INFETTIVE, MALATTIE

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Infettive, malattie

Maurizio Iaccarino
Eduardo Joërge Patriarca

(App. IV, ii, p. 182)

Malattie infettive emergenti

L'espressione malattie infettive emergenti indica le malattie causate da microrganismi patogeni (agenti infettivi) che presentano un incremento dell'incidenza rispetto a quanto previsto dai dati epidemiologici.

All'inizio del 20° sec. l'applicazione razionale dei principi della vaccinazione, stabiliti empiricamente da E. Jenner più di cento anni prima (v. vaccino, App. V, e in questa Appendice), la scoperta degli antibiotici e la diffusione dei disinfettanti hanno portato a una diminuzione dell'incidenza e della prevalenza di molte m. i., che tuttavia ancora oggi permangono e mostrano una notevole capacità di riemergere dopo lunghissimi periodi di stabilità o latenza.

Nonostante un secolo di progressi scientifici, a livello mondiale le m. i. rimangono ancora la principale causa di morte, impediscono o rallentano lo sviluppo sociale ed economico e contribuiscono a un'instabilità generale. L'Organizzazione mondiale della sanità stima che solo nel 1996 circa 17 milioni di persone sono morte in tutto il mondo a causa di m. i. emergenti o riemergenti. Fra queste le più diffuse sono le infezioni respiratorie acute (polmonite), le infezioni diarroiche (dissenteria e colera), la tubercolosi e la malaria.

fig. 1

Ogni anno più di un milione di bambini muoiono di malaria solo nell'Africa subsahariana (fig. 1). Circa 200 milioni di persone in tutto il mondo sono parassitate da Schistosoma (elmintiasi) e ogni anno dai 35 ai 60 milioni di persone contraggono la dengue, malattia virale sostenuta da un flavivirus. Le m. i. non sono confinate alle sole regioni a clima tropicale. Si valuta che ogni anno negli Stati Uniti si verificano circa 600.000 casi di polmonite che causano fra i 25.000 e i 50.000 morti. Più di 10.000 casi di difterite sono stati diagnosticati in Russia dal 1993 al 1997, a causa di un deterioramento del sistema di vaccinazione. Nei primi anni Novanta un'epidemia di colera è riapparsa nell'America del Sud dopo un'assenza di circa un secolo, e dal 1991 al 1994 sono stati registrati più di un milione di malati e circa 10.000 morti. Durante gli anni Ottanta, dopo decenni di declino, è riemersa un po' dovunque la tubercolosi con ceppi resistenti a vari antibiotici, che hanno reso più difficile il suo controllo. Le principali m. i. e i loro agenti eziologici identificati negli ultimi vent'anni sono elencati nella tabella. In alcuni casi gli agenti eziologici erano noti da tempo, mentre in altri sono completamente nuovi, come nel caso della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), originata da una fonte incerta, ma presto diventata una pandemia (v. immunodeficienza acquisita, sindrome da, App. V e in questa Appendice).

Differenti fattori possono contribuire all'insorgere o al riemergere di una malattia infettiva. Quelli più frequentemente identificati sono: a) i viaggi e gli spostamenti (per turismo, migrazioni ecc.) che permettono a un microrganismo patogeno di muoversi all'interno di una popolazione previamente non esposta e/o non vaccinata, cioè non immune; b) la produzione, la manipolazione e la distribuzione su vasta scala degli alimenti; c) le variazioni ambientali (deforestazione, inquinamento delle acque sotterranee); d) la maggiore suscettibilità della popolazione, dovuta a vari fattori (sovraffollamento, invecchiamento, malnutrizione, stress ecc.) che possono agire sinergicamente diminuendo la capacità degli individui di difendersi dalle infezioni; e) la variabilità genetica dei microrganismi che permette a un patogeno di sviluppare in tempi brevi nuovi geni coinvolti nei meccanismi di virulenza e/o nella resistenza ai metodi terapeutici standard (v. anche infettivologia; virosi: Malattie da virus riemergenti e di nuova individuazione, App. V).

Viaggi

I viaggi hanno indubbiamente rappresentato nel corso del Novecento una delle più frequenti cause dell'insorgenza e della diffusione delle malattie infettive.

