Luna

Dizionario delle Scienze Fisiche (1996)

Luna


Luna [Lat. luna, affine a lux "luce"] [ASF] Unico satellite naturale della Terra, di cui costituisce anche l'oggetto celeste più vicino: è un corpo opaco che risplende per luce riflessa del Sole. La L. ha, relativ. ai corpi celesti in generale, dimensioni modeste, ma comparativamente ai satelliti degli altri pianeti può essere considerata piuttosto grande; di forma quasi sferica, ha diametro di 3476 km (²27/100 di quello terrestre medio); il suo volume è circa 1/49 di quello terrestre, la sua massa è 81.3 volte più piccola di quella della Terra; ha una densità media di 3.33, pressappoco uguale a quella delle rocce che costituiscono la crosta terrestre e minore quindi della densità media terrestre (5.52); l'accelerazione di gravità sulla L. è circa 1/6 di quella della Terra. La grande vicinanza alla Terra (la distanza varia da 356 410 a 406 670 km), la sua determinante influenza sul regime delle maree, le varie e suggestive apparenze della sua superficie illuminata, le sue fasi, poste a base, queste ultime, del ciclo settimanale e di quello mensile di alcuni calendari, sono altrettanti motivi che hanno fatto riguardare la L., sin dai tempi remotissimi, come uno degli astri più interessanti. Dopo le prime osservazioni telescopiche di G. Galilei (con la precisazione delle maggiori, suggestive apparenze della sua superficie: v. oltre) e l'enunciazione della legge di gravitazione di Newton, la L. divenne oggetto di particolare investigazione scientifica nel campo sia dell'astrofisica che della meccanica. Con l'impiego di cannocchiali e di attrezzature astrofisiche sempre più potenti, nonché di appropriati metodi matematici per interpretare le osservazioni, specie quelle sul moto lunare, le conoscenze su questo astro sono rapidamente aumentate, e oggi v'è in più la possibilità dell'osservazione diretta, sbarcando su esso (com'è già avvenuto, a partire dal 1969). È da ricordare che, per estensione, si chiamano (ma solo nel linguaggio corrente) l. artificiali i satelliti artificiali terrestri, e, talora, lune anche i satelliti di altri pianeti del Sistema Solare, (le due lune di Marte, ecc.). ◆ [ASF] Apparenze della superficie della Luna. (a) Osservabilità. La L. è l'oggetto celeste che meglio si presta a essere osservato con strumenti anche non molto potenti; un cannocchiale di 40 cm d'apertura permette di vedere distinti particolari lontani tra loro solo 500 m. Coincidendo il periodo della rivoluzione della L. intorno alla Terra con quello della rotazione su sé stessa (v. oltre: Moti della L.), la L. volge sempre lo stesso emisfero alla Terra; a causa però dei moti di librazione della L. in longitudine e in latitudine, si rendono periodicamente visibili nel corso del mese sinodico le regioni polari e le regioni prossime ai bordi orientale e occidentale, per qualche grado di là dal cerchio massimo delimitante in media l'emisfero lunare volto alla Terra; complessivamente sono visibili dalla Terra i 6/10 circa della superficie lunare; nulla si vede invece degli altri 4/10, ma anche tale parte nascosta è ormai abbastanza nota, essendo stata fotografata da varie sonde spaziali (a partire dal 1959) e, in parte, esplorata dalle astronavi della serie Apollo (1968 e anni seguenti) con uomini a bordo, che sono sbarcati su essa (1969: v. Luna, esplorazione della). (b) Morfologia principale. La superficie della L. (fig. 1; le denomin. sono quelle ufficiali dell'Unione Astronomica Internazionale) consiste essenzialmente di due tipi di terreno; il primo è terreno ruvido, spesso interrotto da montagne, relativ. chiaro poiché riflette il 18 % della luce solare, e ricoprente i 2/3 circa dell'emisfero lunare visibile e i 9/10 circa della faccia nascosta (zone di questo tipo sono chiamate continenti); il secondo, costituito probab. da distese basaltiche di lava, è più scuro, riflettendo soltanto il 7 % della luce solare, e più levigato, tanto da rassomigliare apparentemente a una superficie liquida (zone di questo tipo sono state denominate mari: → lunare: Cartografia l.). La superficie lunare è poi cosparsa di catene montuose e di formazioni consistenti in una vallata, più o meno circolare, circondata da un anello che s'innalza sul terreno circostante da 300 a 1600 m, e comunem. denominate