CESAREO, Marcantonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)

CESAREO, Marcantonio

Ugo Ruggeri

Pittore, nacque probabilmente a Bergamo in anno imprecisato che il Marenzi, con buona plausibilità, colloca verso il 1600. Per il Tassi sarebbe stato parente di Enea Salmeggia detto il Talpino, di cui fu allievo e del quale - secondo le note del padre S. Resta all'Abecedario pittorico dell'Orlandi, pubblicate dal Nicodemi (1956) - ereditò i disegni alla morte del figlio di Enea, Francesco Salmeggia, nel 1630. Sempre il Tassi riferisce che il C. abitava a Bergamo in Borgo S. Caterina e che ebbe tre mogli, dalla seconda delle quali, Felicita, nacque il figlio Giuseppe, anche egli pittore. La formazione artistica del C., ed il suo successivo percorso, avvengono in ambito locale, attuando una riedizione, di modesto livello qualitativo, delle formule stilistiche di purismo neocinquecentesco divulgate dal Salmeggia nel primo trentennio del Seicento. Così la Madonna col Bambino e i ss. Rocco e Sebastiano in S. Giorgio a Bottanuco, del 1631, è esemplata sulla Madonna e santi del Salmeggia, del 1604, ora al Museo del Castello Sforzesco di Milano, ed analoga appare la situazione stilistica della Madonna col Bambino e i ss. Francesco,Carlo Borromeo e Sebastiano, in S. Rocco a Mezzoldo, firmata e datata "...XXXV", (da integrare probabilmente come 1635), non segnalata dalle fonti.

Lo stretto rapporto con il maestro è quindi attestato dall'Orazione di Cristo nell'orto e dalla Flagellazione di S. Grata inter Vites a Bergamo che, attribuite dal Tassi allo stesso Enea e dal Pasta alla figlia di questo, Chiara Salmeggia, sono state restituite al C. dal Fornoni, giusta la scritta sul retro della Flagellazione: "Marc'Antonio Cesareo copiò da Enea Talpino 1642". Si tratta, infatti, di copie variate dei dipinti di uguale soggetto del Talpino conservati in S. Maria della Passione a Milano. Ancora riferibile, per la composizione, alla pala del Salmeggia del Museo del Castello di Milano, del 1604, è la Madonna col Bambino e i ss. Carlo Borromeo e Biagio in S. Maria Assunta a Scanzorosciate, del 1646; ulteriori equivoci attributivi si registrano per la Madonna col Bambino e i ss. Alessandro,Nicolò,Caterina,Francesco,Antonio da Padova e altro santo, in S. Caterina a Bergamo, che il Bartoli assegna al Salmeggia, seguito con dubbio dal Pasta e dal Maironi da Ponte, mentre è riferita al C. dalle altre fonti, a cominciare dal Tassi, giusta la firma e la data 1651 ancora leggibile: il chiaro riferimento del dipinto alla Traslazione della Casa di Loreto e i santi protettori di Bergamo delTalpino in S. Martino a Cenate d'Argon, del 1622, attesta nell'allievo, a trent'anni di distanza, il persistere di formule esecutive affatto simili a quelle del maestro, con esiti di arcaismo patente e con un calo impressionante della qualità.

Identiche considerazioni si possono fare per la Madonna del Rosario e i ss. Domenicoe Caterina conservata nella cappella presso la parrocchiale di Rosciano - da identificare con il dipinto citato dal Tassi nella soppressa chiesa delle Dimesse a Bergamo, firmato e datato 1654 - e per la Madonna col Bambino e i ss. Celestino e Nicolò in S. Nicolò dei Celestini a Bergamo - erroneamente attribuita al Salmeggia dal Pasta, ma firmata e datata 1660 -, esemplata su opere del Talpino come la Madonna in gloria e santi, in S. Vittore a Terno d'Isola e i disegni dell'Accademia Carrara di Bergamo (nn. 440, 1135) e della Biblioteca Ambrosiana di Milano (cod. F 254 inf., nn. 1544, 1551) ad essa relativi.

Problematica appare poi la cronologia del S. Sebastiano in SS. Faustino e Giovita a Brembate Sotto: la data 1618 proposta dal Pinetti non sembra trovare riscontro nella cifra segnata sul dipinto, mal leggibile, una cui lettura "1688" - come forse meglio si potrebbe interpretare - segna tuttavia un intervallo di anni troppo ampio rispetto al 1660, data dell'ultima opera documentata dell'artista; è comunque caratteristica, nel dipinto, la persistenza del riferimento a motivi del Salmeggia, individuabili nel S. Sebastiano del Crocifisso e santi in S. Eugenio a Locarno, del 1605, mentre il S. Antonio abate, incoppia con il S. Sebastiano di Brembate Sotto, presenta modi di arcaismo formale, quasi neosavoldesco, difficilmente attribuibile ad un'opera della fine del secolo.