I viaggiatori, soprattutto quando sono accompagnati da animali, possono agire da vettori per introdurre un microrganismo potenzialmente patogeno in una nuova regione geografica, laddove esso può sopravvivere, proliferare e trovare un modo per entrare in un ospite suscettibile (pianta, insetto, animale ecc.). Per contro, essi portano anche il loro patrimonio genetico, la loro vulnerabilità, la loro suscettibilità, e potrebbero essere sensibili a infezioni endemiche locali, verso le quali la popolazione autoctona risulta immune. Inoltre, il rischio di infezione aumenta in quanto, a differenza della popolazione locale, il visitatore non conosce le misure da adottare, per diminuire il rischio di contagio, riguardo alla preparazione dei cibi, al vestiario, o al contatto con gli animali e con il suolo. Questi fattori, agendo anche sinergicamente, possono contribuire in modo sostanziale all'emergere o al riemergere di una malattia infettiva.

Recettività della popolazione visitata. - Per prevedere l'impatto dei viaggi nell'insorgere di una m. i. risulta necessario considerare la recettività di una regione geografica e della popolazione all'introduzione del suo agente eziologico. I microrganismi che hanno animali come ospite, o limitazioni ambientali ristrette, oppure artropodi come vettori, sono più difficilmente introdotti in una nuova regione geografica. Di conseguenza, l'ingresso di un microrganismo in una nuova area geografica non porta necessariamente all'insorgere di una malattia. Per esempio, la dengue non può diffondersi in un'area geografica dove la zanzara vettore non è presente. La schistosomiasi non può trasmettersi se l'ospite intermedio (mollusco acquatico) non esiste nella nuova regione. In generale, gli organismi patogeni che risiedono nell'intestino dell'ospite, e che si trasmettono mediante le uova che fuoriescono con le feci, non possono diffondersi quando esiste un adeguato trattamento delle acque fognarie. Al contrario, i microrganismi trasmessi per contatto diretto (individuo-individuo) - per es., gli agenti eziologici della tubercolosi, dell'AIDS, del morbillo, della pertosse, della difterite, dell'epatite B e dell'epatite C - possono molto facilmente essere portati dai viaggiatori e diffondersi nella nuova regione. In tutti i casi, però, la manifestazione di una m. i. può essere molto grave quando un microrganismo patogeno viene introdotto in una popolazione suscettibile a esso, cioè non previamente esposta a tale infezione né resa immune mediante un adeguato programma di vaccinazione. Nonostante questa correlazione non sia ancora ben definita, alcuni studi epidemiologici suggeriscono che fattori genetici possono influenzare la suscettibilità di una popolazione all'infezione da differenti microrganismi (per es., da parvovirus, da Vibrio cholerae e da Helicobacter pylori).

Migrazioni. - Si valuta che nei primi anni Novanta più di 500 milioni di persone per anno hanno attraversato confini internazionali con aerei commerciali. I viaggi per affari o per turismo costituiscono solo una piccola parte della totalità delle migrazioni umane. Emigranti, missionari, studenti, lavoratori stagionali, pellegrini, forze militari di pace e così via, rappresentano oggi i viaggiatori più numerosi (con spostamenti individuali o di massa).

Nei primi anni Novanta il numero di immigranti era di circa 20 milioni, mentre oggi si aggira sui 70 milioni. La maggior parte di costoro, proveniente da paesi in via di sviluppo, lavora legalmente o illegalmente nei paesi industrializzati. La mobilità delle persone è aumentata anche all'interno di una regione. Si stima che, all'inizio del 21° secolo, più del 50% della popolazione mondiale abiti in zone urbane e che vi siano 24 megacittà con più di 10 milioni di abitanti. Una densità di popolazione così alta rappresenta una condizione ideale per la persistenza di alcune m. i. e per l'insorgere di altre, essendo favorita dal sovraffollamento la trasmissione attraverso il contatto diretto, cioè da individuo a individuo. Nelle zone urbane periferiche le cattive condizioni sanitarie permettono la crescita di vettori, come gli artropodi, i roditori e altri animali portatori di agenti patogeni. Nei campi profughi, a causa del sovraffollamento e dell'assenza di controlli sanitari, di pulizia, di acqua, di cibi sani e di protezione contro i vettori, si determinano le condizioni ideali per l'insorgere e il diffondersi di malattie infettive. Nel 1994, di circa 700.000 rifugiati che si spostarono dal Ruanda allo Zaire, almeno 50.000 morirono durante il primo mese in seguito a epidemie di colera (Vibrio cholerae) e di dissenteria (Shigella dysenteriae tipo 1). Nel 1970 un pellegrino che tornava dalla Mecca fu la fonte di un'epidemia di vaiolo in Iugoslavia con 174 casi e 35 morti. Nel 1987, alcuni pellegrini portarono un ceppo virulento di meningite (Neisseria meningitidis) dall'Asia del Sud alla Mecca; altri, infettati da questo ceppo, lo introdussero nell'Africa subsahariana, dove causò un focolaio epidemico fra il 1988 e il 1989. Si può quindi dire che le migrazioni, facendo venire a contatto differenti gruppi di organismi a una velocità e in combinazioni senza precedenti nella storia, intervengono in concomitanza con molti altri processi (cambiamenti sociali, climatici, ambientali e tecnologici) e favoriscono l'insorgere di malattie infettive.