crateri o circhi; tali crateri sono presenti ovunque, ma con maggior frequenza nelle zone continentali e nel-l'emisfero meridionale. I crateri maggiori superano anche 200 km di diametro: ne sono stati identificati 5 con diametro maggiore di 200 km e 32 con diametro tra 10 e 200 km, mentre si ritiene che il numero di quelli con diametro tra 1 e 10 km non sia minore di 300 000. I crateri differiscono assai, come aspetto, uno dall'altro. A volte sono depressi, con al centro uno o più picchi, della stessa altezza dell'anello del bordo e con alla sommità dei fori (Teofilo, Copernico), in altri casi (Clavio, Plutone, Tolomeo) la superficie interna è piatta e somigliante per aspetto e luminosità alla superficie dei mari, con assenza di picchi centrali. Sulla faccia nascosta della L. i crateri sono numerosissimi, mentre non si nota la presenza di grandi mari; vi si osservano invece delle depressioni, che sono state denominate talassoidi e che differiscono dai mari per essere più chiare e più accidentate di essi per la presenza di numerosi crateri. Oltre ai crateri e alle montagne sono interessanti caratteristiche della superficie lunare i numerosi e lunghi crepacci, larghi circa 1 km, di profondità sconosciuta, che attraversano la superficie senza un'apparente relazione con le varie accidentalità, e le strie, o raggi, che s'irradiano da alcuni crateri (Copernico, Ticone), larghe da 8 a 16 km e lunghe parecchie centinaia di km. (c) Teorie sulla formazione della superficie lunare. Circa l'origine dei crateri lunari esistono due teorie sostanzialmente diverse. La prima attribuisce la loro formazione a processi interni legati alla produzione di energia per decadimento di sostanze radioattive contenute nel globo lunare, con formazione di correnti convettive che avrebbero portato ad accumulo di gas sotto la corteccia lunare già in solidificazione e alla formazione di bolle e poi di crateri; questi processi potrebbero essere stati accompagnati da processi vulcanici veri e propri, come è provato dalla presenza sulla L. di alcuni crateri, quale il Regiomontano, il cui aspetto è assai simile a quello dei crateri vulcanici terrestri; inoltre, osservazioni spettroscopiche, nel 1958, hanno messo in evidenza l'emissione temporanea di gas carbonioso da un punto del cratere Alfonso, il che sarebbe un forte argomento a favore della natura vulcanica di esso. L'altra teoria spiega invece la formazione dei crateri semplic. come dovuta alla caduta di meteoriti. Tali teorie datano dal periodo successivo alle prime osservazioni telescopiche della L. da parte di Galilei. R. Hooke prese in considerazione (1667) sia la possibilità che i crateri fossero dovuti a caduta di corpi materiali sia che la loro formazione fosse dovuta a cause interne, ma rigettò la prima ipotesi, non conoscendo l'esistenza dei meteoriti e non potendo quindi spiegare la provenienza dei corpi extraterrestri. L'ipotesi vulcanica fu accettata da I. Kant (1785) e W. Herschel (1787), come pure ha avuto credito per molto tempo tra gli astronomi la teoria (P. Puiseux, l907) della formazione dei crateri per ribollimento del magma sotto la corteccia lunare. L'ipotesi da impatto fu ripresa solo più tardi, prima da geologi (G.K. Gilbert, 1893) e più recentemente anche da astrofisici (H.C. Urey, 1957). Attualmente, essa è diffusamente accettata, almeno per quanto riguarda la formazione di alcuni crateri maggiori (Ticone, Copernico, Teofilo), perché più facilmente conciliabile con le loro dimensioni e il loro aspetto, e di gran parte di quelli minori, specie dopo che le osservazioni fatte mediante sonde spaziali hanno mostrato che in una data area la distribuzione dei crateri è del tutto casuale. Vi sono però crateri (Clavio, Tolomeo, Alfonso) la cui forma poligonale e il cui aspetto suggeriscono che, molto probab., la loro formazione sia da ascrivere a cause interne, e crateri, come già detto, di assai probabile natura vulcanica. È pertanto difficile sfuggire alla conclusione che ambedue i processi, di impatto e interni, abbiano avuto un ruolo nella formazione dei crateri. Va infine ricordato che esistono crateri minori, detti crateri secondari per distinguerli dai maggiori, detti crateri primari, cui sono associati, che si differenziano da questi per essere meno profondi e con pareti