ROSSI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSI, Luigi

Silvio De Majo

– Nacque a Montepaone (Catanzaro) il 23 marzo 1769 da Francesco e da Marianna Mattei.

I genitori appartenevano a famiglie borghesi benestanti, come risulta dalla consultazione del catasto onciario di Montepaone (che riporta nel 1743 i nonni di Luigi).

Studiò nel seminario di Catanzaro, dove ebbe per maestro l’abate Gregorio Aracri di Stalettì, studioso di matematica e filosofia, massone, amico di vari riformatori napoletani, che lo indirizzò alla conoscenza del pensiero illuminista. Fu poi all’Università di Napoli, da cui uscì nel 1792 con la laurea in utroque iure. Un ruolo importante nella sua formazione culturale fu svolto dallo zio Saverio Mattei, fratello della madre, famoso intellettuale, grecista e musicologo, al quale, come al di lui figlio Gregorio, suo coetaneo, Rossi fu molto legato.

Si diede alla poesia e nel 1792 pubblicò a Napoli, ‘presso i socj Ferrajolo e Nobile’, il volumetto Poesie di L. R. Tomo primo (ma unico uscito), che conteneva innanzitutto la traduzione del poema Tempio di Gnido di Montesquieu, «in eleganti endecasillabi sciolti e strofe con metri variamente articolati, su modello del Rolli e del Metastasio» (Troiano, 2002, p. 197), vale a dire attraverso «le forme accattivanti ed effusive della quartina metastasiana» (Montanile, 1989, p. 206).

Vi erano poi altre traduzioni dall’inglese e dal tedesco: L’impazienza dell’amore, di autore britannico anonimo, e Il quadro del Diluvio, dello svizzero Salomon Gessner. Il libretto era completato da alcuni suoi componimenti poetici di gusto arcadico, in cui «il grande modello è dato dal Metastasio per lo stile, per l’espressione, per il contenuto» (Donnici, 1985, p. 13): Oreste, monodramma in versi sciolti, e quattordici odi, di cui la prima senza titolo dedicata «al signor consigliere D. Saverio Mattei per la sua celebre versione de’ salmi». Questi i titoli delle altre: I limiti dello Spirito umano; La lite fra la bellezza, e la grazia decisa d’amore (dedicata «alla signora D.C.M.»); La solitudine; L’amor svelato; Lo sdegno; A Nice dolente per la perdita della sua bambina; Lo sdegno di Licori ode di Mr. Bernard (presumibilmente una traduzione o un adattamento di una poesia del francese Pierre-Joseph Bernard); La tempesta; L’invidia; La primavera; Il Mazzetto de’ fiori; Lo spergiuro; Il bacio («imitata da un madrigale di Mr. Bernard»); A Jole lontana. Ode saffica. L’esemplare del volumetto di Poesie posseduto dalla Biblioteca nazionale di Napoli contiene anche in appendice un sonetto manoscritto e autografato da Rossi stesso, intitolato Pel ritorno da Roma a Napoli di Saverio Mattei. Questi componimenti si caratterizzavano per «gusto per la vita, fede religiosa profondamente vissuta, esaltazione dell’amore, attenta meditazione attorno all’uomo ed al suo essere nel mondo, slanci interiori [...] motivi della sua intellettualità, ancora certamente acerba, ma ricca di caratteri positivi» (Donnici, 1985, p. 13).

Negli anni successivi fu aperto simpatizzante delle idee rivoluzionarie che si propagavano dalla Francia; perciò scrisse la poesia L’ombra di De Deo. Sciolti del cittadino L. R., s.l. (ma Napoli) s.a., in onore di Emanuele De Deo, uno dei tre rivoluzionari condannati a morte nel 1794. Fu attivo cospiratore in Calabria; a Corigliano – secondo un arciprete sanfedista – istruiva i suoi coetanei e il giovane principe di Corigliano Francesco Salluzzi, del quale fu istitutore fino al 1796, alle «nefande dottrine oltramontane in una misteriosa casa del rione Cittadella, che tra di loro chiamavano sala di Zaleuco» (Cingari, 1957, p. 89). Nel 1799 pubblicò I dritti dell’uomo. Canzonetta del Cittadino Luigi Rossi, collocata alla fine del Catechismo repubblicano per l’istruzione del Popolo e la rovina de’ Tiranni (Napoli, «l’anno primo della Repubblica Napoletana»).