Ruolo degli alimenti

Uno dei più importanti fattori di rischio per l'insorgere delle m. i. è rappresentato dalla cattiva preparazione degli alimenti. Basta considerare che circa l'85% di tutti i nuovi focolai di m. i. è dovuto a un'errata manipolazione di questi. Nel corso del 20° secolo si è passati rapidamente da un tipo di produzione locale, con una manipolazione e un consumo familiari, presente ancora in alcune popolazioni rurali, alla produzione industriale, con una manipolazione tecnologica e una distribuzione su vasta scala di alimenti facilmente deteriorabili. Le tecnologie applicate alla preparazione industriale degli alimenti possono ridurre in tre modi differenti l'esposizione dei consumatori ai potenziali patogeni. Il primo gruppo di tecnologie rimuove o distrugge tutti i patogeni mediante 'sanitazione': trattamento col calore (pastorizzazione, brevi periodi ad alte temperature), trattamento con radiazioni (raggi γ), separazione fisica (filtrazione, gravità, centrifugazione). Il secondo mantiene i contaminanti a livelli al di sotto della soglia di pericolo attraverso l'uso di preservanti chimici (batteriostatici), essiccamento o disidratazione e refrigerazione o congelamento. Il terzo previene la contaminazione degli alimenti attraverso la pulizia degli ambienti e l'utilizzo di sistemi di inscatolamento o imballaggio adeguati. Per evitare pericoli di contaminazione microbiologica, fatta eccezione per gli alimenti freschi e i grani secchi, bisogna adottare almeno una delle tecnologie citate di ogni gruppo. Queste tecnologie devono essere però applicate nella sequenza giusta e la loro efficacia controllata costantemente. Per esempio, quando durante l'imballaggio l'ossigeno viene tolto a un alimento impropriamente processato, i microrganismi anaerobi, come il Clostridium che provoca il botulismo, sono liberi di moltiplicarsi.

L'infezione alimentare implica generalmente l'ingestione del patogeno seguita dalla sua proliferazione con invasione e/o liberazione di tossine nell'intestino dell'ospite. Le salmonellosi, listeriosi, shigellosi, yersiniosi, campilobatteriosi (enterite determinata da batteri appartenenti al genere Campylobacter) e la gastroenterite da Escherichia coli o da Vibrio parahaemolyticus sono tra le principali m. i. emergenti trasmesse per via alimentare. Carni, pollame, pesci, latte, prodotti caseari e frutti di mare sono i principali alimenti coinvolti. Nel 1985 scoppiò un focolaio epidemico di listeriosi, causata da Listeria monocytogenes, nella California meridionale. Tale focolaio fu causato da un'inadeguata pastorizzazione del latte usato nella produzione di formaggi: si manifestarono 86 casi d'infezione, di cui 47 mortali. Tra il 1993 e il 1995, inoltre, si sono verificati negli Stati Uniti 63 episodi epidemici di colite emorragica, che hanno coinvolto circa 2000 persone (500 casi solo nello Stato di Washington). Nella maggior parte dei casi, l'agente eziologico era un ceppo virulento di Escherichia coli denominato O157:H7, trasmesso da cibi a base di carne tritata, insufficientemente cotti. Questo ceppo è talora causa di una gravissima malattia, la sindrome emolitico-uremica. In generale, le malattie veicolate da alimenti sono sempre associate a pratiche di basso livello igienico e a circuito oro-fecale dove il cibo rappresenta il collegamento fondamentale tra i vari ospiti. Recentemente, infine, è stata individuata una forma di encefalopatia trasmissibile con le carni bovine, la cosiddetta BSE (Bovine Spongiform Encephalopaty), per la quale v. encefalopatie, in questa Appendice.

