MACERATA

Enciclopedia Italiana (1934)

MACERATA (A. T., 24-25-26 bis)

Ettore RICCI
Luigi SERRA
Giuseppe CASTELLANI

Capoluogo di una delle quattro provincie delle Marche. La città è tutta distesa, da E. a O., sul dolce versante solatio d'una lunga cresta collinosa pliocenica, posta tra il Chienti e il Potenza, d'altezza media di 300 metri s. m., mentre il versante nordico, scende assai ripido. I dati medî climatici sono: temperatura 13°,6 con estremi assoluti di −9°,2 e di 38°,1; precipitazione mm. 858 (giorni nevosi 8); dominio di venti del IV quadrante di O. e NO., cui seguono quelli del III, di SE. e E.

La città picena del "mille" ha avuto tre successivi sviluppi topografici. Il primo, dal sec. X all'XI, quando già, a oriente della lunga cresta collinosa, erano notevoli nuelei d'abitati: il più elevato, o Monte di S. Giuliano, intorno a S. Maria della Porta; il Poggio, nel declivio a est; il Castello di Macerata, nel declivio a ovest: essi si fondevano già nel secolo successivo. Il secondo, esteso dalla metà del '300 alla metà del sec. successivo, dà unità urbana a quei tre nuclei includendoli in una salda cinta bastionata, della forma di lungo trapezio, quale si conserva tuttora quasi completa. Il terzo, risalente alla prima metà del '600, determinò il definitivo piano regolatore (1621), secondo il quale la città si è svolta fino a oggi: esso è dovuto al cardinale Pio Carlo Emanuele di Savoia da Carpi (1568-1641), ultimo legato della Marca residente a Macerata. In tal piano venne tracciata, sulla cresta a O. delle mura, un ampio rettifilo pianeggiante dalla Porta Romana fino all'incontro tangenziale con l'antica Lauretana o strada nazionale dei due mari (Roma-ColfioritoMacerata-Ancona): da quell'incontro, un altro ampio rettifilo sale al colle di S. Croce (m. 320).

La città odierna risulta, così, del trapezio murato e di tre grandi digitazioni: quella di ponente o borgo Cavour; quella a sud o borgo Cairoli dolcemente scendente da Porta Mercato (m. 295) alla stazione (m. 257); quella di NE. o borgo S. Giuliano che ripidamente scende dalla Porta del Duomo o Marina. Nell'interno del trapezio le rotabili si svolgono in piani inclinati longitudinali, mentre le caratteristiche rampe, o "piagge" ripide, confluiscono tutte al fastigio di "Piazza" (m. 320).

Il territorio comunale di kmq. 92,06 (86,90 kmq. di suolo agrario) è costituito da colline d'arenarie giallastre e argille ceneri subappenniniche e di piane terrazzate quaternarie del Chienti e del Potenza. Estremi altimetrici: m. 320 e m. 50. La popolazione, di 12.561 ab. nel 1782, saliva a 20.263 nel 1881, a 22.784 nel 1908, a 22.941 nel 1911, a 24.384 nel 1921 e a 26.422 nel 1931 (densità 288 per kmq.).

L'economia è prevalentemente agricola; notevolissima la produzione del grano e di ottimi bovini e suini, l'orticoltura e la floricoltura; industrie notevoli sono quelle degli strumenti musicali (armoniche e ottoni), della birra e dei laterizî; la linea ferroviaria che si stacca da Albacina, con 3 stazioni nel territorio comunale, la lega con la litoranea adriatica (Porto Civitanova) e con la trasversale Ancona-Fabriano-Roma: inoltre, come il più antico e importante centro d'autolinee del Piceno, è legata da 15 linee con tutte le provincie e regioni contermini. La città, che è pure attivo mercato d'esportazione agricola e di commerci, ha una cassa di risparmio e una scuola agraria, aziendale e sperimentale; è poi il maggiore centro culturale, specie giuridico, del Medio Adriatico. Oltre l'antichissimo Studio di legge (prima origine nel secolo XIII), l'unica università regia del Piceno, il collegio dei gesuiti (1560) e il seminario (anno 1615), provvisti di ricche biblioteche speciali, ha, nella biblioteca comunale Mozzi Borgetti, la prima biblioteca delle Marche per manoscritti, incunabuli, opere, con annessa Pinacoteca e Museo del Risorgimento; ha un museo ornitologico presso il liceo Leopardi, istituti e convitti secondarî classici, tecnici, magistrali e professionali d'ogni grado.

Monumenti. - La fisionomia artistica della città riceve la sua impronta dall'architettura del Cinquecento avanzato, già baroccheggiante, e da quella dei secoli posteriori. Non mancano segni dell'operosità artistica anteriore, dei quali i più rappresentativi sono il recinto murato eretto a metà circa del sec. XIV dal cardinale Egidio Albornoz, e l'elegante Loggia dei Mercanti, già attribuita a Giuliano da Maiano, costruita invece da M. Cassiano da Fabriano, documento della potenza di assimilazione e d'interpretazione dei modelli toscani da parte degli artisti locali. Tra i monumenti del sec. XVI si rilevano la chiesa di S. Maria delle Vergini, fabbricata nel 1550 da Galeazzo Alghisi da Carpi - che eresse anche la torre di piazza - secondo uno schema centrale di impronta bramantesca, il palazzo Carradori architettato dal Tibaldi (facciata posteriore), il palazzo Ferri a punte di diamante, il palazzo dei governatori.