La canzonetta era composta da dieci quartine di ottonari e «illustrava i principi repubblicani in forma estremamente semplificata utilizzando versi atti ad essere facilmente mandati a memoria» (Guerci, 2002, p. 439). Ogni due quartine subentrava il distico recitato dal coro «Son dell’uomo i primi dritti / Uguaglianza, e Libertà». Era stata «composta probabilmente nel 1793-1794, [...] s’era diffusa largamente in Italia, e aveva raggiunto nel 1795-1796, anche la Sardegna» (p. 459). Il suo inserimento nel Catechismo fece sì che la Giunta di Stato, che processò i giacobini napoletani nel 1799, ne attribuisse la paternità a Rossi; in seguito vari studiosi attribuirono il Catechismo a Michele Natale, vescovo massone di Vico Equense, messo a morte nel 1799, mentre – ha chiarito Luciano Guerci – era la ristampa di uno scritto anonimo, uscito con luogo di stampa Italia (forse Venezia) nel 1797, con la sola aggiunta della poesia di Rossi.

Durante la Repubblica Napoletana fu – dal 18 marzo – segretario del Comitato di legislazione presieduto da Mario Pagano; a inizio maggio risultava componente dell’Alta commissione militare. Inoltre partecipò alle discussioni e alle iniziative della Sala patriottica, una delle più importanti associazioni politiche della capitale. La sua partecipazione alla Repubblica fu tuttavia principalmente di carattere letterario: scrisse alcune belle poesie rivoluzionarie che fecero di lui dell’«innodia patriottica repubblicana [...] il maggior poeta» (Troiano, 2002, p. 197).

Questi i componimenti: La Libertà. Canzone ditirambica al Cittadino generale Championnet. Comandante in capo dell’Armata di Napoli, pubblicata in Giornale patriottico (I, p. 159) e composta di quasi duecento versi, «su struttura cantabile arcadico metastasiana» (Troiano, 2002, p. 198): anche qui ogni tanto subentrava un coretto di due versi (Viva l’albero innalzato / Della nostra libertà); Canzonetta patriottica per lo bruciamento delle bandiere realiste: scritta in dodici quartine per la festa avvenuta il 19 maggio 1799; Inno Patriottico del Cittadino L. R. per lo bruciamento delle Immagini de’ Tiranni: dieci «eleganti quartine [...] di settenari sdruccioli e tronchi», in cui inneggiava «alla conquistata sovranità popolare attraverso il regicidio» (p. 198). L’inno fu messo in musica da Domenico Cimarosa: il foglio volante su cui fu pubblicato recava precisamente il seguente sottotitolo: Posto in musica dal cittadino Cimmarosa, da cantarsi nella festa de’ 30 fiorile sotto l’albero della libertà avanti il palazzo nazionale. Tuttavia non sappiamo, in quanto mancano prove precise, se fu questo (Croce, 1891) o l’inno precedente (Leggi, atti, proclami, 2000) a divenire – sulla musica di Cimarosa – l’inno della Repubblica Napoletana. In tutte le composizioni poetiche «repubblicane» di Rossi emergeva «la retorica ‘ufficiale’ giacobina, origine di un ‘aulicismo patriottico’, che avrà lunga durata nella storia italiana: il senso del grandioso e dell’epico sorretto dalla ricercatezza lessicale, le esclamazioni, le interrogative retoriche, le ripetizioni (anafore, allitterazioni), i parallelismi ritmico-sintattici, la climax, il gusto dell’iperbole, del sarcasmo, dell’ironia e dell’invettiva contro l’avversario, ed infine la vasta gamma di metafore e di termini in quei giorni avvincenti ed emozionanti, come quello del sacrificio e del giuramento sull’altare grondante di sangue della patria, o sotto l’albero della libertà» (Troiano, 2002, pp. 199 s.).