Nella lotta contro questo tipo di emergenza sanitaria uno dei problemi tuttora non completamente risolti è quello di individuare il più rapidamente possibile i microrganismi, allo scopo di evitare eventuali focolai epidemici che possono colpire ampie fasce di popolazione in poco tempo (distribuzione a vasta scala). La ricerca di biomarcatori (indicatori genetici o biochimici della presenza di un agente patogeno) è diventata estremamente importante. Tali biomarcatori dovrebbero indicare un aumento potenziale della virulenza, un'accresciuta persistenza nell'ambiente, una maggiore resistenza al calore o a valori di pH sfavorevoli, ai conservanti, ai preservanti e agli antibiotici. Le tecniche basate sulla coltivazione del microrganismo patogeno possono tuttavia richiedere giorni o settimane per la sua identificazione. Tecniche più moderne, come l'immunofluorescenza, l'immunoenzimologia e la radioimmunologia si sono dimostrate efficaci. Vengono sempre più utilizzate tecniche di biologia molecolare, come l'ibridazione in situ e l'amplificazione del DNA (mediante la Polymerase Chain Reaction, PCR). Lo sviluppo e l'impiego di tali metodiche è assolutamente necessario in quanto garantiscono l'individuazione, in modo rapido e selettivo, di virus, batteri o protozoi a crescita lenta o non coltivabili.

Una corretta alimentazione rimane il modo più efficace per minimizzare i rischi, che possono essere classificati in sei categorie, in ordine di importanza: microbiologici, nutrizionali, tossici (tossinfettivi), derivanti dalla contaminazione ambientale, dai residui di pesticidi e dagli additivi. L'applicazione delle norme sanitarie diminuisce o elimina il rischio microbiologico; la moderazione e la varietà degli alimenti diminuiscono i rischi nutrizionali, mentre l'adozione di entrambe le precauzioni minimizza l'impatto degli altri quattro fattori di rischio.

Inquinamento idrico

Alcuni microrganismi patogeni, come batteri e protozoi, possono sopravvivere nell'acqua e infettare l'uomo. Aeromonas hydrophila, Chromobacterium violaceum, Legionella pneumophila, Pseudomonas aeruginosa, Salmonella enteritidis, Vibrio cholerae, Vibrio parahaemolyticus e Yersinia enterocolitica sono i batteri patogeni più comunemente trasmessi per via idrica. Fra i protozoi, invece, sono state identificate differenti specie di Giardia, Cryptosporidium e Acanthamoeba. Sono, inoltre, trasmessi per via idrica (ciclo oro-fecale) i virus responsabili della gastroenterite virale acuta (per es., i rotavirus, gli adenovirus enterici ecc.). Questa malattia diarroica colpisce frequentemente neonati e bambini da 1 a 11 mesi, causando tuttora tra i 5 e i 10 milioni di morti per anno, soprattutto nei paesi dove la malnutrizione è diffusa.

Nei paesi sviluppati, le acque di falda rappresentano la fonte del 90÷95% di tutta l'acqua potabile erogata con i sistemi di distribuzione in rete, tanto nelle aree urbane come in quelle suburbane. Queste acque si purificano naturalmente mediante un meccanismo combinato di assorbimento (materiali sabbiosi, argillosi) e predazione biologica (protozoi) dei contaminanti. La dispersione nel suolo di fanghi di scarico, le discariche illegali dei contenuti delle vasche settiche, lo smaltimento improprio dei rifiuti tossici e il dilavamento da terreni sottoposti a trattamenti agricoli contribuiscono alla contaminazione delle acque di falda con sostanze chimiche e microrganismi.

In passato l'ambiente sotterraneo era considerato essenzialmente sterile; più recentemente, tuttavia, sono stati scoperti microrganismi vitali a una profondità compresa tra i 1000 e i 2000 metri. Le acque di falda incontaminate sono aerobiche, ma in seguito a contaminazione, per es. con sostanze organiche, l'ambiente diventa anaerobico, modificando di conseguenza la flora microbica sotterranea. Due improvvisi focolai epidemici di criptosporidiosi, una forma persistente di dissenteria causata da Cryptosporidium parvum (e che si sviluppa soprattutto in soggetti affetti da AIDS), hanno richiamato l'attenzione su questi pericoli. Il primo si è verificato nel 1987 nella Georgia (USA) con 13.000 casi, il secondo nel 1993 nel Wisconsin con circa 400.000 casi. In entrambi i casi l'acqua potabile distribuita in rete veniva trattata (filtrata e clorata) secondo le norme vigenti.