Per il Seicento va notato segnatamente il palazzo Marefoschi, e per il secolo successivo la piccola chiesa della Misericordia costruita da Luigi Vanvitelli su singolare planimetria, poi ampliata. Il neoclassicismo s'afferma con lo Sferisterio. La chiesa delle Vergini ha un dipinto firmato di Jacopo Tintoretto; una restaurata tavola di Antonio Solario è sull'altare maggiore di S. Maria della Misericordia; dipinti tardi ma pregevoli conservano le altre chiese. I migliori e più antichi sono raccolti nella Pinacoteca civica: un trittico di Allegretto Nuzi (1369), una Madonna col Bambino di Carlo Crivelli, una Crocifissione di Girolamo di Giovanni da Camerino, parte di un polittico che si trova a Monsanmartino. In Duomo sono preziosi parati sacri del sec. XV e del XVI.

Storia. - Si fa risalire ai primi anni del sec. XII la costituzione del comune di Macerata per opera degli abitanti di alcune delle località sorte sulle rovine dell'antica Helvia Ricina, ma un primo ricordo del castello di Macerata si ha fin dal 1022. Il comune nei suoi inizî fu ghibellino o giudicato tale, perché sorto in territorio appartenente al vescovo e principe di Fermo, quindi in opposizione all'autorità ecclesiastica. Crebbe e prosperò rapidamente: nel 1286 e 1288 sorsero i palazzi del comune e del podesta, nel 1290 vi si fondò lo studio o università per concessione di Nicolò IV, finalmente nel 1320 ebbe con la sede vescovile anche il titolo di città da Giovanni XXII. Fin da allora i legati pontifici della Marca vi posero la loro sede, con la corte delle appellazioni e con la zecca pontificia, poiché ormai per comune consenso vengono riconosciute come uscite dalla zecca maceratese le monete di Giovanni XXII, per le quali non si conoscono veramente documenti che si hanno invece per quelle similari del successore Benedetto XII. L'essere sede del governo pontificio non rese immune Macerata dalle vicende alterne di dominazioni più o meno tiranniche. Vi troviamo infatti signore dal 1350 al 1353 un Fedo de' Mulucci, più tardi se ne fecero signori i Varano di Camerino a varie riprese anche come vicarî pontifici (1385-86, 1413-1433); e finalmente Francesco Sforza (1433-1445), dopo il quale tornò al dominio della Chiesa senza interruzione fino all'invasione francese (1797-1799). Insorta contro questa e occupata dagli Austriacì nel giugno del 1799, i Francesi la ripresero nel luglio dopo averla bombardata, non risparmiandole incendî, saccheggi e uccisioni anche di cittadini inermi. Fece parte in seguito del primo regno d'Italia e nel 1815 Gioacchino Murat vi pose il proprio quartiere generale; tornò però subito alla Chiesa fino al 1860, anno in cui, dopo le brevi parentesi rivoluzionarie del 1831 e del 1849, entrò a far parte del regno d'Italia in seguito al plebiscito.

La provincia di Macerata. - A sud del Conero, è costituita, quasi per intero, dai bacini del Chienti e del Potenza. Il territorio, tutto disteso sul versante orientale o adriatico dell'Appennino umbro-marchigiano, aveva una superficie di kmq. 2816 prima del 1921, ridotta dopo a kmq. 2673 e quindi reintegrata. La popolazione, di ab. 239.713 al censimento del 31 dicembre 1881, era nel 1921 di 267.760 ab. con 58 comuni e nel 1931 (21 aprile) di 285.850 abitanti con 56 comuni. Molto elevata è la percentuale della popolazione sparsa in relazione al carattere prettamente agricolo dell'economia della provincia. Gli estremi altimetrici sono di m. 2169 (quota del dolomitico Monte Bove, in territorio di Ussita-Visso) e di m. 0 (litorale adriatico esteso 23 km., dalla foce del Musone a quella del Chienti). In rapporto a così grande oscillazione altimetrica sono da mettersi le differenze grandissime nella densità di popolazione nei territorî comunali: dalle densità intorno ai 300 abitanti dei comuni di Porto Recanati, Macerata, Porto Civitanova e Civitanova, si discende alle cifre minime di 17 per Montecavallo, di 15 per Bolognola.

I fondi valle dei due fiumi, Chienti e Potenza, sono percorsi da antichissime strade appenninico-adriatiche; nel territorio della provincia è il Colle o Passo d'Appennino (m. 816) tra l'alto Chienti e l'alta Nera: la ferrovia Porto Civitanova-Macerata-Albacina attraversa diagonalmente l'intera provincia.

Bibl.: G. Lauro, Macerata illustrata, Roma 1642; P. Compagnoni, Notizie della zecca di Macerata, in G. A. Zanetti, Delle monete e zecche d'Italia, IV, Bologna 1786; G. Colucci, Antichità picene, Fermo 1786-1797, XXV; id., La reggia picena, Macerata 1661; F. Bruti-Liberati, Elenco inedito de' podestà di Macerata, Ripatransone 1843; id., Cenni dell'origine e sviluppo storico di Macerata, ivi 1856; C. Corradetti, Guida storico-illustrativa di Macerata, Sanseverino 1878; R. Foglietti, Documenti dei secoli XI e XII per la storia di Macerata, ivi 1879; id., Conferenze sulla storia dell'attuale territorio maceratese, Torino 1885; id., Storia compendiosa di Macerata, Torino 1900; F. Raffaelli, Guida storico-artistica della provincia di Macerata, Fermo 1883; M. Santoni e F. Raffaelli, La zecca di Macerata e della provincia della Marca, in Bullettino di numismatica, I, II, III, Camerino 1882-1887; C. Pigorini Beri, Costumi ecc. dell'Appennino march., 1889; Studi marchigiani, Macerata 1907; G. Crocioni, Le Marche, 1914; L. Serra, Itinerario artistico delle Marche, Roma 1921; E. Ricci, Le Marche, Torino 1928; L. Franciosa, Marche, Roma 1931.