molto arrotondate. La sonda Ranger IX (1965) ne ha fotografati moltissimi con diametro tra 10 m e 100 m, concentrati in gran parte lungo direzioni che s'irradiano da Ticone. Questi crateri potrebbero essere stati prodotti o dalla caduta di detriti pesanti sollevatisi durante la formazione (per impatto con meteoriti) del cratere primario oppure, i più distanti, per fenomeni sismici seguiti a tale impatto. Per quanto riguarda la formazione dei mari, alcuni ritengono che essi siano dovuti a uscita di materia dal globo lunare per la pressione di gas interni, ma trova attualmente anche credito la teoria da impatto, sia da meteoriti che da comete. La diversa distribuzione dei crateri nei mari e nei continenti, il diverso aspetto dei crateri stessi, il fatto che essi siano a volte parzialmente sovrapposti o contenuti uno in un altro, sono tutte circostanze che portano a ritenere come i vari oggetti lunari si siano formati in epoche diverse. Più antichi sembrano essere i continenti, dove i crateri sono più numerosi, e più recenti i mari, dove la densità dei crateri è assai minore. Si ritiene che i crateri più giovani siano quelli più luminosi e con apparenze molto marcate, essendo stata la loro superficie meno esposta a fenomeni di erosione da parte del vento solare. I crateri più recenti, susseguenti addirittura alla formazione dei mari, perché contenuti nei mari stessi, sembrano essere i crateri Eratostene, Teofilo, Copernico, Aristarco. ◆ [ASF] Atmosfera della Luna. (a) Densità. Già nel passato osservazioni spettroscopiche e polarimetriche indicavano che il limite superiore della pressione sulla superficie lunare di un'eventuale atmosfera dovrebbe essere dell'ordine di 10-7 Pa (circa 10-9 torr): un'atmosfera dunque, se esistente, estremamente tenue e non percettibile alle osservazioni telescopiche. Ciò confermava osservazioni ottiche ancora più remote, quali il fatto che il bordo che dovrebbe risultare per noi più profondamente immerso nel-l'atmosfera si vede netto, senza il minimo accenno di assorbimento, l'inesistenza di tracce di crepuscolo, l'assenza, nelle eclissi e occultazioni di stelle, di distorsioni delle immagini degli astri o di diminuzione graduale del loro splendore nei momenti di contatto con il bordo lunare, come dovrebbe accadere se la L. avesse un'atmosfera; tutto ciò è stato confermato da rilevamenti diretti fatti dalle sonde spaziali e dalle astronavi succedutesi via via: si è rivelata una pressione atmosferica dell'ordine di 10-10 Pa, con una densità di particelle (tutte ionizzate) dell'ordine di 103 a centimetro cubo. (b) Presenza di acqua. Le osservazioni indicano che l'acqua e il vapor acqueo sono assenti sulla superficie lunare; si pensava all'eventualità di concentrazioni locali di ghiaccio in quelle zone della superficie lunare (pareti di crateri o di monti) sempre nascoste ai raggi solari, ma l'assenza, tra i campioni di rocce prelevati da astronauti, di minerali con acqua di idratazione fa pensare che, almeno per le zone esplorate, la L. non sia mai stata coperta di acqua. ◆ [ASF] Campo magnetico della Luna. Secondo i dati rilevati dalle sonde Lunik II (1959) e Lunik IX (1966), la L. sembrava non avere un campo magnetico o, per dir meglio, l'induzione di tale campo sulla superficie lunare, ammesso che il campo esistesse, sarebbe stata minore della sensibilità degli strumenti installati sulle sonde, cioè minore di circa 50 nT (duemila volte minore dell'induzione del campo magnetico sulla superficie terrestre). Peraltro, il più sensibile magnetometro che gli astronauti della missione Apollo XII (1969) misero in stazione sul suolo lunare mostrò l'esistenza di un campo magnetico lunare, diretto (nella zona dello sbarco, cioè nell'Oceano delle Tempeste, poco a nord dell'equatore lunare) verso il basso con un'inclinazione di circa 50°, assai debole (induzione del-l'ordine di 35 nT), molto meno intenso di quello terrestre (circa duemila volte meno) ma, al tempo stesso, ben più intenso (circa tre volte più) del campo magnetico interplanetario. In effetti, secondo le attuali vedute, per generare un campo magnetico in un corpo celeste in rotazione, come sono i pianeti solari e la L., occorre che la rotazione sia piuttosto rapida e che il corpo abbia un nucleo conduttore fluido abbastanza grande, rimescolato