Suscettibilità della popolazione

Un microrganismo può emergere come patogeno a causa di cambiamenti che sono avvenuti nella suscettibilità all'infezione da parte dell'organismo ospite. Quanto meno l'ospite può difendere se stesso da un microrganismo, tanto più è suscettibile all'infezione. Un aumento nella suscettibilità alle infezioni può essere misurato sia in termini di dose infettiva (il numero di microrganismi necessario per causare la malattia), sia in funzione della capacità dell'ospite di limitare la propagazione del microrganismo (per es., dal tratto intestinale al sangue).

I fattori che influenzano la suscettibilità degli ospiti all'interno di una popolazione comprendono: a) un incremento del numero di pazienti immunocompromessi; b) un aumento dell'uso di farmaci immunosoppressori, particolarmente nei pazienti sottoposti a chemioterapia o a trapianto di organi; c) l'invecchiamento della popolazione; d) la malnutrizione.

Incremento delle malattie che causano immunosoppressione. - Malattie ereditarie associate con immunosoppressione sono presenti in una piccola, ma relativamente costante, porzione della popolazione: la più comune di queste malattie è la deficienza di immunoglobulina A riscontrata nello 0,3 % dei donatori di sangue e che può essere associata con diarree ricorrenti e infezioni da Giardia. Rispetto ai pazienti affetti da immunodeficienza ereditaria, però, la popolazione con immunodeficienza acquisita è andata rapidamente aumentando.

fig. 3

Nel 1996, solo negli Stati Uniti vi erano circa 220.000 persone con più di 13 anni di età affette da AIDS (fig. 3), e dal 1995 lo HIV (Human Immunodeficiency Virus) è diventato la principale causa di morte (19%) fra le persone fra i 25 e i 44 anni di età. Le persone affette da AIDS mostrano un chiaro incremento della loro suscettibilità (fra 20 e 100 volte) a infezioni da Salmonella, con un notevole aumento di rischio di setticemia. Questo dipende anche dalla presenza endemica di un agente patogeno (o di una malattia); per es., in Perù il rischio di tifo (Salmonella typhi) è 25 volte più alto in persone affette da AIDS. L'infezione polmonare da Pneumocystis carinii (microrganismo convenzionalmente inquadrato tra i protozoi ma di recente riclassificato tra i miceti) rappresenta una delle più frequenti infezioni opportunistiche della malattia. Alcuni studi realizzati nell'area di San Francisco in USA hanno mostrato che i pazienti affetti da AIDS sono colpiti da listeriosi con una frequenza 280 volte maggiore rispetto a quella del resto della popolazione. Altri dati indicano che il 5÷10% dei pazienti soffre di encefalite provocata da Toxoplasma gondii. Quest'ultimo, trasmesso con gli alimenti, dev'essere considerato come un importante microrganismo patogeno emergente in questi pazienti. La pandemia di AIDS ha attirato l'attenzione su microrganismi che non erano riconosciuti come patogeni; il più importante fra questi è Cryptosporidium parvum (trasmesso per via idrica). Si valuta che il 10÷20% dei casi di diarrea associati all'AIDS sono dovuti a questo protozoo. Isospora belli, Escherichia coli e Yersinia enterocolitica sono state associate a casi di diarrea in pazienti affetti da AIDS. Non è ancora chiaro se questi ultimi batteri siano microrganismi patogeni emergenti, ma, considerato che esistono circa 24 milioni di casi di AIDS nel mondo, il rischio che lo diventino in breve tempo è molto elevato.

