ROSSARI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSARI, Luigi

Sara Pacaccio

– Nacque a Milano il 7 luglio 1797 da Giovanni Angiolo, cancelliere alla Camera di commercio, e da Teresa Cavazzuti. Ebbe una sorella, Peppina, che restò nubile e con cui visse fino alla morte. Dopo aver frequentato le scuole filosofiche di porta Nuova, nel 1816 si iscrisse alla facoltà di legge dell’Università di Pavia (fu alunno del collegio Borromeo) benché i suoi interessi si orientassero piuttosto verso le lettere e le lingue. Nello stesso anno conobbe Tommaso Grossi, a cui si legò presto di fraterna amicizia e grazie alla cui mediazione fu introdotto nel circolo di amici e letterati che si raccoglieva alla ‘cameretta portiana’.

In questa occasione scrisse il sonetto in dialetto milanese Quand per la prima voeulta se va in cà, che fu recitato pubblicamente e che, conservato tra le carte di Grossi (Milano, Archivio storico civico, Fondo Grossi, cart. 5, f. 17), è stato lungamente attribuito a quest’ultimo per la sua collocazione (cfr. T. Grossi, Poesie milanesi, nuova ed. rivista e accresciuta, a cura di A. Sargenti, Novara 2008, p. 288; per l’apparato delle varianti cfr. l’edizione Milano 1988, pp. 175, 277).

Nella ‘cameretta portiana’, forse già nel 1816, incontrò Alessandro Manzoni, di cui sarebbe divenuto negli anni uno dei più intimi amici e vicini collaboratori.

Conseguita la laurea il 14 agosto del 1819, si dedicò per un breve periodo alla pratica dell’avvocatura, ma nel 1821 abbracciò la professione di insegnante, quale maestro di lingua italiana in una classe superiore della scuola elementare maggiore di piazza Mercanti, diretta da Francesco Cherubini; cinque anni dopo, quando fu nominato maestro effettivo, ebbe l’incarico di insegnare anche la geografia. La buona fama presto guadagnata gli permise di affiancare all’insegnamento il lavoro di istitutore privato: nel 1828 Grossi lo presentò a Teresa Stampa, vedova del conte Decio Stampa, perché si occupasse dell’educazione del figlio di lei, Stefano. Quest’ultimo fu per Rossari, che restò celibe tutta la vita, un figlio e un amico e, quando nel 1837 Teresa sposò Alessandro Manzoni, la sua presenza in via del Morone divenne pressoché quotidiana.

Dell’attività poetica, che considerò amatoriale e restrinse alla cerchia degli amici, non restano molte testimonianze: la maggior parte dei testi superstiti si trova in ciò che resta dell’epistolario, in special modo nella corrispondenza con Grossi. Si tratta prevalentemente di componimenti giocosi, dall’impianto narrativo, in dialetto e più spesso in lingua, che rivelano una sorprendente facilità compositiva; la varietà di metro si accompagna a un lessico dal ventaglio ampio, alla costante ricerca della naturalezza espressiva.

Tra le carte del Fondo Grossi dell’Archivio storico civico di Milano, oltre a diverse lettere indirizzate a Rossari da vari intellettuali del tempo, tra i quali Francesco Cherubini, Giuseppe Arconati, Gaetano Cattaneo, Giovanni Torti, Giambattista Giorgini, Giulio Carcano (cartt. 1 e 4), si conservano appunti di vari argomenti che documentano la sua curiosità intellettuale e alcuni testi inediti, tra cui l’abbozzo del primo capitolo di un romanzo storico, La credenza di Sant’Ambrogio (cart. 5, f. 63), ambientato nel 1260 a Milano e steso probabilmente tra il 13 gennaio 1837 e il 12 febbraio 1838. Altri componimenti inediti si trovano presso la Biblioteca nazionale Braidense e il Centro nazionale di studi manzoniani.

Sono legate all’amicizia con Grossi le sestine in dialetto milanese che scrisse In occasion del matrimoni del Sur Tomas Gross cont la Sura Giovanna Alfieri (a cura di Dante Isella, Milano 1975) in qualità di testimone dello sposo. Nell’inverno del 1853 la malattia e la morte dell’amico scossero profondamente Rossari, che aveva coltivato con lui un rapporto sempre più stretto: fu lui a pronunciare il discorso funebre e a fare da tutore ai suoi due figli, Elisa e Giuseppe, dei quali si curò amorevolmente per tutta la vita.

A questa occasione si devono le sue uniche pagine edite in vita (Parole lette ai funerali di Tommaso Grossi dal suo amico prof. Luigi Rossari il giorno 12 dicembre 1853, Milano 1853), in cui emergono alcuni ideali comuni ai due amici, come la difesa del romanticismo e la preminenza della letteratura, intellettuale e liberale, su altre occupazioni. È sua anche una biografia di Grossi inviata a Perrens per la Revue des deux Mondes di Parigi (ripubblicata in Flori, 1938, pp. 287-293).

Più che alla scrittura letteraria, tuttavia, Rossari si dedicò alla ricerca linguistica, sia in proprio, sia partecipando al lavoro di Manzoni. Il suo nome ricorre continuamente nell’epistolario manzoniano, sempre connotato in modo particolare rispetto alla qualità degli interessi linguistici, e i materiali raccolti tra gli Scritti linguistici (a cura di A. Stella - M. Vitale, XVII-XIX, Milano 2000) con le Giunte al Vocabolario milanese-italiano pubblicate da L. Danzi (in L. Danzi, Lingua nazionale e lessicografia milanese. Manzoni e Cherubini, Alessandria 2001, pp. 246-278) mostrano che la sua collaborazione con Manzoni fu costante e ininterrotta fin dagli anni del Fermo e Lucia. La testimonianza più ricca e significativa di tale collaborazione e delle ricerche personali di Rossari è costituita dalle Postille al Dizionario universale di Francesco D’Alberti di Villanuova (Milano 1825), pubblicate a cura di Sara Pacaccio (Milano 2014); a esse va affiancato l’esemplare della seconda edizione del Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini di proprietà di Rossari, altrettanto fittamente postillato (Milano, Centro nazionale di studi manzoniani, Fondo Stampa, 112-113), di cui si attende la pubblicazione insieme ai materiali afferenti alla revisione del Vocabolario milanese-italiano che Manzoni condusse, avvalendosi di vari collaboratori, tra il 1823 e il 1857.

