BELGRANO, Manuel

Enciclopedia Italiana (1930)

BELGRANO, Manuel

Giacomo Devoto

Uno dei capi e dei maggiori fattori dell'indipendenza argentina. Nacque a Buenos Aires l'8 giugno I770 dal ligure Domenico Belgrano Peri, ivi stabilito dal 1759, e, compiuti gli studî secondarî nel collegio di San Carlo, si trasferì nella Spagna, iscrivendosi alla facoltà di legge dell'università di Salamanca, laureandosi poi in quella di Valladolid (1789). Viaggiò quindi attraverso la Spagna, per fermarsi a Madrid, dove rimase per un biennio, appassionandosi allo studio dell'economia politica, mentre non rimaneva indifferente alle ventate rivoluzionarie che provenivano dalla Francia. Ritornato in patria nel 1794, vi occupò la carica di segretario del consolato del commercio, allora allora fondato, ed ivi spiegò una feconda attività, legandosi a un gruppo di giovani intellettuali, fra cui Vieytes e Castelli, e diffondendovi le teorie del Quesnay, del Galiani e del Genovesi. Durante la difesa di Buenos Aires e la riconquista dagli inglesi che, nel 1806, l'avevano occupata (vedi argentina: Storia) partecipò, come sergente-maggiore del reggimento patricios, alle varie operazioni militari, e si preparò, così, alle future battaglie. Nell'anno 1808-1809, quando il partito rivoluzionario non vedeva di malocchio la possibilità di offrire il trono all'infante Carlotta Gioacchina di Borbone, sposa del reggente di Portogallo (allora riparato nel Brasile), il B. fu uno dei più attivi agenti del Liniers nelle trattative con la principessa; ma il tentativo non ebbe alcun risultato. Fu poi parte integrante, con Vieytes, Castelli, Irigoyen, Rodríguez Peña, Paso ecc., del piccolo gruppo rivoluzionario che portò agli avvenimenti del 25 maggio 1810; e aveva, nel gennaio di quello stesso anno, iniziata la pubblicazione del Correo de comercio, la cui redazione era un buon pretesto per giustificare le riunioni clandestine dei congiurati. Avvenuta la rivoluzione, fu consigliere nella Giunta presieduta dal Saavedra, e si occupò particolarmente delle questioni militari del nuovo regime, nelle quali spiegò tanto zelo da venir nominato comandante in capo delle forze della Banda Oriental, e quindi di una spedizione al Paraguay; ma dovette capitolare di fronte alle soverchianti forze realiste (1811), e fu poi pienamente giustificato da un consiglio di guerra, innanzi al quale era stato trascinato. Nello stesso anno 1811, dopo aver condotto a termine una missione diplomatica nel Paraguay, fu nominato colonnello del 1° reggimento patricios, in sostituzione del Saavedra, e nel '12 mandato con le sue truppe a guarnire le rive del Paraná, per impedire il transito delle squadriglie realiste (ideando, in questa occasione, la bandiera nazionale). Poco dipoi fu nominato generale in capo delle truppe del Perù, dove l'esercito rivoluzionario era sbandato e demoralizzato. Ristabilita rapidamente la disciplina, riportò la brillante vittoria di Tucumán (24 settembre 1812). Nel gennaio '13 riprendeva l'offensiva contro i realisti, che avevano ricevuto rinforzi dall'Alto Perù, e li batteva nuovamente nel campo di Castañares (20 febbraio). L'Assemblea decretò al vincitore una sciabola d'onore e un premio di 40.000 pesos; ma Belgrano rifiutò il danaro, esprimendo il desiderio che venisse convertito nella fondazione di quattro scuole primarie. Purtroppo non furono egualmente fortunate le successive battaglie nella pampa di Vilcapujio e in quella di Ayohuma, sebbene il generale vi manifestasse un grande valore personale e organizzasse sapientemente la ritirata su Tucumán, dove pervenne alla fine di gennaio del '14, trovandovi l'ordine di cedere il comando al San Martín. Nel dicembre, B. e Rivadavia furono inviati in Spagna con la missione apparente di presentare al re la protesta degli americani contro gli abusi dei viceré, e con quella segreta di assicurarsi l'indipendenza a ogni costo; ma gli avvenimenti del 1815 in Europa frustrarono quel tentativo e B. tornò a Buenos Aires nel gennaio 1816, fautore del sistema monarchico e vagheggiando il ripristino della dinastia degl'Incas. Ma il suo progetto, se fu accolto favorevolmente da una parte del Congresso, in generale suscitò scontento, e persino ilarità in quelli che lo avevano preso troppo alla lettera. Affidatagli l'organizzazione dell'esercito del Nord, nel quale serpeggiava l'anarchia, B. tenne il difficile incarico per tre anni, spiegandovi il suo spirito autoritario ed energico, ma guadagnandovi una grave malattia. Si trascinò di tappa in tappa fino a Tucumán, dove rimase degente per tre mesi, e poi fino a Buenos Aires, dove giunse il 1° aprile 1820, dopo 4 anni di assenza. Ivi morì stoicamente il 20 giugno successivo.

