TADINI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

TADINI, Luigi

Marco Albertario

Nacque a Verona il 26 novembre 1745, unico figlio di Alessandro e di Anna Maria Collini. La famiglia Tadini era documentata a Crema dal XV secolo; il ramo legittimo si era estinto nel 1769 con Gabriele, morto senza eredi. Sulla base delle disposizioni scritte dal padre Gerolamo, il patrimonio – ma non il titolo – era passato ai figli naturali Giovanni Battista, Alessandro – padre di Luigi – e Gaetano. La questione ereditaria impegnò Luigi in lunghe cause contro i Tadini Oldofredi di Brescia (Lovere, Archivio storico dell’Accademia Tadini, d'ora in poi ATLas, faldoni XVIII, XIX) e i Tadini di Napoli (faldoni XX, XXI). Analoga cura avrebbe richiesto il recupero dei titoli: l’aggregazione al Consiglio generale di Crema (1780), la conferma del titolo di condottiero di gente d’arme (1786: faldone I, f. 1) e il titolo comitale, riconosciuto con sovrana risoluzione del 4 luglio 1819 (faldone I, f. 3; cfr. l’Elenco delle famiglie lombarde confermate nell’antica nobiltà o create nobili da S.M.I.R.A. dal 1 gennaio 1815 a tutto il 30 settembre 1828, Milano, s.d., p. 58).

Il biografo Giuseppe Fontana (1829) riferiva di una formazione affidata ai migliori precettori tra Verona e Venezia. Questi dati troverebbero indiretta conferma nella produzione poetica, caratterizzata da composizioni occasionali a carattere dilettantesco (nella forma di sonetti e madrigali), delle quali era prevista un'edizone a stampa, come sembra provare il fascicolo Raccolta di varie poesie composte per la musica (Milano 1787; un esemplare in ATLas, faldone VI, f. 6, doc. 564). Francesco Sforza Benvenuti (1859) tracciava il profilo di un entusiasta sostenitore delle novità in tutti i campi (politico, amministrativo), appassionato delle nuove scoperte e amatore di teatro.

Il 29 dicembre 1773 Tadini sposò la nobildonna veronese Libera Moronati, contessa di Salizzole. Il 26 settembre 1774 nacque il figlio, Faustino Gherardo. La famiglia alternava soggiorni a Crema, Verona, Milano e trascorreva la villeggiatura a Lovere.

Nell’ultimo decennio del Settecento la causa contro Giuseppe Tadini obbligò Luigi a frequenti soggiorni a Napoli (dove è documentato tra il 1794 e il 1797). I viaggi furono l’occasione per completare la formazione di Faustino, che aveva concluso gli studi presso il Collegio Mariano di Bergamo. Le tappe – che ricalcano i percorsi del grand tour – si possono ricostruire attraverso le pagine del Ricciardetto ammogliato (Crema 1803), poemetto eroicomico composto da Tadini nel quale sono descritte, sotto falso nome, Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Pisa, Lucca, Malta, Livorno, la Sicilia.

Durante il soggiorno romano – tra la fine del 1794 e l’inizio del 1795 – Luigi e Faustino ebbero modo di conoscere Antonio Canova, nell’ambito del cui entourage maturò il progetto di affidare a Faustino una trattazione delle opere canoviane a partire da una descrizione fornita dal suo segretario Antonio d’Este. Le pitture e le sculture di Antonio Canova pubblicate fino a quest’anno 1795 (Venezia 1796) si articolavano in un commento in prosa e in versi dei dipinti e delle sculture di Canova. A fronte di questa intelligente lettura, più convenzionale appare la citazione canoviana da parte di Luigi Tadini nel Ricciardetto (1803, II, pp. 36 s.) e nei Salmi, cantici ed inni cristiani (Crema 1818, pp. 5, 20 s.). In segno di stima Canova volle donare ai Tadini il bozzetto in terracotta per la statua della Religione nella tomba vaticana di papa Clemente XIII (Lovere, Accademia Tadini). Una fitta corrispondenza con Canova e D’Este, divisa tra l’Accademia Tadini di Lovere e i Musei civici di Bassano e pubblicata nel 2010, permette di ricostruire il rapporto tra i Tadini e Canova negli anni 1795-1822, anche oltre la morte dello scultore, e consente di restituire il ruolo di Luigi Tadini nella costruzione del mito di Canova.

