MAINA

Enciclopedia Italiana (1934)

MAINA (Μαΐνη ora Μάνη; gli abitanti Μανιᾶται; A. T., 82-83)

Angelo PERNICE
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Regione della Morea, che alle falde e sulle pendici estreme del massiccio del Taigeto occupa la mediana fra le digitazioni terminali della penisola, all'incirca a sud della linea condotta da Gizio (v.) a Plátsa. Specialmente nella parte meridionale (Kakoboúni "la montagna cattiva") ha un carattere nettamente alpestre, aspro, roccioso, impervio. Quasi priva di aree suscettibili di coltura, male accessibile anche dal mare, la Maina fu sempre un paese a economia pastorale. Oggi la Maina fa parte del nomós della Laconia; è tuttora scarsa di strade e di accessi, e non alberga che piccoli villaggi, come Areópolis, Skoútari entro il profondo golfo, protetto dal C. Panagía, e Pályros presso l'estremità sud della penisoletta terminante al C. Tenaro (Matapan).

Storia. - Gli abitanti della regione, i Mainoti, si considerano come i discendenti diretti degli antichi Spartiati, ritiratisi in questa parte del Peloponneso per sfuggire alle invasioni barbariche. E indubbiamente essi sono "i rappresentanti più diretti e genuini dell'antica razza ellenica", per quanto imbarbariti da secoli d'isolamento e di lotte intestine; e del resto nel loro idioma e nei loro costumi si conserva molto degli antichi Lacedemoni.

Tratti distintivi del loro carattere sono: l'amore sconfinato per la libertà e l'indipendenza, l'insofferenza di ogni disciplina statale, il valore e il coraggio in guerra. La loro morale si riduce a qualche formula del tutto primitiva. Doveri del Mainota sono: rispettare i vecchi e le donne, soccorrere il padre e la madre; essere lento nel promettere e fermo nel mantenere; vendicare le ingiurie; amare fino alla morte la libertà, primo dei beni. I morti in guerra presso i Mainoti sono stati in ogni tempo onorati se feriti sul petto, vilipesi e dimenticati anche dalla madre se colpiti sul dorso, il furto se fatto con destrezza e successo non è considerato come un'onta. Il lavoro dei campi è lasciato alle donne. L'uomo è stato sempre dedito alla guerra e - fino alla prima metà del sec. XIX - anche alla pirateria. Per questi costumi e per le loro vicende i Mainoti occupano un posto a parte nell'etnografia e nella storia della Grecia.

Più a lungo che gli altri Elleni essi rimasero fedeli alle avite credenze e solo nel sec. IX, al tempo di Basilio I (867-886), abbracciarono il cristianesimo. Difesero strenuamente il loro paese dagli attacchi degli Slavi e mantennero una specie d'indipendenza anche di fronte al governo bizantino. A tutela della loro libertà munirono con opere di fortificazioni e torri massicce i passi dei loro monti e i loro villaggi. Nel sec. XIII la Morea fu conquistata dai cavalieri franchi della quarta crociata; ma nonostante i castelli innalzativi dai principi della casa dei Villehardouin e dagli altri baroni, la Maina non poté mai essere ridotta all'obbedienza. Il dominio franco introdusse però nel paese i costumi feudali, che molto convenivano all'indole degli abitanti; e quando esso cessò, si trova nella Maina una potente aristocrazia locale che mantiene sui borghi la sua autorità resistendo vigorosamente al dominio turco. È un'aristocrazia riottosa e indomabile, che mantiene la Maina in continuo stato di guerra con i suoi interminabili e sanguinosi contrasti e con la sua lotta contro gli Ottomani. Su questa aristocrazia, fra il sec. XV e il XVII, primeggiò una famiglia che si diceva discendente dai Comneni imperatori di Trebisonda. Nella seconda metà del sec. XVII, la supremazia dei Comneni fu abbattuta. L'ultimo discendente di quella famiglia, di nome Giorgio, costretto a lasciare il paese, si trasferì, con molti dei suoi fautori prima a Genova e quindi in Corsica, dove fondò una colonia mainota. Il posto dei Comneni, dopo molte lotte con altri rivali, fu preso dalla famiglia dei Mauromicalis. Nel 1770, istigati da emissarî della Russia, i Mainoti insorsero contro la Porta. Mentre la flotta russa al comando dell'Orlov gettava le ancore nelle acque della Maina, un esercito di circa 15.000 Mainoti, comandati da Barcov e Psaros, e di circa 400 Russi si avanzava su Tripolítsa, capoluogo del pascialato di Morea.

