MAESTRO della S. CECILIA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

MAESTRO della S. CECILIA

V. Santoleri

Pittore anonimo, attivo a Firenze nel primo quarto del sec. 14°, così denominato dal dossale con S. Cecilia (Firenze, Uffizi), databile intorno al 1304 e proveniente dall'omonima chiesa fiorentina, da dove passò successivamente a quella di S. Stefano, il cui priore nel 1844 lo vendette alle Gallerie fiorentine (Parronchi, 1939; Smart, 1960).Sulla scia dell'attribuzione vasariana a Cimabue (Vasari, Le Vite, II, 1967, p. 37), il dossale fu per lungo tempo ritenuto dell'ultimo quarto del sec. 13°, ma già alla fine dell'Ottocento ne fu sottolineato il carattere tipicamente giottesco (Crowe, Cavalcaselle, 1864; Rossi, 1908). Il dipinto presenta al centro la santa inserita nella salda architettura di un trono ligneo e ai lati, disposte quattro per parte, otto scene della sua vita. Il gusto miniaturistico degli ornati, le architetture saldamente scandite, lo statuario posizionamento delle figure, ma soprattutto l'orchestrazione semplificata dei temi giotteschi hanno fatto sì che il M. della S. Cecilia venisse indicato come colui che portò materialmente a termine le Storie francescane affrescate sulla parete sinistra della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi (v.), probabilmente sotto la vigile guida di Giotto (Sirén, 1924; Offner, 1927; Toesca, 1951; Gnudi, 1959; Smart, 1960; Salvini, 1967; Scarpellini, in Ludovico da Pietralunga, Descrizione della Basilica di S. Francesco, 1982; Offner, Steinweg, 1984). Il M. della S. Cecilia è stato talora indicato anche come l'autore della prima storia francescana posta sulla parete destra della medesima basilica assisiate (Venturi, 1908; Sirén, 1924; Salvini, 1967).Sulla base di queste indicazioni si fa solitamente rientrare sotto la denominazione convenzionale di M. della S. Cecilia un gruppo di opere che presenta stilemi giotteschi ricorrenti ma attenuati, uniti a un fare calligrafico, tipici sia del dossale fiorentino sia delle ultime Storie francescane. Nell'ampio ventaglio di queste attribuzioni spesso contraddittorie, il nome del M. della S. Cecilia ricorre sovente alternato a quello di Giotto, di cui è ritenuto allievo e in certa parte collaboratore; taluni lo hanno invece identificato con Buonamico Buffalmacco (Venturi, 1908; Sirén, 1924). Tra le attribuzioni proposte si segnalano: la Madonna dell'antica chiesa fiorentina di S. Giorgio alla Costa (Firenze, Mus. diocesano di S. Stefano al Ponte; Offner, 1927; Toesca, 1929; Parronchi, 1939), già ascritta a Giotto da Lorenzo Ghiberti nel 1447 ca. (Commentari) e dall'Anonimo Magliabechiano tra il 1537 e il 1542 ca. (Fabriczy, 1893); gli angeli nei tondi del polittico, ritenuto proveniente dalla Badia fiorentina (Procacci, 1967) e riferibile a Giotto (Firenze, Mus. dell'Opera di Santa Croce); la Madonna dell'oratorio di S. Maria delle Grazie a Firenze (De Benedictis, 1972). Alcuni, ipotizzando una formazione romana dell'artista, lo ritengono collaboratore di Pietro Cavallini negli affreschi di S. Cecilia in Trastevere a Roma (Parronchi, 1939; Gnudi, 1959) e autore degli affreschi provenienti dalla chiesa romana di S. Agnese f.l.m., con le Storie di S. Caterina d'Alessandria (Roma, Mus. Vaticani, Pinacoteca; Parronchi, 1939; 1994).Secondo un'altra ipotesi, si ritiene che il M. della S. Cecilia sia da identificare con Pietro Cavallini (Parronchi, 1994), convalidando in tal modo la supposta attività fiorentina del maestro romano, taciuta da Lorenzo Ghiberti e attestata solo da Vasari nella seconda edizione delle Vite (Le Vite, II, 1967, p. 187). Con questa premessa, a Pietro Cavallini, alias M. della S. Cecilia, vengono collegate molte opere tra loro assai diverse, la cui derivazione cavalliniana deve peraltro essere intesa in senso alquanto ampio (Romano, 1989). Fra le attribuzioni più attendibili vanno segnalate la pala con S. Margherita e storie della sua vita e una Madonna in trono, entrambe nella chiesa di S. Margherita a Montici a Firenze (Sirén, 1924; Smart, 1971; De Benedictis, 1972; Parronchi, 1994). Le due tavole, ascrivibili alla fase conclusiva dell'attività del M. della S. Cecilia, presentano un'impaginazione architettonica fatta di volumi semplici contrapposti e una rilettura in chiave calligrafica e più statica delle opere di Giotto, nonché delle innegabili somiglianze con il dossale degli Uffizi, rispetto al quale si rilevano tuttavia un dominio più pieno del colore e un ornato più delicato. Si fanno solitamente rientrare nella cerchia del M. della S. Cecilia opere come il S. Pietro in trono, datato al 1307, già nella chiesa di S. Pier Maggiore a Firenze e ora in quella dei Ss. Simone e Giuda, e il S. Giovanni Battista nella Christ Church di Oxford (Smart, 1960; Nessi, 1982).