da correnti convettive. Nel caso della L., nessuna di queste condizioni è attualmente verificata. Può darsi che qualche miliardo di anni fa la L. possedesse un campo magnetico di intensità da 20 a 50 volte minore di quello attuale della Terra, ma può darsi anche che il debole campo riscontrato sia da ascriversi a magnetizzazione del-le rocce provocata da cause esterne (per es., dal campo magnetico solare o da fenomeni magnetici associati all'impatto delle meteoriti). ◆ [ASF] Coda della L.: v. vento solare: VI 522 b. ◆ [ASF] Cosmogonia della Luna. Nello studio della cosmogonia del Sistema Solare la L. è un oggetto di particolare interesse, perché nel corso della sua vita, che si stima di 4 o 5 miliardi di anni, la sua superficie ha subito meno modificazioni e meno processi di erosione di quanti ne abbiano subito la Terra o altri pianeti e satelliti in cui sia presente un'atmosfera. Già da lungo tempo sono state proposte tre diverse teorie per spiegare l'origine del nostro satellite: (a) l'ipotesi del distacco, o della fissione, secondo la quale in origine si sarebbe formato un unico pianeta, la Terra; la L. si sarebbe poi distaccata dalla Terra, mentre questa ruotava più velocemente di oggi ed era ancora in uno stato semifluido; (b) l'ipotesi del pianeta doppio, secondo la quale la Terra e la L. si sarebbero formate in modo autonomo e simultaneamente, nel luogo ove oggi si trovano, per "accrezione" (cioè aggregazione) del materiale della nebulosa primordiale; (c) l'ipotesi della cattura, secondo la quale la L. si sarebbe formata in qualche altra regione del Sistema Solare (o addirittura al di fuori di esso) e sarebbe poi passata nelle vicinanze della Terra, facendosi catturare dal campo gravitazionale di questa. Ciascuna di queste teorie si imbatte in serie difficoltà. L'ipotesi della fissione, proposta da G. Darwin nel 1898, sembrò inizialmente essere avvalorata da due fatti: la quasi coincidenza fra la densità della L. e quella degli strati esterni della Terra e il lento moto di allontanamento della L. dalla Terra (moto causato dalle forze mareali che agiscono fra i due corpi, v. oltre). Tuttavia, ricerche più recenti hanno messo in evidenza che la L. ha una composizione chimica significativamente diversa da quella del mantello terrestre (per es., è più ricca di titanio). Vi sono, inoltre, serie difficoltà dinamiche: per es., l'attuale momento angolare del sistema Terra-L. sembra essere troppo piccolo per giustificare la rapida rotazione della proto-Terra, che avrebbe condotto alla separazione della L.; né si spiega perché l'orbita della L. è inclinata di ²5° rispetto al piano dell'eclittica. L'ipotesi del pianeta doppio presenta una difficoltà ancora maggiore. Infatti, se la Terra e la L. si fossero formate simultaneamente e nella stessa regione della nebulosa primordiale, esse dovrebbero avere una composizione chimica simile, almeno per quanto riguarda gli elementi non volatili, cosa che invece, non si verifica (la L. contiene il 20 % di silicio e il 10 % di ferro, mentre la Terra contiene il 14 % di silicio e il 33 % di ferro). Per quanto riguarda, infine, l'ipotesi della cattura, sorgono nuove difficoltà. L'analisi chimica delle rocce lunari ha rivelato che la proporzione fra l'isotopo più leggero dell'ossigeno (16O) e quelli più pesanti (17O e 18O) è identica a quella delle rocce terrestri. Poiché è noto dallo studio delle meteoriti che questo rapporto è diverso in corpi celesti formatisi in altre parti del Sistema solare, ciò prova che la L. deve avere avuto origine nei pressi dell'orbita della Terra. Inoltre, il processo di cattura costituisce un enigma dinamico: infatti, per rimanere "intrappolata" in un'orbita chiusa intorno al nostro pianeta, la L. avrebbe dovuto rallentare il suo moto, nel momento in cui si stava avvicinando alla Terra, a causa di qualche forza difficilmente ipotizzabile. In definitiva, le tre teorie precedenti hanno dovuto essere abbandonate nella loro formulazione tradizionale. Le nuove ipotesi formulate utilizzano elementi di queste teorie, cercando di sintetizzarli in scenari più complessi che siano in accordo con i dati sperimentali. Per es., la teoria della cattura e quella del pianeta doppio sono state combinate assumendo che nel campo gravitazionale della proto-Terra siano