Condannato a morte dalla Giunta di Stato il 23 ottobre «per esser stato [...] Ministro dell’alta Commissione Militare [...], per aver dato alle stampe alcune scellerate composizioni per lo bruciamento delle bandiere e delle sacre immagini reali e di tutti gli scritti favorevoli al trono, e per il catechismo repubblicano, e per essere stato finalmente ascritto nel libro dei giurati della Sala Patriottica» (Sansone, 1901, p. 255), fu giustiziato a Napoli il 28 novembre 1799 insieme al cugino Gregorio Mattei.

Fonti e Bibl.: Per le condizioni socio-economiche della sua famiglia: Archivio di Stato di Napoli, Catasto onciario, ff. 6398, 6399.

Brevi sommarie biografie sono in M. D’Ayala, Vite degl’italiani benemeriti della libertà e della patria. Uccisi dal carnefice, Torino-Roma-Firenze 1883, pp. 534-537; Dizionario del Risorgimento nazionale, a cura di M. Rosi, Le persone, IV, Milano 1937, ad vocem (di A. Simioni, che però sbaglia clamorosamente l’anno di nascita, spostato al 1772). Una recente biografia è in F. Pitaro, Gregorio Mattei e L. R., Montepaone 1999. Scarne notizie sull’attività cospirativa in Calabria tra il 1793 e il 1794 sono in G. Cingari, Giacobini e sanfedisti in Calabria nel 1799, Messina-Firenze 1957, ad ind.; T. Pedio, Massoni e giacobini nel Regno di Napoli. Emmanuele De Deo e la congiura del 1794, Matera 1976, ad indicem. Sulle sue opere poetiche: D. Donnici, Poesia e rivoluzione in L. R., in Periferia, VIII (1985), pp. 10-16; M. Montanile, L. R. traduttore calabrese del «Tempio di Gnido», in Il genio delle lingue. Le traduzioni nel Settecento in area franco-italiana, Roma 1989, pp. 199-207; L. Guerci, I catechismi repubblicani a Napoli nel 1799, in Napoli 1799 fra storia e storiografia, a cura di A.M. Rao, Napoli 2002, pp. 431-460; R. Troiano, Codici linguistici e tecniche retoriche nei canti giacobini e sanfedisti, in Novantanove in idea. Linguaggi miti memorie, a cura di A. Placanica - M.R. Pelizzari, Napoli 2002, pp. 197-201. I quattro maggiori componimenti poetici del 1799 sono riportati in Leggi, atti, proclami ed altri documenti della Repubblica napoletana. 1798-1799, a cura di M. Battaglini - A. Placanica, III, Cava dei Tirreni 2000, pp. 481-491; i tre volumi di quest’ultima opera riportano anche la documentazione sulle cariche ricoperte e altre notizie. La questione dell’inno patriottico del 1799 è in B. Croce, I teatri di Napoli, Napoli 1891, pp. 661 s., e in Leggi, atti, proclami ed altri documenti della Repubblica napoletana, cit., III, p. 488. Il foglio volante con l’inno musicato da Cimarosa è riprodotto in La rivoluzione napoletana del 1799 illustrata con ritratti, vedute, autografi ed altri documenti figurativi e grafici del tempo, a cura di B. Croce et al., Napoli 1899, tav. XL. Il testo e la data della sentenza sono in A. Sansone, Gli avvenimenti del 1799 nelle Due Sicilie, Palermo 1901, p. 255.

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