MARABUTTO

Enciclopedia Italiana (1934)

MARABUTTO (fr. marabout; sp. morabito)

Carlo Alfonso Nallino

Vocabolo penetrato sin dagl'inizî del sec. XIX nella letteratura di viaggi e divulgatosi nell'uso corrente europeo dell'Africa settentrionale a occidente dell'Egitto per designare i santi musulmani viventi o defunti, detti anche santoni, e inoltre i mausolei molto semplici ove sono sepolti. Quest'uso europeo non coincide esattamente con quello del vocabolo murābiṭ (nei dialetti arabi dell'Africa settentrionale mrābet, mrāboṭ, al plur. mrābṭīn) presso gl'indigeni di quei paesi, i quali con esso non intendono il mausoleo (detto invece per lo più qubbah) e nemmeno tutte le categorie di santi, ma soltanto quelli che non siano sceriffi (cioè non discendano da Maometto attraverso sua figlia Fātimah ed il marito di lei ‛Alī) né semplici idioti (bahlūl), e la cui barakah (v.) o virtù benefica si estenda alle cose di loro proprietà e si trasmetta alla loro concetto popolare, soprattutto marocchino, la santità non si fonda su manifestazioni di virtù nel senso religioso cristiano, ma sul fatto di produrre grazie miracolose, di carattere materiale tangibile, a favore di coloro che si rivolgono al santo e vengono con lui a contatto; nel santo vengono tollerati atti assolutamente riprovevoli, ritenuti fonte di benedizione per chi ne è vittima, anziché motivo di scandalo e di obbrobrio; credenze popolari queste, che hanno la loro radice nell'elemento berbero del Marocco e sono in contrasto con le stesse dottrine musulmane. Il fenomeno del marabuttismo prese un enorme sviluppo a partire dal secolo XIV, e dal Marocco si estese a tutta l'Africa settentrionale sino alla Marmarica ed esercitò un profondo influsso sulla vita religiosa, sociale e politica e sulla stessa toponomastica; nell'anarchia in cui gran parte del Maghreb o Barberia viveva, molte volte i marabutti stabili o erranti furono giudici ascoltati, pacificatori di tribù in lotta, garanti della sicurezza delle carovane da loro accompagnate, islamizzatori di popolazioni barbare, centro di nuovi aggregati politico-sociali (tribù marabuttiche) considerate clepositarie di parte della barakah del marabutto e quindi tenute in alta considerazione. In altri casi i marabutti furono pericolosi agitatori politici contro sovrani tirannici e contro. gl'infedeli invasori.

La qualifica d'una persona viva o morta quale marabutto è frutto soltanto dell'opinione popolare locale, la quale può formarsi anche in seguito alle più strane circostanze; a sua volta la fama d'un marabutto è circoscritta assai spesso alla località nella quale egli vive o visse. La denominazione murābiṭ (mrāboṭ) nel senso esposto è di carattere quasi esclusivamente popolare e nota anche alla Spagna musulmana del sec. XV; in arabo letterario essa designò dapprima i guerrieri stabiliti nei ribāṭ o posti di confine verso le terre degl'infedeli, ed appunto perciò furono chiamati al-murābiṭīn (Almoravidi) i Berberi che, usciti dal loro ribāṭ in un'isola del Senegal, fondarono il loro famoso impero, esteso anche alla Spagna e durato dal 1056 al 1147; poi fu applicata in modo particolare alle persone animate da grande fervore religioso e da zelo contro gl'infedeli, le quali volontariamente andavano a passare qualche mese nei ribāṭ per tenersi pronte alla guerra santa e intanto univano l'allenamento militare all'esercizio indefesso di pratiche di devozione; e di qui venne il significato di santo, particolare del Maghreb. Completamente errata è l'etimologia da marbūṭ (legato), sulla quale alcuni sociologi e studiosi di storia delle religioni hanno fondato, anche di recente, teorie insostenibili.

Per la distinzione fatta in Cirenaica fra marabutti (e tribù marabuttiche) nel senso fin qui esposto e gruppi (o tribù) marabuttici nel senso improprio di gruppi o tribù aventi una posizione giuridica inferiore a quella di tribù d'origine araba, v. cirenaica, X, p. 421.

I mausolei (qubbah) detti da noi marabutti e che, per lo più isolati, popolano le campagne dell'Africa settentrionale a occidente dell'Egitto, sono edifici di forma cubica, intonacati di bianco e sormontati da una cupola emisferica, la quale talvolta posa direttamente sul cubo, talaltra sopra un tamburo quasi sempre ottagonale costruito sull'edifizio cubico. Nell'altipiano algerino, essenzialmente abitato da nomadi, si ha un tipo speciale: una cupola ogivale (ossia allungata verso l'alto) posa sopra un tamburo più largo, che è il piano superiore stesso del cubo, i cui quattro muri spesso si elevano sul piano suddetto in forma di triangolo col vertice in alto. Qualche volta il marabutto è completato da elementi e dipendenze varie, che dànno origine, p. es.. alla zāwiyah (v.); ma questo è un caso non frequente.

Bibl.: E. Doutté, Notes sur l'islam maghribin: Les marabouts, Parigi 1901 (estr. da Revue de l'hist. des religions, XL-XLII); A. Bel, Coup d'oeil sur l'islam en Berbérie, Parigi 1917, pp. 35-56 (estr. da Revue de l'hist. des religions). Per marabutto come edifizio: G. Marçais, Manuel d'art musulman, II, Parigi 1927, pp. 530-533, 796-798. Numerose fototipie di marabutti (mausolei) della Tripolitania si trovano in A. Cesaro, Santuari islamici nel secolo XVII in Tripolitania, Tripoli 1933.