rimaste intrappolate particelle di piccole dimensioni, provenienti da una regione non lontana del Sistema Solare; successiv., per accrezione di queste particelle, si sarebbe formata la Luna. Le difficoltà dinamiche del modello di cattura sarebbero allora più facilmente superabili: infatti mentre non si riesce a trovare un meccanismo di frenamento plausibile per un corpo massiccio, ciò è possibile per particelle di piccole dimensioni (per es., queste potrebbero essere state frenate dall'attrito con il gas della nebulosa primordiale). Un'altra ipotesi che ha guadagnato parecchi consensi è una variante della teoria della fissione, proposta da A.E. Ringwood nel 1986. Ringwood suggerisce che la Terra, ai primordi della sua storia, sia stata investita da una gigantesca meteorite; parte dei materiali espulsi nell'impatto (specie quelli più volatili) sarebbero andati dispersi nello spazio; altri invece, rimasti in orbita intorno alla Terra, si sarebbero successiv. aggregati, formando la L. (fig. 2). Tale teoria supera le difficoltà dinamiche della ipotesi della fissione ed è in accordo con la maggior parte delle caratteristiche chimiche della L. (per es., la percentuale di ferro e le abbondanze relative degli isotopi dell'ossigeno); ma rimangono da spiegare certe differenze di composizione chimica fra le rocce terrestri e quelle lunari. Comunque, la storia geologica della L. può essere riassunta schematicamente come segue. Circa 4.6 miliardi di anni fa la L., che si era appena formata, cominciò a raffreddarsi, generando una primitiva crosta solida. Tuttavia, le rocce che allora ebbero origine sono andate quasi tutte distrutte nell'intenso bombardamento meteoritico che, per parecchie centinaia di milioni di anni, si abbatté sul satellite provocando, a più riprese, la fusione e la risolidificazione dei materiali superficiali. Circa 3.8 miliardi di anni fa la pioggia di meteoriti si attenuò quasi bruscamente; gli ultimi due impatti più catastrofici furono quelli che scavarono i bacini del Mare Imbrium e del Mare Orientale (nell'emisfero invisibile). Proprio mentre stava per concludersi il bombardamento meteoritico più intenso (²3.9 miliardi di anni fa), ebbe inizio una fase di attività vulcanica, che durò almeno fino a 3.2 miliardi di anni fa: immense colate di lava basaltica si riversarono nei bacini dell'emisfero rivolto alla Terra, creando i mari. Spentesi le eruzioni vulcaniche, la L. entrò in una lunghissima fase di quiescenza. La topografia del suolo lunare è da allora cambiata ben poco, salvo che per la formazione di alcuni nuovi crateri da impatto: fra questi, Copernico (che ha un'età di ²900 milioni di anni), Aristarco (²250 milioni di anni) e Tycho (²2 milioni di anni). ◆ [ASF] Età della L.: il numero di giorni a partire dall'ultimo novilunio. ◆ [ASF] Fasi della Luna. Nel corso del mese sinodico varia la posizione reciproca della L. rispetto al Sole e alla Terra (fig. 3) cosicché l'emisfero della L. visibile dalla Terra passa con continuità dalla fase di completa oscurità (L. nuova o novilunio: la L. è in congiunzione con il Sole, nasce e tramonta con esso, A nella fig.) alla fase di completa illuminazione (L. piena o plenilunio: la L. è in opposizione con il Sole, nasce al tramonto, tramonta all'alba, E nella fig.), attraverso fasi intermedie (primo quarto, C, ultimo quarto, G); le quattro fasi lunari sono spaziate regolarmente tra loro di circa una settimana. Siccome 235 mesi sinodici (è il mese sinodico che governa le fasi lunari) sono quasi uguali a 19 anni giuliani (differiscono di 1h 29m 1s), le fasi della L. ritornano dopo 19 anni nello stesso giorno del mese, al massimo con un giorno di differenza (ciclo metonico). ◆ [ASF] Influenza della L. sulla Terra: la L. provoca sulla Terra le maree marine, atmosferiche e della crosta solida (→ marea); è accertata anche un'influenza sugli elementi del magnetismo terrestre; invece le supposte e assai probabili influenze della L. e delle sue fasi sul tempo meteorologico e sulle operazioni agricole (attraverso un'influenza sui cicli germinativi, ecc.), non risultano definitivamente e scientificamente provate. ◆ [ASF] Luminosità della Luna. La luce della L. è unicamente luce solare diffusa e riflessa dalla superficie lunare. Il suo spettro è identico a quello della luce solare