La spedizione si risolse in un insuccesso anche per le discordie scoppiate fra i capi e con i Russi; ma nella loro avanzata i Mainoti commisero ogni sorta di eccessi non solo contro i Turchi, ma anche contro la popolazione cristiana, specialmente a Mistra. Fallita l'impresa dei Russi e ritiratisi questi dalla Grecia, si abbatté sulla Morea una colonna di Albanesi mettendo tutto a sangue e a saccheggio. La Maina fu validamente difesa dai Mauromicalis e rimase totalmente immune dall'invasione. Pochi anni dopo (1777), nell'intento di pacificare il paese, il sultano riconobbe la tradizionale indipendenza di fatto della Maina staccando questa contrada dal pascialato di Morea e dandola a governare a un capo locale, eletto dai nobili mainoti, col titolo e l'autorità di bey. Primo bey fu Giannetto Kutifaris, che esercitò il suo potere dal 1777 al 1784. In questo tempo infierirono più che mai le lotte intestine fra la nobiltà e la pirateria. Un certo Lambros Katsantonis, da Porto Quaglio, da lui fatta base di operazioni piratesche, dominò per alcuni anni i mari vicini giungendo fino a penetrare nel porto di Nauplia, catturandovi le navi ancorate, fra cui due vascelli francesi. Su reclamo della Francia, la Porta dovette organizzare una spedizione navale contro Porto Quaglio, dove furono catturate le navi del Katsantonis (1792). Nel 1811 fu eletto bey della Maina Pietro Mauromicalis, detto comunemente Petro-bey. Scoppiata l'insurrezione contro i Turchi, egli si gettò con tutti i suoi nella lotta comportandosi da eroe. I Mauromicalis parteciparono a un gran numero di fatti d'arme - a Kalamata, a Baltétsi, in Eubea, nell'Acarnania, in Epiro - coprendosi di gloria. Non meno di cinquanta membri della famiglia caddero combattendo. E con loro anche gli altri Mainoti, fra i quali bisogna ricordare il pallicaro Colocotronis, combatterono sempre in prima fila dimostrandosi magnifici soldati. Ma per il loro carattere fiero e indipendente e forse anche per le loro mene tendenti a fare della Maina un principato indipendente, i Mauromicalis vennero in urto col presidente, conte G. Capodistria. Questi fece arrestare Petro-bey e altri membri della sua famiglia. Pochi mesi dopo l'arresto di Petro-bey, il 9 ottobre 1831 il conte Capodistria fu assassinato da Giorgio e Costantino Mauromicalis, questi fratello, l'altro figlio di Petro-bey. I Mauromicalis continuarono a occupare posti elevati nell'esercito e nell'amministrazione della Grecia: ma costituita questa a regno unitario e indipendente, dovettero rinunziare per sempre al sogno di fare della Maina un principato a sé. Per tutto il resto del sec. XIX vi furono frequenti ribellioni. L'apertura di vie nel paese, il contatto con gli altri Greci, l'azione delle leggi fanno a poco a poco sparire le antiche costumanze adeguando agli altri Greci la popolazione mainota.

Bibl.: E. Yemeniz, La Magne et les Mainotes, in Revues des deux Mondes, 1° marzo 1865; Philippsohn, Zur Ethnographie des Peloponnes, in Petermann's Mitteilungen, XXXVI.