MAESTRI, Giovan Battista, detto il Volpino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MAESTRI, Giovan Battista, detto il Volpino

Micaela Mander

Figlio del pittore Paolo Antonio (cfr. Bonazzoli), non si conoscono il luogo e la data della nascita, che dovette avvenire attorno al 1640.

La famiglia di origine, nota anche come Volpino, vantava tre pittori: i fratelli Francesco e Giovanni Battista e il figlio di quest'ultimo Paolo Antonio, il padre del M. e l'unico dei tre artisti della cui produzione si abbia notizia: fu autore della decorazione delle volte del matroneo nel santuario di Saronno, della nona cappella del Sacro Monte di Orta e della sala capitolare maggiore della Ca' Granda di Milano, distrutta durante i bombardamenti del 1943.

Ricordato dalle fonti anche come pittore virtuoso, della cui attività però nulla si è conservato, a meno di non voler considerare i disegni a lui attribuiti per la raccolta di Manfredo Settala, eseguiti entro il 1664, il M. è meglio noto come scultore, unico nella sua famiglia a praticare tale arte. Fu allievo di D. Bussola, con il quale era imparentato e con il quale collaborò fin dagli esordi della carriera, coadiuvandolo presso le imprese dei Sacri Monti di Orta, Domodossola e Varallo, che lo impegnarono a più riprese tra gli anni Cinquanta e Settanta del Seicento.

Bussola e il gruppo di allievi realizzarono infatti, in quegli anni, la decorazione della quarta, settima, nona, decima, sedicesima, diciottesima, diciannovesima e ventesima cappella del Sacro Monte di Orta, modellando nuove figure e integrandone altre già esistenti; tra il 1662 e il 1681 eseguirono alcune statue in terracotta policroma per le stazioni II, IV, XII, XIII e XIV della Via Crucis e otto statue di Profeti e un Cristo risorto per la basilica presso il Sacro Monte Calvario di Domodossola; infine a quest'équipe spettano ben 142 statue tra Profeti, Sibille, personaggi dell'Antico e del Nuovo Testamento e angeli nella Gloria della cupola del santuario del Sacro Monte di Varallo. Si tratta di un complesso di opere notevolissimo, in cui è però difficile distinguere con certezza le singole mani, e quindi la parte spettante al Maestri.

Grazie a Bussola, al tempo protostatuario del duomo di Milano, il M. fu introdotto tra gli scultori della cattedrale tra il 1658 e il 1661, anni in cui cercò di dimostrare una certa autonomia rispetto al maestro e di ricevere i primi incarichi. Il 14 marzo 1658 il M. chiese personalmente alla Fabbrica del duomo di poter presentare un modello scultoreo di una statua o di una storia per prendere il posto di P. Lasagna, da poco deceduto. Il 7 luglio 1661 presentò una richiesta per l'approvazione di due statue raffiguranti Davide e La Vergine, da destinarsi alle guglie del duomo, ma non è noto se ne fu mai portata a termine l'esecuzione.

Le prime prove effettivamente realizzate dal M. in duomo riguardano sette puttini in stucco per la gloria d'angeli a coronamento della cappella della Madonna dell'Albero, nel 1662, e, sempre per la medesima cappella, l'angelo a sinistra della Madonna nel complesso dell'altare, iniziato nel 1664; l'angelo di destra fu invece affidato a C. Simonetta, altro allievo di Bussola, nonché nipote del Maestri. Simonetta dichiarò nel marzo 1666 di dover portare avanti da solo l'esecuzione di entrambe le statue, essendo lo zio assente da Milano. Ma già il mese successivo, il M. è di nuovo citato nei documenti della Veneranda Fabbrica, perché pagato per un angelo in marmo in corso d'opera, da apporsi su uno dei piloni del coro, nel rispetto di una commissione anch'essa del 1664. L'angelo in questione, a cui si aggiunse un secondo concluso negli anni 1670-72, doveva andare a completare il grande percorso della Gloria che circondava la reliquia del Sacro Chiodo; difficile però è identificare esattamente l'angelo del M., terminato nel 1668, a causa dell'elevata altezza a cui sono collocate le statue di analogo soggetto e dell'assenza di materiale fotografico significativo.

Nel corso del 1666 il M. terminò il citato angelo dell'altare della Madonna dell'Albero e realizzò, come noto dalle fonti, anche due "termini", forse due fregi, in stucco, per l'arco ligneo innalzato in occasione della venuta a Milano di Maria Teresa, figlia di Filippo IV di Spagna.