diretta; tuttavia, nel dominio delle lunghezze d'onda più brevi, la luce lunare è alquanto meno intensa, per cui la L. appare un po' più rossa del Sole. La magnitudine apparente della L. nella fase di plenilunio è -12.7; nel novilunio, il disco lunare appare lievemente luminoso (luce cinerea) per la luce su di esso rinviata dalla Terra. L'albedo visuale della L. è 0.073; ciò significa che la L. assorbe il 92.7 % della luce che riceve dal Sole. La luce lunare è quasi sempre parzialmente polarizzata, e questo avviene in misura variabile con la fase della Luna. ◆ [ASF] Mari e terre della L.: apparenze della superficie terrestre, così denominate da G. Galilei nelle sue prime osservazioni con il cannocchiale: v. sopra: Apparenze della superficie della L.: (b) Morfologia principale. ◆ [ASF] Moti della Luna. Il moto rispetto al Sole risulta dalla composizione di due principali moti diversi, uno di rivoluzione intorno alla Terra e uno, insieme alla Terra, di rivoluzione intorno al Sole; la L. è poi animata, come la Terra, di un moto di rotazione e di piccoli moti oscillatori (moti di librazione). Il moto proprio della L. sulla volta celeste è in senso diretto, cioè da ovest verso est, con una velocità di circa 13° 11' al giorno; la L. compie il giro completo della volta celeste in rifer. alle stelle fisse in 27d 12h 44m 11.5s e questo è il periodo siderale del moto di rivoluzione intorno alla Terra, cioè il tempo occorrente perché la L. torni, per un osservatore terrestre, in congiunzione con una data stella (mese siderale). Durante una rivoluzione lunare, il Sole si muove lungo l'eclittica, per cui il tempo impiegato dalla L. per ritornare nella medesima posizione rispetto alla Terra e al Sole è maggiore del mese siderale, e precis. uguale a 29d 12h 44m 2.8s (rivoluzione sinodica o mese sinodico, o lunazione). Per quanto riguarda la rivoluzione intorno alla Terra, gli elementi dell'orbita ellittica di cui il centro di massa è uno dei fuochi sono soggetti a forti perturbazioni, prodotte soprattutto dall'azione del Sole. L'eccentricità dell'orbita lunare è 0.055; l'inclinazione sull'eclittica 5° 8' 30''. I punti d'incontro dell'orbita lunare con l'eclittica (nodi) hanno, per effetto delle perturbazioni solari, un moto retrogrado (retrogradazione) con periodo di circa 18 anni e 2/3 (6793 giorni); a causa di questo movimento dei nodi, il tempo che impiega la L. a ripassare per un dato nodo è di 2h 38m più breve del mese siderale, ed è detto mese nodale o draconico. Il punto dell'orbita lunare più vicino alla Terra è detto perigeo, il più lontano apogeo, nei quali la L. presenta un diametro apparente di, rispettiv., 33' 30'' e 29' 30''. La linea che congiunge questi due punti (linea degli absidi) subisce, a motivo delle perturbazioni, un moto nel senso diretto con periodo di circa 9 anni. Il tempo che la L. impiega a ritornare da un perigeo a quello successivo è detto mese anomalistico ed è di 5h 35m più lungo di quello siderale. Poiché il periodo della rotazione della L. è, in condizioni imperturbate, uguale a quello siderale della rivoluzione intorno alla Terra, la L. rivolge sempre il medesimo emisfero alla Terra; peraltro, a causa delle perturbazioni, alle quali abbiamo accennato, di cui soffrono i moti anzidetti, la L. non mostra esattamente sempre lo stesso emisfero alla Terra ma, come detto sopra, un po' più di un emisfero; tale fenomeno è detto librazione lunare e fu scoperto da Galilei, che lo chiamò titubazione; poi fu descritto, studiato e spiegato da G.B. Riccioli, J. Hevelius, F.M. Grimaldi, G. Cassini. Si distinguono tre tipi di librazione: la librazione in longitudine, per cui è possibile in alcuni periodi osservare, verso il lembo orientale o verso quello occidentale, parte dell'emisfero lunare invisibile, per un'ampiezza di circa 8°: è dovuta al fatto che la L. non percorre con velocità costante l'orbita intorno alla Terra; la librazione in latitudine, per cui, a un osservatore terrestre, i due poli lunari non si mostrano sempre nello stesso modo: il fatto dipende dalla non perpendicolarità dell'asse di rotazione della Luna rispetto al piano orbitale; la librazione diurna, o parallattica, per cui un osservatore in un dato punto della Terra, a causa del moto di rotazione terrestre, può, per un effetto di