MALNUTRIZIONE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

MALNUTRIZIONE (App. III, 11, p. 22)

Emanuele Djalma Vitali

Il concetto di m. è stato ulteriormente approfondito e riesaminato nel contesto di un'accezione estensiva che include tutte le alterazioni biochimiche funzionali, anatomo-patologiche, ponderali e auxologiche indotte da apporti alimentari quantitativamente e qualitativamente incongrui oppure da condizioni morbose che ostacolano la normale utilizzazione di fattori nutritivi.

Secondo una classificazitme etiologica molto diffusa (anche se schematica e per di più non univocamente intesa), si distinguono forme di m. primitiva (sia per difetto: iponutrizione o denutrizione; sia per eccesso: ipernutrizione o supernutrizione), direttamente connesse alla quantità e alla qualità dell'apporto alimentare, e forme di m. secondaria (che possono essere anch'esse per difetto o, più raramente, per eccesso), sintomatiche di molti quadri morbosi (o comunque a questi consequenziali).

La m. secondaria può coesistere con quella primitiva: per es., un soggetto già denutrito per inadeguato apporto alimentare può essere coinvolto da malattie che sono di per sé stesse causa di malnutrizione.

Viene talora presa in considerazione l'esistenza di un'altra possibilità, quella della "m. per squilibrio", connessa a una marcata disarmonia ripartitiva nella razione alimentare, nonostante che l'apporto energetico globale (fornito da carboidrati, grassi, proteine, eventualmente alcool) sia normale o addirittura eccedente. La squilibrata ripartizione dei fattori energetici (per es. adeguata razione proteica con eccesso di grassi e scarso apporto di carboidrati) implica, quasi sempre, una condizione carenziale (assoluta o più spesso relativa, di solito senza manifestazioni cliniche appariscenti), anche quando le condizioni generali del soggetto siano apparentemente floride o addirittura contrassegnate da obesità. In quest'ultima evenienza, sussistono, quindi, tanto una m. calorica per eccesso, quanto una m. per difetto, realizzandosi così quella che si potrebbe definire una "m. composita".

Intesa nella sua accezione più vasta, la m. è responsabile di molteplici condizioni di sofferenza organismica, che possono estrinsecarsi con sintomatologie conclamate (obiettivabili con rilievi clinici, antropometrici, di laboratorio ed eventualmente radiologici) o che, molto più spesso, decorrono a lungo in modo asintomatico (m. occulta o subclinica), tuttavia menomando l'efficienza psicofisica o accrescendo la morbilità nei confronti di certa patologia, soprattutto degenerativa.

Esaminato nei suoi diversi versanti, il problema della m. primitiva trascende le sue implicazioni cliniche (e morali) per rivestire anche un estremo interesse economico, in considerazione soprattutto delle negative ripercussioni sulla capacità lavorativa, sulla morbilità e mortalità, quindi sui costi sociali di questi fenomeni.

Malnutrizione per difetto. - Fatta eccezione per quegli alimenti semplici che, entro certi limiti, possono essere interscambiati con altri (per es., ai fini energetici i grassi possono essere sostituiti, entro certi limiti, con isocaloriche quantità di carboidrati), il carente apporto o l'insufficiente utilizzazione di un fattore nutritivo comporta un progressivo esaurimento delle sue eventuali riserve nei tessuti; quindi un impoverimento cellulare, con compromissione di alcuni processi osmotici, enzimatici, e più genericamente metabolici; infine, l'instaurarsi di lesioni degenerative cellulari e tessutali, alcune reversibili, altre irreparabili.

Mentre nelle forme iniziali od occulte la diagnosi è possibile solo attraverso esami di laboratorio (dosaggio dei contenuti ematici, e talvolta cellulari, di vitamine, minerali, proteine, ecc.; determinazione del bilancio azotato, o altro), nelle forme conclamate la diagnosi scaturisce dalla semplice raccolta dei dati clinici e antropometrici (rapporto pondo-staturale, valori plicometrici, ecc.), anche se richiede di essere approfondita da ricerche di laboratorio.

