MACEDONIA

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Macedonia

Anna Bordoni e Ciro Lo Muzio
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Geografia umana ed economica

di Anna Bordoni

Stato interno dell'Europa sud-orientale. Il Paese è caratterizzato da una eterogeneità culturale ed etnica, di conseguenza la popolazione complessiva (2.022.547 ab. al censimento del 2002) è divisa in Macedoni (64,2% degli abitanti), Albanesi (25,2%), Turchi (3,9%), Romeni (2,7%), Serbi (1,8%), Bosniaci (0,8%) e altri. Al pari di altri Stati dell'area (come Bulgaria e Albania), la M. ha conosciuto una forte emigrazione e, alla metà del primo decennio del 21° sec., oltre 500.000 Macedoni vivevano tra Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Inoltre, poiché la vicina Bulgaria ha buone prospettive di essere ammessa nell'Unione Europea entro il 2007, più di 60.000 Macedoni (in grande maggioranza Slavi) hanno chiesto e ottenuto la cittadinanza bulgara, al fine di potersi inserire all'interno dei Paesi dell'Unione. Se a questo si aggiunge che il tasso di crescita della popolazione slava è sceso nel 2004 all'1,6% contro il 4,3% della popolazione albanese, è evidente come a breve (forse il tempo di una generazione) l'etnia albanese potrebbe divenire maggioritaria. Inoltre, nel novembre 2004 il referendum sulla decentralizzazione ha rischiato di riaccendere le tensioni interetniche tra la maggioranza slava e la minoranza albanese (v. oltre: Storia). La struttura urbana è dominata dalla capitale Skopje, città che accoglie circa un quarto della popolazione del Paese, mentre delle altre città soltanto Kumanovo supera di poco i 100.000 ab. (censimento 2002). Il programma di stabilizzazione politica, iniziato nella seconda metà degli anni Novanta del 20° sec., con l'aiuto delle istituzioni finanziarie internazionali, ha determinato qualche piccolo progresso in campo macroeconomico, come la riduzione del deficit di bilancio, il contenimento dell'inflazione e la crescita costante del PIL. Nulla, però, è cambiato per quanto riguarda il lavoro: la disoccupazione è in aumento (37,3% nel 2005) e prospera un'economia di tipo informale, che si calcola rappresenti tra il 30 e il 40% del PIL; il lavoro nero, anche nelle stesse imprese pubbliche, è ormai una delle maggiori piaghe di un Paese in cui il 25% della popolazione vive con appena un dollaro e mezzo al giorno. Nelle regioni meridionali la situazione è resa meno difficile dai vicini Greci che vi si recano per acquistare alimenti e capi di abbigliamento dai prezzi più competitivi. Per quanto riguarda i settori produttivi, nel 2004 l'agricoltura ha contribuito alla formazione del PIL per il 12,9%, l'industria per il 28,6%, i servizi per il 58,5%. I maggiori comparti del settore manifatturiero sono quello alimentare e quello tessile. Quest'ultimo, in particolare, ha conosciuto un enorme sviluppo nell'ultimo decennio del Novecento, grazie al processo di delocalizzazione che ha interessato le maggiori aziende internazionali del settore. Queste industrie dipendono totalmente dai committenti, che inviano tutto il necessario alla produzione, e soffrono della concorrenza dei Paesi asiatici, dove i costi della manodopera sono inferiori: sono state quindi costrette a operare un vero e proprio dumping sociale, riducendo i salari e aumentando le ore di lavoro.