Aumentato uso di agenti immunosoppressori. - I progressi nelle cure mediche hanno causato un aumento del numero di pazienti immunodepressi: pazienti sottoposti a trapianto di organo, a chemioterapia o con serie malattie croniche. Tutti questi individui presentano un aumentato rischio di infezione da microrganismi non associati a malattie gravi. Negli ultimi vent'anni sono aumentati sia i casi di tumore (15÷25% dal 1973 al 1994) sia quelli di trapianto; in particolare, procedure complesse permettono i trapianti di fegato, cuore e polmone. Ciò ha determinato un incremento nella popolazione del numero di individui cronicamente immunocompromessi. Oltre agli agenti immunosoppressori (azatioprina, cortisonici, ciclosporine ecc.), molti altri fattori possono contribuire ad aumentare la suscettibilità all'infezione in questi pazienti. L'esempio più classico è il trattamento con antibiotici, i quali possono avere effetti profondi sulla flora batterica del tratto intestinale. Questo disturbo nell'ecologia microbica può favorire o predisporre l'intestino alla colonizzazione e alle infezioni da parte di altri microrganismi, alcuni dei quali sono più virulenti. Inoltre, gli agenti terapeutici possono avere effetti diretti sulla mucosa intestinale, provocando infiammazione e causando una diminuzione delle cellule linfoidi. In questo contesto, qualunque microrganismo nel tratto intestinale può entrare nel sangue e causare una malattia fatale. È stato osservato che i pazienti malati di cancro presentano un aumentato rischio d'infezione invasiva da Listeria, mentre pazienti sottoposti a trapianto di organi sono più soggetti a infezioni da Toxoplasma.

Invecchiamento della popolazione. - Nei paesi sviluppati, il numero assoluto di anziani e la loro proporzione sulla popolazione totale sta aumentando costantemente. Si può dire che l'anzianità è correlata con l'incremento del rischio di morte a causa di malattie infettive. Negli Stati Uniti, fra il 1979 e il 1987, circa 28.000 persone hanno avuto la diarrea come causa diretta o indiretta di morte. Il 51% di esse aveva più di 74 anni, il 27% aveva fra i 55 e i 74 anni, mentre l'11% era costituita da bambini al di sotto dei 5 anni. L'aumento della suscettibilità alle m. i. da parte degli anziani è stato correlato con la senescenza del tessuto linfoide dell'intestino o con il decremento delle secrezioni gastriche (nelle persone con più di 65 anni le secrezioni acide sono ridotte circa del 30%, mentre quelle di pepsina di circa il 40%). Considerando che l'acidità nello stomaco è la maggiore barriera verso i microrganismi patogeni (soprattutto quelli enterici), è evidente che la sua riduzione può fare aumentare la suscettibilità alle infezioni. Inoltre, una volta stabilita un'infezione intestinale, l'incontinenza fecale crea un contesto ideale nel quale i batteri enterici sono facilmente disseminati (ciclo oro-fecale). L'incidenza di diarrea dovuta a Campylobacter jejuni, Escherichia coli e varie specie di Salmonella è più alta fra le persone anziane.

Malnutrizione. - I fattori incidenti sulla suscettibilità degli individui (ospiti) finora illustrati risultano più rilevanti nei paesi industrializzati, mentre complessivamente la malnutrizione può essere considerata la causa principale dell'incremento della suscettibilità degli ospiti alle infezioni nei paesi in via di sviluppo. La malnutrizione aumenta la suscettibilità attraverso vari meccanismi: a) alterando l'integrità epiteliale dell'intestino; b) agendo sull'immunità mediata da cellule; c) abbassando la produzione di immunoglobuline. Inoltre, negli individui malnutriti si crea una forma di ciclo vizioso: una prima infezione, alterando la mucosa intestinale, potenzia i devastanti effetti della malnutrizione; il progressivo indebolimento, a sua volta, aumenta il rischio di future infezioni, e così via.

Studi realizzati in Bangla Desh hanno dimostrato che le infezioni (attraverso gli alimenti o l'acqua) con microrganismi patogeni che provocano diarrea avvengono con la stessa frequenza sia nei bambini ben nutriti sia in quelli malnutriti; nonostante ciò, la diarrea nei bambini malnutriti ha un decorso più lungo e con conseguenze più gravi. Recenti studi hanno messo in evidenza che, almeno nel caso del virus Coxsackie (un virus a RNA), esiste una diretta correlazione fra virulenza del virus e malnutrizione dell'ospite, in particolare per la deficienza di vitamina E. Dal momento che la maggior parte dei virus che infettano l'uomo sono virus a RNA, questo meccanismo (nel caso fosse conservato) potrebbe favorire l'insorgere di nuovi focolai epidemici fra gli individui malnutriti. Successivamente le varianti genetiche più aggressive di questi virus non troverebbero difficoltà a infettare anche individui sani. Risulta quindi prioritario, dal punto di vista della salute pubblica, sorvegliare e analizzare le popolazioni con aumentata suscettibilità alle infezioni. Solo in questo modo si possono identificare i microrganismi patogeni (emergenti o riemergenti) prima che si diffondano nel resto della popolazione. Gli studi effettuati per identificare le ragioni di un incremento di suscettibilità nei riguardi di uno specifico microrganismo patogeno in una determinata parte della popolazione permettono inoltre di stabilire come questo sia capace di superare i normali meccanismi di difesa dell'ospite.

