SACCO, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

SACCO, Luigi.

Maria Luisa Betri

– Nacque a Varese il 9 marzo 1769, ultimogenito dei tredici figli di Carlo Giuseppe e di Maddalena Guaita, di agiata condizione.

Compiuti i primi studi di grammatica e di retorica, si trasferì a Pavia, ove, alunno del collegio Ghislieri, frequentò la facoltà di medicina, nella quale insegnavano Johann Peter Frank, docente di clinica medica e autore del System einer vollständigen medicinischen Polizei, prima grande codificazione di una politica sanitaria, il chirurgo Antonio Scarpa e il naturalista Lazzaro Spallanzani.

Laureatosi l’11 giugno 1792, fu quindi ammesso come medico ‘gratuito’ al servizio nell’ospedale Maggiore di Milano, ove divenne medico ordinario nel 1801 sostituendo Pietro Moscati, il primo ad aver eseguito nel 1778 esperimenti pubblici di innesto del vaiolo, e una delle maggiori personalità degli anni cisalpino-napoleonici, con il quale Luigi Sacco era entrato in dimestichezza. Il suo primo saggio in cui dimostra una notevole abilità scientifica e tecnica, una memoria Sopra una nuova maniera di preparare gl’insetti, presentata nel 1795 alla Società patriotica di Milano (di cui divenne membro corrispondente), ebbe il plauso di Spallanzani.

In virtù del suo patriottismo fu eletto nel luglio 1797 «medico maggiore» della seconda legione della guardia nazionale cisalpina, ma, desideroso di accrescere le sue cognizioni non solo nell’ambito medico, si diede a viaggiare in Italia entrando in relazione con una cerchia di studiosi di botanica, mineralogia, entomologia e, persino, di astronomia e di nautica. Mentre progettava nell’ottobre 1800 di effettuare una spedizione in America, in Asia e in Africa, al fine di ampliare le raccolte naturalistiche del museo di storia naturale dell’Università di Pavia e dell’orto botanico di Milano (Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Carte Sacco, AC XIV 41, ff. 1-9, 1795-1802), la traduzione italiana dell’An inquiry into the causes and effects of the variolae vaccinae (Londra 1798), in cui Edward Jenner aveva reso noti gli effetti immunizzanti del cow-pox, o vaiolo vaccino, trasmesso nell’uomo, suscitò in lui l’interesse per quella nuova pratica di profilassi di un flagello morboso tale da considerarsi «non già come oggetto di sola medicina, ma di politica altresì» (A. Genovesi, Lezioni di commercio, I, Milano 1820, p. 67).

L’esito talora infausto della «vaiuolazione» – ovvero dell’innesto con pus umano sperimentata a metà Settecento da alcuni medici pionieri, celebrata nell’ode di Giuseppe Parini e caldeggiata anche da illuministi come Pietro Verri, che negli ultimi fogli del Caffè l’aveva sostenuta quale misura di una «medicina profilattica [...] che invigila, e anticipa» il male (Sull’innesto del vaiuolo, in Il Caffè, a cura di S. Romagnoli, Milano 1960, pp. 552 s.) – ne aveva di fatto resa sporadica la diffusione. Sacco ebbe la ventura di reperire nell’autunno del 1800, a Varese, un ceppo indigeno di cow-pox in alcune vacche transumanti dalla Svizzera verso la pianura Padana. Con quella materia, egli inoculò innanzitutto se stesso e in seguito alcuni bambini di un borgo del circondario, dando così inizio a una campagna di vaccinazione condotta in numerose località della media Lombardia e a Milano, di cui diede conto, dopo aver effettuato oltre 400 innesti, nelle Osservazioni pratiche sull’uso del vajuolo vaccino, come preservativo del vajuolo umano (1801).

Nel rivendicare il merito di aver contribuito «all’aumento della popolazione, [...] la sola sorgente della forza e della ricchezza delle nazioni», e quindi «al vantaggio della comune nostra patria» (p. n.n.), appellandosi al comitato di governo della Repubblica cisalpina perché intervenisse al fine di «rendere generale l’uso ed i vantaggi della vaccina» (p. 31), Sacco riecheggiava i grandi temi del dibattito allora in corso in Europa sulle attribuzioni e funzioni dello Stato moderno nella politica di tutela della salute pubblica e dell’assistenza. Il governo accolse le sue istanze affidandogli la direzione della vaccinazione e diramando alcune istruzioni sul metodo dell’innesto vaccinico e sulla verifica della sua efficacia. Infine, nei due decreti del 2 novembre 1802 e del 9 maggio 1804 dispose la gratuità della vaccinazione presso tutti gli ospedali e per mano dei medici e chirurghi forensi, stabilendo poi di affiancare a Sacco alcuni delegati con il compito di vigilare in ogni dipartimento sulla sua regolare esecuzione.