Storia

di Ciro Lo Muzio

Indipendente dal 1991, e per un decennio rimasta immune dai conflitti che avevano accompagnato la disgregazione della Iugoslavia, la M. affrontava il passaggio al 21° sec. in una situazione di grave stagnazione economica e di incertezza politica, segnata, inoltre, da preoccupanti sintomi di instabilità. Alla fine del 1999 venne approvata una nuova coalizione di governo, che era formata dall'Organizzazione interna rivoluzionaria di Macedonia (VMRO-DPMNE, Vnatrešno-Makedonska Revoluciona Organizacija-Demokratska Partija za Makedonsko Nacionalno Edinstvo) - partito di orientamento nazionalista che alle precedenti elezioni legislative (1998) aveva battuto l'Alleanza socialdemocratica di Macedonia (SDSM, Socijaldemokratski Sojuz na Makedonija), al potere sin dall'indipendenza (1991) -, da Alternativa democratica (Demokratska alternativa) e dal Partito democratico albanese (Partia demokratike Shqiptare). La coalizione, tuttavia, non diede prova di maggiore efficienza e stabilità rispetto alla precedente; il programma di privatizzazione di alcune grandi imprese statali in grave deficit, sollecitato dal Fondo monetario internazionale, procedeva con lentezza, mentre scandali politici testimoniavano il permanere della corruzione. Un'altra fonte di preoccupazione era costituita dall'accrescersi delle tensioni interetniche, alimentate in particolare dalle rivendicazioni della consistente minoranza albanese, ma anche dalla presenza sempre più radicata, nella fascia di territorio ai confini con il Kosovo, di gruppi armati albanesi appartenenti soprattutto all'Esercito di liberazione nazionale (UÇK, Ushtria Çlirimtare Kombëtare), originariamente collegato all'analoga formazione kosovara (UÇK, Ushtria Çlirimtare e Kosovës), ma da questa ufficialmente distinto. Benché 'ideologizzate', queste milizie apparivano, di fatto, saldamente legate alle attività della criminalità organizzata (in particolare il traffico internazionale di stupefacenti), per le quali la M. era da tempo un importante crocevia.

La situazione degenerò nei primi mesi del 2001, quando gruppi armati albanesi penetrarono dal Kosovo nella parte settentrionale della M. e, con azioni di guerriglia contro le forze di polizia macedoni, conquistarono rapidamente il controllo sulle aree di Tanuševci e di Tetovo, roccaforte del nazionalismo albanese; la loro avanzata fu arrestata da bombardamenti dell'esercito macedone. L'insurrezione fu immediatamente condannata dalla Unione Europea (UE) e dagli Stati Uniti che, tuttavia, sollecitarono Skopje ad accelerare la ricerca di una soluzione pacifica. La M., che in aprile firmava un accordo di stabilizzazione e associazione con la UE, diede riscontro alle pressioni internazionali dando vita a una grande coalizione che, oltre al VMRO-DPMNE e al Partito democratico albanese, comprendeva anche due partiti precedentemente alleati d'opposizione - la SDSM e il Partito per la prosperità democratica (Partia e prosperiteti demokratike) - in nome di una strategia tesa a isolare le frange estremiste (condannate dagli stessi partiti albanesi) e a escluderle dai negoziati. Le tensioni si placarono con l'accordo siglato il 13 agosto a Ocrida, che, con una serie di emendamenti costituzionali, assecondava le richieste degli albanesi sullo statuto della loro lingua (che diveniva la seconda lingua ufficiale del Paese), sul riconoscimento dell'università albanese di Tetovo e sulla più ampia presenza di rappresentanti albanesi in parlamento e nell'amministrazione; il giorno successivo l'UÇK acconsentiva al disarmo delle sue milizie sotto il controllo di una missione NATO.

Le elezioni legislative del settembre 2002 decretarono la vittoria della coalizione Insieme per la Macedonia (Za Makedonija zaedno), composta dal SDSM, dal Partito liberaldemocratico (Liberalno-demokratska partija) e da altri gruppi, che si aggiudicava 120 seggi, contro i 33 ottenuti dal VMRO-DPMNE. Nel febbraio 2004 il presidente B. Trajkovski perse la vita, insieme ad altri otto funzionari governativi, in un incidente aereo nei cieli di Mostar; in aprile il suo incarico passava a B. Crvenkovski (del SDSM), eletto con il 62,7% dei voti. Intanto il Paese faticava a uscire dalla profonda crisi economica e l'accettazione da parte di Bruxelles della sua candidatura a membro della UE (dicembre 2005) rendeva ancor più pressante la necessità di sostanziali riforme istituzionali, giuridiche ed economiche.

Le elezioni legislative del luglio 2006 segnarono il successo della coalizione costituita dal VMRO-DPMNE, dal Partito liberale di Macedonia (Liberalna partija na Makedonija) e dal Partito socialista di Macedonia (Socijalistička partija na Makedonia), che otteneva il 32,5% dei voti, mentre alla coalizione Insieme per la Macedonia andava il 23,3% delle preferenze.

bibliografia

Limes, 2001, 2, nr. monografico: Macedonia/Albania. Le terre mobili; J. Philips, Macedonia: warlords and rebels in the Balkans, New Haven (CT) 2004.

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