Bibliografia:

Fonti. - Lorenzo Ghiberti, I Commentari, a cura di J. von Schlosser, Berlin 1912, II, pp. 35-38; C. von Fabriczy, Il codice dell'Anonimo gaddiano (Cod. magliabechiano XVII, 17) nella Biblioteca Nazionale di Firenze, ASI, s. V, 12, 1893, pp. 15-94; G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori, a cura di P. Della Pergola, L. Grassi, G. Previtali, I, Milano 1962, p. 104; id., Vite de' più eccellenti pittori, scultori et architetti, a cura di G. Della Valle, II, Siena 1791, p. 80 n. 3; Ludovico da Pietralunga, Descrizione della Basilica di S. Francesco e di altri santuari di Assisi (1570 ca.), a cura di P. Scarpellini, Treviso 1982, p. 20ss.

Letteratura critica. - J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A New History of Painting in Italy from the Second to the Sixteenth Century, I, London 1864; id., Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, I, Firenze 1875; A.L. Rossi, Lettera scritta da Assisi il 2 settembre 1838, Atti dell'Accademia properziana del Subasio in Assisi 2, 1908, pp. 353-355; A. Venturi, La basilica di Assisi, Roma 1908, p. 115ss.; O. Sirén, An Altarpanel by the Cecilia Master, BurlM 44, 1924, pp. 271-278; I.B. Supino, La basilica di S. Francesco ad Assisi, Bologna 1924, pp. 142-143; R. Offner, A Great Madonna by the St. Cecilia Master, BurlM 50, 1927, pp. 91-104; P. Toesca, La pittura fiorentina del Trecento, Verona 1929, pp. 41-42; P.M.B. Marinangeli, Giotto nella basilica di Assisi, Assisi 1937, p. 37; A. Parronchi, Attività del Maestro di S. Cecilia, RivA 21, 1939, pp. 193-228; R. Longhi, Giudizio sul Duecento, Proporzioni 2, 1948, pp. 5-54 (rist. in id., Opere complete, VII, Giudizio sul Duecento e ricerche sul Trecento nell'Italia centrale, Firenze 1974, pp. 1-53); Toesca, Trecento, 1951, p. 606; C. Gnudi, Giotto, Milano 1959, pp. 85-86, 98-99; A. Smart, The St. Cecilia Master and his School at Assisi, BurlM 102, 1960, pp. 405-413, 431-437; G.L. Mellini, Temi di analisi per il Trecento, in I Maestri del Trecento in Toscana, Firenze 1967, pp. 8-23; R. Salvini, Giotto. Gli affreschi di Assisi, ivi, pp. 34-39; U. Procacci, Giotto e la sua patria, in Giotto e il suo Mugello, Firenze 1967, pp. 1-14; A. Smart, The Assisi Problem and the Art of Giotto, Oxford 1971, pp. 30-82; C. De Benedictis, Nuove proposte per il Maestro di S. Cecilia, AV 11, 1972, 4, pp. 3-9; S. Nessi, La basilica di S. Francesco in Assisi e la sua documentazione storica, Assisi 1982, pp. 215-254; R. Offner, K. Steinweg, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 9, a cura di M. Boskovits, Firenze 1984, p. 19; III, 1, a cura di M. Boskovits, M. Gregori, 1986, pp. 114-121; S. Romano, I cicli a fresco di S. Agnese fuori le mura, in Fragmenta Picta. Affreschi e mosaici staccati del Medioevo romano, cat., Roma 1989, pp. 245-257; A. Parronchi, Cavallini ''discepolo di Giotto'', Firenze 1994.V. Santoleri