Sacco proseguiva intanto la sua instancabile attività di vaccinatore nei dipartimenti al di là del Po, in Toscana (1805), e infine, nell’estate del 1807, nei dipartimenti ex veneti. Nel frattempo, nominato medico primario dell’ospedale Maggiore di Milano nel 1803, diede alle stampe una Memoria sul vaccino unico mezzo per estirpare radicalmente il vajuolo umano diretta ai governi che amano la prosperità delle loro nazioni. Egli dovette tuttavia affrontare molte «difficoltà, contrasti ed anche pericoli nel generalizzare tale pratica» (Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Carte Sacco, AC XIV 41, ff. 75-87, 1830-1831), guardato con sospetto da chi temeva che l’inoculazione vaccinica potesse trasmettere malattie proprie dei bovini, o, ancor peggio, che snaturasse l’uomo ‘minotaurizzandolo’. Per vincere la diffidenza popolare, scrisse addirittura un opuscolo – un’Omelia sopra il Vangelo della XIII domenica dopo la Pentecoste –, diffuso tramite il clero, in cui un vescovo di un’immaginaria città tedesca di Goldstat sosteneva la necessità di farsi vaccinare. Nel Trattato di vaccinazione con osservazioni sul giavardo e vajuolo pecorino (1809), mentre con legittimo orgoglio, concluso il mandato di direttore, indicava in un milione e cinquecentomila il numero totale dei vaccinati nel Regno d’Italia, un terzo dei quali inoculati dalla sua mano, aggiungeva alla massa di osservazioni raccolte i risultati di ulteriori esperimenti sul vaiolo equino (detto giavardo, giarda o giardone), e pecorino, fedele al canone ispiratore di tutta la sua attività, in un continuo susseguirsi di ‘operazioni di confronto’, di cui molte eseguite pubblicamente, secondo la metodologia di Jenner.

Dagli anni Dieci dell’Ottocento si «dispose a novelli intraprendimenti, proposte e pratiche d’agricoltura, d’industria e di terapeutica» (Ferrario, 1858, p. 35). L’Istituto di scienze, lettere ed arti lo premiò per il progetto di due macchine: l’una ideata per ricavare zucchero cristallizzato dalle barbabietole (1811), l’altra per frantumare il lino e la canapa senza il processo di macerazione (1820-22). Si vantò di aver contribuito a migliorare la salubrità dell’aria - un altro dei temi cari all’Illuminismo – grazie a un’opera di bonifica idraulica intrapresa tra il 1817 e il 1819 nell’area acquitrinosa delle paludi di Colico, sulla sponda nord-orientale del lago di Como, ove aveva dei possedimenti. «Moderato e prudente» nella pratica clinica, così da avere «un’estesa privata clientela» (Castiglioni, 1837, p. 131), saggiò gli effetti dell’agopuntura, del cloro liquido nella terapia dei malati di tifo petecchiale, dello iodio nelle affezioni scrofolose.

La mancata conferma nella direzione dell’ospedale Maggiore di Milano, funzione da lui svolta come supplente dal settembre 1828 all’agosto 1832, amareggiò il suoi ultimi anni. Non dovettero giovargli le note di demerito della direzione medica sulle sue numerose «mancanze al servizio» tra il 1817 e il 1820 (Milano, Archivio dell’ospedale Maggiore, Archivio rosso, Medici e chirurghi, cart. 143), e un rapporto della direzione della Polizia, che pur riconoscendone le «cognizioni profonde nella medicina» e la buona condotta politica e morale, lo tacciava di «un contegno piuttosto stravagante e d’incostanza di carattere» (Archivio di Stato di Milano, Autografi, cart. 214).

Ascritto alla massoneria, «forse [...] non ebbe la destrezza dell’ipocrita nel dissimulare il desiderio di lode» (Ferrario, 1858, p. 45): socio di molte accademie scientifiche, italiane, francesi e tedesche, ambì a più prestigiose onorificenze, giuntegli tuttavia tardive, come l’ordine pontificio dello Speron d’oro (1824), insistentemente richiesto per il tramite del cardinale Ercole Consalvi (A.P. Gaeta, Carteggio inedito di Luigi Sacco con le Segreterie di Stato di Pio VII e di Leone XII (1816-1824), in Castalia, II (1946), 4, pp. 215-227) e quello della Corona di ferro di terza classe (1835).