Tra le numerose cause che nel mondo concorrono al persistere della m. primitiva per difetto predominano quelle di ordine socioeconomico (sottosviluppo, donde indigenza e sottocultura, quindi scarso flusso di informazioni nutrizionali e sanitarie) e di natura geologica ed ecologica (è il caso del gozzo endemico da carenza di jodio, che colpisce molte popolazioni montanare di tutti i continenti). Altre cause di rilievo sono in relazione a vicende contingenti o ricorrenti (come carestie e altre calamità naturali, eventi bellici di lunga durata e simili) oppure sfavorevoli influenze culturali (precetti restrittivi di natura religiosa o filosofica; superstizioni, pregiudizi e fisime alimentari; irrazionali mode dietetiche; ripetuti digiuni di protesta) o a inadeguatezze del comportamento alimentare, variamente motivate (gusti personali, repulsioni o rifiuti inconsci). I multiformi quadri clinici che ne derivano sono in rapporto col tipo di carenza nutrizionale (calorica, proteica, vitaminica, minerale), con la sua gravità e durata, con il grado di vulnerabilità organismica (maggiore nell'età evolutiva, in gravidanza, durante l'allattamento e nella vecchiaia).

Forme di m. secondaria per difetto si osservano in molteplici condizioni patologiche defedanti: in alcune malattie endocrine (come il morbo di Simmonds e quello di Basedow), psichiche, tumorali, metaboliche, infettive, tossiche. Fra queste ultime figurano le disvitaminosi iatrogene da antibiotici (carenza di vitamine B2, PP, ecc.). In tali casi la terapia dietetica (per via orale, per sonda o per via parenterale) riveste un ruolo coadiuvante o comunque non preminente, fatta eccezione per varie malattie metaboliche (v. metabolismo, malattie congenite del, in questa App.; ricambio, malattie del, in questa App.; dietetica, in questa App.), per condizioni post-operatorie (che si avvalgono soprattutto dell'alimentazione parenterale), per le sindromi dispeptiche e per quella da malassorbimento intestinale (sindromi spruetiche; enteropatie da intolleranza al glutine, ai mono- e disaccaridi; malassorbimento della metionina, del triptofano, della vitamina B12, dell'acido folico; abetalipoproteinemia, ecc.).

Malnutrizione per eccesso. - La forma primitiva è diffusa nei paesi a elevato sviluppo economico (v. oltre) e tra i ceti privilegiati dei paesi depressi. Essa riveste molteplici aspetti metabolici, più avanti ricordati.

La forma secondaria può essere di natura patologica oppure iatrogena. Nel primo caso essa si configura di solito nell'obesità endocrina (da ipercorticosurrenalismo, da ipotiroidismo, da lesioni diencefaliche, ecc.) nella quale, per la compromessa efficienza di alcuni meccanismi omeostatici, si determinano, tra l'altro, un rallentamento del metabolismo energetico, una spiccata accentuazione dei processi anabolici e, quindi, un'abnorme tesaurizzazione di grassi.

Tra le forme iatrogene vanno annoverate sia le manifestazioni tossiche conseguenti a iperdosaggi vitaminici (ipervitaminosi A, D, ecc.) o di altri fattori nutritivi (da alcuni autori incluse nella m. primaria), sia l'artificioso aumento delle masse muscolari, delle riserve di calcio e di tessuto adiposo indotto dalla somministrazione prolungata di alte dosi di anabolizzanti a soggetti già in buono stato di nutrizione: pratica, questa, talora seguita da atleti dediti a specialità sportive nelle quali l'aumento ponderale consente a volte di migliorare le prestazioni (lancio del martello e del peso, ecc.).

La malnutrizione nei paesi sviluppati. - Nei paesi a elevato livello produttivo, e di solito anche a migliore organizzazione sanitaria, le manifestazioni conclamate dalla denutrizione primitiva sono piuttosto rare e si osservano soltanto a livello di residue sacche di umanità emarginata. Tuttavia, anche in tali paesi continuano a essere relativamente frequenti le forme occulte di m. primitiva per difetto.

Durante la crisi economica degli anni Trenta alcuni nutrizionisti (E. Burnet, W. R. Aykroyd, 1935; J. B. Orr, 1936; ecc.) e la stessa Società delle Nazioni (1937) sottolinearono l'esistenza della denutrizione primitiva anche nei paesi con ampie disponibilità alimentari. In particolare J. Boy Orr (Food, Health and Income, Londra 1936) dimostrò che tra i ceti poveri della Gran Bretagna il basso reddito non era compatibile con un buono stato di salute.

