MAGGIO

Enciclopedia Italiana (1934)

MAGGIO

Raffaele CORSO
Alfredo BONACCORSI
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. Il ritorno del mese di maggio vien celebrato in tutta Europa con feste e cerimonie che risalgono a tempi remotissimi. La più diffusa è quella di portare processionalmente con suoni, canti (maggiolate; v.) e danze, il mattino del primo giorno del mese (calendimaggio) o del primo sabato o della prima domenica, un albero o un grosso ramo detto appunto maggio. Lo portano fanciulli o giovani dei due sessi, seguiti da altri che recano in mano verdi ramoscelli e talvolta sono coperti, per intero o in parte, di foglie e di fiori, come l'inglese Jack-in-the-green (Giacomino nel verde). L'albero o le sue parti - rami, foglie, fiori - rappresentano (W. Mannhardt) lo spirito della vegetazione; una fanciulla, detta "reginetta della primavera" o "sposa del maggio", è incaricata di eseguire danze e altre cerimonie propiziatorie. In varî paesi l'albero del maggio si lascia piantato su un piazzale per settimane o per mesi.

Con tali rappresentazioni di derivazione magico-mitica si ricollegano le usanze galanti, ricordate da numerosi poeti, di attaccare alle porte o alle finestre delle fanciulle rami verdi e fioriti (ogni albero ha il suo significato); nonché le caratteristiche rappresentazioni popolari dette anch'esse maggi. Esse fioriscono soprattutto nel contado toscano, accanto alla sacra rappresentazione medievale. Vi sono maggi misti di sacro e di profano, ed eroici, storici e spirituali. Nei maggi il popolo del contado, interprete e spettatore, non vuol vedere fatti della vita quotidiana né uomini comuni, ma personaggi superiori e azioni, desunte dalla tradizione biblica, storica, romanzesco-cavalleresca, che abbiano il potere di commuovere e di edificare. I nomi che vi ricorrono infatti sono Ginevra di Scozia, Santa Oliva, Santa Elisabetta, Pia dei Tolomei, Attila, La Casta Susanna, San Bartolomeo, San Rocco, Achille, Carlomagno, il conte Ugolino, ecc. "Per virtù del nuovo maggio spunta l'erba e nasce il fiore", annunzia un prologo assai noto, e la rappresentazione, cantata in strofette di quattro ottonarî, e talvolta in ottave, da attori contadini sommariamente travestiti, si prolunga per ore nel pomeriggio, anche sino al tramonto, sempre all'aperto, su un palco senza scene costruito in una piazza o in una selva o in un crocevia. Parecchi di questi maggi sono a stampa.

Il maggio riunisce dunque la passione del popolo per il canto e per lo spettacolo. Siano canti d'amore, o dialoghi drammatici o brani eroici, satirici o comici, la melodia del maggio non muta, quantunque, talvolta, essa venga adeguata al massimo all'interpretazione. I vecchi copioni contengono spesso didascalie che stabiliscono gli atteggiamenti e consigliano i gesti. Talora alle strofe precedono avvertimenti: "va cantata pianissimo", oppure: "alzare la voce". Il gesto è l'interpretazione dell'azione; esso ha importanza pari alla voce ed alla rima. L'attore contadino, specialmente nel gesto (che è impulsivo, quantunque ereditato e ripensato, e che appare spesso portato all'esagerazione, quasi dilatandosi dall'uomo al segno, alla mimica, all'ammonimento) rivive e riesprime cantando, con singolare forza comunicativa, le storie di guerra e gli amori onde il maggio s' intesse. Il maggio è un insieme di canti legati nello spettacolo da una melodia unica, e alternati con la sviolinata, altrimenti detta ritornello, ritornello fra un canto e l'altro, che viene eseguita da uno o più violini, talvolta accompagnati dalla chitarra.

Oppure:

I cantamaggio usano adornare le melodie con le cosiddette rifioriture. I due esempî qui riprodotti provengono il primo dalla Garfagnana e dalla provincia di Reggio Emilia, il secondo da Capannori (Lucca).

Un'altra cantilena, più sviluppata delle precedenti, importante anche per i melismi, è stata raccolta oggi nella Lucchesia.

Le rifioriture, ritenute arbitrarie, sembrano ormai fissate, essendo diventate tutt'uno con la melodia.

Questa cantilena, su due tonalità, reca una seconda parte di carattere dolce e più calmo della prima, e si ricollega, dopo più di quattro secoli, alla semplice melodia che R. Rolland, sulla fede del D'Ancona, riprodusse nei suoi studî sulle origini del teatro.

Bibl.: A.E. Crawley, May, midsummer, in Hastings, Encycl. of Relig. and Ethics, VIII; J. C. Frazer, The golden bough, 3ª ed., Londra 1926; W. Mannhardt, Wald- und Feldkulte, 2ª ed., 1904-1905; A. D'Ancona, Origini del teatro in Italia, 2ª ediz., II, Torino 1891, pp. 239, n. 241 segg.; E. Hoffmann Krayer, Volkskundliche Bibliogr. (1917-1928), Berlino-Lipsia 1918-1932; G. Pitrè, Bibl. delle traduzioni popol. ital., Palermo 1894; A. Galassini, in Rassegna nazionale, 15 settembre 1890; E. Levi, Fiorita di canti tradizionali del popolo italiano, Firenze 1895; G. Fara, L'anima musicale d'Italia, Roma 1921; R. Rolland, Musiciens d'autrefois, nuova ed., Parigi 1922; D. A. Mammoli, I canta Maggio, in La provincia di Reggio, 1924, n. 1; A. Bonaccorsi, Canti di Lucchesia, in Musica d'oggi, VII (1925), nn. 8-9; G. C., Rappresentazioni popolari: i Maggi, in La Stampa, 21 gennaio 1929; A. Bonaccorsi, Il teatro delle campagne toscane: il Maggio, in Rivista musicale italiana, XXXVII (1930), fasc. i.