Manicheismo

Dizionario di filosofia (2009)

manicheismo


Religione fondata da Mani (216-277), noto in Occidente anche come Manicheo (prob. dal siriaco Māni ḥayyā «Mani il vivente», nome adoperato per evitare, specialmente nei paesi di lingua greca, il gioco di parole tra Mani e manis, gr. μανείς «folle»). Drammaticamente consapevole della sofferenza del mondo e del vivo contrasto tra bene e male nella persona umana, il m. è indotto a concepire tutta la realtà esistente come espressione di una lotta perenne tra due principi opposti: il Bene (la Luce, lo Spirito, Dio, nel senso proprio della parola) e il Male (le Tenebre, la Materia, lo Spirito demoniaco, il Satana ‘cristiano’). Questi due principi, che il m. considera coeterni, prima che il mondo sensibile avesse avuto origine, avevano una loro realtà spaziale, oltre che spirituale: la Luce in pace perfetta si estendeva in tutte le direzioni, circondando a nord, a est e a ovest le Tenebre, che avevano il loro regno al sud, dilaniato da perenni lotte intestine e turbato da passioni. Da questa opposizione ebbe origine la sofferenza nel mondo, secondo il mito: il principe delle Tenebre, vista la sfolgorante bellezza del mondo della Luce, volle impadronirsene e fu contrastato dal Padre della Grandezza (così i manichei designavano il Dio della Luce), il quale, non potendo salvarsi altrimenti, decise di offrire in sacrificio sé stesso per arrestare l’attacco delle forze del male. Principio attivo per eccellenza, il Dio della Luce trae allora da sé la Madre della Vita (cioè la vita come realtà cosmica), che a sua volta trae da sé l’Uomo primordiale; questi affronta il male, ma viene sconfitto e si dà in pasto ai figli delle tenebre: in tal modo parti di luce rimangono prigioniere delle tenebre dalle quali attendono di essere liberate. Si rende così inevitabile una lotta tra Luce e Tenebre, le cui fasi, descritte minutamente nel m., si concludono con la creazione del mondo fisico, degli esseri viventi (miscuglio di particelle di luce prigioniere del corpo, creato dalle tenebre) e infine della prima coppia umana, quella di Adamo e di Eva, formata dalle potenze del male perché, riproducendosi tramite il desiderio carnale, tenessero in eterno prigioniere dei corpi le particelle di luce in essi racchiuse. Così il m. legge in chiave fortemente pessimistica la vicenda umana e vede nel desiderio carnale e nella riproduzione la conseguenza prima del peccato e del male intimamente legato alla natura umana. A risvegliare in Adamo la coscienza delle parti di luce in lui racchiuse, le forze celesti mandano Gesù, di cui il Cristo storico è una particolare manifestazione: così Gesù desta in Adamo il desiderio di salvezza. Da questo momento l’uomo può cessare di essere strumento delle forze del male se, seguendo la via della salvezza indicata da Mani, saprà liberarsi di ogni istinto carnale (perciò rifiutando il matrimonio, il mangiare carni, osservando la perfetta castità, ecc.). In tal modo l’uomo diventerà cooperatore delle forze del bene e contribuirà alla liberazione delle particelle di luce chiuse nella materia, fino al giudizio finale che ne segnerà il definitivo riscatto. I manichei costituirono una Chiesa con una propria gerarchia; gli uditori o catecumeni (tale fu Agostino per nove anni), gli eletti, i preti, i vescovi, gli apostoli e sopra tutti un capo, che era considerato il successore di Mani. A prescindere dall’istruzione religiosa e dal canto in comune, il m. aveva una liturgia assai scarsa, anche per l’assenza di sacramenti: tale potrebbe essere considerato solo il rito di ammissione (quando si diventava catecumeni), consistente nella imposizione della mano destra sul neofita. Festa centrale della liturgia manichea era la festa del bema, cioè della cattedra di Mani, che cadeva all’incirca all’epoca della Pasqua cristiana e celebrava il martirio del Maestro. Il m. conobbe, per opera di attivi e abili missionari, la più vasta diffusione, penetrando in poco più di un secolo dall’Africa alla Cina malgrado accanite persecuzioni, adattandosi di volta in volta all’ambiente nel quale doveva operare: assunse così un più chiaro volto gnostico-neoplatonico in Occidente, accettò in Persia espressioni e termini della religione di Zaratustra, mentre in Cina si colorò di buddismo. Mentre però in Occidente il m. si spense, anche nelle sue ultime espressioni, verso il sec. 7°, in Oriente, e specialmente in Cina, durò fino oltre il sec. 12°, lasciando di sé cospicue tracce letterarie e artistiche.