Ancora oggi, anche nei paesi ad avanzato sviluppo, le manifestazioni carenziali sono tutt'altro che rare: negli stessi SUA, tra la popolazione scolare, risultano relativamente frequenti le anemie nutrizionali, connesse a uno scarso apporto alimentare di ferro. Laddove, invece, l'apporto quotidiano di calcio è insufficiente, a causa soprattutto dello scarso consumo di latte e derivati (come accade in alcune regioni d'Italia), esiste una notevole diffusione dell'osteoporosi, affezione caratterizzata da un subdolo processo di decalcificazione dello scheletro e che di solito si appalesa soltanto tardivamente (in età presenile o senile) e che sfugge a una diagnosi precoce, anche perché gli esami radiologici convenzionali non sono in grado di rivelare l'esistenza dell'osteoporosi se non quando le ossa hanno già subito un imponente depauperamento di calcio (del 30-40%).

Particolarmente diffuse, nei paesi a elevato tenore di vita, sono le forme di ipernutrizione. Per lo più si tratta di eccesso calorico globale, per esagerato apporto di uno, di più, o di tutti gli alimenti energetici (carboidrati, grassi, proteine e alcool). Tale eccesso comporta un sovraccarico funzionale del canale digerente, del fegato, del pancreas, dei reni, dei sistemi di regolazione omeostatica e si traduce, a lungo termine, in un aumentato rischio metabolico: donde l'elevata incidenza di malattie del ricambio, come obesità, diabete dell'adulto, gotta, dislipidemie (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, ecc.). Tutte queste condizioni dismetaboliche contribuiscono e rappresentano, a loro volta, un fattore di rischio nei confronti di una vasta patologia a carattere degenerativo, che include l'aterosclerosi (con le sue numerose manifestazioni cliniche), alcune epatopatie degenerative, le calcolosi delle vie biliari e urinarie, ecc.

Un cenno particolare merita la compromissione nutrizionale connessa all'abuso di alcool. Essa può configurarsi in quadri clinici che differiscono sostanzialmente tra di loro a seconda della situazione nutrizionale e metabolica su cui s'innesta l'eccesso alcolico protratto nel tempo. In linea di massima, quando gli apporti alimentari sono più o meno aderenti ai fabbisogni individuali, un uso cospicuo, anche se non imponente, di alcool si traduce prevalentemente in un sovraccarico calorico e quindi in una sorta di m. per eccesso, donde il frequente aumento ponderale, infiltrazione grassa del fegato, aumento di una o più frazioni lipidiche del sangue (trigliceridi, colesterolo, ecc.), con conseguente aumento di rischio vascolare e metabolico. Se, viceversa, l'eccesso alcolico s'instaura nel contesto di preesistenti carenze alimentari di vario tipo (m. calorica, proteica, vitaminica, ecc., eventualmente coesistenti), s'intessono, lentamente ma in modo progressivo, lesioni che coinvolgono sia l'apparato digerente (gastriti, epatopatie alcoliche di vario grado fino alla cirrosi epatica, alterazioni pancreatiche e malassorbimento intestinale, con ridotta utilizzazione di alcuni aminoacidi, delle vitamine B1 e B12, dell'acido folico, di alcuni minerali), sia le strutture muscolari striate (miopatia alcolica e talora anche miocardiopatia), sia il sistema nervoso (v. anche alcolismo, in questa App.): quindi, ai danni della m. primitiva si sovrappongono quelli indotti dall'azione tossica dell'alcool, che tra l'altro comprendono la m. secondaria; donde un drammatico circolo vizioso, con progressivo decadimento fisico e psichico.

Appare quindi giustificato affermare che le conseguenze dell'alcolismo sono particolarmente devastanti a livello delle stratificazioni sociali più sfavorite e delle popolazioni a insufficiente sviluppo socioeconomico, laddove, cioè, è diffusa la m. per difetto, occulta o palese.

La malnutrizione nei paesi sottosviluppati e in via di sviluppo. - Il sottosviluppo è contrassegnato da inadeguatezze produttive, culturali e sanitarie, solo in parte reversibili: nonostante gli aiuti internazionali (peraltro non sempre disinteressati), esso tende a perpetuare la precarietà delle condizioni socioeconomiche.

