MAESTRO della MADONNA DI PALAZZO VENEZIA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

MAESTRO della MADONNA DI PALAZZO VENEZIA

S. Manacorda

Anonimo pittore attivo in Italia dal terzo al settimo decennio del 14° secolo.

La vicenda critica del M. della Madonna di Palazzo Venezia ha inizio quando Weigelt (1931) ne isolò la personalità artistica quale autore della tavola con la Madonna e il Bambino (Roma, Gall. Naz. d'Arte antica, Palazzo Barberini), di provenienza privata - da Castellammare di Stabia (prov. Napoli; Bologna, 1969, p. 317) oppure da Chieti (Venturi, 1904) - e già conservata nel Mus. del Palazzo di Venezia a Roma, dal quale trae il nome. Nel 1930 il dipinto era stato esposto alla Royal Acad. of Arts di Londra come opera di Simone Martini, attribuzione avanzata per la prima volta da Venturi (1904). L'ipotesi non resse alla serrata critica di Weigelt (1931), il quale indicò il M. della Madonna di Palazzo Venezia come il più raffinato e fedele interprete della delicata lingua decorativa martiniana, segnalandone le rare doti esecutive.

L'anonimo maestro si distingue per la produzione di icone gotiche dai volumi composti e stilizzati nella citazione della linea sintetica di contorno, mentre ricercati effetti coloristici esaltano le stoffe damascate che richiamano gli ori dei fondi e delle aureole punzonate. Egli impiegò precocemente le novità introdotte da Simone Martini nella tecnica esecutiva della pittura su tavola, come per es. lo 'sgraffito', usato per simulare le trame dei broccati e delle sete (Müller, 1988).

Al dipinto romano, databile tra il terzo e il quarto decennio del Trecento, sono stati associati, quali laterali di un ipotetico polittico (Sandberg Vavalà, 1937), un S. Pietro, una S. Maria Maddalena (Londra, Nat. Gall.) e un S. Paolo (coll. privata; Lonjon, 1983b). De Benedictis (1968) ha fatto risalire gli esordi del M. della Madonna di Palazzo Venezia a Orvieto nei primi anni venti del secolo, nella bottega di Simone Martini, con il quale avrebbe collaborato al polittico per la locale chiesa di S. Francesco, costituito dalla tavola con la Madonna e il Bambino con Cristo benedicente nella cimasa (Orvieto, Mus. dell'Opera del Duomo), una santa martire (Ottawa, Nat. Gall. of Canada) e quattro tondi con profeti (Avignone, Mus. du Petit Palais), questi ultimi autografi di Simone (Lonjon, 1983b); alcuni dubbi permangono circa la pertinenza all'insieme pittorico delle Ss. Caterina e Lucia di Settignano presso Firenze (Coll. Berenson; Previtali, 1988).Non è escluso che anche il M. della Madonna di Palazzo Venezia fosse tra i 'compagni' che seguirono Simone Martini ad Avignone (Leone de Castris, 1988), come la proposta identificazione con il fratello di Simone, Donato Martini, farebbe ipotizzare (Bologna, 1969, p. 338; Caleca, 1977). Nella complessità delle vicende attributive sorte intorno al problema della cerchia del maestro senese, sono stati avanzati, per le singole opere variamente ricondotte al M. della Madonna di Palazzo Venezia, anche i nomi di Lippo Memmi (v.), di Barna (v.) o del Maestro della Madonna Straus (v.), per una comunanza di sigle stilistiche e inclinazioni espressive.Intorno all'opera eponima è possibile, comunque, ricostruire un ipotetico catalogo del M. della Madonna di Palazzo Venezia nel quale inserire, oltre ai dipinti già citati, la Madonna con il Bambino in trono (Firenze, Coll. Berenson), i Ss. Vittore e Caterina di Copenaghen (Statens Mus. for Kunst), la tavola con le Nozze mistiche di s. Caterina, dallo Spedale di S. Maria della Scala di Siena, e gli scomparti di polittico con S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista, S. Paolo e S. Caterina d'Alessandria (Siena, Pinacoteca Naz.).

Bibl.: A. Venturi, La Madonna di Simone Martini nella Galleria Borghese, L'Arte 7, 1904, pp. 309-310; Exhibition of Italian Art 1200-1900, cat., London 1930, p. 58; C.H. Weigelt, Minor Simonesque Masters, Apollo 14, 1931, pp. 1-13; E. Sandberg Vavalà, Some Partial Reconstructions, BurlM 71, 1937, pp. 176-177, 234-235; C. Volpe, Precisazioni sul Barna e sul Maestro di Palazzo Venezia, AAM 1960, 10, pp. 148-158; C. De Benedictis, Sull'attività orvietana di Simone Martini e del suo seguito, AV 7, 1968, 3, pp. 3-9; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969; A. Caleca, Tre polittici di Lippo Memmi e un'ipotesi sul Barna e la bottega di Simone e Lippo, CrArte, s. IV, 23, 1977, 151, pp. 55-80; C. De Benedictis, La pittura senese 1330-1370, Firenze 1979; E. Carli, La pittura senese del Trecento, Milano 1981; M. Lonjon, in L'art gothique siennois, cat. (Avignon 1983), Firenze 1983a, pp. 144-146 nr. 44; id., Quatre médaillons de Simone Martini. La reconstitution du retable de l'église San Francesco à Orvieto, RLouvre 33, 1983b, pp. 199-211; B. Sani, in Simone Martini e 'chompagni', cat. (Siena 1985), Firenze 1985, pp. 107-108 nr. 20; N. Müller, The Development of Sgraffito in Sienese Painting, in Simone Martini, "Atti del Convegno, Siena 1985", Firenze 1988, pp. 147-150; G. Previtali, Introduzione ai problemi della bottega di Simone Martini, ivi, pp. 151-166; P. Leone de Castris, Problemi martiniani avignonesi: il 'Maestro degli Angeli ribelli', i due Ceccarelli ed altro, ivi, pp. 225-231; M. Leoncini, Maestro della Madonna di Palazzo Venezia, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 607-608.

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