CUCITRICE, MACCHINA

Enciclopedia Italiana (1931)

CUCITRICE, MACCHINA (fr. machine à coudre; sp. máquina para coser; ted. Nähmaschine; ingl. sewing machine)

Gino Burò

L'idea di realizzare una macchina atta a operare il lavoro di cucitura risale al sec. XVIII; numerosi furono i tentativi, dei quali si ritiene primo quello del tedesco Carlo F. Weinsenthall, che nel 1755 brevettò una macchina il cui organo principale era costituito da un ago foggiato a punta ad ambedue le estremità e con la cruna nel mezzo della sua lunghezza. Questa macchina tentava d'imitare i movimenti seguiti nella cucitura a mano e a tale scopo l'ago attraversava alternativamente in un senso e nel senso contrario la stoffa da cucire. Il concetto che aveva guidato il Weisenthall nell'ideare la sua macchina fu seguito anche da altri, ma non riuscì a dare risultati di pratica utilità; solo quando si abbandonò questa falsa via e si immaginò un punto nuovo e nuovi movimenti per l'ago, la cucitura meccanica poté entrare nel campo delle utili applicazioni. È però bene far notare che l'ago a due punte trovò in seguito, per opera del francese Heilmann, importantissima applicazione nelle macchine per ricamare.

Il più antico disegno a noi pervenuto di macchina da cucire è quello della macchina brevettata dall'inglese Thomas Saint nel 1790, atta principalmente a cucire il cuoio. In essa il lavoro scorreva su di un piano orizzontale e un braccio a squadra portava un ago e una lesina, comandati da eccentrici; l'ago con la punta forcuta spingeva un'ansa di filo entro un foro praticato in precedenza dalla lesina, e un gancio, disposto inferiormente al piano di lavoro, afferrava e tratteneva il cappio di filo, che si era così formato, finché l'ago nella seguente discesa v'introduceva un nuovo cappio; allora il gancio abbandonava il primo filo e afferrava il secondo preparandosi alla formazione di un secondo punto; si aveva così l'intreccio noto sotto il nome di punto a catenella semplice. Ricordiamo ancora i tentativi dell'inglese Duncan (1804), degl'inglesi Thomas Stone e James Henderson (1804), di Giuseppe Madelsperger (1814), che però non diedero soddisfacenti risultati.

Pratica utilità raggiunse per prima la macchina brevettata nel 1830 dal sarto francese Barthélemy Thimonnier, di Saint-Étienne, per quanto anch'essa imperfetta. Era questa costruita in legno e consisteva essenzialmente di un ago con la punta ripiegata a uncino che, abbassandosi, attraversava la stoffa, afferrava il filo che gli veniva offerto inferiormente al piano di lavoro da un apposito organo caricatore e, ritraendosi, ne trascinava con sé un cappio che veniva a passare attraverso il cappio formato nel punto precedente; l'intreccio così ottenuto formava il punto a catenella semplice superiore. L'invenzione del Thimonnier ebbe favorevole accoglienza: a Parigi, in via di Sèvres, fu impiantato un laboratorio con ottanta di quelle macchine per cucire indumenti militari, ma gli artigiani, temendo da esse una pericolosa concorrenza, si sollevarono e li distrussero (1831). Il Thimonnier continuò ancora nei suoi tentativi, perfezionando sempre più la sua invenzione, costruendo macchine metalliche anziché di legno, ma fu perseguitato dalla sfortuna.

La prima idea di cucitura meccanica a due fili con punto di spola e di un ago con la cruna presso la punta si deve all'americano Walter Hunt di New York, che dal 1832 al 1834 costruì una macchina munita di un ago ricurvo con la cruna presso la punta, disposto orizzontalmente e fissato per il suo calcio all'estremità di un braccio oscillante verticale; guidato dall'oscillazione del braccio, l'ago attraversava la stoffa, sospesa verticalmente, e, ritraendosi di un poco, offriva il filo allargato a cappio al passaggio di una spola, contenente un rocchettino di filo; subito dopo, l'ago si rititraeva completamente dalla stoffa e procedeva alla formazione di un nuovo punto. Hunt non brevettò la sua macchina e il suo principio rimase inutilizzato sino al 1844, nel quale anno gli americani John Fisher e James Gibbons presero un brevetto per una macchina atta a cucire con punto di spola. In essa un ago verticale, con la cruna presso la punta, attraversava la stoffa dal basso all'alto e, ritraendosi, formava superiormente al piano di lavoro un cappio di filo entro cui veniva a passare la spola. Nel 1846 apparve la macchina dell'americano Elias Howe, simile alla macchina di Hunt; ma il suo inventore non seppe darle quella giusta combinazione di organi necessaria a renderla di pratica utilità. L'americano Allan B. Wilson ideò nel 1851 un nuovo dispositivo per produrre lo stesso intreccio di fili che si aveva con la macchina di Howe; egli sostituì alla spola un rocchettino fisso e un disco girante, munito di un dente destinato ad afferrare il filo; da questa macchina originò la macchina Wheeler e Wilson.