Sposò in età matura Carolina Borghi, già vedova di due mariti e madre di tre figlie, da cui ebbe un’altra figlia, Maddalena, morta adolescente.

Morì a Milano il 26 dicembre 1836.

Un monumento a lui dedicato nell’atrio dell’ospedale Maggiore, opera dello scultore Giovanni Pandiani, fu inaugurato nell’aprile del 1858.

Opere. Lettera di Luigi Sacco Dott. di Med. e Soc. Corr. della Soc. Patr. di Milano al Segretario perpetuo della Società medesima Carlo Amoretti, Sopra una nuova maniera di preparare gl’insetti, in Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, t. 19, Milano 1796, pp. 113-120; Osservazioni pratiche sull’uso del vajuolo vaccino, come preservativo del vajuolo umano, Milano 1801; Istruzione sui vantaggi, e sul metodo d’innestare il vajuolo vaccino pubblicata per ordine del Comitato governativo della Repubblica Cisalpina, s.l. s.d. [1801]; Memoria sul vaccino unico mezzo per estirpare radicalmente il vajuolo umano diretta ai governi che amano la prosperità delle loro nazioni, Milano 1803; Trattato di vaccinazione con osservazioni sul giavardo e vajuolo pecorino, Milano 1809; Sopra un nuovo metodo di preparare il lino e la canapa senza danno della pubblica salute, Milano 1823; De vaccinationis necessitate per totum orbem rite instituendae, Mediolani 1832; Discorso di quanto fece Francesco primo imperatore e re in vantaggio delle Province lombarde con un sunto dell’azione dell’idro-cloro come disinfettante la fibra viva, Milano 1835.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Autografi, cartt. 214, 218; S. Corona, Archivio della Direzione medica, cart. 23, f. 50; Sanità, p.a., cart. 287; Milano, Archivio ospedale Maggiore, Archivio rosso, Direttori, cart. 25, 30; Medici e chirurghi, cart. 143; Archivio storico civico-Biblioteca Trivulziana, Materie, cart. 923, f. 2; Vaccinazione. Provvidenze generali 1801; Consiglio comunale. Deliberazioni 1802-1860, cart. 10, ff. 147, 151, 152; Biblioteca nazionale Braidense, Carte S., AC XIV 41; Varese, Biblioteca civica, Fondo Autografi, alcune lettere di Sacco (1802-06).

Molti i riferimenti a Luigi Sacco negli studi di storia della medicina e della sanità: G. Castelli, Figure dell’Ottocento alla Ca’ Granda. Amministratori, medici, farmacisti, Milano 1940, pp. 257-285; L. Belloni, La medicina a Milano dal Settecento al 1915, in Storia di Milano, XVI, Milano 1962, pp. 933-1028 (in partic. pp. 960-971); Id., L. S. e la diffusione del vaccino in Italia, in Annales cisalpines d’histoire sociale, s. 1, 1973, n. 4, pp. 39-48; Id., S. L., in Dictionary of scientific biography, a cura di Ch.C. Gillispie, XII, New York 1981, pp. 57 s.; U. Tucci, Il vaiolo, tra epidemia e prevenzione, in Storia d’Italia, Annali 7, Malattia e medicina, a cura di F. Della Peruta, Torino 1984, pp. 403-411; G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste europea alla guerra mondiale (1348-1918), Roma-Bari 1987, pp. 277-282. Di lui scrissero, poco dopo la sua morte, due allievi: C.A. Calderini, L. S., in Cosmorama pittorico, III (1837), 1, pp. 6-8, 3, pp. 22-24; C. Castiglioni, Intorno il Dottore L. S., in Effemeridi delle scienze mediche, III (1837), pp. 129-132. Più ampiamente: F. Freschi, Storia della medicina in aggiunta e continuazione a quella di Curzio Sprengel, VIII, parte II, libro XI, Milano 1851, pp. 1016-1027; G. Ferrario, Vita ed opere del grande vaccinatore italiano dottore L. S. e sunto storico dell’innesto del vajuolo umano del vaccino e della rivaccinazione, Milano 1858. Fra i contributi più recenti: G. Armocida - I. Gorini, Nella Lombardia di L. S., in Il vaiolo e la vaccinazione in Italia, a cura di A. Tagarelli, A. Piro, W. Pasini, II, Villa Verrucchio 2004, pp. 673-697; A. Porro, Strategie di educazione sanitaria nelle campagne di vaccinazione. Le varie edizioni dell’Omelia sopra il Vangelo della XIII domenica dopo la Pentecoste (1802-1808), ibid., I, Villa Verrucchio 2004, pp. 363-397.

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