Intellettualmente, il B. discende dai filosofi e dagli economisti della fine del '700, e in particolar modo dal Galiani e dal Genovesi, che egli studiò sui testi originali, e da Adamo Smith, dal quale desunse la teoria della moneta. Fondendo felicemente l'individualismo fisiocratico e il realismo degli economisti italiani, usci dall'astrattismo proprio dell'epoca ed applicò le teorie ai problemi concreti, che gli venivano continuamente sotto gli occhi durante il suo segretariato al consolato del commercio. A ciò si deve una serie di scritti e di proposte circa la libertà dell'agricoltura, dell'industria e del commercio, nonché su riforme dell'insegnamento: scritti che in parte sono meramente scolastici e divulgativi, mentre taluni altri rivelano un ingegno originale e profondo, che assai avrebbe dato alla scienza ove l'alto concetto del proprio dovere politico non lo avesse distratto. Di altissima statura morale, sdegnoso di quelle forme di caudillismo che inquinarono l'epoca sua, tutto compenetrato del sentimento di dovere patrio, di salda fede religiosa - in ciò staccandosi dal materialismo giacobino - eroico nell'azione, dignitoso nella sventura, il B., politicamente, non solo vide e favorì, con il braccio e con la mente, il nascere della libertà e dell'indipendenza del suo paese, ma più si preoccupò dell'avvenire. Pensoso di esso, fu il maggior fautore della tesi monarchica, vedendo in essa il solo baluardo alle guerre civili, che già si manifestavano e andarono a grado a grado intensificandosi.

Il poco che ci rimane degli scritti economici del B., oltre un rifacimento dei Principî del Dupont de Nemours (Buenos Aires 1796), si trova raccolto, di su gli articoli del Correo e del Semanario, e da altre fonti, nell'opera del Gondra qui sotto citata. Una vasta documentazione della sua opera politica e militare è nell'ampia silloge: Museo Mitre: Documentos del Archivo de Belgrano (Buenos Aires 1913 segg.), nel vol. I della quale è stampata l'Autobiografia del grande patriota.

Bibl.: L'opera speciale più importante su Belgrano è quella di L. R. Gondra, Las ideas económicas de Belgrano, 2ª ed. Buenos Aires 1927; preceduti da una lucida introduzione biografica, vi sono ristampati gli scritti economici del Belgrano. Naturalmente bisogna tener conto anche della vasta trattazione di B. Mitre, Hist. de Belgrano, voll. 3, Buenos Aires 1876-77 (ed. di R. Rojas, 1927, voll. 4). Inoltre: R. Rojas, Belgrano, Buenos Aires 1920; E. Ravignani, La personalidad de Belgrano, Buenos Aires 1920.

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