PICCINATO, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)

PICCINATO, Luigi

Alessandra Capanna

PICCINATO, Luigi. – Nacque a Legnago, in provincia di Verona, il 30 ottobre 1899, figlio di Mario, avvocato, socialista militante, e di Mida Righi. Nel 1902 la famiglia Piccinato si trasferì a Padova, dove il padre, oltre alla pratica della professione forense, partecipava attivamente alla vita politica del Comune e collaborava con il settimanale socialista locale L’Eco dei lavoratori. Eletto deputato nel 1913, il padre di Piccinato si schierò a favore dell’intervento dell’Italia in guerra, tanto che il 28 marzo 1917 Luigi presentò la domanda per partire volontario, ma fu riformato.

Finita la guerra, la famiglia si trasferì a Roma in seguito alla chiamata del ministro Leonida Bissolati che aveva dato al padre l’incarico di dirigere un ufficio per le pensioni di guerra e l’assistenza sociale del ministero del Tesoro. Piccinato, una volta completati gli studi classici a Padova, nel 1918 si trovò quindi a Roma, dove si iscrisse alla Regia Scuola di ingegneria e, dopo aver ottenuto il diploma del primo biennio, passò alla Regia Scuola di architettura, appena istituita, laureandosi nel 1923 con un progetto di un «Grande palazzo moderno al Lungotevere Marzio» che gli valse il premio Valadier per la migliore tesi di laurea dell’a.a. 1922-23.

Piccinato è considerato il padre della moderna urbanistica in Italia, disciplina per la quale auspicava una forma di autonomia professionale, convinto che l’urbanista svolgesse un’attività più ampia, basata sulla convergenza di approcci diversi, da quello tecnico a quello artistico, con competenze complementari nel settore igienico-sanitario, economico, sociale, produttivo, di cui l’architettura costituiva solo una parte.

Attivo subito dopo la laurea in ambito sia professionale sia accademico, dal 1924 al 1930 fu assistente di Marcello Piacentini presso il corso di edilizia cittadina e arte dei giardini della Regia Scuola di architettura di Roma. Un insegnamento a cavallo tra la progettazione architettonica e la progettazione urbanistica che seguiva il solco delle teorie giovannoniane sull’architetto integrale. La collaborazione con Piacentini, nel cui studio lavorò fino al 1927, gli consentì di lavorare all’interno della redazione della rivista Architettura e arti decorative, e, dopo il 1932, di Architettura, rimanendo sempre al centro del dibattito architettonico e delle questioni sulla città nuova e sul suo rapporto con la città storica.

Nel biennio 1926-27 frequentò la Technische Universität di Monaco, un’esperienza che lo mise in contatto con la cultura urbanistica tedesca; qui, dalla lettura del testo di Hermann Josef Stübben, Der Städtebau (1890) che egli recensì nel 1926, trasse gli insegnamenti che lo condussero a considerare la città come organismo vivente. Secondo il suo pensiero, scopo dell’urbanista era infatti organizzare la vita delle città e del territorio, interpretare la continuità del tempo, conoscere i luoghi attraverso la loro storia. Questa visione ampia della disciplina fu messa a sistema in molti suoi scritti tra i quali, fondamentali sono la voce Urbanistica che egli scrisse nel 1937 per l’Enciclopedia Italiana di scienze lettere ed arti dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani (XXXIV, pp. 768-771) e il libro Urbanistica, del 1947, ripubblicato da Astengo nel 1988 con il titolo La progettazione urbanistica. La città come organismo, che rappresenta la riflessione critica sulla professione, insieme alla rielaborazione dei temi affrontati nella didattica.

Il risultato è una filosofia generale dell’urbanistica secondo la quale la pianificazione deve essere basata su una profonda conoscenza della storia e, se vuole migliorare le condizioni della città e del territorio, deve riuscire a contrastare la rendita fondiaria mediante un sistema di regole chiare che siano espressione della volontà collettiva.

Per l’Istituto della Enciclopedia Italiana Piccinato scrisse nuovamente la voce Urbanistica nel 1961, dando questa volta alle sue riflessioni un respiro internazionale.

Nel 1928 sposò Ines Wild (Roma 1898-1998), di origini svizzere, laureata in farmacia, figura fondamentale nella sua vita, dalla quale ebbe due figlie: Stefania e Paola.