parallasse, vedere parte della superficie lunare altrimenti invisibile, per un'ampiezza di 1° circa. ◆ [ASF] Origine della L.: v. sopra: Cosmogonia della Luna. ◆ [ASF] Penombra della L.: v. vento solare: VI 522 b. ◆ [ASF] Rapporto di massa L./Terra: v. costanti astronomiche: I 807 Tab. 4.1. ◆ [ASF] Rotazione della L.: v. sopra: Moti della Luna e v. meccanica celeste: III 674 f. ◆ [ASF] Storia dell'esplorazione della L.: v. Luna, esplorazione della. ◆ [ASF] Struttura interna della Luna. Alla nostra conoscenza della composizione chimica e della struttura interna della L. contribuiscono diverse fonti di informazioni. (a) Densità. Come già si è detto, la densità media della L. (3.33 g/cm3) è pari a ²60 % di quella terrestre. La differenza è dovuta soltanto in parte al fatto che, nell'interno della Terra, la materia, per la maggiore intensità del campo gravitazionale, è più compressa che nella Luna. La L. deve pertanto essere più povera di elementi pesanti, quali il ferro e il nichel, che sono fra i principali costituenti del nucleo terrestre. Probab. la L. ha una composizione chimica complessiva simile a quella delle rocce superficiali del nostro pianeta, dato che la sua densità è quasi identica a quella del mantello terrestre. Esistono, d'altra parte, delle significative differenze: infatti, come già si è detto, l'analisi delle rocce lunari ha rivelato che queste, rispetto alle rocce terrestri, sono più povere di elementi volatili e più ricche di altri elementi, come calcio e alluminio nel caso delle anortositi (altopiani) e ferro, titanio e magnesio nel caso dei basalti (mari). (b) Terremoti lunari. La struttura interna della L. è stata investigata con gli esperimenti sismologici (passivi e attivi) realizzati nelle missioni Apollo, utilizzando gli stessi metodi impiegati per studiare l'interno del nostro pianeta. I terremoti lunari sono sempre molto deboli: quasi nessuna delle scosse registrate dal 1969 al 1977 (quando la rete sismografica installata dagli astronauti sul suolo lunare ha cessato di funzionare) ha superato il secondo grado della scala Richter. L'energia complessivamente liberata in un anno dai terremoti lunari è circa cento miliardi di volte minore di quella liberata nello stesso periodo di tempo dai terremoti terrestri. Gli eventi sismici osservati sono stati di quattro tipi diversi: terremoti artificiali prodotti dalla caduta di vettori che avevano esaurito la loro funzione o dall'esplosione di cariche a opera degli astronauti; terremoti causati dall'impatto di meteoriti; terremoti superficiali, prodotti dalle dilatazioni e contrazioni del suolo dovute agli sbalzi di temperatura; terremoti profondi, di origine tettonica. Questi ultimi, i più interessanti dal punto di vista dello studio geologico del satellite, hanno ipocentri a profondità comprese fra 600 e 1000 km, che cadono, per la maggior parte, in due fasce sismiche, entrambe situate dalla parte della Terra. Le modalità di propagazione delle onde sismiche hanno condotto a individuare, nel sottosuolo, due superfici di discontinuità principali. La prima, a profondità variabili fra 50 e 130 km, separa la crosta, costituita soprattutto da rocce anortositiche "leggere" (densità 2.9 g/cm3), dal sottostante mantello, costituito da materiali (peridotiti) di maggiore densità (3.3 g/cm3). La seconda, a una profondità di circa 1000 km, separa il mantello dall'astenosfera, che probab. ha una composizione chimica simile a quella del mantello, ma dove le rocce si trovano in uno stato semifuso (ciò è dimostrato dal fatto che le onde sismiche trasversali subiscono forti attenuazioni quando attraversano questo strato). (c) Gravimetria. Lo studio delle traiettorie dei satelliti artificiali in orbita lunare ha dimostrato che il campo gravitazionale della L. non è regolare. Esso è più intenso in vicinanza dei grandi mari, costituiti da basalti, più densi (densità 3.3÷3.4 g/cm3) delle rocce anortositiche che formano la maggior parte della crosta. I dati gravimetrici e sismici indicano che lo spessore dello strato basaltico dei mari varia fra 5 e 20 km. Le concentrazioni di materiali più densi, che danno origine alle anomalie del campo gravitazionale, sono state denominate mascon (dall'inglese mass concentration). Esse dimostrano che nella L., a differenza che nella