Rispetto ai paesi più ricchi, quelli meno sviluppati dispongono di un relativamente minor numero di unità lavorative: sebbene l'indice di natalità sia generalmente elevato, i tassi di mortalità infantile e giovanile sono allarmanti; e per ogni classe di età sussistono minori "speranze di vita" (espressione che indica l'età che l'individuo può raggiungere o superare con 50 probabilità su 100). Studi promossi dalla FAO hanno approfondito lo studio delle correlazioni tra sviluppo sanitario, indici demografici e livello alimentare: quest'ultimo è apparso come il principale fattore d'influenzamento dello stato di salute, quindi della morbilità e della mortalità.

La m. per difetto è straordinariamente diffusa nei paesi sottosviluppati, non solo in forma subclinica, ma anche nelle forme clinicamente manifeste. I maggiori danni sono quelli connessi alla m. proteico-calorica (MPC), espressione che vuol sottolineare la contemporanea carenza energetica e proteica (e specialmente di proteine ad alto valore biologico). In realtà, nella maggior parte dei casi, si tratta di una m. globale, in quanto coesiste una carenza vitaminica e di minerali (specie di calcio, ferro, magnesio, cobalto, zinco).

Le più drammatiche manifestazioni cliniche della MPC sono quelle che colpiscono i bambini nei primissimi anni di vita e che si possono schematizzare e ricondurre a due fondamentali entità nosografiche: il marasma e il kwashiorkor.

Il marasma insorge di solito nel primo anno di vita e colpisce bambini alimentati con prodotti commerciali a base di latte vaccino, che vengono eccessivamente diluiti (donde la carenza proteico-calorica) e manipolati senza precauzioni igieniche, da cui la frequente contaminazione da parte di microrganismi patogeni che causano infezioni diarroiche. Il marasma infantile - caratterizzato da magrezza estrema, ipotrofia muscolare, arresto della crescita e grave apatia - presenta un'elevata mortalità e comporta un alto rischio di danno cerebrale nei soggetti sopravvissuti. Esso è notevolmente diffuso nei paesi in via di sviluppo, soprattutto a livello delle aree periurbane di città a tumultuoso sviluppo edilizio. Fattori sociali e psicodinamici tendono ad accrescere l'incidenza di tale affezione: dall'inadeguatezza delle strutture igienico-sanitarie e assistenziali al basso livello di educazione nutrizionale; dalla progressiva quanto prematura "occidentalizzazione" dei modelli comportamentali, ivi compresa la tendenza all'abbandono dell'allattamento al seno (che peraltro diviene un'esigenza quando la madre è impegnata in lavori extra-domestici) ai pesanti interventi promozionali da parte dell'industria alimentare, rivolti a far propendere le madri verso l'allattamento artificiale, presentandolo, tra l'altro, come espressione di modernità, di razionalità e addirittura come status symbol.

Il kwashiorkor colpisce, invece, i bambini nel corso del secondo e terzo anno di vita. Dal marasma differisce soprattutto per la presenza di edemi (anziché di disidratazione), espressione del grave depauperamento proteico cui vanno incontro questi bambini dopo lo svezzamento, in seguito ad alimentazione carente sia dal punto di vista energetico sia da quello proteico. Tali edemi sono la conseguenza fisico-chimica dell'ipoprotidemia, quindi della ridotta pressione osmotica colloidale (iponchia) che è alla base della trasudazione idrica attraverso i capillari sanguigni. Rilevanti sono anche le lesioni degenerative del fegato (steatosi) e del pancreas. La mortalità è molto elevata, anche perché su di essa incide la frequente concomitanza di malattie infettive e parassitarie, nei cui confronti i soggetti gravemente malnutriti sono particolarmente vulnerabili.

A differenza di quanto accade nei bambini, negli adulti la MPC non si appalesa in modo clamoroso, a meno che la carenza alimentare non sia estrema. Nelle forme lievi - estremamente diffuse in tali paesi - i dati routinari di laboratorio sono poco eloquenti, mentre deficit vitaminici occulti si possono evidenziare solo con metodiche sofisticate; la sintomatologia, per lo più, si riassume nella magrezza e nell'astenia fisica e mentale. Quest'ultimo fenomeno spiega (ma non giustifica) le antiche accuse di "indolenza" formulate nei confronti di certe popolazioni che dispongono di una razione alimentare sufficiente per sopravvivere ma non per assicurare l'efficienza psicofisica: più volte esse hanno dimostrato di poter fornire eccellenti prestazioni produttive in seguito al miglioramento dello standard alimentare. Un esempio significativo riguarda i lavoratori della Costa Rica, già ampiamente tacciati d'indolenza: assunti per la costruzione del tronco locale della Pan-American Highway e adeguatamente alimentati, essi fornirono una straordinaria dimostrazione di rendimento lavorativo.