Le sue prime realizzazioni narrano della ricerca di un linguaggio attraverso una ricca sperimentazione progettuale, privata di assunti perentori sulla scelta di una poetica. Il riferimento all’architettura viennese e ad Adolf Loos è chiaro nella villa Guerra realizzata a Roma sulla collina dei Parioli nel 1925, ora demolita, che il gruppo romano del MIAR (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale) scelse di presentare nel 1931 a Roma alla II Esposizione italiana di architettura razionale; un’interpretazione del Raumplan loosiano – articolazione spaziale degli ambienti interni disposti su livelli differenziati – si ritrova nel progetto per una Casa coloniale del 1933, che vinse il gran premio alla V Triennale di Milano; si misurò con la poetica espressionista nel progetto Idea per una chiesa presentato alla I Esposizione italiana di architettura razionale (Roma 1928), e anche con la plastica delle figure paraboliche nelle realizzazioni per la Mostra d’Oltremare a Napoli (1939) in collaborazione con Carlo Cocchia. Soprattutto si misurò con il linguaggio razionalista. Gli studi di Le Corbusier sulla casa d’artista sono il riferimento per villa Bossiner in viale di Porta Ardeatina e per il complesso di case-studi per artisti a via Nicotera, entrambe realizzate a Roma nel 1943.

L’edificio di via Nicotera interpreta il tema delle ville sovrapposte per configurare un particolarissimo tipo di edificio residenziale composto da due volumi identici, separati, sollevati su un basamento continuo e permeabile, collegate oltre che dal basamento, da ballatoi e scale aeree che ricordano la milanese casa Rustici (1935) di Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri.

Già in questi primi anni di attività si assiste a un progressivo passaggio di Piccinato all’urbanistica quale principale interesse professionale e culturale, anche se durante la sua lunga carriera, le occasioni per importanti realizzazioni architettoniche non mancarono mai, dalla ristrutturazione del teatro Eliseo (Roma 1937), alla realizzazione dello stadio di Pescara (1953 con l’ing. Carlo Cestelli Guidi).

Nel 1926 aveva fondato con Gaetano Minnucci il Gruppo urbanisti romani (GUR) con il quale partecipò a molti concorsi per piani regolatori. Il più importante fu quello vinto nel 1933 con Gino Cancellotti, Eugenio Montuori e Alfredo Scalpelli per Sabaudia, la seconda delle città di fondazione costruite nell’area Pontina a seguito della legge n. 3134 del 1928 sulla ‘bonifica integrale’. Sono dello stesso periodo i piani di La Spezia, Benevento, Cagliari, Arezzo e Catania. Del 1926 è anche il Piano regolatore di ampliamento di Padova. Per questa città elaborò cinque piani, fino alla Variante generale del 1974.

In questo intenso periodo di attività curò la prima Mostra nazionale dei Piani regolatori a Roma (1929), dove presentò una prima sistematizzazione delle sue teorie urbanistiche che ebbe modo di formalizzare nell’articolo intitolato Il ‘Momento Urbanistico’ alla prima Mostra nazionale dei Piani regolatori, pubblicato in Architettura e arti decorative (IX (1930), 5-6, pp. 195-235); in seguito partecipò alla prima stesura del Piano per l’E42 di Roma con il gruppo diretto da Piacentini (1937) e ancora nel 1937, al I Congresso INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), istituzione della quale fu vicepresidente dal 1952 al 1964 e dal 1966 al 1969, avviando un processo che portò alla legge urbanistica del 1942 (n. 1150). Intanto, nel 1937, ottenuta la libera docenza in urbanistica, assunse l’incarico di storia del giardino presso l’Università di Perugia e di urbanistica presso quella di Napoli. Nella città partenopea insegnò fino al 1950, quando venne chiamato come professore ordinario a Venezia, dove rimase fino al 1963. Sempre a Napoli partecipò alla commissione per la redazione del Piano regolatore generale (1936-39) e realizzò il teatro Mediterraneo (1939). La sua carriera accademica si concluse a Roma, presso la facoltà di architettura nel 1974, anno in cui venne proclamato professore emerito dell’Università di Roma.