A partire dal 1667, e per un decennio, alla costante attività per il duomo di Milano si affiancò il lavoro presso la certosa di Pavia, incarico forse ottenuto ancora tramite Bussola, protostatuario pure in questo cantiere. Al M. spettano i due angeli reggipala dell'altare maggiore, e soprattutto i due paliotti raffiguranti rispettivamente l'Adorazione dei magi nella cappella della Vergine e la Sepoltura di Cristo nella cappella di S. Giuseppe o dei Ss. Re Magi, caratterizzati da una comune composizione che converge verso il centro e da un pathos che derivò forse all'artista dalla pratica di lavoro presso i Sacri Monti: anche in questi rilievi il M. mostra una certa propensione per il ritratto, per la resa di una fisionomia esatta e inoltre il gusto del particolare domestico.

Oltre a queste opere riferite al M. con certezza, nella certosa restano alcune altre sculture a lui attribuite per confronto stilistico: i due angeli che reggono la mensa nella cappella di S. Giovanni Battista, gli angeli sui gradini dell'altare maggiore e quelli reggiquadro nella cappella di S. Benedetto, gli angeli reggipala nella terza cappella a destra, quelli sul timpano della settima a sinistra e le erme della quarta cappella ancora a sinistra (Bossaglia); inoltre al M. viene dubitativamente attribuita l'esecuzione del paliotto raffigurante la Strage degli innocenti, il cui disegno spetta a Bussola, e il paliotto con Storie di s. Ugone (Bonazzoli).

Il 4 nov. 1668, alla riapertura dell'Accademia Ambrosiana, la cui cattedra di scultura fu assegnata a Bussola, il M. fu ammesso tra gli artisti, tanto che di lui esisteva un ritratto presso la Biblioteca Ambrosiana, attualmente disperso (Albuzzi); nello stesso anno scolpì due statue, raffiguranti Orfeo e Meleagro, per il palazzo Borromeo Arese di Cesano Maderno, collocate originariamente nella galleria del piano nobile, poi nel portico interno del cortile (Spiriti).

Queste due opere sembrano appartenere alla medesima mano. Per confronto stilistico, al M. vengono assegnati da Spiriti anche un eroe, il Giosuè, la Gloria, Goffredo da Buglione, una figura femminile e l'Afrodite pudica, attualmente esposti nel giardino del palazzo. A questi vanno aggiunti i busti, appartenenti al ciclo dei Cesari inizialmente pensato per adornare il portico interno occidentale del cortile maggiore, raffiguranti Nerone, Traiano e Adriano.

Tra le sculture citate, le figure femminili annunciano, anche se più compostamente, la sensualità che avrebbe caratterizzato di lì a poco uno dei capolavori del M., la S. Aurea per il duomo di Milano. Il modello per quest'opera fu presentato dal M. nel 1668, insieme con quello per il S. Andrea. Le due statue, da collocarsi nel paramento esterno del duomo, furono eseguite entro la metà del 1671.

In questi due lavori viene messa a frutto la lezione barocca di Bussola: la S. Aurea si presenta come un nudo femminile dalla posa scomposta, orientato verso lo spettatore al fine di coinvolgerlo e parzialmente coperto da ricco panneggio, che mostra tutte le doti di abilità del Maestri. Il S. Andrea, che attualmente presenta il braccio sinistro ricostruito, è forse meno raffinato ma più drammatico, essendo raffigurato senza troppe idealizzazioni nel momento della crocifissione, in una posa forzata, caratterizzata dalle funi che ne legano il corpo. Qui, come già rilevato a Pavia, il M. sa infondere al volto un'espressione dalla forte resa psicologica, che si ritrova in un'altra scultura a lui di recente attribuita, il S. Isidoro conservato nel duomo di Como (Della Torre; Rizzini). Già riferita a G.L. Bernini, questa statua, eseguita inizialmente per la cappella Odescalchi in S. Giovanni Pedemonte a Como, è da collocarsi nello stesso torno d'anni delle due opere per il duomo milanese, perché anch'essa presenta una certa analisi psicologica nel volto del santo, dall'espressione ispirata, che contrasta con la calma dei buoi accovacciati ai suoi piedi e con la resa realistica di particolari quali la bisaccia appesa al ramo.

