempre maggiore libertà ritmica e metrica (designata dal D. con il termine "schwebender Rhytmus"), dall'altra all'uso di criteri proporzionali nella determinazione delle durate, che costituisce un tratto distintivo di tutte le posteriori opere del Dallapiccola. Secondo un procedimento frequente nel compositore istriano il Quaderno è alla base di una successiva opera, i Cantidi liberazione che, ricollegandosi idealmente ai Canti di prigionia (di cui ripetono la struttura consistente di tre brani corali su testi latini, con un movimento allegro inquadrato tra due adagi) e al Prigioniero, concludono la meditazione del D. sul tema della prigionia e della libertà con una rinnovata affermazione di fede. L'estrema complessità strutturale dei Canti di liberazione, di evidente ascendenza weberniana, informa anche le composizioni degli anni '50 e '60, per la maggior parte brevi cicli di liriche per voce con accompagnamento di alcuni strumenti, in cui tuttavia la radicafizzazione del linguaggio non impedisce quell'intima corrispondenza tra musica e testo poetico che è caratteristica costante dell'opera del Dallapiccola.

Nelle opere degli anni tra il 1957 e il '62 il D. manifesta un rinnovato interesse per lo strumentalismo: nel Concerto per la notte di Natale dell'anno 1956 tre movimenti sono strumentali e due prevedono la voce di soprano, in Requiescant i tre brani corali sono separati da due interludi strumentali; ad essi seguono nel 1960 i Dialoghi per violoncello e orchestra e nel 1962 Three questions with two answers per orchestra, che costituisce uno studio per Ulisse. Queste opere, e particolarmente Requiescant e Dialoghi, sviluppano una tecnica rigorosamente seriale, non solo nell'organizzazione delle altezze, ma anche delle durate e dei timbri. A partire dai Goethe-Lieder, inoltre, il D. mostra una particolare preferenza per cicli costruiti secondo uno schema simmetrico, basato generalmente sulla strumentazione; con i Cinquecanti per baritono e otto strumenti si afferma una disposizione in cinque movimenti o episodi convergenti verso il movimento centrale, che prevale in quasi tutte le composizioni successive, culminando in Commiato, in cui i movimenti si corrispondono intorno al nucleo centrale (unico ad intonare il testo della lauda), secondo il procedimento cancrizzante tipico della tecnica dodecafonica. Un'organizzazione simmetrica è presente anche nella struttura drammaturgica dell'opera Ulisse, in cui i tredici episodi si compongono specularmente intorno a quello centrale, costituito dalla scena del regno dei Cimmeri, che a sua volta presenta procedimenti a specchio anche nella struttura musicale. Ulisse si pone coscientemente come punto culminante nel percorso creativo del D.: nella concezione dell'opera, che si basa sull'interpretazione dantesca, in cui Ulisse "è l'uomo alla ricerca di se stesso e del significato della vita" (Parole e musica, p. 533), convergono i più diversi spunti (da esperienze infantili a fonti letterarie molteplici, da Eschilo a Machado, Cavafis, Hauptmann, Hölderlin, Mann, Joyce ecc.); così nella tessitura musicale, che manifesta la rigorosa organizzazione seriale e la sperimentazione ritmica e metrica tipica del tardo D. ricorrono, con significato simbolico, una quantità di citazioni da opere precedenti (Goethe-Lieder, Volo di notte, Il prigioniero, Frammenti di Saffo, An Mathilde, Requiescant, Cinquecanti, Cantidiliberazione).

Considerando nel suo complesso l'opera del D. è possibile individuare degli elementi che la percorrono sin dall'inizio, pur nella continua sperimentazione linguistica. Basti pensare alla coerenza delle tematiche del D., sempre rivolto ad indagare questioni fondamentali come la problematicità della condizione umana, il senso della solitudine e del dolore, la meditazione sulla morte, la ricerca e il colloquio con Dio; e in dialettica contrapposizione con questa tensione verso la trascendenza, il dichiarato aggancio agli eventi contemporanei, non solo nelle opere nate negli anni della guerra: "... Chi conosce tuttala mia produzione... avrà probabilmente notato quanto spesso avvenimenti della politica internazionale si siano mossi parallelamente con quanto stavo scrivendo. Segno questo, che mai ho ceduto al mito della torre d'avorio e che ho voluto essere prima di tutto un uomo ..." (Parolee musica, p. 508). D'altra parte la produzione del D. è caratterizzata da un continuo ricorso ad associazioni simboliche, che si spinge fino all'utilizzazione di "ideogrammi" esclusivamente visuali (in Cinque canti, Concerto 1956, Sícutumbra);una rete di autocitazioni con funzione simbolica stringe in unità le opere del D., peraltro collegate in vario modo anche dal trasferimento o dalla rielaborazione di materiale tematico dall'una all'altra. Si veda inoltre la predilezione per la voce umana e per organici di tipo cameristico, che mettano in evidenza la qualità timbrica dei singoli strumenti, la pervadente presenza dei procedimenti canonici, la continua ricerca di simmetrie e di esatte proporzioni nella costruzione dei brani, la preferenza per gradazioni dinamiche nell'ambito del piano.

La riflessione critica ha accompagnato costantemente l'attività del D., volgendosi da una parte ad una chiarificazione della genesi e della struttura delle proprie opere, dall'altra all'analisi di alcuni aspetti della poetica e della produzione di musicisti contemporanei come Malipiero, Busoni, Schoenberg, Berg, Webern, Vogel, Hartmann, Varèse, Messiaen, dedicando tuttavia ampie osservazioni al Don Giovanni di Mozart e a svariati aspetti delle opere verdiane. Dagli scritti emerge anche una concezione dell'arte come esperienza individuale da attuarsi in profonda solitudine, così come quella tensione verso il nuovo, quell'ansia di sperimentazione di nuovi mondi sonori che il D. sente di avere in comune con musicisti a lui particolarmente cari come Busoni o gli esponenti della dodecafonia viennese.

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