È incerta la data di morte del C., che secondo il Resta (in Nicodemi) sarebbe avvenuta nel 1666, secondo lo Zani nel 1660, secondo il Marenzi nel 1690, con possibilità, in quest'ultimo caso, di una datazione al 1688 del dipinto di Brembate.

Il catalogo del C. comprende altre opere, non datate o erroneamente attribuite, la cui cronologia è di difficile accertamento, anche per la fissità stilistica che connota il percorso del pittore. Firmato è lo Sposalizio di s. Caterina della parrocchiale di Astino; gli va restituito il S. Antonio da Padova della sacrestia di S. Alessandro della Croce a Bergamo, assegnato dal Pinetti a maniera del Salmeggia (ed in effetti esemplato su un suo disegno, Bergamo, Accademia Carrara, n. 367); ampiamente toccata da restauri, ma di sicura autografia, è la Deposizione di Cristo in S. Pancrazio a Bergamo, mentre ignote alle fonti sono la Madonna in trono e quattro santi, firmata, del Seminario vescovile di Bergamo e la Trinità e i ss. Giovanni Battista,Carlo Borromeo e Marco del santuario della Trinità di Casnigo, tra le cose sue più notevoli per la franca sicurezza e misura dell'assetto spaziale. Gli va ancora ridata la Pietà e i ss. Lupo e Carlo Borromeo dell'oratorio dell'Addolorata di Dalmine-Sabbio - attribuita al Talpino dal Maironi da Ponte, dal Pinetti e da P. Arrigoni, (in Thieme-Becker, XXXII, p. 420, s.v. Talpino, Enea) - cui sono vicini per stile il Cristo risorto e i ss. Fermo e Rustico della parrocchiale di Presezzo - secondo il Maironi da Ponte del Salmeggia - e la pala dei Cinque santi adoranti la Croce dell'asilo infantile di Villa d'Almé, ignota alle fonti. Non giudicabile per lo stato di conservazione il Cristo alla colonna sul muro esterno di S. Caterina a Bergamo; sono perdute una pala alla Madonna della Neve, un Cristo che appare a s. Agata in S. Agata del Carmine, una Sacra Famiglia in S. Agostino, quattro Profeti in S. Francesco a Bergamo, e una Madonna e santi nella parrocchiale di Caspiglio.

Il Tassi cita Memorie del C. sui pittori bergamaschi, perdute, che potevano forse segnare un proseguimento, a livello biografico, di quegli interessi teorici espressi dal Salmeggia nel trattato, manoscritto sulle proporzioni del corpo umano di cui lo stesso Tassi ci ha riportato alcuni frammenti: una prova forse, anche questa, della fedeltà del C. verso il proprio maestro che si individua in tutta la sua produzione pittorica, connotata dal ricorso a stilemi puristici che, se apparivano stimolanti nel Salmeggia, risultano nel C. l'esito di una posizione culturale ormai irrimediabilmente superata.

Bibl.: Bergamo, Bibl. civ.: C. Marenzi, Guida manoscritta di Bergamo [ms., 1824 c.], pp. 226 s.; Ibid.: G. Moratti, Racc. dei pittori che dipinsero in Bergamo ... [ms., 1900], I, pp. 286 s.;Ibid., Archivio vescovile: E. Fornoni, I pittori bergamaschi [ms., sec. XX], cc. 194 s.;F. Bartoli, Le pitture ... di Bergamo, Bergamo 1774, p. 11; A. Pasta, Le pitt. notabili di Bergamo, Bergamo 1775, pp. 52, 140;F. M. Tassi, Vite dei pittori ... bergamaschi [1793], a cura di F. Mazzini, Milano 1970, ad Indicem; G. Maironi da Ponte, Diz. odeporico ..., III, Bergamo 1820, p. 21;P. Zani, Encicl. metodica... delle Belle Arti, I, 6, Parma 1820, p. 124; Notizie patrie, Bergamo 1823, p. 71;P. Locatelli, Illustri bergamaschi ..., Bergamo 1869, II, pp. 387-392; Invent. degli oggetti d'arte d'Italia, A. Pinetti. Provincia di Bergamo, Roma 1931, ad Indicem;L. Angelini, Vicende e restauri della chiesa e del convento dei Celestini in Bergamo, Bergamo 1939, passim; G.Nicodemi, Le note di S. Restaa un esemplare dell'Abecedario pittor. dell'Orlandi, in Studi in memoria di Mons. A. Mercati, Milano 1956, p. 314;B. Belotti, Storia di Bergamo edei Bergamaschi, Bergamo 1959, V, p. 140; U. Ruggeri, Enea Salmeggia detto il Talpino, Bergamo 1966, passim; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 308.

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