Alla fine della guerra, in un Paese da ricostruire, il razionalismo era apparso esaurito e inevitabilmente compromesso con chi lo aveva sostenuto. Per Piccinato, l’adozione del linguaggio organico fu quindi un’occasione per approfondire la sua teoria della città come organismo vivente nel seno dell’APAO (Associazione Per l’Architettura Organica) fondata da Bruno Zevi a Roma nel 1944.

In più occasioni Piccinato aveva dichiarato che il concetto di organico contiene quello di razionalità, ma in modo più complesso, e che la cultura organica è particolarmente adatta all’urbanistica, perché la città è un organismo vivente. Con Zevi collaborò alla realizzazione di un villino nel quartiere dei Parioli di Roma (1948-49, con Silvio Radiconcini), al concorso per la stazione ferroviaria di Napoli (1954, con Cocchia, Giulio De Luca, Bruno Barinci), ma soprattutto dirigendo con Mario Ridolfi Metron, la rivista fondata da Zevi nel 1945 come organo ufficiale dell’APAO, insieme a una Scuola di architettura organica, costituita da soli quattro corsi: urbanistica tenuto da Piccinato, architettura da Ridolfi, costruzioni da Pier Luigi Nervi e materie professionali da Aldo Della Rocca.

Con Della Rocca e Ridolfi, Piccinato aveva appena pubblicato un testo intitolato Aspetti urbanistici ed edilizi della ricostruzione (1945, ripubblicato a cura di C. Beguinot, S. Valtieri, G. Bentivoglio nel 2007), in cui si prendevano in esame i tre aspetti principali del problema della ricostruzione (agricolo, industriale e commerciale, turistico e ambientale) affrontati nei diversi casi dei centri urbani, cercando di adeguare l’Italia agli altri Paesi europei.

Nell’immediato dopoguerra elaborò numerosi piani di ricostruzione e dal 1945 fu membro della commissione per i Lavori pubblici. Il 1947 fu un anno cruciale: al VI CIAM (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne), di cui Piccinato era membro, aveva partecipato l’architetto argentino Jorge Vivanco, uno dei fondatori dello IAU (Instituto de Arquitectura y Urbanismo), che propose a un gruppo di italiani di collaborare con la facoltà di architettura dell’Università di Tucumán, ove tra il 1948 e il 1949 furono professori incaricati, oltre a Piccinato, Ernesto Nathan Rogers, Enrico Tedeschi e Gino Calcaprina. Piccinato fu attivo anche a Buenos Aires, dove collaborò con il IX dipartimento del ministero dei Lavori pubblici argentino trattenendosi in questo Paese fino alla fine del 1950, quando Giuseppe Samonà lo sollecitò a riprendere l’insegnamento in Italia, chiamandolo a Venezia.

Nell’ambito degli interventi per la ricostruzione, con Samonà fu tra gli autori del quartiere INA-Casa San Giuliano a Mestre (1952) e, incaricato dalla commissione per lo studio della città e dell’agro di Matera, promossa e istituita per l’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration)-Casas da Adriano Olivetti, all’epoca presidente dell’INU, fu chiamato a dare esecuzione alla legge n. 619 del 1952 sul risanamento dei Sassi di Matera, redigendone il piano unitamente al Piano regolatore generale nel 1954. Sono parte di questi interventi i piani per Borgo Venusio (1953-58) e Serra Venerdì (1953-56).

Dalla metà degli anni Cinquanta in poi Piccinato fu l’urbanista italiano di riferimento e furono numerosissimi i piani che portano la sua firma.

Per Siena (1953-55), con Piero Bottoni e Aldo Luchini affrontò il tema dell’equilibrio fra conservazione del bene storico e sviluppo urbano, introducendo la denominazione di zona A per l’ambito del centro storico che diventa oggetto di interventi di salvaguardia e recupero. Al contempo anche il territorio extraurbano veniva tutelato. La scelta insediativa per l’espansione residenziale era quella del ‘quartiere organico’ posto sulle creste collinari: una piccola città giardino, separata dalla città storica.

Fu tuttavia Roma la città che lo vide maggiormente impegnato. Fu consigliere comunale per il partito socialista dal 1956 al 1961 (Insolera, 2010, p. 101) e dal 1954, membro del Comitato di esecuzione tecnico che doveva studiare il nuovo Piano regolatore varato nel 1962.