Gli alimenti rappresentano la materia prima da cui il lavoratore trae la sua capacità di lavoro. Una corretta alimentazione dev'essere considerata come un autentico fattore produttivo e non già come un puro e semplice "consumo finale", secondo l'ottica degli economisti classici: oltre a migliorare il rendimento lavorativo, essa rappresenta la più efficace misura di prevenzione nei confronti di numerose malattie, condiziona un fisiologico svolgimento della gravidanza e dell'allattamento, accresce la prestanza fisica e psichica della prole. A lungo termine, quindi, le spese pubbliche rivolte a migliorare il livello alimentare della popolazione si traducono in un fruttuoso "investimento in capitale umano", ossia in una più cospicua resa delle spese pubbliche destinate alla sanità e all'istruzione.

Le conoscenze relative ai favorevoli effetti di un'equilibrata alimentazione sulla salute fisica in generale e sull'accrescimento in particolare sono ormai da tempo acquisite (per le recenti acquisizioni in merito, v. anche nutrizione, in questa App.).

Ancora in via di approfondimento sono, invece, le ricerche che sottolineano l'importanza di una corretta alimentazione materna e infantile nei riguardi di un normale sviluppo cerebrale e, quindi, delle capacità di apprendimento.

Ricerche condotte nell'ultimo quindicennio su animali di laboratorio (ratti, maiale, scimmie, ecc.) hanno messo in evidenza che sia la m. di femmine gravide, sia la m. della prole nelle prime fasi della vita extrauterina possono indurre alterazioni strutturali e funzionali a carico del cervello e del cervelletto, tali da ripercuotersi sfavorevolmente sulla capacità di apprendimento dei giovani animali e talora anche sulla coordinazione motoria. Tali deficit funzionali risultano più evidenti quando la m. (materna o della prole) si verifica nelle fasi di più rapido accrescimento della massa encefalica, di mielinizzazione delle fibre nervose e di sviluppo dei dendriti e delle connessioni sinaptiche.

Alcune osservazioni cliniche e reperti istopatologici sembrano legittimare l'estrapolazione di tali risultati alla specie umana. In tal caso i danni cerebrali indotti dalla m. materna sarebbero particolarmente rilevanti (J. Dobbing) nel quarto e quinto mese di gestazione (quando è particolarmente vivace la moltiplicazione dei neuroni), mentre dopo la nascita l'età più vulnerabile corrisponde ai primi due anni di vita (durante i quali si svolgono rapidi processi maturativi delle strutture encefaliche).

Sebbene i deficit intellettivi siano di comune riscontro nei bambini che hanno sofferto una grave m., alcuni studiosi (tra cui R. H. Barnes), in assenza di ricerche sperimentali condotte sulla specie umana (ovviamente improponibili), sono propensi ad attribuire tale compromissione psichica, più che alla denutrizione in sé, alle negative influenze ambientali (carenza affettiva e "privazione sensoriale"). Le quali, peraltro, hanno con la m. comuni radici sociali. Quale che sia l'entità dei danni intellettivi direttamente derivanti dalla denutrizione grave, essi sono in effetti aggravati da una sorta di "emarginazione" che incombe sui bambini appartenenti a ceti sociali più poveri, i quali frequentemente subiscono, nei primi due anni di vita, le negative influenze di un carente clima affettivo (come può accadere per prolungate assenze della madre o della figura materna sostitutiva) e di una insufficiente comunicazione gestuale e sonora che condiziona il processo di socializzazione del bambino e ne stimola l'attenzione e l'intelligenza. E quand'anche non sussistano queste sfavorevoli evenienze, in ogni caso tali bambini risentiranno, negli anni successivi (in età prescolare e scolare), di uno scarso flusso di informazioni verbali e nozionali, mediate dall'ambiente familiare, delle quali - invece - fruiscono in larga misura i bambini appartenenti a ceti culturalmente ed economicamente più favoriti.

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