Terra, viene violato l'equilibrio isostatico. (d) Flusso di calore. Misurazioni, effettuate dagli astronauti nella missione Apollo XVII indicano che la superficie lunare è attraversata da un flusso di calore, proveniente dall'interno, di 0.02÷0.03 W/m2 (cioè fra la metà e un terzo del flusso di calore terrestre). Si tratta di un valore relativ. alto, data la piccola massa della Luna. Queste misure lasciano peraltro adito a dubbi, essendo state eseguite soltanto in due zone, entrambe al confine fra i mari e gli altopiani. Esse, tuttavia, dimostrano che l'interno della L. è caldo; probab., già alla profondità di 1000 km si superano 1000 °C, temperatura alla quale le rocce, in accordo con quanto dedotto dallo studio delle onde sismiche, devono trovarsi in uno stato semifuso. Dal momento che la L., così come la Terra, può essere riscaldata soltanto dal decadimento di elementi radioattivi, il notevole valore del flusso di calore suggerisce anche che il nostro satellite contenga questi elementi in quantità percentualmente maggiori della Terra. Le varie osservazioni discusse finora conducono alla struttura interna della L. rappresentata schematicamente nella fig. 4. In essa si distinguono i tre strati principali già nominati: la crosta, il mantello e l'astenosfera. La crosta è più sottile dalla parte della Terra, dove in media è spessa ²60 km, che non sul lato opposto, dove è spessa ²100 km; in essa sono inglobati i mari, aventi uno spessore di 5÷20 km, che si concentrano quasi tutti nell'emisfero rivolto verso la Terra. Le incertezze maggiori riguardano il nucleo, per il quale è poco probabile una composizione di ferro e nichel, come lo ha la Terra, dato il basso valore della densità media. ◆ [ASF] Temperatura superficiale della Luna. Per quel che riguarda la temperatura del suolo, poiché nel periodo di tempo tra un sorgere del Sole e l'altro (circa 29 giorni terrestri) ogni punto della L. è soleggiato per circa 350 ore (circa 14.5 giorni terrestri) e in ombra per un uguale periodo di tempo, vi sono sulla L. grandi variazioni di temperatura, non attenuate da alcuna atmosfera. Nella fascia equatoriale, esplorata nelle missioni Apollo, la temperatura, durante il giorno, sale fino a ²110 °C mentre, durante la notte, scende a ²-170 °C (gli astronauti, tuttavia, non hanno dovuto affrontare queste temperature estreme, perché gli allunaggi sono avvenuti in zone di confine fra l'emisfero illuminato e quello in ombra); intorno ai poli, dove i raggi del Sole giungono sempre molto bassi sull'orizzonte, la temperatura è relativ. mite e costante; vi sono infine zone, che non sono mai raggiunte dalla luce solare, dove la temperatura termodinamica dovrebbe essere di pochi kelvin (intorno a -270 °C). Forti abbassamenti di temperatura, dell'ordine di 150 °C, si osservano anche durante le eclissi di L.; tale rapido raffreddamento, oltre a essere causato dalla mancanza di atmosfera, è probab. dovuto anche alla piccola conduttività termica del suolo, per cui il calore solare non penetra nell'interno del globo. ◆ [ASF] Teoria del moto della L.: v. meccanica celeste: III 668 d. ◆ [ASF] Teorie analitiche e seminumeriche del moto della L.: v. meccanica celeste: III 670 a. ◆ [ASF] Vita sulla Luna. Nel passato si è a lungo favoleggiato sull'esistenza della vita sulla Luna; ancora nel 1924, l'astronomo W.H. Pickering interpretò certi presunti cambiamenti di colore del suolo, in prossimità del cratere Eratostene, come prova di una vegetazione lunare. L'opinione prevalente, già prima dell'era spaziale, era però che sulla L. non si fosse sviluppata la vita. Nelle prime missioni Apollo, comunque, gli astronauti, al loro ritorno a Terra, vennero assoggettati a un periodo di quarantena, per il caso che fossero rimasti contaminati da Batteri extra-terrestri. Tale precauzione venne in seguito abbandonata. L'esplorazione diretta ha confermato che sulla L. non vi sono organismi viventi, nemmeno fossili. Non è stata trovata traccia neanche di molecole organiche complesse, che possano essere considerate precursori della vita. Del resto, la mancanza di atmosfera e di acqua, insieme alle fortissime variazioni di temperatura, rendono l'ambiente lunare del tutto inospitale per forme di vita simili a quelle terrestri.

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