La passione per la lingua italiana e l’insegnamento, sorretta da indubbie capacità individuali e dalla collaborazione con Manzoni, accrebbe la sua fortuna come docente: nel 1841 fu chiamato a insegnare lingua italiana e geografia nelle scuole tecniche istituite quello stesso anno a Milano; due anni dopo gli fu permesso di fregiarsi del titolo di professore; nel 1851, quando la scuola tecnica fu trasformata in scuola reale di due gradi, passò alla scuola reale superiore, divenendo insegnante effettivo dopo sei anni e assumendo per un breve periodo anche l’incarico di direttore. La notorietà acquisita in campo didattico lo rese anche protagonista nelle riforme scolastiche a ridosso dell’Unità: ai primi di agosto del 1859 il governo provvisorio della Lombardia fatta libera lo scelse per la commissione per la riforma dei regolamenti e degli ordini della pubblica e privata istruzione in Lombardia e nel maggio del 1860 entrò a far parte della commissione per il riordino dell’istruzione municipale, insieme a Francesco Ambrosoli (a cui successe dopo pochi mesi Francesco Rodriguez), Cesare Correnti, Paolo Belgioioso, Giovanni Fantoni, Carlo Tenca e Giovanni Visconti Venosta.

Tormentato da ripetute infiammazioni alla gola, chiese di essere collocato a riposo, ma il ministero gli riconobbe la pensione solo nel 1863 e in misura minore, inducendolo a trascorrere quasi in ristrettezze l’ultima parte della vita; egli rifiutò orgogliosamente le offerte di aiuto economico degli amici e si ritirò in una modesta abitazione con la sorella Peppina.

Nel 1865 si ammalò al punto da interrompere per un periodo le proprie attività e le visite a casa Manzoni e da allora la sua salute fu compromessa. Nell’inverno del 1869 le sue condizioni peggiorarono definitivamente e morì l’11 aprile 1870, circondato dall’affetto della città che gli tributò l’onore dei funerali pubblici.

Pochi giorni dopo fu aperta una sottoscrizione per erigere un monumento in sua memoria: quest’ultimo fu inaugurato il 9 giugno 1871, con epigrafe di Giovanni Rizzi; quella composta da Manzoni, insoddisfatto del risultato, restò inedita fino al 1881.

Il ricordo che Giulio Carcano lesse nell’adunanza del 9 giugno 1870 del Reale Istituto lombardo di scienze lettere e arti (di cui Rossari era socio corrispondente dal 1860) descrive appieno il carattere del personaggio: stimato per le sue qualità intellettuali e umane da alcuni dei più illustri contemporanei, per modestia e riservatezza scelse un’esistenza appartata, devota ai più celebri amici.

Fonti e Bibl.: Milano, Archivio storico civico, Fondo Grossi, cart. 1 (ff. 1, 16, 18, 19, 23), cart. 4 (ff. 44, 45, 51-62), cart. 5 (ff. 17, 62-63); Biblioteca nazionale Braidense, Fondo Manzoni, AE XV 7/54, cart. 39, f. B; Centro nazionale di studi manzoniani, Fondo Grossi, cart. Autografi di Rossari.

G. Carcano, Commemorazione di L. R. letta nella adunanza del 9 giugno 1870 del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, estratto dai Rendiconti, s. 2, 1870, vol. 3; L. Rossari, Lettere famigliari (inedite), a cura di I. Comotti, Milano 1910; E. Flori, Scorci e figure del Romanticismo. Da documenti inediti, Milano-Genova-Roma-Napoli 1938; A. Stella, Appunti per un profilo d’un borromaico illustre: L. R., in Omaggio alle lettere, Pavia 1960, pp. 218 s.; A. Manzoni, Lettere, a cura di C. Arieti, con un’aggiunta di lettere inedite o disperse, a cura di D. Isella, I-III, Milano 1986; C. Porta, Lettere di Carlo Porta e degli amici della Cameretta, seconda ed. accresciuta e illustrata, a cura di D. Isella, Milano-Napoli 1989; G. Gaspari, Per l’edizione delle postille manzoniane al Vocabolario milanese-italiano del Cherubini, in Studi di filologia italiana, LI (1993), pp. 231-254; T. Grossi, Carteggio 1816-1853, a cura di A. Sargenti, Milano 2005; M. Fugazza, Prenditoria o ricevitoria? Quattro lettere di L. R. e Giovanni Visconti Venosta, in Voci e volti di casa Manzoni, a cura di A. Stella - G. Gaspari, Milano 2007, pp. 85-100; S. Paifelman, Monografia su L. R. con appendice di testi inediti, tesi di dottorato in italianistica, Università La Sapienza, Roma 2013 (http://padis. uniroma1. it/bitstream/10805/2051/ 1/Tesi%20Dottorato%20 Sara%20Paifelman.pdf, 21 gennaio 2017); L. Rossari, Postille al Dizionario universale di Francesco D’Alberti di Villanuova (Milano, Cairo, 1825), a cura di S. Pacaccio, Milano 2014.

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