Il M., che nel 1669 aveva sposato Paola Rossi nella chiesa milanese di S. Calimero, proseguì l'attività per il duomo di Milano. Delle numerose opere commissionategli si sono conservati il Profeta Nahum, compiuto nel 1673, e la Sibilla Delfica del 1678; mentre sono note solo a livello documentario la Sibilla Tiburtina, S. Audifaz e il Profeta Amos. Si ha anche notizia della presentazione di un disegno raffigurante S. Ambrogio che assolve Teodosio.

Questi ultimi lavori del M. denotano un fare più classico, più composto, pur nella resa realistica del panneggio, nelle posture arcuate e nelle composizioni organizzate per contrapposizioni. I volti, in particolare quello della Sibilla Delfica, sono ormai idealizzati, la loro espressione è sempre estatica, mentre la resa psicologica si fa più intimista, senza cedimenti all'enfasi.

Da segnalare una richiesta presentata dal M. nel 1675 alla Veneranda Fabbrica di potersi assentare per qualche tempo, essendo stato chiamato a prestare servizio presso la corte dei Savoia (Bonazzoli).

Dopo il 1676 il M. lavorò alle statue dell'altare della cappella di Nostra Signora del Carmine in S. Maria del Carmine a Milano raffiguranti la Vergine con il Bambino, al centro, e due angeli ai lati.

Date le differenze stilistiche e di materiali tra gli angeli e la Madonna, Bonazzoli è giunto a ipotizzare che possa trattarsi di un insieme di opere composto da statue eseguite in due tempi con intenti e destinazioni differenti. I due angeli potrebbero essere stati realizzati per il duomo milanese, viste anche le proporzioni non corrette per lo spazio della cappella; e ancora Bonazzoli propone di identificarli con i due angeli citati per la Gloria del Sacro Chiodo, successivamente reimpiegati in questa commissione, per soddisfare la quale sarebbe stata approntata ad hoc solo la statua della Madonna.

Nel 1677 il M. tenne a battesimo Rosa Paola Caterina, figlia di Giuseppe Procaccini; nell'atto relativo è detto residente nella parrocchia di S. Nazaro in Conca a Milano, chiesa in cui Torre ricorda degli angeli in stucco nella cappella maggiore, di sua mano, oggi perduti.

Nel 1678 il M. ottenne finalmente la concessione di aprire una bottega, che, alla sua morte, fu rilevata da Simonetta; nello stesso anno iniziò l'ultima opera per il duomo di Milano, il Profeta Samuele, lasciato incompiuto alla morte e per volontà della vedova completato da Simonetta, anche se con un intervento molto invasivo.

Un manoscritto riportato da Bonazzoli (Archivio storico della Veneranda Fabbrica del duomo di Milano, reg. 1476: Milano, Corpo Santo, Scuola Operai) indica come data di morte del M. il 12 ott. 1680 a circa quarant'anni d'età.

Fonti e Bibl.: C. Torre, Il ritratto di Milano (1674), Milano 1714, pp. 32, 225, 389; L. Malaspina di Sannazaro, Descrizione della certosa di Pavia, Milano 1818, p. 20; B.C. Kreplin, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, Leipzig 1929, p. 548; S. Vigezzi, La scultura lombarda, III, Nell'età barocca, Milano 1930, pp. 55-59; G. Casati, La chiesa nobile del Castello di Milano (S. Maria del Carmine) nel 500 anniversario della sua erezione, Milano 1952, pp. 75-79; A.F. Albuzzi, Memorie per servire alla storia de' pittori, scultori e architetti milanesi, a cura di G. Nicodemi, in L'Arte, LV (1956), p. 113; R. Bossaglia, La scultura, in La certosa di Pavia, Milano 1968, pp. 69-80; M.T. Fiorio, Le chiese di Milano, Milano 1985, pp. 116-118; G. Passarelli, S. Maria del Carmine. Storia, arte, fede, Milano 1987, pp. 32-38; S. Della Torre, Carriere ecclesiastiche e committenza in patria: una traccia per il Seicento comasco, in Il Seicento a Como. Dipinti dai musei civici e dal territorio (catal.), Como 1989, pp. 11-22; M.L. Rizzini, Vicende del patrimonio artistico comasco tra il 1770 ed il 1895, ibid., pp. 81-95; A. Spiriti, La grande decorazione barocca: iconografia e gusto, in Il palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno, a cura di M.L. Gatti Perer, Milano 1999, pp. 154-162; E. Bonazzoli, I Volpino. Studi su una famiglia di artisti lombardi attivi tra Cinquecento e Seicento, tesi di laurea, Università cattolica del Sacro Cuore, Milano, a.a. 2003-04.

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