Nello stesso anno l'americano William O. Grover, sarto di Boston, ideò il punto a doppia catenella e, per realizzarlo, costruì una macchina a due aghi, l'uno sottile e diritto, disposto superiormente al piano di lavoro, l'altro ricurvo e grosso, disposto inferiormente; da questa ebbe origine la macchina Grover e Baker. Al 1851 risale il brevetto rilasciato all'americano Isaac Merrit Singer per una macchina munita di un ago sottile e diritto, capace di moto alternativo verticale, e di un trasportatore costituito da una ruota dentata.

Nel 1854 l'americano Seymour brevettò la sua macchina per orlare i cappelli di feltro; nel 1857 la macchina per punto a catenella semplice ricevette dagli americani J. Wilcox e James A. E. Gibbs forma pratica e industriale.

Nello stesso anno Howe presentò perfezionata la sua macchina col piano di lavoro orizzontale e l'ago raddrizzato, adatta anche a lavori pesanti. Il merito dell'invenzione del punto di spola fu riconosciuto a Howe: in un processo da questo intentato a Boston contro tutti i costruttori americani di macchine da cucire per punto di spola, non poterono essere riconosciuti i diritti di priorità di Hunt, perché la richiesta di brevetto da parte di quest'ultimo era stata fatta a distanza di tempo troppo grande dalla vendita della prima macchina.

Dopo queste prime invenzioni molti costruttori hanno studiato perfezionamenti e disposizioni più pratiche e più adatte alle necessità dell'industria; alcuni (Legat, Laing, ecc.) ideando nuovi intrecci dei fili, altri senza distaccarsi dai principî cui s'erano conformate le sopra indicate invenzioni.

Nella fig. 1 si rappresentano le tre specie di punti che si possono ottenere con le machine da cucire; punto a catenella semplice, punto a catenella doppia e punto di spola, ossia doppia impuntura; a formare il primo punto occorre un solo filo, per gli altri sono necessarî due fili, disposti uno superiormente, l'altro inferiormente al tessuto da lavorare. Organo principale della macchina da cucire è l'ago con la cruna presso la punta (fig. 2); esso presenta lungo il gambo due scanalature, l'anteriore più lunga della posteriore, che accolgono il filo durante il movimento di discesa. Quando l'ago risale, la parte di filo posteriore ad esso è trattenuta dall'attrito contro la stoffa e forma un cappio; entro questo è necessario introdurre un filo per ottenere la cucitura.

Nelle macchine per punto a catenella semplice il cappio formato dal filo viene afferrato e trattenuto da un crochet disposto inferiormente al piano di lavoro (fig. 3) e costretto a compiere oscillazioni in un piano verticale; l'ago si risolleva completamente e, dopo che il trasportatore ha fatto avanzare la stoffa per la lunghezza di un punto, ridiscende e attraversa il cappio trattenuto dal crochet; questo oscillando l'abbandona e afferra il nuovo cappio presentatogli dall'ago. Il punto così ottenuto prende il nome di punto a catenella semplice inferiore, perché l'intreccio, o catenella appare sulla faccia inferiore della stoffa. Lo stesso intreccio, ma a catenella superiore, si ottiene secondo il dispositivo Bonnaz (fig. 4); l'ago non ha cruna e ha l'estremo foggiato a uncino: quando esso discende viene accolto da un cilindro cavo verticale, disposto inferiormente al piano di lavoro, e che presenta all'orlo superiore un dente destinato a guidare il filo, anch'esso disposto inferiormente; il cilindro compie un giro intorno al suo asse e di conseguenza il dente avvolge il filo intorno all'ago. L'ago risollevandosi porta con sé un cappio di filo entro cui, nella formazione del seguente punto, viene a passare il nuovo cappio.

La disposizione ideata da Willcox e Gibbs per punto a catenella inferiore si serve di un crochet rotativo (fig. 5). Esso è attaccato direttamente alla testa dell'albero maestro e termina con una doppia punta, di cui l'anteriore afferra il filo offerto dall'ago all'inizio del moto di ascesa; allora il crochet compie un intero giro mentre l'ago sale e ridiscende, e la sua punta posteriore offre all'ago il cappio in presa mentre la punta anteriore afferra il nuovo cappio.