Variabilità genetica

I principi basilari della genetica e dell'evoluzione sono egualmente validi sia per l'ospite umano sia per gli agenti infettivi. Dal punto di vista evolutivo, comunque, gli esseri umani non possono competere con i microrganismi. Nell'equilibrio ospite-patogeno, la selezione naturale potrebbe portare all'evoluzione della specie umana, ma a un costo terribile giacché rispetto ai microrganismi gli uomini sono molto lenti a cambiare geneticamente. Se la nostra specie fosse sottoposta alla selezione biologica in risposta ai fattori selettivi imposti da una m. i. emergente, il numero di individui dovrebbe ridursi da miliardi a milioni in poche settimane o mesi, prima di risalire di nuovo molto lentamente. Al contrario, gli uomini sono in grado di modificare più facilmente il proprio comportamento, per es. evitando i contatti con micro e macro parassiti, e hanno a proprio vantaggio nuove tecnologie, come vaccini, antibiotici e test diagnostici. Tuttavia, anche disponendo di nuove tecnologie, la specie umana è intrinsecamente più vulnerabile ora rispetto a cento anni fa, almeno in termini di suscettibilità alle pandemie e alle malattie infettive. Tale suscettibilità è dovuta soprattutto al sinergismo con il quale intervengono i fattori di rischio finora illustrati, come la mobilità, il sovraffollamento, l'inquinamento, la malnutrizione ecc.

Nonostante gli argomenti contro l'evoluzione dell'ospite come forma di risposta alle infezioni, ci sono alcuni esempi di risposta mediata da mutazioni. Una mutazione, nota come Duffy, è l'unica difesa dell'ospite contro Plasmodium vivax (malaria), fino a oggi riconosciuta senza conseguenze deleterie per i portatori. Al contrario, le talassemie, la deficienza di G6PD (glucosio-6-fosfato deidrogenasi) e la emoglobina S sono tutte modificazioni ematopoietiche in grado di ostacolare la riproduzione di Plasmodium; tuttavia negli individui omozigoti tali modificazioni sono esse stesse causa di malattie. Nonostante anni di ricerca scientifica sull'emoglobina S, non si è ancora in grado di applicare questa conoscenza a fini terapeutici.

Nella produzione di immunoglobuline che segue ogni infezione si ha un processo di selezione naturale. Una produzione apparentemente casuale di immunoglobuline viene generata mediante mutagenesi localizzata (somatica). L'immunità trasmessa dalla madre ai figli mitiga la probabilità di infezione di questi ultimi, permettendo un nuovo equilibrio ospite-patogeno dovuto alla preimmunizzazione dell'ospite. Questi eventi di adattamento ospite-patogeno, non mediati da variazioni genetiche ereditarie, complicano le conseguenze attese, cioè le nostre aspettative.

Nei batteri, la variabilità genetica è la principale causa della loro capacità di adattarsi e di sopravvivere, anche a condizioni ambientali molto sfavorevoli. Le popolazioni di questi microrganismi sono dell'ordine di 10¹²÷10¹⁶ e sono immerse in un mare di agenti mutageni (per es., la luce del sole); in questo contesto la loro variabilità genetica è garantita. Inoltre, mentre alcuni ceppi sono dal punto di vista genetico molto stabili, altri sono altamente mutabili (anche ipermutabili) perché, per es., non riparano efficacemente i danni esercitati sul loro DNA. Infine, poiché i batteri sono aploidi, possono esprimere immediatamente le loro variazioni genetiche. I microrganismi sono estremamente più veloci e flessibili rispetto agli uomini nella risposta a variazioni ambientali. Lo scambio di materiale genetico tra batteri, o tra batteri e virus, che avviene mediante i meccanismi di coniugazione, trasduzione e integrazione lisogenica, è molto efficace. Di conseguenza, materiale genetico trasmissibile (come i plasmidi) è disperso in tutto il mondo dei microrganismi. Il trasferimento laterale di geni (e della loro informazione genetica) è così importante nell'evoluzione dei batteri che la loro patogenicità o la loro resistenza ad antibiotici non può essere considerata solo conseguenza dell'evoluzione naturale (cioè di proliferazione clonale) di un ceppo. È stato dimostrato che la capacità di mutare e di scambiare materiale genetico non è costante, ma è certamente sotto controllo genetico e può variare in relazione alle circostanze alle quali i microrganismi sono sottoposti. Si può quindi concludere che nella lotta contro la variabilità dei geni microbici l'arma migliore che gli uomini possono usare è la conoscenza e non l'intervento della selezione naturale sui propri geni.

