Lunghezza d'onda Compton

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

lunghezza d’onda Compton

Augusto Sagnotti

La costante di Planck h e la velocità della luce nel vuoto c consentono di associare a una particella di massa m una grandezza caratteristica, detta lunghezza d’onda Compton λC e definita come

===formula===

Il nome trae origine dal fatto che questo parametro determina lo spostamento Compton della lunghezza d’onda λ per luce incidente idealmente su particelle libere, secondo la relazione

===formula===

dove λ′ denota la lunghezza d’onda della luce diffusa a un angolo θ rispetto alla direzione di incidenza. La verifica sperimentale di questa relazione è ritenuta giustamente uno dei capisaldi della fisica del Novecento, in quanto ha reso possibile associare un impulso di intensità h/λ ai fotoni, le particelle responsabili della radiazione luminosa di cui Planck ed Einstein avevano già identificato l’energia, pari a hc/λ. Per un nucleo di idrogeno, per es., λC≅2×10−16m, circa un quinto del suo raggio caratteristico, mentre per un elettrone λC≅4×10−14m. La lunghezza d’onda Compton λC ha un ruolo centrale nello studio di fenomeni all’interfaccia tra relatività speciale e meccanica quantistica, e in particolare nella descrizione delle forze tra particelle. È un risultato di valenza generale che queste forze sono mediate da scambi di altre particelle in modo tale che, se m è la loro massa, i loro effetti divengono trascurabili a distanze maggiori della loro lunghezza d’onda Compton λC. Il fotone, per es., è ritenuto di massa nulla proprio in quanto il raggio d’azione delle forze elettromagnetiche è illimitato, mentre i bosoni W e Z che mediano le interazioni deboli sono massivi e producono effetti che sono direttamente avvertibili solo a distanze non superiori alle dimensioni tipiche di un nucleo atomico. La lunghezza d’onda Compton λC identifica inoltre la minima localizzazione spaziale possibile per una particella di massa m. Se infatti si tentasse di effettuare una misura di posizione con incertezza inferiore a λC, le fluttuazioni quantistiche dell’impulso e quindi dell’energia finirebbero in generale per disintegrarla, coerentemente con il principio di indeterminazione, in base al quale

formula

Pertanto un oggetto si comporta in modo essenzialmesnte ‘quantistico’ se la sua estensione spaziale è molto minore della corrispondente λC, o viceversa in modo essenzialmente ‘classico’ se la sua estensione spaziale è molto superiore a λC. La prima situazione si realizza per le particelle elementari del Modello Standard, mentre l’altra è tipica dei solitoni presenti in alcune sue estensioni.

Stringhe, teoria delle

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