Le macchine per punto a catenella (fig. 6) sono le più semplici nella disposizione dei loro meccanismi e celerissime nel lavorare; il punto da esse formato è elastico e bene si adatta per cucire tessuti a maglia; presentano però l'inconveniente che la cucitura da esse operata è debole e basta che si rompa una maglia o che non s'intrecci con la seguente perché il più piccolo sforzo disfaccia la cucitura. Quest'ultimo inconveniente non si verifica nelle macchine che operano il punto a doppia catenella. L'intreccio dei fili prodotto da esse presenta una notevole solidità; ha però l'inconveniente di richiedere grande quantità di filo. Talune di queste macchine sono munite per il loro funzionamento di due aghi: uno superiore diritto e sottile, uno inferiore grosso e ricurvo, ambedue con la cruna presso la punta. L'ago superiore (fig. 7) si abbassa e viene a passare entro il cappio formato, nel punto precedente, dal filo inferiore e guidato dall'ago ricurvo; questo che si trovava infilato al cappio precedente del filo superiore, si ritira abbandonandolo e riavanzando s'infila nel cappio formato dall'ago superiore nel suo movimento di ascesa. Quando l'ago superiore si è ritirato completamente, il trasportatore fa avanzare la stoffa per la lunghezza di un punto, l'ago superiore ridiscende e procede alla formazione di un nuovo punto. Lo stesso intreccio si può ottenere anche con due aghi diritti, mossi normalmente l'uno all'altro. Il punto a doppia catenella è soggetto a deteriorarsi, perché ne risulta sopra una delle facce del lavoro una specie di treccia con piccoli nodi spo1genti che si logora facilmente; esso richiede inoltre una lunghezza di filo molto maggiore della lunghezza della cucitura che si è operata.

Il punto di spola è quello più comunemente usato nella cucitura meccanica. Esso presenta notevoli vantaggi sul punto a catenella doppia; infatti: non è possibile disfarlo tirando i fili; per una stessa lunghezza di cucitura richiede una quantità di filo molto minore; è meno soggetto a deteriorarsi; ha eguale aspetto su ambedue le superficie della stoffa. Per ottenere quest'ultimo requisito è però necessaria, durante il lavoro, una giusta tensione di ambedue i fili, in modo che il loro intreccio avvenga attraverso lo spessore della stoffa; se la tensione di uno dei fili vince la tensione dell'altro, l'intreccio appare dalla parte del filo più tirato. Il punto di spola si può ottenere in maniere diverse: i due metodi principali sono quello ideato da Hunt e perfezionato poi da Singer, e quello ideato da Wilson. Il primo di questi si vale, per la formazione del punto, di una piccola spola metallica, avente la forma indicata nella fig. 8 e contenente nel suo interno una piccola capsula su cui è avvolto il filo inferiore: la tensione del filo che esce dalla spola è regolata dalla pressione di una piccola molla. La spola è animata da moto alternativo orizzontale, sotto il piano del lavoro: quando l'ago è disceso e il filo superiore ha formato il cappio, la spola è spinta a introdurre in esso la sua punta e, continuando il suo movimento, ad allargarlo e a passarvi attraverso; l'ago quindi risale e, mentre la spola è riportata nella sua posizione primitiva, il trasportatore fa avanzare la stoffa per la lunghezza di un punto ed il cappio del filo superiore viene stretto da uno speciale organo a leva detto serrapunto. A. B. Wilson ricorse all'impiego di un uncino afferratore girante, costituito da un disco attaccato alla testa dell'albero maestro; il suo orlo è interrotto e presenta una punta volante destinata ad afferrare il filo superiore (fig. 9). Il disco è inoltre cavo e può accogliere nella sua cavità una capsula fissa contenente la bobina del filo inferiore. A partire dalla base di attacco della punta volante, l'orlo del disco presenta una scanalatura destinata a dar sede al filo superiore durante la formazione del punto e a guidarla su una superficie inclinata verso il davanti che le fa seguito. Quando l'ago si è abbassato, l'uncino rotando va a infilarsi con la sua punta nel cappio formato dal filo superiore, in modo che questo venga a trovarsi con un ramo compreso tra la capsula e il disco, e con l'altro disposto dietro il disco. È questo secondo ramo che, continuando la rotazione dell'uncino, si adagia nella scanalatura, che già si è detto essere praticata sull'orlo, e da essa è guidato sulla superficie inclinata che lo rovescia sul davanti della capsula. In questa maniera il filo inferiore attraversa il cappio del filo superiore, e si ottiene il medesimo intreccio dei fili che con la spola di Hunt.

Disposizione intermedia tra la spola e l'uncino afferratore girante è la bobina centrale a crochet oscillante, ideata dalla casa Singer. Il crochet ha, in questa disposizione (fig. 10), l'orlo a settore di cerchio, che si adatta a una guida circolare, entro la quale oscilla. Una bobina all'interno della capsula contiene il filo inferiore che esce all'esterno in un punto prossimo all'orlo interno del crochet. Il crochet è munito di una lunga punta afferratrice, che s'introduce nel cappio formato dal filo superiore e l'allarga; quando poi l'ago si è risollevato, tutta la spola passa attraverso la boccola, il serrapunto tira il filo superiore, e mentre la spola retrocede nella sua prima posizione, il trasportatore fa avanzare la stoffa per la formazione del punto seguente.