Alla fine del 1992, un nuovo ceppo di Vibrio cholerae denominato O139 (Bengal) provocò una vasta epidemia di colera in alcune zone dell'India e del Bangla Desh. È stato ipotizzato che questo ceppo si sia generato mediante il trasferimento laterale di alcuni geni da un ceppo non-O1 al ceppo O1 El Tor di Vibrio cholerae, il quale ha acquisito così nuove proprietà antigeniche. Questo spiegherebbe il coinvolgimento in tale epidemia di individui adulti, che nella regione sono generalmente immuni all'infezione.

I virus presentano una grande variabilità, ma non si conosce né la loro origine né il tipo di evoluzione. Essi sono capaci, però, di interagire in vari modi con il genoma dell'ospite. Le particelle virali sono in grado di abbandonare un genoma, di diventare unità di replicazione autonoma nelle cellule ospiti, di reintegrarsi in altro genoma e ripetere tale ciclo innumerevoli volte.

L'epidemia di influenza del 1918 denominata spagnola può essere considerata un prototipo di infezione virale emergente. La malattia, caratterizzata da un attacco fulmineo di polmonite, uccise tra i 20 e i 25 milioni di persone in tutto il mondo (in particolare giovani). Non possiamo quindi prevedere la conseguenza finale della attuale pandemia di AIDS; potrebbero emergere ceppi virali con un periodo di latenza più lungo, mitigando la malattia, come potrebbero emergerne altri più letali, cioè con una maggiore capacità di sorpassare le barriere indotte dal sistema immunitario dell'ospite e di proliferare rapidamente dentro di esso.

Le m. i. rappresentano un complesso processo co-evolutivo che comprende l'unione, la biforcazione, l'emergere e il riemergere di nuove specie. Considerando però che i tempi delle risposte evolutive degli esseri umani sono più lunghi di quelli dei microrganismi nell'adattamento a nuovi equilibri ospite-patogeno, è prevedibile che sempre nuove infezioni continueranno a presentarsi, mentre quelle già note potranno cambiare la loro distribuzione, severità e frequenza.

Terapia e prevenzione

Nel caso delle m. i. emergenti risulta particolarmente necessaria la prevenzione, dal momento che, quando un focolaio epidemico inizia a diffondersi, l'uso indiscriminato degli antibiotici e la capacità dei microrganismi di scambiare materiale genetico portano inevitabilmente a un incremento della resistenza dei patogeni. Nei batteri, la resistenza agli antibiotici è codificata in gruppi di geni. Negli ultimi anni si è osservato un notevole aumento della resistenza dei batteri a diverse classi di antibiotici, dovuto a trasferimento laterale (orizzontale) dei geni localizzati su plasmidi o trasposoni. Alcuni microrganismi patogeni, come, per es., gli agenti eziologici della tubercolosi e del colera, possono diventare resistenti fino a dieci differenti antibiotici. Inoltre, l'uso degli antibiotici nella terapia di alcune infezioni intestinali (per es., in quella provocata da Escherichia coli O157:H7) viene sconsigliato, in quanto, provocando la lisi delle cellule batteriche, potrebbe favorire il rilascio di particolari tossine (verotossine), che hanno importanza nell'insorgenza della sindrome emolitico-uremica.

In futuro, le biotecnologie potrebbero far diventare gli uomini resistenti a certe m. i., mediante terapia genica somatica, sorpassando in questa maniera le variazioni casuali e la selezione naturale. In assenza di alternative, questo tipo di terapia potrebbe essere utilizzata come ultima risorsa per salvare la nostra specie. È comunque universalmente accettato che la ricerca scientifica e la conoscenza sono le uniche contromisure valide nel caso delle m. i. emergenti: solo attraverso lo studio dei retrovirus come putativi agenti eziologici del cancro è stato possibile correlare HIV e AIDS. Nella lotta contro le m. i. emergenti è inoltre necessaria una visione globale che può essere garantita solo da organizzazioni intergovernative come l'Organizzazione mondiale della sanità.

bibliografia

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