Il piano prevedeva un dimensionamento della città per una popolazione di 4.000.000 di abitanti (quando ne contava 2.000.000), con uno sviluppo indirizzato su direttrici di espansione. Piccinato sosteneva che la tutela del centro storico comincia dalla periferia: così nacque l’idea di un Asse attrezzato e di un centro direzionale lineare che si doveva sviluppare da est a sud per circa sette chilometri, liberando il centro storico dal traffico e dagli uffici.

Una componente significativa del contributo di Piccinato alla cultura urbanistica proviene dalle sue esperienze internazionali che divennero particolarmente rilevanti nel secondo dopoguerra. Dopo gli incarichi in Argentina – il piano di Buenos Aires risale al 1948 e quello di Ezeiza è del 1948-50 – fu chiamato in Turchia a redigere i piani di Ataköy (1956-59), Bursa (1958-59) e Istanbul (1956-59); in Israele per la città di Eilat (1956-59 e per il territorio costiero nel 1960-65) e di Tel-Aviv (1963-65); Skopje in Macedonia (1965); e dalla fine degli anni Settanta in numerose località dell’Algeria.

Piccinato era convinto del carattere educativo della buona urbanistica e si riferiva alla coscienza civica indotta da una corretta pianificazione che ha come obiettivo la ricerca di corrispondenza tra città e società, tra urbs e civitas (v. il suo scritto Urbanistica medioevale, Firenze 1943).

Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti si ricordano, in particolare, nel 1981 il Grand Prix dell’Associazione internazionale urbanisti e nel 1983 il premio Feltrinelli conferito dall’Accademia nazionale dei Lincei.

Morì a Roma il 29 luglio 1983. A meno di sei mesi dalla morte la sua figura fu ricordata dalla mostra Piccinato in nuce.

Fonti e Bibl.: L’Archivio Luigi Piccinato è conservato presso il Dipartimento di Pianificazione design tecnologia dell’architettura dell’Università di Roma La Sapienza.

G.C. Argan, P. L., in Enciclopedia Italiana. II Appendice, II, Roma 1949, pp. 545 s.; L. P., in 50 anni di professione, a cura di B. Bizzotto - L. Chiumenti - A. Muntoni, Roma 1983, pp. 117-120, 171 s.; C. de Sessa, L. P., architetto, Bari 1985; C. Merlini, L. P. e l’urbanistica moderna, in Urbanisti italiani. P., Marconi, Samonà, Quaroni, De Carlo, Astengo, Campos Venuti, a cura di P. Di Biagi - P. Gabellini, Roma-Bari 1992, pp. 24-95; F. Malusardi, L. P. e l’urbanistica moderna, Roma 1993; E. Franzin, L. P. e l’antiurbanistica a Padova 1927-1974, Saonara 2004; J. Liernur - F. Aliata, Diccionario de arquitectura en la Argentina, Buenos Aires 2004, pp. 66 s.; L. P., in Guida agli archivi di architettura a Roma e nel Lazio, a cura di M. Guccione - D. Pesce - E. Reale, Roma 2008, p. 164; I. Insolera, Piccinato e Roma, in Id., Roma, per esempio: la città e l’urbanista, Roma 2010, pp. 83-108; S.F. Zevi, Archivio L. P., scheda in AAA Italia, Bollettino n. 9, 2010, pp. 40 s.; L. P., in Roma Architetture Biografie 1870-1970, a cura di A.P. Briganti - A. Mazza, Roma 2010, pp. 423 ss.; S. F. Zevi, Attualità del pensiero di L. P.: una riflessione sui materiali dell’Archivio L. P., in Lectures 3. Design, pianificazione, tecnologia dell’architettura, a cura di S. Baiani - V. Cristallo - S. Santangelo, Roma 2014, pp. 132-209; G. Occhipinti, Elenco dei piani e progetti di L. P., in L. P. (1899-1983). Architetto e urbanista, a cura di G. Belli - A. Maglio, Roma, in corso di stampa; S. Zevi - G. Occhipinti, Idee e piani per il territorio romano. Un contributo dell’Archivio L. P., Roma, in corso di stampa.

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