Gli acquisti effettuati durante le visite a Napoli comprendevano ceramiche magnogreche e bronzetti italici che riflettono curiosità antiquarie. Gli interessi di Tadini si rivolsero anche ai prodotti delle manifatture moderne: porcellane di Capodimonte e della Real Fabbrica Ferdinandea (i contatti sono documentati da una lettera di Domenico Venuti, direttore della manifattura) e figurine modellate da Giovanni Schettino, Filippo Tagliolini e Carlo Amatucci.

La morte di Faustino, travolto il 7 dicembre 1799 nel crollo di un’ala del palazzo a Lovere, segnò una svolta nella vita familiare. Luigi si dedicò alla politica, all’attività letteraria e al collezionismo.

Gli anni compresi tra la costituzione della Repubblica Cisalpina e la Restaurazione favorirono un rinnovato impegno politico. Tadini fu eletto capitano della guardia nazionale (1797), membro del corpo legislativo (1797-99), deputato ai Comizi di Lione (1801-02: Note des députés à la consulta extraordinaire Cisalpine convoquée à Lyon, Lyon 1801) e membro del Collegio dei possidenti (Nomina alle cariche costituzionali della Repubblica Italiana promulgata nei comizi nazionali a Lione, Milano [1802]; F. Melzi d’Eril, Memorie-documenti e lettere inedite di Napoleone I e Beauharnais raccolte e ordinate per cura di Giovanni Melzi, I, Milano 1865, p. 568). Le sue riflessioni si ricostruiscono dal Discorso sull’Italiana Unione del cittadino Tadini detto nella pubblica adunanza della Società d’Instruzione, in Milano il dì 14 Mess[idoro]. Anno I, Repubblica Cisalpina, Milano [1797] (un un esemplare in ATLas, faldone IV, f. 6, doc. 443). Minor interesse presenta, anche a causa della modestia dei risultati, la produzione encomiastica dedicata a Napoleone nel primo decennio dell’Ottocento (ATLas, faldone III, f. 1; faldone VI, f. 5).

Nel capitolo autobiografico aggiunto alla Storia di Crema (Crema 1816) da lui commissionata all’abate Bartolomeo Bettoni, Tadini diede un giudizio negativo sul periodo napoleonico. Il radicale mutamento di opinione si spiegava con l’intento di provare con documenti storici la fedeltà di Crema al Sacro Romano Impero per avere conferma dei privilegi e delle autonomie dei quali il centro godeva ai tempi della Serenissima, intenzione sancita dalla dedica del volume a Francesco I d’Austria. Contrasti con l’amministrazione comunale impedirono, nel 1819, la pubblicazione del volume.

Nell’ultimo decennio del Settecento Tadini aveva scritto un poemetto in ottava rima, il già citato Ricciardetto ammogliato, seguito ideale del Ricciardetto di Niccolò Forteguerri (Venezia 1738), nel quale criticava vari aspetti della società contemporanea. Il testo fu pubblicato nel 1803 a Crema, presso Antonio Ronna. Copie dell’opera furono inviate a Melchiorre Cesarotti, Vincenzo Monti, Pier Luigi Grossi, sempre accompagnate da lettere con dichiarazioni di poetica (ma si veda il giudizio di Andrea Mustoxidi, in Lettere di illustri italiani a Mario Pieri, a cura di D. Montuori, Firenze 1863, pp. 168 s.). Il poemetto conobbe una certa diffusione in Francia, come testimoniano le recensioni positive all'edizione italiana (Esprit des Journaux français et etrangers, maggio 1805, pp. 52-63) e la traduzione proposta da Michel de Cubières-Palmézeaux (ATLas, faldone 3, ff. 10, 11), probabilmente rimasta inedita. Un maggior impegno teorico sostanzia le riflessioni sulla melodia e sulla poesia premesse ai Salmi, cantici ed inni cristiani, musicati da Giacomo Gazzaniga e Stefano Pavesi su testo di Tadini (Milano 1817; Crema 1818). Le idee espresse nella pubblicazione furono all’origine della corrispondenza con grandi figure del mondo musicale del tempo (Giovanni Simone Mayr), che allo stato attuale degli studi pare tuttavia limitata a qualche occasionale scambio di lettere.

Le Considerazioni sulla pittura, nate probabilmente per integrare quelle dedicate alla poesia e alla musica, aiutano a ricostruire la formazione della raccolta d’arte: «Qualche bel quadro avevo nelle mie case di Verona e di campagna, ma, per far molti acquisti in questo genere, fu la soppressione di tanti monasteri e chiese, ed i bisogni di tante antiche famiglie, per cui si sono venduti dei capi d’opera a pochissimo prezzo nelle pubbliche aste» (ATLas, faldone XI, f. 15, doc. 1373).

