Malatesta da Verucchio

Enciclopedia Dantesca (1970)

Malatesta da Verucchio (Verrucchio)

Augusto Vasina

Nato nel 1212 nel castello appenninico di Verucchio da Malatesta I e da un'Adalasia non meglio conosciuta, ebbe vita centenaria (morì infatti nel 1312) ed eccezionalmente attiva, che ne fece senza dubbio la prima figura di grande rilievo nella storia malatestiana.

Da due donne d'illustre casato, che gli guadagnarono aderenze politiche e cospicue dotazioni patrimoniali, prima Concordia di Enrichetto, vicario imperiale, poi Margherita di Pandolfo de' Paltonieri da Monselice, da lui sposata dopo essere divenuto vedovo, ebbe una discendenza numerosa: cinque figli, Malatestino, Giovanni, Paolo, Pandolfo e Ramberto; e tre figlie: Rengarda, Maddalena e Simona.

Dopo aver rassodato le posizioni del suo casato in Rimini, M. rivelò notevole talento politico, quando, in seguito al declino delle fortune di Federico II attorno alla metà del sec. XIII, riuscì tempestivamente a sottrarre la sua famiglia alle conseguenze della grave crisi imperiale, facendola convergere decisamente su posizioni filopapali. In effetti l'appoggio assicurato da M. all'opera di ‛ recuperazione ' papale della Romagna, svoltavi dal cardinale legato Ottaviano degli Ubaldini dal 1248, segnò l'inizio di una sua lunga e appassionata milizia in campo guelfo; così da meritargli da parte del minorita parmense Salimbene de Adam il seguente attestato: " optime et fideliter partem Ecclesiae semper tenuit " (Cronica, ediz. Scalia, p. 534), giudizio che, almeno fino al tempo della morte di questo cronista, può essere condiviso senza riserve. Ché M. fu per alcuni decenni, fra i caporioni guelfi di Romagna, il più tenace e valido oppositore delle forze ghibelline dirette da Guido conte di Montefeltro, dal quale lo dividevano, oltreché ragioni politiche, accese rivalità famigliari. Ciò poté durare fino a quando, cessata ogni resistenza ghibellina ed entrato subito dopo in crisi il guelfismo in Romagna, M. revocò l'appoggio alla Santa Sede per arroccarsi a difesa dei suoi interessi dinastici e delle autonomie riminesi.

Particolarmente intensa fu la sua carriera politica: podestà di Rimini nel 1262, 1267, 1275, poi ancora nel 1282-83 e nel 1288; vicario di Carlo I d'Angiò in Firenze nel 1268; capitano del popolo di Bologna nel 1275; infine podestà di Cesena nel 1292. Ciò gli procurò un largo prestigio nella regione e gli spianò la via al dominio signorile su Rimini.

D. rievoca M. e il figlio Malatestino proprio nel momento decisivo dell'ascesa di questa famiglia verso la tirannide, quando, cioè, essi, dopo aver superato le resistenze dei ‛ populares ' riminesi, riescono pure a vincere nel 1295 l'opposizione dei Parcitadi, sterminandoli, esiliandoli e facendo fra gli altri prigioniero il loro capo Montagna de' Parcitadi. M. e il figlio sono chiamati in causa dal poeta nell'ottava bolgia infernale proprio per aver freddamente premeditato e attuato l'uccisione dell'inerme Montagna. Il loro apparire sotto sembianze ferine, oltreché essere in sintonia col diffuso simbolismo araldico dei versi danteschi (If XXVII 40-57), traduce coerentemente in immagini poetiche il motivo della tirannide: E 'l martin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio, / che fecer di Montagna il mal governo, / là dove soglion fan d'i denti succhio (vv. 46-48).

Bibl. - P. Cantinelli, Chronicon, a c. di F. Torraca, in Rer. Ital. Script.² XXVIII II, città di Castello 1902, ad indicem; L. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, III, Rimini 1862, 244 ss., 631 ss., 706 ss.; IV, ibid. 1880, Appendice 21-35; A.F. Massera, Note malatestiane, in " Arch. Stor. Ital. " s. 5, XLIX (1911) 3-20; P. Zama, I Malatesti, Faenza 1956, 19-41; A. Vasina, I Romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell'età di D., Firenze 1964, ad indicem; J. Larner, The Lords of Romagna, Londra 1965, 36-39, 52-56; E. Bonora, Il canto XXVII dell'Inferno, in Lect. Scaligera I 965-996.

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