Nelle macchine che cuciono con punto di spola, mentre il filo superiore è fornito direttamente da un comune rocchetto del commercio, il filo inferiore si svolge dalla bobina contenuta nella capsula; poiché su quest'ultima si può avvolgere solo una quantità limitata di filo, è necessario cambiarla spesso per ricaricarla. Per ovviare a questo inconveniente le comuni macchine portano uno speciale dispositivo che permette alla cucitrice di avvolgere il filo sulla bobina in modo regolare e il più celermente possibile; nelle grandi industrie, per evitare anche il minimo sciupio di tempo, sono state introdotte apposite macchine atte a operare l'avvolgimento del filo sulle bobine, che vengono in seguito distribuite già pronte alle operaie. Molti meccanici hanno tentato di risolvere il problema in modo radicale, cercando di sostituire alla comune spola una spola di maggiori dimensioni, tale da poter contenere nel suo interno un rocchetto del commercio. La difficoltà incontrata in questi tentativi sta nel dover formare il cappio del filo superiore molto più ampio del comune per permettere alla spola di passarvi attraverso, dalla qual cosa derivano una corsa più lunga per il serrapunto e la necessità di far scorrere una maggiore lunghezza di filo entro la cruna dell'ago, inconvenienti che limitano la velocità della macchina per non eccedere nelle velocità del serrapunto e del filo.

La cucitura meccanica è stata applicata a un numero grandissimo di lavori speciali; per soddisfare alle nuove esigenze è stato necessario nei singoli casi operare su di esse alcune modifiche, che però non hanno fatto variare il meccanismo nella sua essenza. Così alcune macchine per calzoleria, poiché non sempre in tale industria il lavoro si può disporre in piano, presentano la particolarità di aver sostituito al piano di lavoro un braccio orizzontale (macchine a braccio) o verticale (macchine a colonna) che porta la spola nella sua estremità; ad esso si può infilare la calzatura su cui si vuole operare (fig. 11 a). Il meccanismo trasportatore in alcune macchine è contenuto nello stesso braccio o colonna, mentre in altre, come a fig. a l'impulsione del materiale è operata dalla vibrazione del piedino di pressione. Le macchine destinate a cucire grossi spessori di cuoio con filo impeciato (macchine per cucire suole, per sellai, ecc.) per ovviare all'impedimento derivante dalla viscosità della pece, sono munite di una piccola caldaia di pece bollente entro cui passa lo spago che va a formare il punto. Macchine speciali si costruiscono per cucire stoffe molto pesanti e difficili a maneggiarsi (vele per bastimenti, tappeti ecc.) che, diversamente dalle ordinarie, sono disposte in modo che resti fisso ad appositi sostegni il lavoro, e progredisca lungo esso l'apparecchio che opera la cucitura. Esistono macchine a più aghi (sino a 12) posti tra loro a distanza regolabile, capaci di operare simultaneamente altrettante cuciture parallele, per poter trapuntare coperte ovattate, stoffe imbottite, ecc. nel minor tempo possibile. La fig. 11 b illustra una macchina a due aghi per punto a giorno. Più di 2000 sono le varietà di macchine da cucire adoperate nelle diverse industrie: macchine per rammendare, per pieghettare, per cucire trecce di paglia, cappelli, guanti, per orlare occhielli, attaccare bottoni, per cucire copertoni, sacchi, cartoni Jacquard, ecc. Da ricordarsi ancora sono le macchine ricamatrici, capaci di seguire le linee più tormentate e di operare i più complicati ornati con la massima speditezza e precisione. Le macchine da cucire ricevono generalmente il movimento dalla persona che se ne serve, o per mezzo di una manovella, o per mezzo di un pedale (figg. 11 c-d), sono però usati per azionarle anche piccoli motori elettrici, applicati o facenti corpo con la macchina, alimentati con la comune corrente d'illuminazione (figg. 11 e-f); con questo ultimo tipo si può raggiungere una velocità di circa 1000 punti al minuto. Nella grande industria l'azionamento meccanico delle macchine da cucire ha grande importanza (il rendimento raggiunge i 4000 punti al minuto).

Bibl.: Herzberg, Die Nähmaschine, Berlino 1863; H. W. Lind, Das Buch von der Nähmaschine, Berlino 1891; A. Galassini, Macchine da cucire e da ricamare, Milano 1894; G. Behrendsen, Maschinennähen, Berlino 1922.

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