La prima segnalazione della raccolta risale al 1795, quando Luigi Lanzi chiese a Venanzio de Pagave di informarsi sulla sua consistenza. In seguito alla soppressione degli enti ecclesiastici, Tadini acquistò dipinti di scuola cremasca destinati a costituire il primo nucleo di un museo civico, tra i quali la Pala Manfron di Paris Bordon. Tadini tracciò le coordinate della scuola pittorica cremasca intorno ai pittori Vincenzo Civerchio, Carlo Urbino, Aurelio Busso, Vittoriano Urbino, Gian Giacomo Barbelli.

Gli acquisti condotti tra il 1808 ed il 1813 a Verona e a Venezia sono documentati da elenchi (Atlas, faldone XI, f. 14). A Verona Tadini si mosse tra l’Accademia, i cui professori fornirono expertises sulle opere di maggior prestigio, e la frequentazione di rigattieri, mercanti, doratori. Le opere raccolte restituiscono un articolato profilo della pittura veronese tra Quattro e Settecento. Le opere di Jacopo Bellini e dei Vivarini, e quelle attribuite a Giovanni e Gentile Bellini, dovevano ricostruire le origini della scuola pittorica veneziana.

La corrispondenza con eruditi, periti e intellettuali come Lanzi, Mauro Boni e il pittore Sante Legnani, collezionisti come Luigi Malaspina di Sannazaro e Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone, restauratori come Francesco Boldrini (Milano), Carlo Gandolfi e Marco Deleidi (Bergamo), e Antonio Boccalari (Modena), consentì di completare la collezione Tadini con opere di varia provenienza. La Descrizione dei quadri esistenti nella Galleria Tadini in Crema (ATLas, faldone XI, f. 17) restituisce l’allestimento, che non ambiva a illustrare lo sviluppo delle scuole pittoriche italiane, ma esponeva dipinti valutati sulla base di criteri accademici quali la composizione, il colore, il modellato. I materiali raccolti nel Gabinetto delle antichità, preparati naturalistici, e una raccolta mineralogica completavano il percorso espositivo. Il Museo Tadiniano ricevette nel maggio 1815 la visita dell’arciduca Francesco Carlo d’Asburgo-Lorena con l’arciduchessa Sofia di Baviera, e nel febbraio 1816 quella dell’imperatore Francesco I d’Austria.

Nell’estate 1818 Tadini richiese a Canova una scultura per completare la propria collezione. Lo scultore decise invece di realizzare un monumento alla memoria di Faustino Tadini. Dopo aver scartato un Angelo dolente, già destinato al Monumento Stuart in S. Pietro a Roma (poi reimpiegato nel Monumento ad Antonio Canova ad Asolo), Canova volle riproporre il modello elaborato per la Stele Volpato (Roma, Ss. Apostoli) con qualche variante, documentata dal gesso (Bassano, Musei Civici). Nel settembre 1819 il gesso era concluso e si lavorava alla scultura, conclusa entro la primavera 1821. Canova accettò il pagamento disposto da Tadini per il valore del marmo, ma offrì generosamente il proprio lavoro. Nel profilo della donna dolente Luigi volle riconoscere la moglie, che le fonti descrivono irrimediabilmente prostrata dalla morte del figlio. Lo scambio di lettere con Isabella Teotochi Albrizzi, Leopoldo Cicognara e Niccolò Bettoni aiuta a ricostruire il ruolo svolto da Tadini nella costituzione del culto di Canova (scomparso nell’ottobre 1822), rievocato in modo suggestivo da Davide Bertolotti (1825).

Nell’estate 1819, in seguito a un dissidio con gli amministratori di Crema in merito all’edizione della Storia, Tadini aveva scelto di tornare a Lovere. Per desiderio della contessa sua moglie, la Stele canoviana fu collocata in una cappella edificata nel giardino, inaugurata nell’autunno 1821 alla presenza dell’arciduca Ranieri d’Asburgo-Lorena. Tra il 1821 e il 1826, su disegno di Leonardo Salimbeni, fu costruito il palazzo dove dal 1827 furono trasferite le raccolte d’arte, illustrate dalla Descrizione generale dello stabilimento dedicato alle Belle Arti in Lovere dal conte Luigi Tadini cremasco (Milano 1828).

Libera Moronati scomparve nel gennaio 1822 e Tadini trascorse gli ultimi anni in solitudine. A partire dal 1826 accolse in casa il giovane Giovanni Maria Benzoni, destinato nelle sue intenzioni a ereditare il ruolo di Canova, che fu avviato agli studi presso la bottega romana di Giuseppe Fabris. Nel suo ultimo decennio di vita Tadini, come membro della Commissione municipale e della Deputazione provinciale, prese misure volte a sostenere lo sviluppo economico della comunità attraverso l’istituzione del mercato (una pratica già avviata nel 1788); la rettifica dei confini amministrativi di Lovere con alcuni comuni della Valle Camonica (1818-20); l’istituzione di un servizio di barche corriere (1825); interventi urbanistici come la nuova facciata della parrocchiale di S. Giorgio e il rifacimento delle strade; la definizione della strada di collegamento tra la Valle Camonica e il Tonale (1827). Il 12 marzo 1829 fu riconosciuta a Tadini la cittadinanza di Lovere (ATLas, faldone IV, f. 3).

Morì a Lovere il 12 maggio 1829, e fu sepolto accanto alla moglie e al figlio nella cappella del giardino di casa. Con il suo testamento dava disposizioni per l’organizzazione dell’Istituto di belle arti Tadini, con la galleria, la biblioteca e le annesse scuole di musica e di disegno. La galleria conserva integra la collezione (spogliata purtroppo delle raccolte naturalistiche e mineralogiche), la biblioteca e l’archivio.

Fonti e bibliografia

Fonte principale per la ricostruzione della biografia di Luigi Tadini e dell’Accademia è l’Archivio storico dell’Accademia Tadini di Lovere che ne conserva l’archivio domestico. B. Bettoni, Storia di Crema (1816), a cura di M. Sangaletti, Crema 2014, pp. 200, 217 s., 229 s., 238 s., 243 s.; D. Bertolotti, Lettere da Telgate, ossia viaggio in Valcalepio, sul lago d’Iseo e ne’ dintorni, Milano 1825, pp. 89-91; G. Fontana, Discorso storico intorno alla vita del nobile conte L. T., Bergamo 1829; Testamento del nobile conte L. T. (1829), Lovere 1909; L. Magri, Elogio funebre del nobile conte L. T., Bergamo 1833; F.S. Benvenuti, Storia di Crema, Milano 1859, II, pp. 159, 180 s., 183-185, 188, 382-385; Id., Dizionario biografico cremasco, Crema 1888, pp. 262-268; G.A. Scalzi, Guida alla Galleria Tadini. Cenni storici, Lovere 1992; M. Marino, “Salmi Cantici ed Inni cristiani del conte L. T.”. Un opuscolo su musica e poesia del primo Ottocento, in “Et facciam dolçi canti”. Studi in onore di Agostino Ziino in occasione del suo 65° compleanno, a cura di B.M. Antolini - T.M. Gialdroni - A. Pugliese, Lucca 2003, pp. 1071- 1078; Antonio Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini, a cura di M. Albertario, Milano 2010, passim; A tavola con il conte. Porcellane europee della collezione Tadini (catal.), a cura di M. Albertario - I. De Palma, Lovere 2011; E. Mariani, Servi, scolari e buoni padroni: musicisti e committenti a Crema fra Sette e Ottocento, in Insula Fulcheria, XLI (2011), pp. 54-77; M. Albertario, “Darò notizie della mia Galleria”. Le raccolte del conte L. T., in Musei nell’Ottocento. Alle origini delle collezioni pubbliche lombarde. Atti del Convegno, Milano… 2010, a cura di M. Fratelli - F. Valli, Torino 2012, pp. 34-45; P. Tavernari, I Salimbeni Modenesi: un secolo trascorso cavalcando la storia, in A. Guerra - P. Tavernari, La famiglia Salimbeni. Una storia nell’Italia pre e postunitaria, Modena 2012, pp. 23-29; M. Albertario, L. T. e il patrimonio artistico cremasco: alcuni documenti e qualche riflessione, in Rinascimento cremasco. Arti, maestri e botteghe tra XV e XVI secolo, a cura di P. Venturelli, Milano 2015, pp. 145-153; Id., L. T., Giovanni Maria Benzoni e la “leggenda dell’artista”, in C. Pinessi, Giosuè Meli. La riscoperta di un “Gigante”, Bergamo 2015, pp. 74-80; A. Salvagno, La vita e l’opera di Stefano Pavesi, Lucca 2016, pp. 8, 55 s.

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